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You're not bad

-Vuoi dire che quel letto dietro di te é di Federico?!- Giulia sgranò gli occhi, avvicinandosi allo schermo del computer e facendomi ridacchiare per l'espressione buffa che aveva assunto la sua faccia.
Il maglioncino blu che le copriva la parte superiore del corpo si scollò sulla spalla, lasciando visibile la bretella del reggipetto, mentre i suoi occhi erano fissi nei miei, anche se attraverso lo schermo del computer.
-Sì, hai capito bene.- sospirai, mentre lei asserì un segno di disgusto, che non interpretai a pieno.
Mi guardai ancora attorno in quella stanza, muovendo lo sguardo tra quelle pareti vissute, ma curate, testimoni di molti sorrisi, risate, emozioni, magari lacrime.
Ho sempre pensato che nessuna stanza potesse raccontare quanto quelle di un albergo, vissute da innumerevoli persone, lì per altrettanti innumerevoli motivi.
Respirai ancora, mentre riportai lo sguardo sul portatile bianco, richiamata la mia attenzione dalla ragazza dai capelli castani.
-E raccontami questo fatto delle liste,- distolse gli occhi, poi riportandoli su di me. Percepivo che il fatto che dovessi passare tanto tempo con Federico la innervosiva, consapevole di quello che mi aveva fatto.
-Semplicemente tre punti ciascuno, quanto i giorni in cui saremo qui.- respirai, tirando le maniche della mia felpa grigia, fino a ricoprire i miei palmi. -Niente di perverso.- interruppi i suoi crescenti pensieri spinti, non esplicati, ma visibili.
Lei rise, buttando la testa indietro, mentre le sue mani raggiungevano le guance arrossate dal divertimento.
I suoi capelli ricaddero mossi, più del solito, lungo le sue spalle, raggiungendo il non visibile, dallo schermo, ventre, mentre i suoi occhi vagavano in cerca delle parole giuste.
-Spara.- biascicai, cercando di tirarle fuori le parole che tentava, visibilmente, di dirmi da quando l'avevo contattata su skype.
-Credi nell'amore, B?- chiese, improvvisamente, picchiettando le sue dita tra loro. Distolse più volte lo sguardo, mentre pressava le labbra su una linea dura.
Sospirai, non emanando risposta, e abbassai gli occhi, mentre sentivo le sue iridi castane piene di complessi.
-Pensavo di essere innamorata di Marco,- spiegò e il mio cuore fece un tuffo. Marco. -Ma lui non é interessato a me, sai?- nel suo tono percepivo una vena di smarrimento, quasi veleno.
Mi morsi il labbro, cercando nel mio subconscio qualcosa da dirle, qualcosa che la facesse stare bene, ma non lo trovai.
L'amore non corrisposto ti distruggeva, ed io lo sapevo bene.
-Ricordi la lettera che ti ho dato, Blake?-
-Sì,- mi limitai a risponderle, lasciando comparire le sue consone fossette, prima che i suoi occhi tornassero via da me.
-Leggila solo quando capirai di esserti svegliata, sai cosa intendo.-biasciò, sorridendo debolmente, prima di armeggiare col mouse, -Ci sentiamo domani, d'accordo?- annuii, chiudendo la videochat, e lasciandomi andare alla sedia, le mie mani strinsero i braccioli, prima che il mio cuore balzasse ancora, e ancora.

-Cos'é l'amore, papà?- chiesi, muovendo in alto le braccia e lasciando che mi infilasse quel vestitino colorato che aveva scelto per me, pieno di fiori e figure stravaganti.
Il suo viso scavato mi sorrise, le rughe intorno i suoi occhi furono visibili, quando i suoi muscoli si tesero per far sì che il suo volto mi fosse amichevole.
-Quando capisci che fino ad allora hai dormito.- si leccò il labbro.
Le sue grandi mani aggiustarono il piccolo, ma delicato, vestito che mi aveva comprato. Le sue mani armeggiarono con una spazzola, tentando di pettinarmi i disordinati capelli biondi, per poi intrecciarli, come solo lui sapeva fare.
-E tu ti sei svegliato, papà?- ero ingenua, ma non avevo mai sentito i miei dirsi 'ti amo', di coccolarsi, magari prendendo il thé assieme. Anzi, mia madre era fredda con lui.
-Sì tesoro, due volte, in maniera differente.- armeggiò con l'elastico, prima di chiudere la parte finale della mia splendida treccia.
-Per chi?- ficcanasai, arricciando curiosa il naso, mentre mi voltavo verso di lui. I miei piccoli piedi tracciarono il velluto dello sgabello, fino a toccare le gambe del mio papà.
I suoi occhi trasmettevano sicurezza, ma a volte erano così stanchi. Il suo papà era una miscela di emozioni, ecco cosa era.
-Per la mamma, e un'altra persona.- pressò le sue labbra, mentre si piegò per raccogliere le adorabili scarpine che voleva farmi indossare.
L'aria era zuccherina quella mattina, lo sentivo, sapeva quasi di menta.
-E alla fine hai scelto?- sapeva a cosa alludevo, annuì.
-E sei felice?-
-Sì, tesoro. Ho te, sempre ho te. Avremo sempre l'un l'altro.- sorrise, distogliendo lo sguardo. Mentiva.
-Mi dirai mai la verità?-
-Quando sarai grande, magari al tuo diciottesimo compleanno.-
-O magari mai,- ridacchiai, quanta verità. Quanto dolore.

Il mio stomaco si restrinse e la nausea aumentò, quelle visioni facevano sempre più male.
Cercai di alzarmi, prima di perdere disgustata l'equilibrio, prima che tutto attorno a me ruotasse.
Mi appoggiai al tavolino, dilatando le pupille per la spiacevole situazione, procurata dai farmaci che assumevo, onde evitare gli incubi.
-Non voglio che Blake sia costretta a dormire in camera con un ragazzo Alessandro, l'errore é il loro!- si lamentò Aurora, esasperata, stanca in volto, prima che la porta si chiudesse alle loro spalle.
-Hanno detto che non hanno altre camere, come vorresti fare?- l'uomo era altrettanto esasperato, stanco al medesimo modo.
-Vediamo se a Blake da fastidio, per prima cosa.- scosse lei la testa, mentre il suo sguardo fu ricambiato dal mio, stanco, ma in modo diverso.
La stanchezza di Aurora era qualcosa di passeggero, e se pur permanente, non distruttivo.
La mia stanchezza era dolore puro, così concreto che mi sembrava di inciamparci dentro, costantemente.
Mare in tempesta, dolore sugli scogli, tutto ciò che vedevo era insicurezza, che non dovevo mostrare.
-Blake, tesoro!- urlò lei, quando le mie ginocchia caddero, per l'ennesima volta da quando ero lì, anche se avevo tentato di nasconderlo.
Le mie mani cercarono in vano un sostegno, prima che le braccia di Aurora mi avvolgessero, scortandomi al letto.
I miei occhi si schiudevano lentamente, sentivo di crollare, spinta a terra, in balia di onde in tempesta.
-Alessandro, chiama un medico!- Aurora mi prese il polso, potei vedere i suoi occhi sgranarsi mentre la sua mano tremante predeva la mia -Alessandro! Un medico, adesso!-
La figura di Alessandro correre fuori dalla porta, fu l'ultima cosa di cui presi conoscenza, prima che i miei capelli biondi mi coprissero gli occhi, lasciandomeli chiudere.

