Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

1: They don't really know me (parte prima)

Muhammad, in completo sportivo rosso e dorato, scarpette da ginnastica e berretto da baseball, teneva la schiena poggiata contro il muro, la gamba ad angolo e le braccia incrociate. I suoi occhi scuri, nascosti dalla visiera del cappello, sembravano ostentare indifferenza mentre fischiettava con estrema nonchalance. I suoi ricci folti erano più ribelli che mai e sembrano riflettere l'agitazione che prova: sapeva bene che, nel giro di poco tempo, avrebbe dovuto dare la caccia alle streghe, e la cosa non era propriamente sicura e divertente.
Lui aveva già rischiato di lasciarci le penne molte volte.

Stephan, invece, era in jeans blu-indaco, sneakers nere e T-Shirt verde e gialla. I riccioli biondi risplendevano come oro colato nel sole del pomeriggio e la sicurezza che sfoggiava era persino troppa, secondo il suo amico sudafricano. Si muoveva con decisione, ma nei suoi movimenti si scorgeva la consueta flemma che lo accompagnava nella vita di tutti i giorni.

Ed ecco, davanti a loro, la strega: a prima vista non era che una rosa in boccio ricoperta da un cespuglio di rovi; qualcosa di innocuo se lasciato stare, insomma, ma loro sapevano bene che il miglior modo per risolvere i problemi non è evitarli, ma affrontarli.

Stavano per trasformarsi ed attaccare, ma l'arrivo di un volto noto li bloccò.

Era un ragazzo della loro età mediamente alto, quasi 160 centimetri, dal corpo snello, che cammina lentamente. La sua pelle aveva il tipico colore dorato appartenente all' etnia tibetana, mentre i capelli castani ricadevano lisci dietro al collo, sfiorandogli leggermente le spalle. Gli occhi a mandorla, di un azzurro insolito in un asiatico ma bello a vedersi, erano incredibilmente seri e decisi allo stesso tempo. La camicia hawaiana arancione, il pantalone largo e i sandali di cuoio fanno parte della sua tenuta, ma suscitarono in Muhammad e Stephan un moto di sospetto: non era quello il tipico vestiario del misterioso nuovo arrivato, anche se il genere di vestiti era esatto.

"Tu qui?" chiese il biondo, incerto sul da farsi.

"Non vedo in quale altro posto dovrei essere se è questo il luogo in cui ho perso Santoro-oneesan. E ancora non l'ho trovata." rispose piatto il tibetano.

"Caspita, fratello, questo comportamento non è da te!" intervenne preoccupato Ricci Color Caffè. "Davvero è così grave?"

"Sono cinque mesi, Sahi. Cinque mesi. Forse potrà sembrare un numero irrisorio, ma la situazione è grave. A quest' ora sarà già creduta scomparsa oppure morta. Ma io so che non è così, ed io nel mio Universo senza di lei non ci torno." Fu la risposta del castano, leggermente più irata nel finale. «L' operazione "Black Pearl" procede troppo a rilento senza il vostro contributo.»

"Secondo me non c'è troppo da preoccuparsi."

"Kyubey." la voce del tibetano era incredibilmente dura, quasi sputò tra i denti il nome dell' alieno.

"Smettila di trattarmi come se fossi uno scarafaggio, Shizenyuuki. Comunque, dicevo che non c'è nulla di cui preoccuparsi, dato che il tempo scorre diversamente negli Universi Paralleli. Anche Muhammad dovrebbe saperlo."

L' atmosfera si fece ancora più pesante e gli occhi di tutti fissarono il sudafricano, che deformò il proprio sorriso facendolo diventare una smorfia di rabbia.

"Ti abbiamo ascoltato. Adesso sparisci." proferì poi seccato indicando un muretto poco distante con il mento.

Sempre con quel suo sorriso snervante, l'animaletto fece dietrofront e scomparve silenzioso come un'ombra sulle sue zampette gracili da gatto.

Dopo un momento d' esitazione, i tre ripresero a parlare e camminare, ma procedevano più lentamente e le parole, strozzate nella gola, facevano fatica a farsi strada tra i pensieri cupi che attanagliavano le loro giovani menti.

"A proposito, Shichan."

Fu Stephan ad interrompere il silenzio con uno scatto improvviso della testa.

Si girò verso il ragazzo dalla pelle d' ambra e lo guardò, serio, negli occhi color del cielo.

"Come sta procedendo quell' altra missione?"

"Vedo che ci sono ancora molte cose che non sapete di me." fu la risposta, accompagnata da uno strano sorriso beffardo.

                                                                                      ***


"Cosa? Un Carnevale Mondiale di Duelli? E sarebbe?" chiese una giovane voce passandosi un asciugamano candida dietro al collo imperlato di sudore.

