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Capitolo 8

~ Niente è più visibile di ciò che è nascosto. ~

Confucio

Le lezioni della mattina passarono veloci. Durante l'ora di matematica rimasi in religioso silenzio, non volevo assolutamente ripetere l'esperienza del giorno precedente.

La lezione di Etica tenuta da Lauren invece fu particolarmente divertente, visto che la psicologa scagliò diverse volte il gesso verso Rose che non voleva smettere di importunare Jake.

Il pomeriggio non avevamo allenamento con Aaron. Grazie a Dio. Anche perché avevo i muscoli così indolenziti che ero a malapena in grado di reggermi in piedi.

Dopo pranzo Jake scomparve, non saprei dire se per andare alla ricerca di Joy e farle delle avances o se fosse in fuga dalle molestie di Rose. Rimasta sola decisi di recarmi in biblioteca, nel caso Jake avesse avuto bisogno di me avrebbe saputo dove trovarmi.

Girai per un po' tra gli scaffali carichi di libri alla ricerca dei volumi che trattavano gli argomenti dei quali ci aveva accennato il professor Nik. Quando finalmente li ebbi trovati mi diressi con l'ingombrante pila a un tavolo e mi estraniai dal mondo.

Riemersi un paio di ore dopo intorpidita dalla lunga immobilità e mi alzai per sgranchirmi un po' le gambe.

Mi avvicinai alle teche e, per la prima volta, feci realmente attenzione a ciò che contenevano. C'erano un'infinità di antichi gioielli sporchi e arrugginiti, soprattutto anelli e collane, di ogni forma e dimensione con incastonati diamanti di ogni colore: rossi, blu, verdi, gialli e rosa. C'era anche qualche vecchio libro ammuffito. Uno in particolare catturò la mia attenzione. Aveva una copertina di pelle nera un po' rovinata sugli angoli e le pagine ingiallite, non presentava alcun titolo che indicasse di cosa trattasse e sembrava essere l'oggetto più antico della collezione.

Betty comparve al mio fianco. Era un po' che non la vedevo e devo dire che mi era quasi mancata.

"Sai dirmi cosa sono questi oggetti?" le chiesi.

Alcuni sono solo delle fedeli riproduzione, altri sono dei veri e propri tesori...

"A me sembra solo spazzatura" commentai.

Betty sospirò, sembrava delusa.

Da vivi non si riesce mai a comprendere neanche le cose che sono più visibili, si è distratti dalla straordinaria varietà di ciò che ci circonda e dalla immensa mole di informazioni che ci assillano in continuazione, ma da morti diventa tutto più chiaro, quasi lampante.

"Cosa stai blaterando?"

Tra questi oggetti, qual è quello che più ti attrae? Mi chiese invece di rispondere.

"Quel libricino nero" dissi indicandolo "è l'unico libro senza titolo. Gli altri volumi posso circa intuire di cosa trattano, leggendo le parole impresse sulla copertina, ma quello è un mistero."

È un mistero per tutti, nessuno sa di cosa parla, nessuno è mai riuscito a leggerlo.

"Come è possibile?"

È scritto in una lingua perduta da tempo, non ti ricorda nulla?

La mia mente tornò alla giornata precedente, in particolar modo alle leggende che avevo letto.

"Vuoi farmi credere che, quello, è il libro scritto dal Primo Portatore?" chiesi scettica.

Non pensavo ci saresti arrivata da sola. Confessò. Sei così ottusa.

Certo che erano tutti in vena di complimenti nei miei confronti...

Tu sei l'occhio del ciclone che sta per scatenarsi e che potrebbe causare danni irreparabili, ma non ti sei ancora accorta di nulla.

"Senti, sono stufa di queste frasi criptiche senza senso! O parli chiaro o tanto vale che stai zitta!"

Basterebbe che tu ponessi le domande delle quali ti interessa la risposta con il giusto tono.

"E questo cosa dovrebbe significare?" mi stavo veramente irritando, non mi pareva di essere stata troppo sgarbata, almeno all'inizio.

Tu hai il completo potere su di noi: se ci imponi un ordine noi non possiamo disobbedirti.

Rimasi sorpresa da quella nuova informazione.

"Non accetto che qualcuno obblighi me a fare qualcosa, quindi non vi farei mai agire contro la vostra volontà. Non mi sembra corretto."

Mi parve di scorgere un sorriso appena accennato sul volto della donna.

Bene, con queste tue parole ti sei aggiudicata risposte sincere a tutte le domande che vorrai pormi.

Il suo cambio di atteggiamento mi lasciò un attimo senza parole, non era mai stata così accondiscendente.

"Okay, allora potresti spiegarmi cosa intendi quando dici che sono l'occhio del ciclone?" indagai.

Sta per scoppiare una guerra e tu sei la chiave di tutto. Loro vogliono il libro e tu sei l'unica in grado di tradurlo.

"Ma se è scritto in una lingua che nessuno conosce, come posso riuscire io dove tutti hanno fallito?"

Nessuno tra i vivi conosce quella lingua, ma tra i morti c'è sicuramente almeno una persona che può aiutarti.

"Ti riferisci a Jin, il Primo Portatore? Non credo che riuscirò mai ad incontrarlo e anche se succedesse temo non mi tradurrebbe spontaneamente il suo libro."

Tu puoi evocarci a tuo piacimento. Hai detto che non vuoi imporci i tuoi ordini, ma noi sentiamo sempre la tua voce, anche se non siamo con te, anche se non ci vedi, e nel caso tu ci chiamassi potremmo decidere di presentarci.

"Ah. Sarebbe stato comodo conoscere prima queste informazioni" la rimproverai "C'è qualcos'altro che dovrei sapere sul mio potere?"

Ingrata! Borbottò prima di proseguire.

Ti mancano le nozioni più importanti e basilari. Innanzitutto puoi attuare la possessione: puoi chiedere a uno spirito di possederti e, se è un portatore di Will, potrai controllare il suo potere, per qualche minuto.

"Che figata!" dissi, non riuscendo a trattenermi.

Questa abilità però è una lama a doppio taglio. È di fondamentale importanza che tu rimanga calma e controllata. Se perdi il controllo saremo noi ad acquisire potere su di te. Siamo solo l'ombra di quello che eravamo in vita, non siamo più in grado di controllare le emozioni e i tuoi stati d'animo sono anche i nostri, solo che per noi sono amplificati e ingestibili. Se tu ti arrabbi, noi perdiamo completamente la testa e cercheremo di possederti per manifestare tutta la nostra furia. A quel punto non sarà facile attuare il processo inverso.

"Quindi potreste possedermi contro la mia volontà? E cosa succederà in caso mi accadesse una cosa del genere?"

Non succede mai nulla di buono, ma di solito le persone perdono i ricordi della possessione quando ritornano in sé. Tu non ti ricordi nulla, vero?

"Cosa? Mi avete già posseduta prima d'ora?" ero scioccata.

Come pensavo... già è difficile che qualcuno se lo ricordi in condizioni normali, e tu in condizioni normali proprio non eri.

"Mi avete posseduta a Lake City? Quando?" mi sembrava assurdo il fatto di non ricordare un evento del genere, ma, invece di rispondermi, scomparve. Forse avrei veramente dovuto cominciare a impartire ordini inviolabili.

Rimasi ancora per un attimo a guardare le teche, senza in realtà vederle veramente. Ero persa nei miei pensieri e stavo cercando di riordinare le nuove informazioni che mi erano appena state rovesciate addosso.

Quando alzai lo sguardo, notai Aaron seduto a diversi tavoli di distanza. Sembrava immerso nella lettura del libro che teneva tra le mani, ma avevo la spiacevole sensazione che la sua attenzione fosse concentrata da tutt'altra parte.

Decisi di ignorarlo e, agguantato il primo libro che mi capitò sotto mano, mi immersi nuovamente nella lettura. Quando pochi minuti dopo Aaron si alzò e uscì dalla stanza, mi parve di sentire il suo sguardo curioso puntato su di me. 

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George Nightmare lo stava aspettando nel suo ufficio già da un po'.

Quando il ragazzo entrò nella stanza trovò il direttore nella sua solita posizione: seduto alla sua scrivania con gli occhi persi fuori dalla finestra. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere cosa passava per la testa di quell'uomo.

"Novità?" chiese il preside senza tanti giri di parole.

"Sì, signore. La ragazza ha incontrato qualcun altro in biblioteca, ora sa del l'esistenza del libro del Primo Portatore e che lo abbiamo noi"

L'uomo sbuffò.

"Altro?"

"Sì, a quanto ho capito i fantasmi possono possederla senza il suo consenso e manipolarla senza che lei mantenga memoria dell'accaduto. Pare che una cosa del genera sia già successa." Concluse.

Il direttore non parve molto contento della notizia. Si alzò dalla sedia e si avvicinò alla finestra. Ci fu qualche minuto di silenzio.

"Credo che dovrò prendere dei provvedimenti..." borbottò infine tra sé e sé.

George uscì in silenzio dal suo ufficio e percorse con spaventosa calma i corridoi dell'edificio, perso tra i suoi pensieri.

Ora che la ragazza sapeva troppo era diventata un pericolo, in più, il fatto che qualcuno potesse controllarla la rendeva ancora più imprevedibile. Non poteva lasciarla girare liberamente alla ricerca di informazioni. Se fosse stata posseduta da uno spirito che condivideva gli ideali di Blake sarebbe stata la fine, gli avrebbe tradotto il libro e consegnato il potere e nessun posto al mondo sarebbe stato al sicuro se Blake si fosse impossessato del Primo Will.

Doveva renderla inoffensiva.

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Fui nuovamente distratta dalla lettura quando una sagoma scura si stagliò su di me. Alzai lo sguardo nella speranza di vedere Jake. Alla vista della persona che mi ritrovai davanti rimasi di sasso.

Il direttore Nightmare mi guardava in modo per nulla amichevole.

"Seguimi nel mio ufficio!" mi ordinò voltandosi e uscendo senza aspettarmi.

Mi affrettai a seguirlo e quasi mi misi a correre per riuscire a raggiungerlo, aveva le gambe così lunghe che uno dei suoi passi corrispondeva a tre dei miei. Arrancai per stargli dietro e quando arrivammo al suo ufficio avevo già il fiatone. Varcata la soglia mi ordinò di chiudere la porta e andò ad accomodarsi alla sua scrivania.

Mi guardò in silenzio per qualche istante, poi tutto divenne buio.

Quando riaprii gli occhi mi ritrovai in una stanza quadrata, dalle pareti grigie e umide, non aveva finestre solo una porta di metallo anch'essa grigia, con un piccolo spioncino. Quando riconobbi la stanza un brivido di terrore mi percorse la spina dorsale e cominciai a tremare convulsamente. Era la stanza di detenzione dell'istituto psichiatrico. Improvvisamente avevo freddo.

No.

Non potevano averlo fatto.

Non potevano avermi riportata lì e abbandonata. Di nuovo.

Cercai di calmarmi facendo qualche respiro profondo, dovevo ragionare.

Quanto tempo era passato dall'incontro con il direttore nel suo ufficio? In quella stanza priva di finestre non potevo sapere se fuori fosse notte o giorno, comunque dovevano essere passate almeno tre ore, il tempo di viaggio tra la scuola e l'istituto, quindi doveva essere ormai sera. Mi alzai e mi avvicinai alla porta blindata. Bussai cercando di attirare l'attenzione di qualcuno.

"C'è nessuno?" urlai, la mia voce era più acuta del normale.

"Stai zitta e buona!" mi ordinò la voce di una donna "Ci hai già dato fin troppi problemi, se non la smetti ti mettiamo la camicia!" mi minacciò.

C'era solo una cosa peggiore di stare in quella stanza, stare in quella stanza con la camicia di forza.

Feci di nuovo qualche respiro e cercai di carpire delle informazioni dalla mia carceriera.

"Perché sono qui?" chiesi.

"Non fare la finta tonta con me!" mi rimproverò con cattiveria "È tutta la settimana che ti rifiuti di prendere le medicine e vivi nelle tue strane fantasie, parlando con persone che esistono solo nella tua testa."

Rimasi di sasso, non potevo essermi immaginata tutto.

"Tu menti!" sbottai sull'orlo delle lacrime.

"Non ti devi permettere di rivolgerti a me con questo tono! Un'altra parola e ti faccio mettere la camicia!"

La mia mente era entrata nel panico più totale, non riuscivo a ragionare e la sua minaccia mi era entrata da un orecchio e uscita dall'altro così in fretta che non ero riuscita a elaborarla. Il fiato cominciava a diventare pesante, la vista mi si era offuscata e le gambe mi tremavano così tanto che se fosse scoppiato un terremoto di magnitudo 9 probabilmente non me ne sarei nemmeno accorta.

Mi aggrappai alla porta e cominciai a prenderla a pugni urlando, volevo uscire da lì.

In pochi secondi la porta si spalancò e io fui sbalzata a terra. Due omoni si avventarono su di me e mi forzarono ad indossare la camicia, urlai e mi dibattei con tutte le mie forze, ma fu tutto invano. Pochi minuti dopo ero di nuovo sola nella stanza, ancora distesa a terra e con le braccia immobilizzate intorno al busto.

In quel momento cominciai a piangere, singhiozzi convulsi percorrevano il mio corpo e fredde lacrime mi inondavano il viso. Non so per quanto tempo rimasi così, inerme sul pavimento.

"Non può essere vero..." balbettai a me stessa "Questo è solo un incubo, io non mi trovo più qui." Cercai di autoconvincermi.

La porta si aprì di nuovo e la possibilità che avessero deciso di tirarmi fuori di lì mi diede una tiepida speranza, che fu subito spazzata via quando riconobbi la sagoma che si stagliava sulla soglia.

Ben mi stava guardando con un sorrisetto sghembo. Fu solo allora che il vero terrore mi pervase, sapevo benissimo cosa quell'uomo aveva intenzione di fare e io ero completamente indifesa, immobilizzata sul pavimento.

Si avvicinò con cauti passi e si chiuse la porta alle spalle, mi fissò per un attimo con sguardo cattivo, poi cominciò a sbottonarsi i pantaloni.

"Aiuto!" urlai disperata.

"Non verrà nessuno, gridare non serve a nulla. Stai buona e goditi l'attimo." Mi consigliò avvicinandosi con i pantaloni calati.

Betty comparve improvvisamente nella stanza e quasi sospirai di sollievo.

"Aiutami, ti prego" la supplicai, le lacrime mi offuscavano la vista e l'avevo riconosciuta a stento.

"Con chi parli tesoro? Qui dentro ci siamo solo tu ed io." Disse Ben, raccogliendomi dal pavimento con quelle sue luride mani e buttandomi malamente sulla brandina, l'unico oggetto che arredava la stanza.

Non posso fare nulla per aiutarti disse Betty.

"Ti prego!" la supplicai nuovamente.

Solo tu puoi tirarti fuori da questa situazione disse, intanto le mani di Ben avevano cominciato a vagare sul mio corpo.

Emily, quello che stai vivendo non è reale! È un incubo, creato dal potere del direttore Nightmare. Devi svegliarti!

Quelle parole bloccarono i miei singhiozzi e azzerarono il ronzio della mia mente. Per un attimo non sentii nulla, nemmeno quel paio di mani che aveva cominciato a sbottonarmi i pantaloni. Il panico scemò pian piano lasciando sempre più spazio alla rabbia.

Non avevo già sofferto abbastanza? Rinchiusa in un manicomio per anni, maltrattata e molestata?

E ora volevano punirmi di nuovo? E per cosa?

Le lacrime si erano asciugate velocemente e ora una cieca furia mi divampava dentro, il cuore mi batteva più forte di quando ero in preda al panico, sentivo il sangue pulsarmi nelle tempie.

Poi fu di nuovo tutto buio.

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Le urla che provenivano dall'ufficio del direttore non passarono inosservate, gli studenti spaventati non osarono avvicinarsi. Solo due persone stavano percorrendo i corridoi, preoccupati da ciò che avrebbero potuto trovarsi davanti al loro arrivo.

Quando Lauren e Aaron varcarono la soglia rimasero scioccati dalla scena che si presentò loro davanti.

Emily era rannicchiata a terra urlante in preda alle lacrime e si dibatteva come un'ossessa, combattendo contro avversari invisibili. George Nightmare invece era seduto alla sua scrivania e la scrutava impassibile.

"Cosa stai facendo?" tuonò Lauren.

"Sa troppo ed è troppo instabile, imprevedibile, bisogna renderla inoffensiva." Spiegò pacato.

"Devi fermarti! Subito!" ordinò la psicologa.

Intanto Aaron si era precipitato su Emily intenzionato a bloccarla per evitare che si facesse male da sola, ma appena le sue mani le si erano poggiate addosso lei aveva cominciato a dibattersi ancora più furiosamente e a supplicare aiuto. Cosa diavolo le stava facendo il direttore?

Mentre Lauren e George continuavano ad urlarsi contro, Aaron cercava di immobilizzarla il più delicatamente possibile per evitare di spaventarla ulteriormente, ma era tutto inutile.

Poi, repentinamente, la ragazza si immobilizzò. Aaron la fissò convinto che il preside avesse interrotto il potere del suo Will e che di lì a poco si sarebbe svegliata.

Guardò il direttore che, improvvisamente, si era zittito e lo scoprì a fissare la ragazza sorpreso. Qualcosa non andava.

Prima che riuscisse a riportare lo sguardo su di lei per controllare le sue condizioni una forza d'urto travolse la stanza, facendo sbalzare tutti e tre a diversi metri di distanza dal punto in cui si trovavano.

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