Trasformazione - 2
Due anni prima ... (continua ...)
Ellie
Ho qualcosa che non va. Assomiglia al desiderio di sesso ma è un desiderio strano, come la sete di un liquore che non saprei definire. È come un formicolio che percorre tutto il corpo strisciando sotto la pelle. Sono inquieta, ogni rumore mi infastidisce.
Mi vesto in maniera semplice, mi trucco con cura, metto il mio rossetto sgargiante. Stasera andrò in una discoteca che mi hanno segnalato.
La discoteca è LeCoqRock. È un posto ambiguo, frequentato da gente strana, puttane, papponi, gay e lesbiche. È il tipico posto dove rimorchiare. Non ne so il motivo, ma il posto mi attira. Forse lì farò incontri interessanti.
Fuori c'è una doppia fila, uomini da una parte e donne dall'altra. La fila delle donne è cortissima, quella degli uomini più lunga. A regolare le entrate c'è Matel, un mulatto enorme, faccia brutta e odiosa, con in mano una mazza da baseball che usa come sbarra. Guarda attentamente ogni persona cercando di capire se è portatrice di guai.
Ha mandato indietro due ragazzine, avranno avuto quindici anni al massimo: non vuole rogne con la polizia. Ha respinto anche tre ragazzi che odoravano di vodka: niente ubriachi, ci si ubriaca dentro.
Mentre i ragazzi pagano salato, le ragazze entrano gratis.
Quando tocca a me, il mulatto mi guarda a lungo. Sono indecisa tra la faccia da santarellina o quella da navigata. Lui sembra indeciso poi alza la sbarra e ringhia "Entra!"
Dentro è il caos totale. Ma è un caos apparente. Si sono formate delle società separate. Gli etero da una parte, i gay da un'altra, le lesbiche da un'altra ancora. E all'interno di ogni società ci sono altri gruppi: le coppie, i single in caccia, gli amici in gruppo. E poi ci sono i nomadi, persone che vagano senza sosta, da un gruppo all'altro, dal banco ai bagni, dai tavolini alla pista da ballo.
Che cosa voglio? Non lo so con sicurezza. All'improvviso sento una specie di angoscia, una stretta al petto, il cuore accelera e il respiro si fa pesante. Mi guardo in giro, vedo due ragazzine (come hanno fatto ad entrare?) che parlano con due uomini. Le ragazze sono normali. Sono i due uomini che mi colpiscono. Volti scarni, occhi accesi, mani nervose. Sono trasformati?
Mi guardano anche loro, mi hanno sentito. Mi sorridono e mi fanno un cenno d'intesa che vuole dire: "Non ti preoccupare, abbiamo capito che sei, stai calma, qui ce n'è per tutti!"
So bene cosa cercano e cosa vogliono, l'ho sognato anch'io nei miei incubi, troppe volte. Anche il mio corpo vorrebbe le stesse cose, se non lo tenessi sotto controllo con uno sforzo che mi logora. Le due ragazze si incamminano verso le toilettes: per qualche mistero cosmico le ragazzine possono fare pipì solo in compagnia. Le seguo, entro dopo di loro, chiudo la porta alle mie spalle.
"Ragazze!" esordisco "Questo è un brutto posto per voi. Credo che sia meglio che ve ne andiate!"
Una delle due, quella che sembra più grande mi affronta a muso duro.
"Che cazzo vuoi? Non rompere! Ci stiamo divertendo!"
Mi impongo di stare calma anche se il formicolio sotto la pelle è diventato insopportabile e qualcosa urla nella mia mente.
"I due con i quali parlavate, sono persone cattive. Chiamate vostro padre e ditegli che vi venga a prendere!"
Ridono, mi guardano male.
"Che cazzo ne sai tu che sono persone cattive?"
Nel mio autocontrollo compare una crepa. La mia mano scatta e si chiude a morsa alla sua gola. Stringo con forza e pungo un po' con le unghie. La morsa brutale la spaventa, impallidisce di colpo e comincia a tremare.
"Sono cattivi, perché sono come me, cattiva!"
Scura in volto, guardo l'altra.
"Hai il cellulare? Chiama tuo padre, digli che ti fa male la pancia e deve venirvi a prendere!"
Con gli occhi pieni di lacrime l'altra prende il cellulare e chiama.
"Papà, mi sono venute, mi fa male la pancia, ci vieni a prendere?"
Nella mia mente, vedo il papino che abbandona la finale di Coppa, schizza in parcheggio e mette in moto.
"Andiamo fuori e niente scherzi!"
Le accompagno fuori, escono a testa bassa, sembriamo tre ragazze che vanno a smaltire un po' di alcool all'aria fresca. Dopo un certo tempo arriva un'auto, si ferma di botto, esce un uomo che abbraccia la più piccola delle due. Io mi defilo e scompaio alla loro vista.
Perché l'ho fatto? Di loro non mi importava nulla ma non volevo che accadesse loro quello che è accaduto a me. Sono buona? No, sono cattiva, il male è dentro di me, scorre brutale e violento, prima o poi prenderà il sopravvento.
