I petali di ciliegio lacrimano sangue
Il monastero era immerso nelle tenue sfumature dei boccioli di ciliegio che presto sarebbero fioriti, riempiendo il parco del loro inebriante profumo. Le monache non vedevano l'ora che arrivasse il tanto atteso momento della festa dei ciliegi, quando nel monastero si trascorreva l'intera notte meditando immerse nella bellezza di quei fiori senza tempo.
Madoka stava attraversando la sala del tempio, con la teiera di ghisa in mano, per versare il tè alle monache più anziane, che stavano facendo una pausa durante la sessione quotidiana di meditazione Zazen. Le monache erano sedute in posizione del loto, riunite in sparuti capannelli, e parlavano a voce bassa dei compiti che avrebbero dovuto svolgere nel monastero. Madoka passó tra di loro, versando il té bollente alle sorelle che avevano la tazza vuota. Qualcosa in lei, peró, non andava come al solito: si sentiva inquieta e sovrappensiero. Questa notte aveva fatto fatica a chiudere occhio e, quando la sua monaca superiore era venuta a svegliarla, l'aveva trovata giá in piedi che si stava sistemando la veste monacale. Madoka aveva trascorso l'intera mattinata in preda a un'agitazione interiore che, anche se cercava di non far trasparire al di fuori, alcune monache piú anziane avevano intuito. Mentre le versava il tè, la monaca superiore la osservò incuriosita.
"Va tutto bene, sorella?" le chiese sottovoce. Madoka, sorpresa da quell'inatteso interesse, prima cercò di schernirsi ostentando un timido sorriso, ma, poi, vedendo che la monaca più anziana non le levava gli occhi di dosso, capì che non aveva senso cercare di celare un suo stato d'animo a una sorella più avanti di lei nel cammino. Madoka sospirò. Voleva rispondere onestamente, ma non voleva nemmeno mostrare di essere ancora così attaccata ai suoi effetti terreni, che assumendo gli otto precetti si era impegnata ad allontanare dalla sua vita. Aveva paura di fare brutta figura dinanzi agli occhi delle altre monache, perciò rispose semplicemente di non aver riposato bene la scorsa notte. La monaca superiore non sembrò convinta della sua risposta, ma lasciò cadere il discorso, evitando di porre altre domande. Madoka concluse il suo giro di servizio e poi tornò nella cucina del monastero per sciacquare la teiera e riporla sul suo scaffale. Servire il tè era l'ultima incombenza che le toccava oggi: si era alzata presto, aveva spazzato le foglie dinanzi all'entrata della sala di meditazione, aveva preparato il riso per la colazione e, nell'intervallo della prima meditazione, aveva servito il rinfresco alle altre monache. Ora aveva a disposizione il resto della giornata da dedicare alla meditazione o allo studio del Triplice Canestro. Eppure, non si sentiva tranquilla. Una strana ansia le opprimeva il petto, anche se non aveva nessun motivo per provare angoscia. Si sedette su una sedia, vicino alla finestra da cui si poteva ammirare il parco che circondava il monastero. Era un'idilliaca cartolina, la cui sola vista sapeva ridonarle una pace indescrivibile. Ma non oggi. La sua preoccupazione aumentava, e all'improvviso i suoi pensieri corsero a sua figlia Shen. Un tremito la scosse e soffocò un singhiozzo: possibile che le fosse successo qualcosa?
Non temere, padrona.
Disorientata, Madoka si guardò intorno. La cucina del monastero era silenziosa, l'unico rumore era quello dell'acqua che bolliva in una teiera. Quasi ovattati, nel tempio risuonavano i rintocchi del gong che richiamava le sorelle alla meditazione.
Madoka credette che la suggestione le avesse giocato un brutto scherzo. Si riassettò la veste, stringendosi la fascia che si era allentata, e si alzò per tornare nel padiglione dove le altre suore si stavano ricomponendo per recitare il sutra del cuore.
Shen sta bene.
Madoka sussultò Non si trattava di suggestione. Una fitta d'ansia le strinse il petto e un peso invisibile le schiacciò il seno. Si guardò intorno, come se fosse alla disperata ricerca di un segno che, però, nonostante la sua crescente angoscia, continuava a celarsi ai suoi occhi.
"Le è successo qualcosa?" sussurrò Madoka, sperando che nessuna delle altre monache l'avesse sentita.
No, padrona, sta bene.
Madoka si raccolse le mani in grembo. Se come monaca, la qualità della sua disciplina era mediocre, come madre sentiva di essere stata ancora peggio: era stata una madre vergognosa. Per non parlare di come si era comportata come moglie. La disperazione le attanagliò il petto e Madoka si chiese perché fosse ancora in vita, tanto si sentiva indegna di respirare come tutte le altre persone che lottano per il bene dei propri cari e per dare un significato alla propria esistenza. Quando viveva con la propria famiglia, Madoka era sempre distratta e assente, perché impegnata a rimuginare sugli insegnamenti del Budda e a provare nostalgia per la vita contemplativa. La casa era spesso in disordine, certe sere non preparava neppure la cena. Negli ultimi mesi aveva anche smesso di dare una mano nel negozio di fiori, ed era arrivata ad assomigliare più a un vegetale che a una persona viva. Poteva leggere la delusione sugli occhi di suo marito e, cosa che le faceva ancora più male, il bisogno che sua figlia Shen aveva di lei. Shen aveva bisogno di sentirla presente, vicino, di confidarsi e ricevere consigli dalla sua esperienza. E quello era un bisogno che Madoka non si sentiva assolutamente più in grado di soddisfare. Shen cercava in lei, oltre che una madre, anche un'amica, ma lei riusciva solo a rimanere in silenzio a guardarla con occhi vitrei e assenti, schiacciata dal vuoto di una nostalgia che non riusciva più a dominare in alcun modo. Per questo motivo si era risolta ad abbandonare la sua famiglia: non sopportava più che l'unico legame con sua figlia, la persona che amava più della sua vita, non fosse più l'allegra complicità che aveva caratterizzato i primi anni dell'adolescenza di Shen, ma si fosse inaridita a un velo di malinconia che ammorbava ogni loro giornata.
Adesso che, finalmente, credeva di aver trovato la dimensione esistenziale che le avrebbe permesso di essere davvero sé stessa e di lasciarsi rimorsi e rimpianti alle spalle, adesso invece non riusciva a smettere di voltarsi a guardare indietro, e a provare continua apprensione per tutto quello che si era lasciata alle spalle, soprattutto per la sua amata figlia.
Non devi preoccuparti per la sua sicurezza, con me non corre alcun rischio.
"Mi manca molto" mormorò Madoka.
Anche tu manchi a lei. Tantissimo.
"Non potrò mai perdonarmi."
Ma lei non ti rimprovera di nulla. Vedeva che eri infelice. Come si potrebbe rimproverare una persona solo per aver cercato di essere felice?
"Ma l'ho abbandonata" rispose sottovoce Madoka, sforzandosi di trattenere le lacrime "l'ho lasciata sola."
Non l'hai lasciata sola.
Nel monastero risuonò l'ultimo tocco del gong. Madoka sapeva ora di doversi affrettare a recarsi nel padiglione, altrimenti la superiora avrebbe avuto motivi di lamentarsi per la sua mancanza di disciplina.
Shen adesso ha me.
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