Literature
Calciò per l'ennesima volta, raggomitolandosi terenamente fra quelle coperte e sbadigliando ancora con gli occhi socchiusi ed un'espressione rilassata.
Si mosse ancora, fino a disturbare il sonno di Federico, che beatamente dormiva, attendendo solo il suono della sua sveglia e nient'altro.
Quando il ragazzo dai capelli corvini percepì un altro movimento, bloccò il corpo dell'altra in un ringhio e rotolò sopra di lei, per placare quel costante disturbare.
-Devo fare pipì e non mi lasciavi andare- si lamentò Blake, battendo i pugni sul torace scoperto di Federico che copriva il suo volto.
Scoppiò in una risata fugace, le scompigliò con una mano i già mossi capelli e le lasciò un lieve bacio sulla fronte, prima di spostarsi dall'altro lato del letto.
La osservò guardarlo con imbarazzo e tirare fra le dita l'orlo delle coperte che avvolgevano il suo corpo formoso.
Corrucciò la fronte quando lei tentò di dire qualcosa, abbassando la testa per la vergogna e mordendosi il labbro inferiore con insistenza.
-Non dirmi che ti vergogni- incalzò in un risolino, pensando di star esagerando e allungando le braccia fino alla testiera del letto dalle coperte rosa candido.
Lanciò un'occhiata all'orologio, non curandosi della figura dondolante di Blake, e notò che fosse quasi l'ora di alzarsi.
-Ti vergogni?- ripeté, scoppiando in una fragorosa risata e dandole un leggero colpetto sulla guancia. Le gote di Blake si colorarono di un leggero rosso sfumato, le sue labbra a forma di cuore erano ancora più gonfie la mattina, appena sveglia.
-Non mi vergogno, idiota- spostò la sua mano, schiaffeggiando quella di Federico tra le risate eccheggianti di lui, annullando il cliché che s'era andato ad insidiare.
Perché per quei due nulla era semplice, perché per quei due era più facile perdersi che stringersi, perché per quei due le frasi ripetute, per far battere il cuore, fino alla nausea, non erano abbastanza.
Quel tipo d'amore era sia buono che cattivo, quell'amore vigeva d'esser liberato da mani incerte e da pensieri scostanti.
Era quel tipo d'amore raffigurato da uno sbaglio, quel tipo di sicurezza mancante, era una lanterna costantemente accesa, il calore tenue che emana.
E la paura di ripetersi lo superava, quell'amore.
-E allora cosa c'é?- Blake sbuffò e si alzò, lo sguardo di Federico bruciava sulla pelle pallida della ragazza bionda. Un profondo gemito di dolore le uscì di bocca una volta che fu all'impiedi e bofonchiò tante imprecazioni verso il suo ragazzo che la scherniva.
-É colpa tua, stronzo.- gli fece il dito medio, raccogliendo le sue mutandine da terra ed infilandosele più goffamente possibile, prima di afferrare una felpa ed indossarla, giusto per andare a farsi una doccia e non girare completamente nuda per casa.
Perché quel tipo di vergogna non era mostrata dagli urletti come si é abituati a leggere, ma bensì dalle insicurezze trapelanti dai gesti pacati, ma affrettati.
Perché simili pensieri, dopo tutto, erano come quelli raccontati molto spesso, solo più tristi, come se attendessero solamente che il destino strappasse i colori della loro tela.
E non poté non pensarci, sdraiato in quella stanza a quello che aveva fatto, a ciò che aveva costruito e lentamente stava distruggendo.
Ma era fatto così, di certo non si poteva pretendere che un dannato diventasse angelo in un'unione così demoniaca. Si sarebbe trovato bene all'inferno, pensava.
Ma quelle coperte, il loro profumo, i corpi uniti e la bellezza di quegli occhi sotto la luce mattutina.
I boccoli al suo tocco, i graffi sulla sua schiena, un solo punto in un comune, verso quello che sarebbe stato il loro paradiso, la fetta di inferno che Lucifero si sarebbe ritagliato.
Ma tutto era grigio, per lui. La sua anima, il suo fumo, ogni parola sussurrata al vento.
E non si può cambiare ciò che é segnato, pensava. Mentiva e sentiva una certa religiosità nel farlo. Perché i ragazzi, in un certo senso, della vita conoscono solo i loro pensieri.
Perché la curiosità é così palpabile da divenire la causa della propria infelicità.
E ogni sorriso, la loro stessa storia, si alzava su pilastri falsi, di vero, tra loro, c'era solo quell'amore fatto di ricordi ed urla più forti persino degli sguardi pieni di odio falso.
Indossò dei boxer, ci si sentiva lurido, dopo tutto, si sentiva falso, in un certo senso.
Ma lei c'era, pensava, prega non ti abbandoni. Le hai tolto tutto, si accusava, te l'ha concesso, si difendeva.
E lottava fra cuore e mente, orgoglio che danzava indisturbato come maniacale sensazione di impotenza.
I suoi sogni, anche quelli erano grigi.
Ed aprire la porta, lei in accappatoio, si toccava i capelli e le labbra, si sentiva donna, amava il modo in cui Federico le aveva mentito, perché lei, in fondo, sapeva che qualcosa non andava.
Si morse il labbro, lui, avvicinandosi e cingendole in fianchi con dolcezza, in carezze eterne e respiri accellerati.
Alzò il suo corpo, si infilò fra le sue gambe, non voleva fare altro che sentirsi a casa in quel profumo di pesca che tanto amava.
-Stai gocciolando come un tramonto saturo- gli disse, toccando le sue spalle nude e incastrando in una mossa amara i loro sguardi peccatori, oltre che le loro bocche.
Tutti quei baci erano pieni di rabbia, un costante voler sentire di più, lingue che giocavano con le menzogne che quella bocca umana aveva saputo dire.
O forse no, chi mai può dirlo? Quanto umana dovrebbe essere una bocca per mentire fino a procurare a sé un dolore insopportabile quale la mancanza?
-Mi sento a pezzi, Blake- glielo ammise, non pronunciò altro se non quello e una lacrima trapassò il suo sguardo, solcò quella guancia già magra, brillava di blu -E ora sto facendo a pezzi anche le pagine e l’inchiostro-
-Sei completamente a pezzi, é vero, ma sei un capolavoro- gli toccò i capelli, si coprirono di colori e si dichiararono con lo sguardo che fosse l'ora di interrompere quei tormenti eterni, quell'amore era riportato indietro dalla morte da mani rinchiuse in una gabbia di purezza.
Ma i peccati sono come le bugie, vengono a galla, sono riportati eternamente alla luce, solo perché si pensa che l'oscurità non debba avere vita fin troppo lunga.
Ma sono i folli a vivere davvero, quelli che del peccato e della purezza non temono altro se non le loro azioni, quelli che in un bacio si confidono quanto amore provano altrimenti alle parole sempre pronunciate, quello era fin troppo visto.
-Oh, Blake- le accarezzò i capelli biondi al profumo di pesca intenso, amava sciogliersi in quelle iridi bellissime, d'un verde che considerava quasi angelico -Sei nelle mie vene e non so come farti uscire.-
Le toccò col palmo la guancia, erano cresciuti fin troppo in fretta, quelle parole ne erano la lampante testimonianza.
Lei si adagiò a quel tocco, si morse il labbro inferiore e fece sfiorare i loro nasi -Nessuno é perfetto qui,- continuò, sapeva che al mattino avrebbe perso quella sua voglia di vivere, quella risata eccheggiante e così vera, reale, quasi quanto nei romanzi. Ma sapeva, e vi sperava, che l'avrebbe ritrovata durante il giorno, come i sogni lasciati sul pavimento e spazzati via -Ma io lo sono per te.- ma tutti sono da biasimare, gli avrebbe risposto la sua mente.
