Capitolo 6
~ La mia idea di scuola è quella di turbare le menti dei giovani
e infiammare il loro intelletto. ~
Robert Maynard Hutchins
Lunedì. Primo giorno di lezione.
Da piccola non mi piaceva andare a scuola, poi, quando mi avevano rinchiusa a Lake City, non mi era più stato permesso andarci, e si sa che quando ti tolgono qualcosa è proprio allora che la desideri di più.
Nel mio periodo di reclusione ero arrivata al punto in cui mi ero quasi dimenticata come si leggeva e scriveva, mi ero resa quindi conto di non poter andare avanti così e per mia fortuna, proprio in quel periodo, avevo scoperto la consunta e datata biblioteca dell'edificio.
Nessuno la utilizzava mai ed era diventata il mio personale rifugio e luogo di studio.
Avevo scoperto una sana passione per la lettura che mi aveva portato a leggere, uno ad uno, tutti i libri che quel luogo conteneva, non che ce ne fossero molti. Fortunatamente ero stata presa in simpatia da una delle cuoche della mensa che, una volta al mese, mi portava un paio di libri, rendendo così le mie giornate più sopportabili e permettendomi di conoscere e studiare diversi argomenti.
Quello sarebbe stato il mio primo vero giorno di scuola dopo tanto, troppo tempo.
Dire che ero agitata è un eufemismo.
Nel tragitto verso l'aula Joy si unì a me e Jake.
"Ciao, ragazzi!" ci salutò allegra "Pronti per il primo giorno?"
Annuimmo in silenzio, entrambi tesi, ma per motivi diversi.
"Non vedo l'ora di presentarvi gli altri!" cinguettò eccitata.
In breve tempo arrivammo in aula. Era una stanza di medie dimensioni con pareti bianche decorate da una tavola periodica e diverse cartine geografiche. Una quindicina di banchi la occupavano e la maggior parte di questi era vuota.
La prima persona che notai fu una ragazza dalla bellezza strabiliante che sedeva in primo banco. I suoi lunghissimi capelli mossi castano scuro arrivavano quasi a toccare il pavimento. Gli occhi di un azzurro chiarissimo erano messi in risalto dalla pelle scurissima. Questa figura, però, contrastava in maniera quasi fastidiosa con il suo, altrettanto bello, vicino di banco. Era un ragazzo albino, il bianco candido della sua pelle quasi si confondeva con quello dei suoi capelli e delle ciglia che circondavano un paio di occhi sempre di un azzurro tendente al grigio.
Per un attimo pensai di aver perso la capacità di vedere i colori.
Una strana aura sembrava circondare quei due individui, opposti in tutto tranne che per gli occhi.
"Questi sono Dasy, che ha il potere della telecinesi, e Tayler che legge nella mente" fece le presentazioni Joy.
"Ci trova inquietanti" disse Tayler a Dasy, indicandomi.
"E perché mai?" chiese lei curiosa, fissandomi intensamente.
"Ci trova troppo uguali e diversi al tempo stesso" rispose atono.
"Ragazzi, cerchiamo di non spaventare i due nuovi scolaretti già il primo giorno!" intervenne una biondina, comparendo dal nulla, spaventandomi. Era vestita di tutto punto in tinta unita rosa shocking, con dei tacchi vertiginosi che le permettevano di guardare tutti dall'alto in basso. Da dove diavolo era sbucata fuori?
"Si teletrasporta" rispose Joy alla confusione che dovevo aver dipinta in faccia.
Gli occhi scuri della ragazza si erano fermati su Jake un po' più del necessario e, dopo averlo esaminato a dovere, gli aveva teso la mano per presentarsi, cosa che con me non fece...
"Piacere io sono Rose. Era ora che arrivasse carne nuova!" disse con fare allusivo guardando sempre Jake, il quale si stava tingendo di un bel porpora a una velocità strabiliante.
"Non metterlo in imbarazzo, Rose!" la richiamò subito Joy.
Il rumore dei tasti di un computer pigiati ad una velocità supersonica mi fece voltare. Un ragazzo che aveva in tutto e per tutto le sembianze di un vero nerd era chino su un portatile, con il naso che quasi toccava lo schermo. Aveva i capelli castano chiaro e gli occhi verdi parzialmente nascosti dalla grossa montatura nera degli occhiali da vista che portava.
"E quello chi è?" chiesi.
"Lui è Noah. L'uomo che sussurra ai computer." Rispose ironica Rose "Credo lo ecciti di più toccare una tastiera piuttosto che il corpo di una donna."
Quella biondina mi stava già antipatica. Mi allontanai alla ricerca di un posto da occupare, ma il mio sedere non toccò mai la sedia prescelta e rimasi bloccata a mezz'aria. Poi improvvisamente delle mani comparvero sui miei fianchi.
"Stai comoda, tesoro?"
Con un balzo mi rimisi in posizione eretta e mi voltai verso la fonte del suono. Questa volta a comparire dal nulla fu un ragazzo. Riccioli neri gli ricadevano disordinati sulla fronte e i suoi occhi color pece stavano valutando attentamente ogni centimetro del mio corpo, mettendomi non poco a disagio.
"È un piacere conoscerti, splendore. Io sono Mark e posso diventare invisibile. Tu invece devi essere la ragazza che parla con i morti, vero?"
Annuii in silenzio, imbarazzata.
"Emily, vieni a sederti prima che arrivi il professore." Mi chiamò Jake dall'altra parte dell'aula, indicandomi un posto libero vicino a lui.
Ebbi appena il tempo di sedermi, questa volta per davvero, che la porta si spalancò accogliendo un uomo sulla quarantina. Aveva i capelli e la barba castano scuro e gli occhi azzurri erano incorniciati dalla leggera montatura di un paio di occhiali tondi. Si schiarì la voce e cominciò a parlare.
"Bene ragazzi, visto che abbiamo delle new entry, quella di oggi sarà una lezione riassuntiva sulle caratteristiche generali del vostro mondo, in modo da introdurre i nostri due nuovi amici in questa realtà. Cercherò di essere il più breve e chiaro possibile!" iniziò il professor Nik.
"Tuttora non si sa ancora tutto della vostra realtà. Per esempio, non sappiamo quando sono comparsi i primi Will, è così che li chiamiamo. Possiamo però dire con certezza che esistono da diversi millenni. Basti dare una letta ai libri di mitologia di qualsiasi civiltà. Nell'antichità scambiavano le persone come voi per semidei e le veneravano. Molti antichi sovrani cercarono di sottometterli con l'intento di utilizzarli per soddisfare la loro brama di potere, così i vostri predecessori hanno, intelligentemente, deciso di mantenere un profilo un po' più basso per evitare inutili spargimenti di sangue." Sospirò e proseguì.
"Ora ve la sto facendo semplice, sembra quasi che vi stia raccontando una favola, ma non vi scordate che i vostri antenati sono stati la causa delle più sanguinose battaglie mai viste. Alcuni portatori di Will si limitarono a difendere la propria patria, altri per soddisfare il loro desiderio di potere, credendosi superiori, non si fecero scrupoli a sottomettere e uccidere i propri oppositori. Immagino che tutti conosciate la famosissima battaglia delle Termopili del 480 a.C. Come pensate che i greci siano riusciti a bloccare i persiani per così tanto tempo anche se erano in grandissima inferiorità numerica? Ovviamente tra loro c'erano persone come voi, non sapremo mai quante, ma sicuramente Leonida era un portatore. Si crede inoltre che anche il sovrano di Persia, Serse Il Grande, lo fosse, ma di lui non si ha certezza. E questo è solo uno degli esempi più memorabili! Ci sono domande?" chiese, rivolto principalmente a me e Jake.
Alzai la mano.
"Sì, signorina Mason?"
"Perché abbiamo dei poteri? Intendo dire, perché io ho un Will, mentre lei o i miei genitori non lo possedete, cosa stabilisce chi è un portatore e chi non lo è?" chiesi interessata.
La mia domanda lo fece sorridere.
"Ottimo, signorina Mason, questa è la domanda del secolo e la risposta è: ancora non lo sappiamo! Sono stati compiuti innumerevoli studi per dare una risposta a questo quesito, ma non siamo ancora arrivati a nulla. Sono decenni che fior fiore di scienziati elaborano esperimenti e teorie, ma non c'è nulla di certo. Inizialmente si pensava che dipendesse da un fattore genetico, ma confrontando il genoma di centinaia di portatori e non, non è emerso nulla. Vi posso dire però cosa sappiamo. Sappiamo che non possono esserci due portatori di uno stesso Will contemporaneamente, quindi non incontrerete mai qualcuno con le vostre stesse abilità. Quando morirete, si spera il più tardi possibile" disse facendoci l'occhiolino "il vostro Will sceglierà un altro portatore e sappiamo con certezza che preferisce rimanere all'interno della stessa famiglia. Quindi, se entro un massimo di tre giorni dalla vostra morte, nascerà un vostro parente di qualsiasi grado, c'è il 99% di possibilità che quest'ultimo diventi un portatore, in caso contrario non si è ancora capito in base a cosa il Will scelga il suo possessore." Concluse.
Nella mia mente contorta automaticamente risuonò la frase: è il Will che sceglie il portatore, signorina Mason, detta dalla voce di Olivander.
"Quando si manifesta un Will? Perché il mio si è rivelato solo qualche mese fa mentre quello di Emily quando era solo una bambina?" chiese curioso Jake.
"Anche questa è una domanda interessante, molto bene. La manifestazione del Will dipende solo ed esclusivamente dal soggetto, può manifestarsi alla nascita oppure no, può manifestarsi a seguito di una forte emozione oppure no, può manifestarsi spontaneamente durante l'adolescenza, in età adulta o durante la vecchiaia oppure non manifestarsi mai. Questo è un altro grande quesito. Come potete constatare voi stessi sono più le cose che non sappiamo piuttosto che quelle che sappiamo." Concluse divertito.
"Quanti Will esistono?" chiesi.
"Esiste un registro sul quale sono elencati quelli che conosciamo, sappiamo con certezza dell'esistenza di circa diecimila Will, ma sicuramente alcuni non sono stati registrati perché i portatori li hanno tenuti nascosti o non si sono nemmeno accorti di possederli e inoltre c'è la possibilità che ne nascano di nuovi. Per esempio il suo, signorina Mason, non è mai stato registrato, ma Lauren sospetta che lei non sia la prima portatrice."
Possibile che qualcuno all'interno della mia famiglia lo avesse avuto prima di me?
"Quindi tutte le storie della mitologia sono vere?" domandò Jake, interrompendo la mia riflessione.
Sembrava quasi ci fossimo messi d'accordo sull'alternarci. Lo sguardo del professore passava da me a Jake man mano che rispondeva alle nostre domande ed era visibilmente contento del nostro genuino interesse per la materia.
"Beh, non proprio, molte sono frutto di una fervida immaginazione, altre invece si basano su personaggi realmente esistiti e su imprese realmente compiute, molto romanzate, ma con un fondo di verità. Ci sono anche delle leggende che vengono tramandate solo all'interno della vostra realtà e non sono conosciute dal grande pubblico. Gli studiosi hanno opinioni discordanti su queste ultime, alcuni credono che siano favole inventate per educare i bambini altri sostengono che raccontino fatti realmente accaduti." Disse con uno strano luccichio negli occhi "Noi questi argomenti li abbiamo già trattati tutti in modo molto approfondito a lezione e purtroppo non ho il tempo di ripetervi tutto. Dovrete studiare per conto vostro nel tempo libero per mettervi in pari."
Appunto mentale: alla fine delle lezioni cercare in biblioteca un libro sulle leggende Will.
Il tempo passò veloce e la lezione terminò troppo in fretta per i miei gusti.
Per le due ore successive ci sarebbe toccato seguire matematica e non fu per nulla piacevole.
Dopo la mia prima, e anche ultima, domanda, non proferii più parola e non per mia volontà. Quella megera della professoressa Scott mi aveva chiaramente detto che il mio intervento era troppo stupido per meritare una risposta e mi aveva attaccato la lingua al palato impedendomi di "disturbare il resto della sua lezione con la mia idiozia", sue testuali parole. Così avevo solo potuto assistere in silenzio agli esercizi che svolgeva alla lavagna, che per me erano arabo.
L'unica nota positiva fu che quell'arpia si ricordò di disattivare il suo potere per l'ora di pranzo.
Nel pomeriggio Aaron ci aspettava nella Palestra 1, che era quella adibita al combattimento corpo a corpo senza l'utilizzo dei poteri. Era una stanza rettangolare molto ampia. Il pavimento era di un brutto verde vomito e le pareti bianche erano occupate da una straordinaria varietà di costruzioni che, intuii, dovevano servire per l'arrampicata. In un angolo erano ammassati dei manichini e in un altro numerosi tappetini neri.
"Mettetevi in riga!" ci abbaiò contro non appena varcammo la soglia.
"Faremo una veloce dimostrazione per far vedere ai novellini come si svolgono le lezioni. Qualche volontario?"
"Me! Scegli me!" strillò Rose saltellando sul posto e rompendomi un timpano.
"Joy, vieni tu." Decise Aaron, ignorando la bionda che mise il broncio.
Senza tante cerimonie Joy si scagliò su di lui, nel tentativo di sorprenderlo, e iniziarono a darsele di santa ragione. Rimasi sorpresa: la ragazza era visibilmente in svantaggio, era più lenta e meno forte fisicamente, ma teneva orgogliosamente testa ad Aaron. Ogni volta che un colpo di lui la scaraventava a terra si rialzava e, veloce come un razzo, lo attaccava. Era una piccola macchina da guerra.
"Bene, credo che sia abbastanza. Ora dividetevi in coppie. E voi due" disse rivolto a me e Jake "non azzardatevi a mettervi insieme" ci fulminò. Fui tentata di fargli la linguaccia, ma mi trattenni.
Jake finì in coppia con Rose, che cercava in ogni modo di mettere a disagio il mio amico toccandolo in modo molesto invece di colpirlo e facendo battutine sconce.
I gemelli diversi formarono un'altra coppia, ma non sembravano intenzionati a cimentarsi in un combattimento, stavano immobili l'uno davanti all'altro e si fissavano in silenzio. Mi facevano venire i brividi.
Mark e Joy erano gli unici a prendere la cosa seriamente, colpivano e schivavano dimostrando grande maestria e agilità.
Rimanevamo solo io e Noah.
"Io non sono molto bravo..." chiarì subito il ragazzo, imbarazzato.
"Beh, allora siamo in due" cercai di rassicurarlo e metterlo a suo agio "Non ho mai tirato un pugno in vita mia. Proviamo a colpirci una volta a testa?" chiesi, incerta su come procedere.
Annuì, rincuorato dal fatto di non essere il più incapace nella stanza, e cominciammo anche noi.
Probabilmente se qualcuno ci avesse guardati senza sapere quello che effettivamente stavamo provando a fare, ci avrebbe scambiato per due ragazzini in preda a delle brutte convulsioni.
Aaron non poté trattenersi dall'esprimere il suo parere sulla nostra performance.
"Cosa state facendo? Vi state allenando per un balletto?" ci rimproverò, provocando le risate di Rose.
"Se non siamo molto bravi la colpa è solo dell'insegnante" borbottai, dimenticandomi che aveva un super udito.
"Cos'è che hai detto?"
"Ho detto che ci impegneremo per migliorare" cercai inutilmente di correggere il tiro.
Aaron mi si era avvicinato e mi fissava minaccioso.
"Esatto, ti devi impegnare e migliorare. Lascia che ti mostri qual è il tuo obiettivo" con un gesto della mano fece spostare Noah e si posizionò davanti a me.
Ottimo, era giunta l'ora della mia dose di umiliazione giornaliera!
Com'è che non avevo ancora imparato a tenere chiusa la mia maledetta boccaccia?
"Stai attenta, non ci andrò piano solo perché sei quella nuova"
Non ebbi il tempo neanche per mettermi in guardia che la mia schiena si scontrò con il pavimento e una fitta mi percorse tutta la spina dorsale. Mi alzai a fatica.
"Non vale, tu stai usando il tuo potere!" protestai.
"No. Non sto usando il mio Will. Sei tu che sei così debole e lenta che faresti risaltare le abilità di combattimento anche della persona più incapace del mondo." Mi schernì.
"Per avere qualche possibilità di miglioramento devi prima di tutto mettere un po' di ciccia e muscoli su quel corpicino scheletrico, i tuoi genitori non ti davano da mangiare?"
Mi rabbuiai e non gli risposi. Probabilmente si accorse del mio cambiamento d'umore perché mi guardò perplesso. Con i suoi occhi chiari studiò la mia espressione, ma distolsi lo sguardo, a disagio.
Lauren non aveva detto a nessuno della situazione in cui mi trovavo prima di arrivare lì?
Il nostro combattimento, se così si poteva chiamare, durò per un altro paio di minuti, durante i quali mi parve che Aaron si trattenesse, anche se finii comunque a terra diverse volte.
"Pausa di dieci minuti!" urlò Aaron quando caddi per l'ennesima volta.
"Tutto bene?" mi chiese Jake avvicinandosi e aiutandomi ad alzarmi.
"Sì. Credi che Lauren abbia raccontato qualcosa della... particolare situazione da cui provengo?" chiesi senza espormi troppo, con il timore che Mr. Udito fosse in ascolto.
"Sono sicuro che non ha detto niente a nessuno. Lo sappiamo solo noi e il preside, a lui probabilmente ha dovuto dirlo, ma non credo ne abbia parlato ad altri." Mi rassicurò.
"Bene, meglio così"
Nei dieci minuti di pausa che ci erano stati concessi ebbi appena il tempo di bere un goccio d'acqua che Aaron ci richiamò all'ordine. Ci costrinse a faticare per un'altra ora tra piegamenti, addominali, squat e diavolerie varie.
Non c'è bisogno di specificare che uscii dalla palestra strisciando.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro