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Hidden

In silenzio quel giorno tornarono a casa, non proferirono neppure una semplice parola su quanto letto dall'insegnante quella stessa mattina. Un po' per codardia, un po', probabilmemte, perché si sentivano privati di una parte di segreto che tenevano fra le mani, sicuri che nessuno avrebbe sottratto loro la forza di nascondere ciò che vi era incastrato tra le loro anime.

Federico non sfiorò neppure una volta le dita di Blake che si muovevano al passo delle sue gambe, che ogni tanto tornavano al volto sistemando qualche ciocca che ricadeva davanti alle iridi verdi.

E lui provò a parlare in quache fuggente attimo, rivolgendosi alla ragazza dalla felpa larga ed i leggins che le fasciavano le gambe, ma si sapeva che dietro il sipario vi erano nascosti i peccatori ed i peccati che strisciavano, e lui si fermava.

Lui non aveva la forza necessaria per ammettere che si fosse pentito delle sue azioni, che un motivo per stare bene, forse, lo aveva trovato.

Ma lo lasciava libero, lasciava che scivolasse lungo le crepe che la società costruiva come pieghe di verità, ma nulla poteva essere pensato anche solo per tenerselo segreto.

Tutto aveva un suo posto in un tutto ancora più grande, quanto contorta possa sembrare ora, ai vostri occhi, questa affermazione, é solo certezza che viene spiegata.

Nelle loro menti vi era piuttosto abbastanza confusione e non erano pronti per riordinare né i pensieri né i sentimenti.

E se fosse stato per loro, avrebbero preferito camminare soli, l'uno l'ombra dell'altra.

-Credo che dobbiamo parlare- sospirò Federico, passandosi una mano nei capelli corvini e bloccando i passi della bionda, in mezzo alla strada, come se gli altri non potessero vederli, tenendole il polso sempre con dolcezza.

Lei alzò lo sguardo, lei fece incontrare quelle iridi e sempre lei provò a capire come un tale ragazzo si fosse insiedato sotto la sua pelle.

-Ho visto che hai alzato la testa, durante la lezione- sputò lei, perché mai stavano litigando? Non lo sapevano neppure loro, non arrivavano a capirlo, ma terminavano per agire di istinto.

Loro erano un uragano pieno di azioni fatte senza riflettere.

-L'hai sollevata anche tu- aveva alzato la voce, non poteva che essere contraddicente, la loro vita.

-É avvilente che dopo quello che ti ho dato stanotte, tutta me stessa, tu ancora ti ostini a non dirmi cosa hai in mente.- e glielo disse, profanò la strada con delle grida acute e fu sull'orlo di piangere, erano fuoco e fiamme, giocavano a gettare i loro sentimenti in edifici dove l'incendio dilagava.

-Cosa vuoi sapere?- gesticolò, lasciandole il polso e tirando i capelli corvini avvilito, lei si morse il labbro.

Il loro amore era come cenere sparsa con un sentimento bruciato. Sentono il calore e quindi scappano.

Si stavano consumando con gli sguardi, quei due.

Ma non sapeva neppure lei cosa avrebbe voluto conoscere, desiderava solo che lui le parlasse, che le desse la possibilità d'amarlo come desiderava.

-Non lo sai neppure tu, vero?- rise amaro, prima di riportare le mani in testa, stringendo i capelli e lei teneva le braccia lungo il corpo, serrava i pugni e non bramava altro, semplicemente sarebbe scoppiata da lì a poco.

-No, non lo so nemmeno io.- urlò, si trovavano su delle strisce pedonali, alle due del pomeriggio che urlavano uno contro l'altro, si ammattivano e poi tornavano a stendersi assieme.
Lei giocava col suo ciondolo e dondolava nervosa, prima di tirare qualche ciocca, era solita farlo quando non si capacitava dei fatti.

-E allora perché stiamo litigando?- la richiamò, il suo tono tese verso la calma, ma in lui ardeva la rabbia. -Credi davvero che sia stata solo tu a donare qualcosa stanotte?-

Lei alzò gli occhi al cielo e fece qualche altro passo in avanti, ignorando il suo nome pronunciato dalle labbra di Federico.