Ed era egoismo quello, era vanità, era una finta certezza che tentava di rendere reale quanto i colori che vi si paravano davanti allo sguardo, non credeva neppure di dover dare risposte o spiegazioni, la ragazza dai boccoli biondi, che un tempo piroettava goffamente assieme a lui, lo avrebbe ascoltato e capito anche quando un senso, effettivamente, quelle parole non lo avevano.
E credetemi quando vi dico che si respirava amore quando si guardava un loro semplice sguardo, non avevano bisogno di altro che non fossero le loro anime schiarite.
-Rinunceresti alle tue ali per me?- non desiderava un risposta, la baciò per farla tacere e le tocco la schiena con delicatezza. La strinse a sé come si tiene un tesoro fra le dita, attento a non lasciarlo scivolare via. Ma la sabbia ricade al terreno anche se la si tiene in un pugno, come la verità invade le crepe fin troppo oppresse.
-Non ho bisogno di ali, Federico- posò un dito sulle labbra di lui e gli sorrise, attorcigliò le gambe nude attorno al suo bacino in quella che era una mattina che aveva l'oro in bocca, il mondo si stava svegliando, così come le loro coscienze -ho bisogno di te, come un'ubriaca di un posto per rimettere- con l'altra mano gli accarezzò i lineamenti, lui perse per qualche attimo il suo odio -come una pazza del suo manicomio.-
E si baciarono.
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Martina's pov
-Cosa é cambiato, poi?- mi voltai, in quella strana stanza dove lei danzava indisturbata, aveva necessità di sentirsi a casa in braccia bugiarde, per quanto l'avrebbero fatta cadere dopo, lo necessitava.
-Credo che si sentisse quasi vero a mentire, lo attraversava quel sentimento contorto.- il suo corpo era fasciato da quei vestiti stretti che usava per sfogarsi, lei, una delle ballerine più famose dell'accademia londinese. In fondo, il suo sogno l'aveva toccato e si era sentita in briciole quando si rese conto che avrebbe potuto essere felice, se il destino infame le avesse lasciato anche solo un'occasione per rialzarsi dal terreno come un grattacelo -E a me stava bene, credevo d'essere a casa fra le sue bugie malsane.-
Mi morsi l'interno guancia, toccai un mobile e le mie dita vi giocarono su per il nervosismo, pareva soffocare in una coperta di ricordi colorati, non grigi come quel ragazzo.
-Ma poi é capitato che mi risvegliai, una mattina, sola nel letto, lui non era con me.- e non se ne pentiva, i suoi occhi piangevano, credeva di essere stata sfortunata dalla nascita, ma quel suo senso di inesperienza l'aveva resa donna quasi quanto le carezze di quello che ormai doveva essere un uomo.
-E sai la cosa divertente qual è?- mi guardò, stava piangendo accarezzata dalle delusioni, cadde in ginocchio e si avvicinò alla luce tenue della finestra, prima di prendere dal vaso un fiore, toccarlo con le dita delicate e ve ne strappò i petali -che non desidero altro che ritrovarmici nelle sue dannate bugie. Perché sono andata avanti, sì avanti.- si portò le ginocchi al petto e dondolò come una pazza, singhiozzando come una creatura. Mi sedetti al suo fianco e non pronunciai niente, stavo rendendo pubblica la storia di due angeli baciati dai demoni -Ma il suo ricordo mi trascina in basso ogni dannata volta, ma sono andata avanti. Solo che non cambierei niente.-
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La professoressa camminava lentamente, leggeva passi in maniera adulante e richiamava l'attenzione con schiocchi di dita costanti, quasi asfissianti.
Odiava essere lasciata sola a fantasticare sull'amore medievale, lei che una possibilità d'amare non l'aveva mai avuta.
