Laboratorio
Paul
"Paul, voltati!"
Rispondo con un brontolio sordo.
"Paul, voltati! Svegliati, è tardi, farai tardi al lavoro!"
Mi giro, è lei. È già vestita, truccata, bellissima. Si è messa un rossetto rosso provocante. Mi bacia, un bacio leggero al sapore di ... non lo so, si direbbe fragola.
"Kitty (si chiama Catarina, ma io la chiamo Kitty), buongiorno!"
Lei sorride, mi accarezza la fronte.
"Ti ho portato il caffè!"
Non so come faccia ma si alza sempre prima di me, è sempre in ordine, pronta per uscire, elegante, bella. E mi porta sempre il caffè a letto, sa che senza non riuscirei ad alzarmi. La guardo dubbioso.
"Dov'eri stanotte? Ti ho cercato, non eri a letto!"
"Paul, hai dormito male, ti sei agitato tutta la notte. Hai gridato, mi hai svegliata e sono andata in bagno mentre tu vagavi per casa"
"Scusami Kitty!"
Lei mi bacia e mi sussurra parole dolci all'orecchio.
"Sei il mio amore ma adesso devo andare, è tardi anche per me!"
Ora sono solo. Mi alzo e mi vesto. I postumi della notte si sono trasformati in un leggero mal di testa. Mangio qualcosa, bevo, malvolentieri, un'altra tazza di caffè. Mi guardo allo specchio: oggi andrò a lavorare con la barba lunga, tanto mi considerano un tipo strambo, innocuo ma strambo.
*******
Nella metropolitana la marea delle persone che si avviano al lavoro affolla i vagoni. I viaggiatori sono stipati, compressi e questa ressa mi dà fastidio. Qualcuno mi tocca il gomito, mi giro irritato. Ma è Elena, la mia collega. Sorride, è fresca, carina e di buon umore. Come faccia non so, forse è l'emozione del primo lavoro. Scendiamo alla fermata vicino all'ospedale. Ci aspettano otto ore di analisi di laboratorio e se capita un'urgenza faremo altre tre o quattro ore di straordinario. Entriamo strisciando il badge e scendiamo nei sotterranei. Entrando negli spogliatoi, stranamente, mi è tornato il buonumore.
"Elena, posso venire nello spogliatoio con te e guardarti mentre ti cambi? Così scoprirò che intimo porti e non sbaglierò le misure del regalo per il tuo prossimo compleanno!"
Lei ride, mi dà uno schiaffo sul braccio poi finge di essere offesa.
"Scemo! Vai ... !"
Indica, con fare perentorio, gli spogliatoi degli uomini e si volta per entrare nel suo. Mi cambio, metto la tuta di sicurezza, le calosce, la cuffia, prendo i guanti. Sono pronto, mi aspettano otto ore (se va bene). Il pensiero del ritorno a casa e dall'abbraccio di Kitty mi dà un certo sollievo.
Va bene, cominciamo!
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