Lei e le sue compagne si trovavano in una palestra, o per meglio dire una sala da ballo, dato il pavimento di parquet lucidato a specchio e la sbarra di legno che correva lungo tutte le pareti della stanza, sulle quali erano presenti dei grandi specchi.

A fare la domanda fu una bella ragazza, un po' bassa per i suoi tredici anni e mezzo, ma dal fisico snello ed armonioso. Il viso ovale era incorniciato da una folta massa di capelli castani dai riflessi ambrati, spesso tenuti legati in una treccia: sembrava che non sapesse mai come tenerli sciolti senza che le dessero fastidio. Gli occhi marroni presentavano due sfumature azzurre dalla forma a doppia elica ed erano accompagnati da ciglia molto lunghe. Le sopracciglia, di contro, sebbene sottili, erano molto ribelli e si scomponevano ogni tre minuti. Il naso è piccolo, infantile, e dalle labbra sottili color del corallo usciva una voce che ha un qualcosa d' italiano nella pronuncia.

Le sue dita assomigliavano parecchio a quelle dei violinisti, lunghe e affusolate com' erano, mentre le cosce avevano i muscoli sviluppati tipici delle pattinatrici.

La ragazza indossava una semplice tuta costituita da una T-shirt verde chiaro e un pantalone largo nero, tenuto fermo in vita da due elastici. Le scarpette dalla suola alta, bianche e nere, avevano l' aria di essere usate da un bel po' di tempo.

"Caspita Emerald, che intuito!" ribatté ironica una delle sue compagne, Chieko Murasaki, alle quale quindici anni e centosessanta metri d' altezza non conferivano proprio nulla di anche solo vagamente adulto. La Murasaki era una ragazza sottile, ossuta, dal viso tondo e capelli rossi scalati ai quali spesso applicava delle extention blu, molto probabilmente per entrare meglio nel ruolo di Sapphire, una delle idol che in quel momento stavano spopolando ad Heartland City. Gli occhi violacei, il portamento impeccabile e l'atteggiamento altezzoso non la rendevano esattamente il genere di amica dolce e comprensiva sognata da tutti.

"Sì, insomma, è un grande evento al quale parteciperanno persone provenienti da tutto il mondo! Ci saranno tre giornate di eliminatorie e poi i duellanti più bravi, quelli che saranno sopravvissuti, per così dire, si confronteranno in una serie di gare da mozzare il fiato!" intervenne la terza delle tre compagne, Aoki Makiko, con eccessiva irruenza.

I centocinquantasei centimetri, gli occhi marroni leggermente a mandorla, i lunghi capelli neri dritti come spaghetti e il carattere allegro ed impulsivo facevano sì che venisse vista come "la tipica ragazza giapponese", ma in realtà era una donnina affidabile e combattiva, pronta a tutto per tener fede ai suoi ideali, con una voce da doppiatrice. In quel momento indossava una maglia rossa dal collo a barchetta, un pantaloncino di jeans sotto al quale sbucavano un paio di collant neri e delle scarpe da passeggio rosse con i lacci. Anche la sua fronte era imperlata di sudore e non faceva altro che parlare tirando un sorso d' acqua dietro l'altro dalla sua borraccia arancione per prendere fiato.

"Tu hai intenzione di partecipare, Ruby?" chiese quindi Chieko, interessata. "Ruby" era il nomignolo di Makiko, appioppatole data la passione sconfinata per le pietre preziose dai colori vivaci della pimpante ragazza corvina.

"Ma certo, Sapphire! Modestia a parte, sono stata la prima a registrarmi per poter partecipare!" ridacchiò Aoki.

"Uhm. Mi sono registrata anch' io, ma ancora non mi è stato recapitato il Frammento di Cuore. Vabbè, dato che mio padre fa parte del Comitato Organizzativo, chiederò a lui." la interruppe la rossa assumendo un atteggiamento di superiorità. Poi, rivolgendosi alla ragazza castana, le domandò: "E tu, Emerald? Sarai della partita?"

"Sinceramente non credo. Giocare a Duel Monster non mi piace un granché... Forse però parteciperà mio fratello. Ma, per quanto riguarda me, sono ben felice di esserne fuori."

"Ma lo sai che sei strana? Per essere una ragazzina, intendo." intervenne una donna in tailleur blu e scarpe con tacco 10 avvicinandosi verso di lei. Era la madre di Chieko, Rumiko Murasaki, una donna ventisettenne e ordinaria dai capelli mossi che le sfioravano le spalle e severi occhi azzurri nascosti da un paio di occhiali dalle lenti ovali. A nessuna delle tre ragazze riusciva particolarmente simpatica, ma le portavano lo stesso rispetto. "Secondo una recente ricerca, i duelli sono il passatempo preferito del 97% dei ragazzi di questa città. Tu, a quanto pare, fai parte di quel 3% che li detesta."