Ma in quella classe in molti le avrebbero dato della fortunata, spezzati a parole così veritiere di quel racconto che la donna leggeva, approfondendo le frasi più vere.
-Essi che prima erano due esseri discordi- alzò la voce in uno dei passi che più le erano graditi della storia di Tristano ed Isotta -divennero una cosa sola in un solo accordo: non furono più avversi l'uno all'altro.-
E perché il mondo pensa solo a coloro che si amano quasi e completamente alla luce del sole? Le storie più vere sono quelle vissute nelle ombre, con baci sul collo e parole sussurrate.
E sì, se ve lo starete chiedendo, quei due alzarono il capo dal testo e si guardarono accoccolati in altre parole che la professoressa stava pronunciando.
Si sorrisero e lui parve scordarsi di quante anime aveva demolito e quanto amore, che ancora non era stato scoperto, provava nei confronti di quel corpo ammaliante.
-Avevano ambedue un unico cuore, la pena di lei era il dolore di lui, e il dolore di questi era la pena di lei e tutti e due avevano in comune l'amore ed il dolore, eppure si nascondevano per dubbio e pudore: essa si vergognava e lui pure, ella dubitava di lui ed egli di lei.- e si incastrarono in quelle parole che li rappresentavano, nuovamente, e si finsero attenti ad altro che non fosse il battito del loro cuore.
Le risatine alla lettura della professoressa non mancarono, quelle persone annoiate che reputano il sesso l'unico contatto che vi può essere fra due anime.
E perché no? É tanto sbagliato l'aver paura di innamorarsi e soffrire?
É tanto stupido temere che qualcuno tenga a mani salde il proprio cuore, salvandoci e demolendoci?
E la donna sulla cinquantina che raccontava, i suoi occhi accerchiati ed intrappolati nelle rughe e nella vecchiaia provavano quasi amore, il più puro possibile, verso quei ragazzi che ancora nulla conoscevano della loro vita.
E Diego lo guardò, il suo compagno di banco. E Diego ricordò cosa aveva fatto il giorno prima, era un sacrilegio, un peccato, ma lo amava. Amava sbagliare, divenire un errore, uno di quegli eroi letterari mischiati alla vergogna.
Perché tutto era triste, come le pasticche per la droga, tutto era blu come i jeans e il cielo.
E Lorenzo, cosa dire di lui che venne preso alla sprovvista da poche lacrime nei suoi occhi, lui che custodiva le sue debolezze in un dannato scrigno?
Lui che s'era pentito della vendetta, lui che ne aveva annusato le sfumature, lui che portava talmente tanto rancore da sentirlo scorrere nel suo sangue.
E lui, sempre lui, che tentava di nascondere i ricordi al cuore. Ma credetemi se vi dico che lui non ne aveva bisogno perché vi sarebbe sempre ritornato. In silenzio e con arguzia avrebbe scelto il momento per tormentarsi ancora.
-Ma il cuore voleva sempre ritotnarvi- lesse la donna dal completo blu ed i capelli raccolti con una molletta. Erano chiari, ma tinti. Non si piaceva, prima.
La cercava in quel prato immenso, era avvincente patire tra le colline inglesi, dove si trovava da appena pochi giorni, patire la mancanza e poi perdersi in quegli occhi azzurri. Avrebbe giurato di non poter starne senza.
Ma sì, Sirya era imprevedibile, la ragazza dai capelli biondi, quasi bianchi, era piena di strati misteriosi, era un enigma bello e buono, era la sicurezza e l'incertezza al medesimo tempo.
Vestiva coi abiti fin troppo corti e scollati, usava parecchio trucco per mascherare delle imperfezioni e vomitava per essere quasi perfetta.
Rideva se obbligata e poneva sempre domande, chiedeva e richiedeva, perché tutto in mano a lei era grigio, pieno di insicurezze.