Rientro. I due uomini sono ancora lì. Ora parlano con un ragazzo e una ragazza. Si voltano, mi guardano e sorridono. Hanno capito ma non sono offesi, ce n'è per tutti stasera.
Vado al banco e mi siedo su uno sgabello. Vicino a me c'è un giovane, avrà qualche anno più di me, sembra di buona famiglia, uno che ha avuto la vita facile. Ci prova.
"Non bevi nulla?" esordisce.
Faccio una faccia sconsolata.
"Ho perso il portafoglio!"
Lui si sente il salvatore di una fanciulla sola e abbandonata. Sorride.
"Nessun problema! Cosa vuoi!"
"Una Coca, grazie!"
Mi guarda stupito. Gli sorrido.
"Non bevo alcool, non lo reggo!"
Si avvicina, si presenta. Si chiama Albert, io non gli dico il mio nome ma lui non ci fa caso. Parliamo di cose banali. Lo guardo, è carino. Starà pensando che, forse, stasera la fortuna è dalla sua parte. Mi sfiora un paio di volte, io rispondo sempre con un sorriso. Si decide e prende l'iniziativa.
"Senti, qui il caos è insopportabile. Usciamo a prendere un po' d'aria?"
Ok, ci sto, usciamo. Uno dei due uomini di prima se ne è andato con la ragazza. L'altro continua a parlare con il ragazzo. Mi fa un cenno, sorride per incoraggiarmi: la tua preda non è male.
Per strada, Albert mi da la mano. È un ragazzo gentile e beneducato. Camminiamo lentamente, scommetto che stiamo andando verso casa sua. Infatti, si ferma.
"Io abito qui. Ti va di venire su da me?"
Annuisco. Il palazzo è lussuoso, telecamere discrete controllano l'ingresso e gli ascensori. Saliamo al terzo piano, Albert apre la porta del suo appartamento, accende le luci e si fa da parte per farmi entrare. L'appartamento è arredato in maniera molto elegante ma non pacchiana.
"I miei resteranno fuori tutto il weekend ..." mi rassicura per farmi capire che non ci saranno problemi.
Mi mostra camera sua, la camera di un ragazzo ricco cresciuto senza problemi e senza drammi. È incerto su come cominciare, allora prendo io l'iniziativa. Gli sbottono la camicia e gliela sfilo, gli dò un leggero bacio sulla fossetta del collo e mi prende un capogiro.
Sapere di poter andare avanti ha reso frenetico Albert. Mi toglie la camicetta, mi sfila la gonna, lotta un po' con il reggiseno e con le calze, io l'aiuto per evitare il disastro. Mi spinge, gentilmente, sul letto, si sveste rapidamente e si sdraia nudo al mio fianco. Ci abbracciamo frenetici, senza parlare, selvaggi, senza ritegno. Non pronunciamo una parola, ansimiamo, ci tocchiamo, ci prendiamo, solo un breve grido alla fine.
Ha gli occhi chiusi, immobile. Io lo copro di piccoli baci, mi avvicino al suo collo che è morbido, delicato. Appoggio le labbra e sento il pulsare del cuore. Chiudo gli occhi, ho un capogiro violento, la mia parte malvagia urla a squarciagola.
"Ora! È il momento! Ora!"
Con uno sforzo tremendo mi allontano, mi metto a sedere, mi prendo la testa tra le mani e cerco di calmarmi.
"Albert, posso fare una doccia?"
Annuisce indicando il bagno con la mano. Mi incammino, nuda.
Il box doccia è enorme, chiuso da vetri completamente trasparenti. Apro il rubinetto e faccio uscire acqua fredda che scorre sul mio corpo e comprendo appieno il significato d'espressione "spegnere i bollenti spiriti"!
La porta del bagno si apre, entra Albert (indossa i boxer) si siede e mi contempla. Chissà quanti video porno avrà guardato in Internet ma, in questo momento, una donna vera ha per lui tutto un altro sapore. Gli sorrido e lo saluto con la mano. Lui, imbambolato, mi sorride e mi saluta a sua volta.
"Passami il telo, per favore!" chiedo sorridendo.
Da vero gentiluomo mi avvolge nel telo e mi massaggia la schiena. Mi osserva incantato, mi porge gli abiti e mi guarda rivestirmi senza dire una parola. Ora sono a posto, mi pettino, devo solo mettere il rossetto.
"Come ti chiami?" sussurra a bassa voce.
Esito. Il mio sguardo cade sul rossetto: è marcato Fashion Kitty. Non male come nome.
"Mi chiamo Kitty!"
"Kitty e poi?"
"No, Kitty e basta!"
È chiaramente perplesso. Gli dò un ultimo bacio, una rapida carezza sulla guancia e guadagno la porta dell'appartamento.
*******
Cammino lentamente, senza fretta. La notte non mi fa paura, la notte è il mio elemento, il mio abito. Dov'è finita Eleanor? Non c'è più, è stata trasformata. Adesso c'è Kitty.
Tutto questo mi fa un po' paura.
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