"Il mondo è bello perché è vario, signora Murasaki." intervenne Makiko con una voce roca che fece scoppiare a ridere tutti i presenti.

"Ad ogni modo" riprese Rumiko "la lezione di oggi è, nel complesso, è stata buona. Ruby, però, deve sforzarsi di andare a tempo con la musica e con le sue compagne. Chieko, tu balli con la stessa grazia di un branco di gnu al pascolo, e tu, Emerald, sei ancora un po' troppo lenta nei movimenti."

Ruby, Sapphire ed Emerald sospirarono in coro. Erano abituate ai sermoni della loro manager, ma non potevano dire lo stesso del tono petulante con il quale la signora Murasaki faceva notare loro i rispettivi difetti.

Giunse l' ora di andare.

La castana, il cui vero nome era Yumiko, scivolò silenziosa negli spogliatoi e si svestì con lentezza, i movimenti quasi da automa. Con la stessa flemma aprì la sua sacca grigia e ne estrasse un bel vestito bianco immacolato, le cui maniche a palloncino terminavano con una sorta di polsino verde chiaro bordato d' oro. Il corpetto e la gonna, che ricordava la corolla delle campanule, erano tenute insieme da qualche centimetro di una strana stoffa, anch' essa dorata, che terminava in un triangolo sul davanti. Sopra di esso indossò una giacchina finemente ricamata, verde scuro, dalla quale sbucava una sorta di mantellina verde e bianca, bordata d' oro, che le copriva la schiena e le arrivava alle caviglie. Le sue ballerine, di pelle bianca, presentavano una suola gommosa che quasi si confondeva con esse.

Le piaceva un sacco quest' abito, formale com' era, semplice ma al contempo ricco di particolari. Aveva persino una pietra verde che pende da una delle maniche.

La pietra verde, fedele compagna delle sue "scorribande" in città.

Uscì dalla sala da ballo e camminò a lungo, adeguandosi al ritmo della folla di tutti coloro che andavano verso il centro della città. Passava inosservata, così come il suo segreto, pensò.

I passetti veloci la portarono in pochi minuti alla sua destinazione, un lussuoso Hotel che sovrastavano tutta Heartland City con la sua imponenza. Mai quanto la Heartland Tower, certo, ma quella era casa sua da un bel po' di tempo e vi si era affezionata con una certa rapidità.

L' ascensore salì veloce, quasi non le dava tempo per respirare, ma riuscì a fermarsi per un attimo non appena arrivò nella sua stanza.

Lì un bambino, dai lunghi capelli biondi legati in una treccia e una possente maschera di ferro sul volto, stava guardando rumorosamente più cartoni animati nello stesso momento, ridendo e battendo le mani in un modo che la ragazza trovava un po' ridicolo.

Accanto alla sedia dove stava seduto, però, non c'era nessuno.

"Evidentemente i miei fratelli sono altrove." pensò con disappunto Yumiko.

"Bentornata, Sixth." la accolse invece il bambino, Tron, con la sua vocetta melliflua. "Sai cosa c'è di nuovo?"

Yumiko non rispose, ma rimase accanto al bambino con uno sguardo stoico, cercando di capire dove volesse andare a parare con quei preamboli.

"Ti ho iscritta al Carnevale Mondiale di Duelli, come hanno fatto anche Five, Four e Three. Finalmente potremo avere la nostra vendetta."

"Che... COSA?" quasi strillò la tredicenne. Quel fatto proprio non le andava giù: perché diavolo avrebbe dovuto giocare con dei mostri che si materializzavano come per magia dalle carte? Per lei era una cosa semplicemente inutile. Esistevano passatempi molto più produttivi di quello. E poi lei non aveva certo tempo per svagarsi: doveva vendicarsi per l'inganno ordito dal Dottor Faker contro la felicità della sua famiglia.

A questo pensiero, Sixth si bloccò: già, quello stupido Dottore. Come aveva potuto farlo? Per una stupidissima ricerca, per di più! Nonostante la sua indole generalmente gentile e fin troppo tranquilla, quel pensiero le faceva tornare su una rabbia incredibile.

Decise quindi di non eccepire, pur ignorando la voce della volontà, e mentre Tron le spiegava cosa avrebbe dovuto fare lei lo ascoltava distrattamente, pensando che c' erano ancora troppe cose che le sue amiche, la sua famiglia e persino la sua stessa anima non sapevano di lei.   

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro