Capitolo 4
~ Nella vita non esistono che gli inizi. ~
Madame de Staël
Mi svegliai a causa di un forte scossone.
"Cavolo Emily, iniziavo a pensare che fossi morta!" mi raggiunse la voce di Jake.
Aprii gli occhi e mi stiracchiai placidamente su quella soffice nuvola di lenzuola bianche.
Una fastidiosa luce mi stava accecando.
Che ore erano? Come avevo fatto a non svegliarmi prima? Dovevo proprio essere distrutta.
"Sono le 15, non ti sei presentata a pranzo!" continuò a rimproverarmi Jake.
Lo ignorai con un sonoro sbadiglio e concentrai la mia attenzione sulla stanza, studiandola. Era ormai diventata un'abitudine per me analizzare luoghi e persone, sempre con il sospetto che dietro l'angolo si nascondesse qualche spiacevole sorpresa.
Il soffice letto su cui mi trovavo era da una piazza e mezza, le coperte bianchissime riflettevano la luce che filtrava dalla finestra sulla parete opposta, accecandomi.
L'enorme finestra era incorniciata da lunghe tende porpora scuro che la sera prima mi ero dimenticata di chiudere. A sinistra del letto c'era il più grande armadio a muro che avessi mai visto, munito di due ante scorrevoli a specchio dalle quali una me molto assonnata mi stava osservando stupita. A destra invece una scrivania con a fianco una libreria già carica di libri in fremente attesa di essere sfogliati.
Durante la mia attenta analisi Jake aveva continuato a sproloquiare, incurante del fatto che non avevo prestato attenzione nemmeno ad una delle parole che aveva pronunciato.
Mi sedetti sul bordo del letto intenzionata a continuare l'esplorazione in modo più dettagliato, ma fui subito distratta.
I miei piedi erano sempre stati abituati al freddo contatto con il pavimento, quel giorno invece furono accolti da un morbido tepore. Un delicato tappeto rosa antico era adagiato sul pavimento di legno scuro. Mi sdraiai su di esso e cominciai a strusciarmici sopra, ci mancava solo che iniziassi a fare le fusa e chiunque mi avrebbe scambiata per un gatto.
"Cosa diamine stai facendo!?" chiese Jake visibilmente confuso.
Mi alzai contro voglia dal tappeto accorgendomi che sopra la testata del letto era appeso uno dei miei quadri preferiti. Ninfee rosa di Monet. Quella stanza sembrava fatta su misura per me.
Oltre alla porta che dava sul corridoio ne notai un'altra a lato dell'armadio. Quando la aprii fui accolta da un bagno di un tenue turchese che, oltre alla doccia, aveva anche una bellissima vasca in ceramica.
Il Paradiso doveva essere esattamente così!
"Emily! Mi stai ascoltando? Dobbiamo andare! Lauren ci sta aspettando, vuole presentarci il direttore dell'istituto" sbottò frustrato.
"Va bene! Andiamo!" sbuffai controvoglia e, con i vestiti tutti spiegazzati che indossavo dal giorno prima, lo seguii lungo i corridoi.
Durante il tragitto mi accorsi che al polso portava un vecchio e consunto orologio.
"E quello da dove salta fuori? Non te l'ho mai visto indosso" chiesi indicandolo.
"Lo avevo affidato a Lauren, è un cimelio di famiglia. È l'unico ricordo che mi è rimasto di mio padre, lui è morto quando ero molto piccolo. Non funziona neanche, vedi?" disse avvicinandomelo agli occhi, in effetti segnava le 11.
"Non si può aggiustare, i pezzi di ricambio di questo modello non li fanno più, ma proprio non riesco a separarmene" concluse, fissando l'oggetto con affetto.
Le sue parole mi provocarono una strana emozione, probabilmente amarezza.
Io non possedevo nessun oggetto che mi ricordasse i miei genitori e anche se lo avessi avuto di sicuro non mi avrebbe fatto ripensare a loro con affetto.
Percorremmo i corridoi fino ad arrivare ad una grande porta di mogano aperta e già da qualche metro di distanza riuscii a scorgere la vasta distesa di libri che si nascondeva all'interno della stanza.
La biblioteca ospitava tantissime librerie incredibilmente alte, ognuna munita di scala per riuscire ad arrivare agevolmente anche agli ultimi ripiani. Erano disposte in ogni direzione: orizzontale, verticale e obliquo, creando un enorme labirinto che in quell'impeccabile ordine di libri attentamente disposti generava uno bizzarro senso di disordine, che rendeva impossibile capire l'effettiva immensità di quella stanza.
L'odore di carta, inchiostro, legno e cuoio regnavano sovrani.
"Bene, siete arrivati! Seguitemi, il direttore Nightmare vi sta aspettando" disse Lauren, avventurandosi in mezzo agli scaffali.
Il nome di quell'uomo non prometteva nulla di buono, ma la seguimmo in silenzio.
Facendo slalom tra le scansie cariche di volumi arrivammo in una zona un po' più spaziosa.
Se mi avessero abbandonata lì non sarei più riuscita a tornare indietro e sarei stata condannata per l'eternità a vagare in quel labirinto di conoscenza.
Fui distratta dai miei pensieri quando mi accorsi della presenza di un uomo seduto ad un tavolo.
Era molto magro e dalla lunghezza delle sue gambe, che si intravedevano accavallate sotto il tavolo, doveva avere un'altezza non indifferente. I suoi scurissimi occhi neri ci scrutavano interessati, in contrasto con la sua folta e chiara chioma bionda.
"Ragazzi, vi presento George Nightmare!" ruppe il silenzio Lauren.
L'uomo si alzò e, svettando su di noi, ci porse la mano.
"È un piacere conoscervi!" disse, stringendo prima la mia mano e poi quella di Jake "Emily e Jake, giusto? Lauren mi ha parlato molto di voi! Sono contento di potervi accogliere in questo istituto. Questa d'ora in poi sarà la vostra casa e la vostra scuola. Vi verranno insegnate le materie tipiche di qualunque altra scuola e qualcuna in più: Origine e Storia dei poteri, Leggende del nostro Mondo, Etica dei poteri e autodifesa con e senza l'utilizzo delle vostre abilità. Domani, cioè lunedì, inizierete le lezioni e conoscerete i vostri compagni e professori. Oggi invece affiderò a qualcuno il compito di farvi fare un giro turistico dell'edificio e di spiegarvi le regole da rispettare!" spiegò, chiaro e conciso "In caso di problemi rivolgetevi a me o a Lauren!" concluse cordialmente.
I suoi occhi freddi e la sua espressione disinteressata però contrastavano con quelle parole gentili, mettendomi a disagio. Il suo sguardo in realtà sembrava dire: "Non osate rivolgermi la parola!"
Una strana nube scura al margine del mio campo visivo attrasse la mia attenzione, interrompendo l'analisi a cui stavo sottoponendo quell'uomo. Decine e decine di ombre stavano volteggiando in una zona arredata da piedistalli e teche che esponevano quelli che sembravano essere antichi reperti.
Guardandomi intorno mi accorsi che tutte le ombre presenti in biblioteca erano concentrate proprio lì, la cosa mi incuriosì.
Cosa poteva interessarle tanto?
Improvvisamente cominciarono i bisbigli. Le ombre cominciarono a parlare concitate.
Avvicinati!
Prendilo!
È nostro di diritto!
Rubalo!
Usalo!
Nessuno potrà fermarci!
Continuavano a ripetere, tutte insieme, frasi senza senso, con un tono di voce sempre più alto e sentivo uno strano istinto che mi diceva di avvicinarmi e fare ciò che mi dicevano.
Ero confusa. Non capivo cosa stava succedendo e le ombre gridavano sempre più forte.
FALLO!
FALLO!
FALLO!
"Basta!" urlai all'improvviso, crollando in ginocchio sul pavimento, le mani premute sulle orecchie e il respiro mozzato.
Quando riaprii gli occhi le ombre erano scomparse e la biblioteca era piombata nel silenzio.
Jake e Lauren mi si avvicinarono subito aiutandomi ad alzarmi, visibilmente preoccupati.
Il preside invece mi fissava, curioso e attento.
"Cosa succede?" indagò Lauren agitata.
"Non lo so" borbottai confusa "I fantasmi sono come impazziti, c'è qualcosa là" dissi indicando la zona incriminata "che li attira, volevano che la prendessi..."
Lo sguardo d'intesa che la psicologa e l'impassibile George si scambiarono non mi sfuggì.
"Ora si sono calmati?" chiese Jake.
"In realtà sono proprio scomparsi, non ce n'è più nessuno in questa stanza" dissi con un sospiro di sollievo.
"Cosa sono quegli oggetti?" ero curiosa.
"Antiquariato" tagliò corto il direttore "Vecchi libri e antichi gioielli, nulla di importante"
Ma da come si era spostato per coprirmi la visuale capii che stava mentendo.
"Io ora ho delle questioni da sbrigare" continuò "Lauren trova Joy e incaricala di far fare un giro ai nuovi studenti, poi raggiungimi nel mio ufficio" concluse allontanandosi velocemente.
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Pochi minuti dopo Lauren era già davanti allo studio del direttore. Varcò la soglia senza bussare.
George era seduto alla sua scrivania, le braccia incrociate e lo sguardo perso fuori dalla finestra. Era pensieroso.
"Non so se è sicuro tenerla qui" disse serio.
"Cosa intendi dire?"
"Tramite i suoi fantasmi potrebbe scoprire come usarlo e diventerebbe una minaccia" spiegò.
"Quindi la tua idea sarebbe di abbandonarla in mezzo a una strada o, peggio, riportarla al manicomio e dimenticarci di lei?" chiese la donna arrabbiata "Io preferisco vederla come un'alleata e non come una minaccia! Pensa se Blake l'avesse trovata prima di noi! A quest'ora saprebbe già come usarlo e avrebbe solo il problema di venircelo a rubare!"
"Non lo avrà mai! Dovrebbe passare prima sul mio cadavere!" sbottò l'uomo.
"Non essere sciocco! Non sappiamo neanche quanti uomini ha dalla sua parte! Potrebbe pure avere un veggente, dato che noi non lo abbiamo, e a quel punto potrebbe sapere quanti studenti abbiamo, i loro poteri e che abbiamo trovato lei. Non gli sarebbe difficile organizzare il furto."
"Mi preoccupa più quella ragazza piuttosto che un ipotetico veggente. Il suo potere non è mai stato registrato, quindi non sappiamo cosa potrebbe essere in grado di fare. Pensa se la istruissimo e le insegnassimo ad usare appieno i suoi poteri e poi si rivoltasse contro di noi!"
"Non ti preoccupare, non ci tradirà. Vede in me una salvatrice che l'ha liberata dall'inferno in cui è stata rinchiusa per troppi anni. Si sente in debito con me, non mi farebbe mai un torto. Poi c'è Jake, la prima persona che è stata gentile con lei, l'ha trattata da pari, da persona normale e le ha dimostrato l'affetto che le serviva e le mancava. Lo vede come un fratello e non lo abbandonerebbe o tradirebbe mai!" spiegò la psicologa.
"Non puoi esserne sicura!" sbottò scontroso.
"E invece sì, la psiche umana è di mia competenza, non tua! O possiedi una laurea in psicologia di cui non so nulla?" chiese irritata.
Ci fu un attimo di silenzio.
"E va bene!" capitolò infine "Ma se mi sale anche il minimo dubbio sulla sua fedeltà non mi farò scrupoli a distruggerla!" concluse congedandola con un gesto della mano.
Non serviva che lo specificasse, Lauren sapeva che in caso di pericolo non avrebbe indugiato ad annientare quella povera e ignara ragazza come fosse un pupazzo. Non era famoso per la sua compassione, tutt'altro.
Dopo che Lauren lasciò la stanza, George non dovette attendere a lungo prima di sentire la porta aprirsi nuovamente e vedere, con la coda dell'occhio, una sagoma entrare, veloce e silenziosa.
"Voleva vedermi?" gli chiese la figura.
"Sì" cominciò a parlare il direttore, con l'intenzione di terminare quell'incontro nel più breve tempo possibile, non voleva assolutamente che Lauren lo venisse a sapere "Avrai di certo sentito dell'arrivo di due nuovi studenti. Devi tener d'occhio la ragazza, potrebbe ritorcersi contro di noi" concluse conciso, non aveva bisogno di dilungarsi oltre con inutili spiegazioni, e con un cenno congedò anche quell'ospite.
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