******

Odiavo profanare le stanze, renderle partecipi delle mie emozioni, dei miei sensi di colpa, consapevoli delle mie paure. Eppure lo facevo.
Sapevo che le stanze potevano raccontare tanto, e la mia storia, era tra quelle mille spiegate.
I miei occhi si aprirono, quasi senza comando. Sentivo lei mie palpebre pesanti premere, affinché mi lasciassi andare ancora al sonno, cosa che cercai di evitare.
-Non deve prendere calmanti per i prossimi dieci giorni, signora.- un uomo mi era di spalle, il suo camice bianco sfiorava il corpo, magro e slanciato, nonostante la visibile veneranda età. I suoi muscoli si tendevano nei vari movimenti, notavo gli occhiali verdi che gli indurivano il semplice, ma invecchiato profilo.
Strizzai a poco a poco gli occhi, lasciando che il lenzuolo che mi fasciava il corpo, si incontrasse con la pelle nuda delle mie braccia.
Mi alzai sui gomiti, cercando di inclinare in avanti la testa, visto il mio sguardo appannato. Aurora era seduta su una sedia, le sue gambe erano incrociate, cambiando verso costantemente, innervosita, e le sue mani le contornavano il volto, stanco.
Alessandro era di fianco, le sue mani erano saldamente premute al mobile dietro di lui, mentre il suo sguardo trovava costantemente quello del dottore, di fianco al letto.
-Dottore, il problema é che i calmanti servono a prevenire gli incubi, non possi..- cercò di dibattere lei, lasciando lo sguardo vagante.
-No, niente calmanti per i prossimi dieci giorni. Le sue difese immunitarie si abbassano troppo.- l'uomo sulla cinquantina scosse la testa, avvicinandosi all'altro letto, prima di chiudere diverse cose nella sua valigetta, lasciando che un leggero ticchettio accompagnasse l'azione.
Il suo braccio si tese, quando Alessandro si avvicinò, porgendogli la mano in un semplice movimento.
-La ringrazio, é stato davvero gentile.- sorrise, lasciando che l'uomo annuisse e sorridesse educatamente.
-Ah, e per oggi lasciatela riposare. Non dovrebbero capitare altri imprevisti,- si passò una mano sulla fronte aggrottata, massaggiandosi la pelle ambrata -Ma, come si dice? Prevenire é meglio che curare, miei cari.-
Aurora si alzò, sfregando nervosamente le mani sui jeans beige, prima di salutare educatamente il dottore, accompagnandolo alla porta.
-Come ti senti, Blake?- Alessandro si avvicinò al mio letto, prima di sedersi accanto a me, accarezzandomi dolcemente i capelli.
A volte mi mancavano quelle cose, quelle che un padre dedica ad una figlia.
A volte mi sarebbe piaciuto avere qualcuno che spegnesse il mio uragano, che non lo lasciasse demolire tutto, distruggendo anche quel poco che restava.
-Mi dispiace..- fu l'unica cosa che riuscii a dire, prima che i miei occhi si bagnassero arrabbiati verso me stessa.
-No, Blake, no. Non é colpa tua, non lo é mai stata.- l'uomo mi accarezzò la guancia, sporgendomi per lasciare un bacio sulla mia fronte, come quando ero bambina, e non avevo un papà che lo facesse.
-Vi ho rovinato la vacanza.- scossi la testa, sentendomi in colpa. Il mio polso arrivò alla mia mascella, completamente bagnata, con l'intento di asciugare le tante lacrime che scendevano indiscusse. Quando abbassai lo sguardo, notai che stessi bagnando persino il lenzuolo bianco che mi ricopriva.
-Non dirlo neanche per scherzo,- Aurora si avvicinò a noi, sorridente, mentre prendeva le mie mani nelle sue -Oggi é andata così, ma l'importante é che tu stia bene.-
Annuii, tentando un sorriso, mentre tutto dentro di me, esplodeva.
Osservai con la coda dell'occhio la figura di Federico poggiarsi al freddo, anche se d'apparenza, stipite della porta, mentre mi guardava con sguardo complice.
-Potreste comunque andare alle terme.- scrollò le spalle, mentre entrambi concentravano la loro attenzione verso il ragazzo dai capelli neri, e gli occhi ipnotici
A volte, guardarlo, mi portava disgusto, amarezza, odio e delusione, tanta delusione.
Perché a volte, più di quello che eravamo stati, mi mancava tutto quello che avremmo potuto essere, se le sue promesse non fossero state solo, semplicemente, promesse.
Perché come si dice, le promesse sono destinate ad essere infrante.
-Non esiste che lasciamo Blake da sola,- Aurora si decise a parlare, lasciando che i suoi occhi saltassero dal marito a me. Le sue iridi verdi donavano dolcezza, ti incitavano ad aprirti, a parlare, ti facevano addirittura credere, talvolta, che a qualcuno importasse ciò che pensi.
-Resto io con lei, sai che palle le terme?- rise ironico lui, mentre io cercavo dentro me la forza di replicare, senza alcun risultato.
Mossi nervosamente le mani sotto il lenzuolo, lasciando che le unghie penetrassero il materasso, facendo trapelare il mio nervosismo.
-Sicuro?- No, Aurora, no.
-Sì, per me é okay,- scrollò tranquillo le spalle, prima di tornare a guardarmi, sorridente, complice.
-Che dici?- Aurora guardò il marito, mentre lui si passava una mano sull'accenno di barba che lo caratterizzava, tendendo i muacoli, anche se lievemente.
-Solo a patto che ci chiami, per qualunque cosa, Federico.- biasciò Alessandro, lanciando uno sguardo al suo polso, solo per capire che ore si fossero fatte.
-Sì, tranquilli.- il ragazzo si sedette sul letto di fianco al mio, mettendo giocosamente le mani nella felpa, fino ad allungarla.
I due sospirarono, facendo sollevare il materasso quando entrambi si alzarono, lanciandomi uno sguardo indagatore.
-Per te va bene?- domandarono, entrambi, quasi compari. Potevo mai dire no? Semplicemente no.
-Sì, va..uh, va benissimo.- accennai la risposta, sorridendo, mentre entrambi si recavano nell'altra stanza.
Federico mi guardò, tutto in quella stanza taceva, solo i nostri cuori minacciavano di sfondare la gabbia toracica.

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-Aspetta,- la interruppi, quando i suoi ricordi si erano fatti poco chiari.
Si voltò verso me, lasciando ondeggiare i suoi splendidi ed ordinati riccioli biondi, che le contornavano il viso.
Lasciò che la schiena aderisse allo spesso vetro dietro di lei, quasi come se il suo maglione potesse toccare la fredda neve di Londra.
-Cosa non ti é chiaro, Martina?- i suoi occhi erano dolci, non consumati dagli incubi come raccontava. Le sue guance rosee accennavano a delle leggere fossette, ogni volta che mi guardava.
-Pensavo odiassi in quel momento Federico, poi cosa é cambiato?- la mia biro toccò i miei denti, quando la portai alla bocca per mordicchiarla. Passai lo sguardo lungo il foglio, cercando di trovare un fino in quella storia.
Tiró l'orlo del suo maglione porpora, lasciando le spalle scoperte.
I suoi tacchi produssero un delicato e leggero rumore, quando camminò per affiancarmi, prima che si sedesse accanto a me.
-Credi sia possibile passare dall'amore all'odio?- sussurrò, i suoi occhi verdi vagavano nei ricordi -No, ebbene non é possibile.-
-Spiegati- la mia penna toccò il foglio, mentre la muovevo per prendere appunti, perdendomi nei suoi ricordi.
-Non puoi smettere d'amare qualcuno semplicemente perché lui é felice lontano da te.- le sue mani toccarono le mie, per fermarmi -Detta sinceramente, un amore é per sempre, Martina.-

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-Quindi...- ruppe il silenzio, mentre le sue braccia si scontravano dietro la sua testa, lasciando che essa poggiasse su di loro.
-Cosa?- uscì come un sospiro, dopotutto, ero davvero stanca. Lottare per un amore impossibile, é stancante a modo suo.
Tutto sembra così concreto, il dolore, il vuoto, la solitudine. Così palpabili che sembra tu possa inciamparci, cadere in quel dannato oblio.
-Che ne dici di dirci i primi punti della lista?- dopo un'ora, eravamo in completo imbarazzo. Tutto tra di noi cadeva nel silenzio, anche una semplice domanda, o anche solo, un respiro.
-Okay,- i miei sospiri erano rumorosi, quasi fatti per essere sentiti, visti, toccati. Un urlo d'aiuto, che nessuno accoglieva.
-Il mio primo punto era... uh- storse il naso, mentre il sangue, stranamente, gli arrivava alle guance, imbarazzandole -Nudlist.-
Sorrisi, evidentemente glielo aveva suggerito Aurora, dal suo tono, era ovvio che non sapesse cosa fosse.
-Sai cos'é?- ridacchiai, coprendo la bocca col polso, mentre lui scuoteva imbarazzato la testa, era tenero a volte.
-Mi piaceva, però- il suo sguardo divenne in pochi scatti malizioso, spegnendosi subito dopo, quando morsi il labbro. -Spiegami.-
-Mettere a nudo la personalità, una specie di.. uhm, venti domande. Ma sono dieci ciascuno e si risponde su un foglio.- biascicai, guardandolo contorcersi per arrivare a capire, mentre la sua mano strofinava il retro della sua nuca.
-Okay.. il tuo?-
-Ricatto d'amore, un film. Penso che convenga fare prima il nudlist.- il mio tono mi tradiva. Ridacchiai, nonostante volessi emanare pura indifferenza, e lui se ne rese conto. Dopo quella sera mi ero ripromessa di non cedere più, e dovevo riuscirci.

Mi buttai sul letto, distrutta.
Ancora una volta, Federico mi aveva distrutta..
Le sue parole devastavano dentro, lasciavano uscire il lato peggiore di me, le lacrime, uragano puro.
Tutto funzionava come mare in tempesta, niente poteva placarlo, curarlo, se non il tempo stesso.
Alzai lo sguardo, incontrando la finestra della camera degli ospiti.
Ancora una volta, un'ennesima, riuscii a meravigliarmi dell'egoismo di mia madre, l'indifferenza con cui mi aveva lasciata lì. Mi alzai, dondolando, anzi, tremando sulle ginocchia. Lentamente raggiunsi quella finestra, palpandola con la mano, e l'immagine di un padre, per l'ennesima volta, mi uccideva.
"Tu sei bella, tu sei brava, tu sei importante." Ripeteva sempre, ma erano tre caratteristiche che sembravano non appartenermi.
-Tu sei bella, tu sei brava... e oh, che cazzate.- presi in mano la tenda, mentre quelle parole lasciavano le mie labbra. Strinsi il tessuto in un pugno, mentre le lacrime scendevano ancora e ancora.

-Colore preferito?- mi chiese lui, una volta che rispose alla mia domanda precedente. Giocavamo da abbastanza tempo, da avergli fatto capire le regole delle venti domande, essendo il nudlist troppo difficile persino per lui.
Eravamo entrambi sdraiati sui rispettivi letti, entrambi con le mani sul ventre mentre giocavamo, ridacchiando alle risposte stupide.
-Rosa, e il tuo?- mi ritrovai a guardarmi le unghie, non riuscendo a sostenere il suo sguardo.
-Grigio.-
-Era il verde.- mi tappai la bocca, desiderando subito dopo di non aver parlato, eppure lo avevo fatto.
-Era.- scosse lentamente la testa, scacciando i ricordi che lo attraversavano.
-Canzone preferita?- chiesi, cercando di smorzare la tensione, palpabile nell'aria.
-All of me, la tua?- mi sorrise, cupo. Riconoscevo quel sorriso, era quello perso, demoralizzato. Trovavo non gli appartenesse.
Risi, probabilmente quella era tra le mie preferite in assoluto, semplicemente perché seguivo l'artista -Amnesia..- sorrisi.
Sembrò borbottare qualcosa, ma non percepii a pieno la sua affermazione.
Guardai attraverso il freddo, notando come non scendesse nemmeno un fiocco di neve, eppure le temperature erano basse. L'aria sembrava sapere di menta, il vento soffiava delicatamente, muovendo appena le tende al di fuori dei vari balconi.
-Film preferito?- domandò ancora, girandosi su un gomito per guardarmi.
-Colpa delle stelle,-
-Mai visto.- affermò beffardamente, ridendo sotto i baffi, mentre la mia faccia somigliava all'urlo di Munch.
-Oh, non può essere.- sollevai il busto, trovandomi ad altezza maggiore rispetto alla sua, non che mi dispiacesse per una volta.
-Può, il solito film tutte lacrime e bla bla bla.- mimò le parole, prima di fare dei cuoricini con le mani, facendomi ridere -Sai lui/lei muore, l'altro piange e ci fanno un film sopra.-
Buttai la testa indietro dalle risate, mentre lui era tutto convinto della sua teoeia assurda, dimostrandomela con facce strane. -Non hai afferrato la trama, mi sà.-
-Tu non l'hai afferrata, io me ne intendo!- ribatté, portando offeso le braccia al petto. Litigavamo come dei bambini, in fondo, era quello che eravamo. Bambini solo un po' cresciuti.
-Stasera lo vedremo.- decisi, anzi, affermai convinta, ridendo delle sue 'disgrazie', come diceva lui.
-Non esiste,- rise anche lui, calmando l'uragano che si stava scatenando, fino a lui.
-Oh sì!-
Ridemmo ancora un po', prima di lasciarci andare alle domande. Della maggior parte conoscevo le risposte, ma chiesi ugualmente, non so per quale assurdo motivo.
-Ti posso fare una domanda?- se ne uscì all'improvviso, con tono serio ed occhi persi, in cerca di risposte chissà dove.
-Non stiamo facendo altro,- scossi la testa ridacchiando, prima di incitarlo a continuare, con un cenno.
-Come si fa ad essere forti?- i suoi occhi non permettevano ai miei di laeciarli, danzando assieme.
-Non ne ho idea, lo vorrei sapere anche io.- ammisi, ed era vero. Lui scosse prima la testa, ridendo appena dopo, in un consono e semplice sbuffo.
-Oh andiamo..tu- si guardò quasi attorno, prima di continuare -Tu sei così forte, e non cadi mai.-
-Oh fidati, cado molto spesso. Semplicemente, mi rialzo. Anche il sole è bagnato dalla pioggia, poi mi sembra che torni a risplendere, no?- so che ricordava, lo vidi dal suo sguardo diverso, per niente perso, come se sapesse cosa voleva.
-Come fai a non odiare? Dio, che casino.- si passò, disperato oserei dire, una mano nei capelli, mentre con l'altra si aiutava nel sollevare il corpo.
-Non odio, per il semplice fatto, che io non sono migliore di loro.- sorrisi, mentre mi sedevo, proprio come lui.
-Non voglio ricordarmene ogni volta, lui sì, io no.-
-Non hai fatto niente di male, Federico. Lì non è stata colpa tua.-
Lui deglutì, il suo pomo d'adamo si rigonfió. Aveva ricordato quell'episodio, e non capitava mai. E sapevo che ero una delle poche a corrente.
Le sue mani tirarono i suoi capelli corvini, sentivo il suo cuore martellare, affinché la tempesta si placasse.
-Non ti senti diversa, a volte?-
-Diverso non vuol dire peggiore,- spiegai, lasciandolo accigliato, non del tutto consapevole di ciò che volevo dirgli.
Si alzò, di scatto, camminando per un po' avanti ed indietro.
Notai, solo allora, che fosse già quasi completamente tutto buio, e che avessimo passato il pomeriggio a parlare, costantemente.
In quei momenti l'odio sembrava evaporare, lasciando spazio ai ricordi, quelli belli per una volta.
Si accovacciò, prendendo qualcosa dal mio zainetto, e solo dopo capii essere 'Colpa delle stelle.'
Inserì il disco, accendendo cautamente la tv, senza però rivolgermi neanche lo sguardo.
Subito dopo, si sedette, per poi stendersi, sul suo letto, guardando con attenzione il film, anche se, posso affermare, che furono più le volte che il suo sguardò bruciò sulla mia pelle.