Ma il destino l'aveva fatta bellissima, chiunque, riteneva Lorenzo, se ne sarebbe innamorato. Anche solo accontentandosi dell'amore platonico che lei poteva offrire.
Odiava il contatto umano, non voleva lo prendessero sul personale, perché si disgustava ad una mano poggiata su una spalla o a delle labbra che si incontravano.
Era innocente e pura, era vergine e molto religiosa, adorava credere che un giorno sarebbe diventata una suora, non desiderava che nessuno la toccasse.
Intrecciava ai capelli dei fiori e sorrideva a Lorenzo quasi con amore, perché ne era innamorata, nel modo più casto possibile. Un giorno gli prese persino la mano.
E lui desiderava quel rapporto, desiderava telefonarla anche poche volte al mese, bearsi di una simile bellezza attraverso un monitor e credere di averla, anche se nessuno poteva possedere un simile animio pio e libero.
Ed era dolce, perdonava tutti, aveva una sorella con un nome buffo che si tingeva i capelli e di due anni più grande di lei.
Perché Sirya, per quanto a voi matura o immatura possa sembrare, aveva appena quattordici anni quando un uragano la travolse, servendosi della sua bontà.
E Lorenzo la ospitò volentieri in Italia quando fu suo desiderio visitarla, si dimenticò volentieri del giro che lo teneva intrappolato.
-Un giorno guarderemo il mare insieme, poi magari ti bacerò- gli promise e lui le sorrise, gli bastavano delle promesse. Anche se non era semplice mantenerle quando le si fa a se stessi.
Ma tutto non rimane per sempre.
Ma tutto quello su cui puoi contare non é eterno.
La notte porta via con sé tutta la bontà.
E non fu un caso che Zoe pensasse che quella ragazzina fosse una facile preda, non fu un caso che la guardò gentilmente e le fece conoscere il peccatore più audace di tutti.
Un ragazzo soggiogato dalla vita ed il destino che fece in modo di assicurarsi i costanti pensieri di lei con quegli occhi blu mare ed i capelli corvini.
E non servì che Lorenzo l'avvertisse, che le mettesse il cuore tra le dita.
-Ma credimi- le disse con le lacrime agli occhi, nei suoi quindici anni -se ti dico che non basterà la tua verità.-
Ma lei non si fidò, quelle sue domande non furono più poste a Lorenzo, ma a colui che le fece dimenticare d'essere fatta per qualcos'altro.
La portò lì, la scopò, profanò il suo corpo ad appena tredici anni, quasi quattordici, lui quasi sedici. Non vinse perché qualcuno fu più bravo di lui e quando lei gli disse cosa provava, lui le rise in faccia.
Era un demone, il suo cuore, da anni, apparteneva all'inferno e a degli occhi verdi che mai l'avrebbero avuto. Era contraddizione pura.
E quando scaturì l'incendio, le ustioni furono curabili, la sua cecità rimase eterna.
E da lì si capì quanto violento fosse il broken, quanti cuori spezzasse e quate lacrime versò Lorenzo a guardarla senza che lei potesse ricambiare lo sguardo, innamorato quant'era, accompagnata da sua sorella verso l'aereo che li avrebbe separati in eterno.
E mai avrebbe dimenticato gli occhi pieni di odio della sorella di lei che cicatrizzarono quel nome come una pura vendetta verso il mondo.
Perché Delancy e Lorenzo in questo erano simili. Tentavano di dimenticare e lasciarsi alle spalle la vendetta.
E non bastò che riversasse nel bagno tutto il dolore che provava, che si ubriacasse e che tentasse d'esser vero. Non poté più guardare il mare assieme a lei come gli aveva promesso e provò rincrescimento ad un amore che lo aveva abbattuto.
-Il pudore voleva amare e non lasciò vedere.- terminò la donna, posando il libro sulla cattedra e lanciando una lieve occhiata alla classe.
Un po' come la vendetta di Lorenzo, no?
Un po' come la coscienza di Delancy, non credete?
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