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Biologi

Un anno prima ...

Yakov

La soluzione era così semplice, era sotto i miei occhi e non la vedevo! Continuavo a stendere teorie su teorie senza tener conto dei fatti, della realtà. Così alla fine, due studenti, due laureandi, lui brufoloso e lei occhialuta e con l'alitosi, sono arrivati nella maniera più semplice e lineare a risolvere il problema: trasformare il DNA e reimpiantarlo.

Leggo e rileggo la lunga relazione che i due hanno preparato come parte della loro tesi. Sono stati bravi, soprattutto nello spiegare il meccanismo di modifica di parte del Dna e degli enzimi necessari al trasporto e l'impianto: è il segreto della trasformazione, chi lo possiede avrà nelle sue mani un potere enorme.

I due laureandi siedono di fronte a me in silenzio. Aspettano trepidanti che abbia finito di leggere.

"Bene, molto bene! Un ottimo lavoro!"

I due si agitano sulla sedia, imbarazzati, ma felici. Felicità di un laureando che ha fatto il suo primo sforzo fattivo, felicità che non ritroverà mai più nella vita, anche quando dovesse mai prendere un Nobel. È come quando fai l'amore la prima volta: le sensazioni che provi le ricercherai per tutta la vita, invano.

"Bene!" concludo "Ora fatemi vedere praticamente il processo"

Felici, i due cominciano a spiegarmi i vari passi di estrazione da un campione di sangue e il trasferimento ad un altro campione. Il risultato finale: la trasformazione di un individuo fatta in laboratorio. Ascolto attentamente ogni particolare, mi faccio spiegare più volte i punti salienti. Lui è più pratico mentre lei completa la parte teorica con abbondanza di particolari.

Siamo giunti alla fine. È ora di prendere il materiale e andarmene.
Metto il fascicolo con la relazione e le foto, i diagrammi, le tabelle di test nella borsa di pelle che ho con me. I due mi guardano perplessi, sul volto appare l'ombra dello sconcerto ma non hanno il coraggio di reagire al loro stimato e autorevole professore.

"Dunque, preparate i campioni, i prodotti intermedi e finali e metteteli in un contenitore ermetico!"

Sorrido benevolo ma loro non sorridono affatto. Lui si fa coraggio.

"Professore, niente può uscire da questo laboratorio senza il permesso del rettore e del Ministero della Sanità"

"Ah, ragazzi non vi preoccupate, alla parte burocratica penserò io!"

Ma i due giovani sono così, credono ancora che leggi e regolamenti debbano essere osservati da tutti a qualunque livello. Faccio la faccia truce.

"Va bene, ho capito, faccio io, così voi sarete sollevati da ogni responsabilità. Dove sono i campioni?"

I due si guardano perplessi. Lui indica l'armadio frigorifero dove sono custoditi i campioni. Ringrazio. Prendo un contenitore ermetico e mi avvicino all'armadio. Afferro la maniglia ma mi accorgo che a fianco c'è una tastiera a numerica.

"Qual'è il codice?" chiedo bruscamente.

Silenzio. I due si guardano le scarpe imbarazzati. Lui si dondola incerto sul da farsi. Ho capito, bisogna cambiare registro. Faccio un passo verso il ragazzo, estraggo lo stiletto, con un fendente secco gli taglio la gola e con un calcio lo spingo per non essere investito dal sangue. Cade fragorosamente trascinando strumenti, provette, fogli e campioni.

La ragazza resta immobile, bloccata dall'orrore. L'afferro per il camice e le punto lo stiletto alla gola.

"Sei giovane! Vuoi vivere?"

Lei fa cenno di sì con la testa, il terrore le impedisce anche di parlare.

"Avanti, il codice!"

"47730" sussurra con un filo di voce.

La trascino fino all'armadio frigorifero.

"Inserisci il codice!"

"No!" sussurra piangendo.

La tengo ferma sotto la minaccia dello stiletto mentre io compongo il codice. Sul visore compare una scritta.

"ошибка! (Errore!)" l'allarme comincia a suonare.

"Brava! Sei stata coraggiosa! Ora, però, inserisci il codice giusto, se vuoi vivere!"

Lei, piangendo a dirotto, inserisce "73126". L'allarme cessa e la porta si sblocca.

"Grazie! Sei stata bravissima!" e mentre dico queste parole la spingo e con la lama del mio stiletto le taglio la gola. La studentessa crolla a terra senza un grido.

Adesso con calma, seguendo la numerazione del foglio, cerco i campioni e li metto nel contenitore stagno. Rovescio tutto il contenuto dell'armadio, così faranno fatica a capire che cosa ho prelevato, spengo la luce, cambio il codice, blocco la porta e me ne vado.

*******

Passo davanti alla portineria dell'istituto, il portiere mi guarda, mi saluta: è molto tardi e anche lui vuole finire il turno e andare a casa.

Fuori l'aria è fredda. Sono euforico, è andato tutto bene, è stato più semplice di quanto pensassi. Ora devo solo scomparire.

*******

Piotr

Sto completando la parte burocratica dei progetti e dei finanziamenti necessari. Tabelle su tabelle, questionari prolissi, elenchi di nomi, incarichi, competenze. Da anni ormai entro poco in laboratorio ma mi consumo il sedere a compilare moduli.
Irina si avvicina pensosa.

"Piotr, è scattato un allarme nel laboratorio 4, quello di Yakov!"

"E ... cosa c'è di strano? È durato molto?"

"No, si è spento dopo poco"

"Allora, qual è il problema?"

"Le luci sono spente!"

La guardo pensieroso. Potrebbe essere un'interruzione di corrente o un guasto agli armadi frigoriferi.

"Aspetta cinque minuti, finisco l'ultimo modulo poi andiamo a dare un'occhiata!"

Irina scalpita impaziente. Finisco di scrivere e le faccio segno di andare. Scendiamo al piano del laboratorio 4, percorro tutto il corridoio e mi fermo davanti alla porta blindata. Inserisco il codice ma la porta non si apre e si accende la luce di errore. La stanchezza mi ha tradito, devo aver sbagliato codice. Riprovo con lo stesso risultato. Irina mi spinge da parte e prova lei. Nulla, però il sistema di sicurezza ha bloccato la porta. Ora per aprirla ci vorrà il codice secondario che è nella cassaforte del direttore dell'istituto.

Chiamo il portiere con il telefono del piano e gli ordini di rintracciare il direttore. Il tempo passa.

*******

È passata mezzanotte, abbiamo rintracciato il direttore. Finalmente dalla cassaforte è uscito il secondo codice di dieci cifre. Lo digito attentamente e la porta, finalmente, si apre. Accendo la luce e guardo dentro: lo spettacolo è agghiacciante. Sembra passato un uragano, strumenti, apparati, provette, tutto buttato per terra, l'armadio frigorifero spalancato, il contenuto sparso per tutto il laboratorio.

Ma più sconvolgente è la vista della pozza di sangue che copre il pavimento e i corpi dei due laureandi di Yakov. È evidente che sono morti. I corpi straziati giacciono in pose scomposte, oscene. Trattengo Irina.

"Non puoi più fare niente per loro! Chiama la polizia, subito!"

Irina è sotto shock. Balbetta qualcosa, trema, si copre la bocca con la mano. Prima che si metta a gridare la porto fuori dal laboratorio e la faccio sedere su una panca in corridoio.

Adesso però bisogna pensare alla sicurezza. Tra il materiale buttato per terra alla rinfusa ci sono campioni pericolosi. Mi giro e chiudo la porta blindata del laboratorio. Afferro il telefono e intimo al portiere notturno di chiamare la polizia, subito!

Mi siedo a fianco di Irina, cerco di scuoterla.

"Irina, la situazione è grave. Si sono mescolati campioni pericolosi. Dobbiamo bonificare l'area, ho chiuso la porta blindata. Ho fatto chiamare la polizia. Mentre aspettiamo mettiamoci le tute di sicurezza"

Irina annuisce. Scoppia a piangere, conosceva i due laureandi, erano stati suoi allievi. Si alza, si asciuga gli occhi.

"Andiamo!" mi dice con voce rotta dal pianto.

Yakov

Salgo nell'auto che ho lasciato a qualche isolato di distanza. Ho poco tempo, chiameranno la polizia appena scopriranno quello che è successo. Ma io ho preparato la mia via di fuga minuziosamente. Bloccheranno le stazioni, gli aeroporti, metteranno posti di blocco agli ingressi autostradali e alle principali strade di accesso.

Ma io non me ne andrò. Me ne starò al sicuro per un bel po' di tempo, un mese o due. Quando le acque si saranno calmate mi leverò di turno ma con prudenza.

Fermo l'auto ai bordi di un grande giardino pubblico. Scendo e, camminando con calma, l'attraverso. Dall'altra parte c'è una grande chiesa ortodossa con cupole e campanili. Nel retro, scarsamente visibile, c'è una porticina accostata, entro e me la chiudo alle spalle. Nella penombra percorro un corridoio, incontro delle scale e scendo nei sotterranei. Accendo una torcia portatile e illuminò una porta: dietro c'è il mio rifugio dove starò fino a quando le acque si saranno calmate.

Apro la borsa e estraggo gli appunti dei due laureandi. Man mano che procedo con la lettura resto stupito dalla bravura e dalla precisione del loro lavoro. Che peccato averli dovuti uccidere! Hanno trovato, senza saperlo esattamente, come indurre la trasformazione con pochi semplici passaggi. Non importa, so a chi passare questi dati. E conosco anche chi sta facendo ricerca sul controllo della mente. Se riesco a fondere queste due ricerche si potranno fare cose strepitose. Adesso basta, mi riposerò un po' e poi riprenderò a leggere.

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