****

-Che cagata immane!- rise, quando il film, dopo due ore, giunse al termine. Stiracchiò i suoi muscoli, lasciando la pancia visibile, nel tendersi. La sua mascella era ancora serrata, nonostante avesse fatto diverse battute, ma distaccate.
-Idiota,- sbuffai, roteando gli occhi mentre lui ridacchiava.
Alessandro ed Aurora erano tornati già da parecchio, portandoci la cena, e facendomi, subito dopo, milioni di domande.
La loro voce rieccheggiava nell'altra stanza, il salone, prima che entrambi andassero in camera da letto, stanchi.
Mi alzai, volendo andare in bagno, non prima di aver incastrato, come al solito il mio sguardo con quello di Federico.
Mi mossi verso il bagno, camminando adagiamente, fino a chiudermi la porta alle spalle, pressando la schiena contro essa.
Mi sentivo persa, fallita. Ma felice.
Un vortice di emozioni più grandi me, un gioco, di cui ero pedina, con regole proprie, che dovevo limitarmi a rispettare.
Uscii dopo un po' dal bagno, piuttosto sotto shock, per non so quale motivo.
Federico era disteso, col busto sollevato, mentre messaggiava, o giocava, col celluare.
Mi distesi sul mio letto, prima che lui parlasse, sorprendendomi, in peggio.
-Vorrei essere ancora in quella casa,- il suo tono era duro, lo sguardo avvelenava ad occhiata, i suoi occhi erano neri.
-Non dire così, qui stai bene, dopo tutto.- giocai con le coperte, non essendo davvero certa su cosa dire.
-Oh certo, come sto bene.- rise, l'ironia era quasi velenosa nel suo tono, mentre parlava.
-Stai bene.- scattai, innervosita dalla sua crescente idiozia.
-Oh Blake, ma tu che ne sai? Ci sei stata in questa situazione? No!- si alzò, tracciando coi piedi nudi la moquette, nervosamente.
-Non ci sono stata, ma so che ti vogliono bene!- risposi, incazzata, inginocchiandomi sul materasso, mentre cercavo il suo sguardo.
-Certo come no, prova a vivere tu con due estranei!-
Distolsi lo sguardo, quando si rese conto, che in fondo era quello che stavo facendo.
-Sarebbe stato meglio se non mi avessero mai preso!- farneticò, tirando i suoi capelli, mentre mi mandava in bestia.
-Ma hai una madre e un padre, cosa vuoi di più?!- urlai, fui consapevole che mi sentissero tutti, ma non mi importava -Sono dieci anni che io vivo senza! Estranei o meno, sono i tuoi genitori!-
-Se ne sei senza, é colpa tua.- freddo, duro, velenoso. Le sue parole berciarono distruttive, berciarono demolendomi.
Dischiusi inorridita le labbra, mentre indietreggiavo, in vano, cadendo sul morbido materasso.
-Sai che non lo intentendevo, Blake.. io..- si avvicinò, prima che lo fermassi.
-Non intendi mai, Federico.- mi ricoprii col piumone, voltandomi, mentre le lacrime scendevano, libere ed indipendenti, come loro solito.
In pochi attimi eravamo passati dallo scherzare, all'urlarci contro, quasi in un battito di ciglia.

*****

Narratore esterno

Blake urlò, la sua gola era secca, mentre un urlo rieccheggiava nella piccola stanza, ma anche al di fuori.
Le piccole goccioline di sudore le attraversavano il bel volto, coperto leggermenti dai disordinati riccioli biondi.
Le sue dita stringevano le coperte, i suoi occhi vedevano il cupo.
In pochi attimi Federico si svegliò, e le luci si accesero, susseguite dai veloci passi di Aurora ed Alessandro.
I loro capelli castani si somigliavano, entrambi scombinati dal sonno, dal quale erano balzati.
Federico fu in piedi, accanto al suo letto, mentre guardava Blake persa, divorata da un altro incubo.
Aurora le si avvicinò, abbracciandola, quasi come una madre, gesto che mancava da tanto a Blake.
-Shh, é tutto finito, era solo un incubo,- le sussurrava, mentre la piccola bionda le bagnava il soffice pigiama di flanella.
-Vuoi che resti qui?- le domandò, scostandole una ciocca bionda dalla fronte, mentre lei, tremava.
-No, no, va bene..- la voce la tradì, rompendosi, dimostrando quanto fragile in realtà era.
Aurora annuì, semplicemente.
Odiava vederla così, profanata dagli incubi.
Dopo pochi minuti, uscirono dalla stanza, mentre Federico era seduto sul suo letto, che, dolcemente, la guardava.
La piccola bionda teneva tirate a sé le coperte, ancora spaventata, mentre le sue labbra rosee e candide tremavano, distrutta.
Lui deglutì, si avvicinò a lei, accarezzandole i capelli.
Odiava la sua debolezza, per Blake. Solo il suo nome, gli portava a tremare le ginocchia.
-Sto io accanto a te,- Blake, stranamente, non si oppose. Annuì.
Il ragazzo dagli occhi infinito le prese la mano, intrecciando in un lieve gesto le loro dita.
Si sdraiarono vicini, come quando erano bambini, quando i pregiudizi ancora non li marchiavano.
-Mi sento cattiva..- ammise lei. Lui sapeva a cosa si riferiva, mentre tremava sotto al suo tocco.
-Io guardo i tuoi occhi, e vedo che non sei cattiva.- sorrise contro i suoi capelli biondi, prima che entrambi si addormentassero, nel silenzio dei loro cuori.

Si erano svegliati, entrambi.

N/A: Siamo entrate nei capitoli che amo di più di tutta la storia, yeah

🐣Ho creato una pagina instagram per le storie, Mine1509_stories, seguitemi in molte!🐣

Grazie per leggere Kiss Me Again, Please (KMAP)
xoxo

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