Si morse l'interno guancia e si trattenne dal tirargli uno schiaffo quando le prese il polso, tirandola a sé, stringendola con possessività e rabbia.

-Io per te continuo a strisciare, lo sai? Mi rendi il migliore dei cattivi- lei boccheggiò, provo a dimenarsi, ma la strinse ancora di più e non accettò che si incastrassero i loro occhi, le iridi blu bruciavano di peccati e segreti ricchi di bugie, dette quasi con verità.

La sua felpa s'alzava ed abbassava al ritmo del petto, la mascella di lui era serrata mentre le guance di Blake rosse, aveva l'aria frastornata.

-Questo é ciò che sono, accettalo Blake- provò ad addolcire le sue parole, ma non poteva donare altro se non fredezza ed insicurezze dietro una fortezza costruita su pilastri costituiti dalle peggiori menzogne -Posa la pistola di plastica e cresci, una buona volta- le lasciò il polso e la strattonò appena, abbassando lo sguardo e voltandosi, lei rimase indietro, delle lacrime vinsero i suoi occhi e le decorarono le gote già arrossate.

Lui riprese a camminare a passo veloce e pensava che lei avesse scelto, che nessuno avrebbe mai preso quel pacchetto completo, che i demoni che si insidiavano nei suoi occhi, nelle sue parole e nel suo organismo, fossero troppo per chiunque.

Ma Blake si asciugò con velocità le lacrime e lo raggiunse, quella volta fu lei a strattonare il polso e a costringerlo a voltarsi.

Ma Federico teneva lo sguardo basso, diavolo se stava lottando con la sua coscienza. Non aveva il diritto di farle ciò e lo sapeva.

-Guardami- lo implorò con tono duro, prima di tirare di nuovo il polso e lanciare un grido fin troppo forte -Cazzo, ti ho detto di guardarmi!-

Le sue mani si chiusero in pugni sulla felpa di lui e lo spinse, tenendolo a sé e piangendo.

-Cos'é questo urlare?- strillò, non conteneva le emozioni, brillava di rabbia ed insicurezza -Questo é tutto ciò che mi rimane e sembra che la facciamo per divertimento questa stupida guerra.-

Strinse quel tessuto con una forza tale quasi da strapparlo, ma lui continuò a tenere lo sguardo fisso sui loro piedi, l'orgoglio lo stava divorando, bruciava in lui.

Ma i ragazzi, di loro, vivono d'orgoglio. Troppo difficile ammettere d'essere fin troppo umani. I limiti ci spaventano, vi spaventano, credetemi.

Crediamo che le scorciatoie ci facciano bene.
Crediamo di poter evitare di affrontare il contatto con la nostra anima.
Crediamo, come loro, di poter combattere il nulla immotivato.

E sì, l'uomo in sé pensa che l'orgoglio lo condurrà ovunque voglia.

Ma l'uomo non cesserà mai di sbagliare, non credete?

É sempre una tentazione irragiungibile, sapete, l'essere veri.

-Siamo il lato cattivo persino dell'amore..- se ne uscì in un sussurro, smise di piangere e diminuì la presa sulla felpa di lui, abbassando le mani con essa, lo sguardo a mezz'aria.

Non s'aspettava una risposta, lei.
Non s'aspettava di risponderle, lui.

E Blake lasciò la felpa, con l'intento di indietreggiare, ma Federico le blocco le mani nelle sue e la trascinò petto contro petto, bocca contro bocca, peccati contro rifugio.

-Mi fai arrabbiare come nessun altra- le spiegò, tra un bacio ed un altro, lì, in una strada verso casa, in primo pomeriggio, dove chi passava non poteva far altro che chiedersi che educazione avessero avuto quei due ragazzi.

-Ora il tuo cuore batte d'odio, non é vero Blake?- le strinse le gambe e l'alzò, lei avvolse esse intorno al suo bacino. Federico sorrise soddisfatto della dipendenza che aveva saputo creare in quel corpo e le toccò il cuore, dimostrando la sua affermazione -Ma il mio fa altrimenti.-

-Mi fai incazzare, mi fai ammattire e sei un'insolente curiosa del cazzo- la fece scendere ed usò le mani per accarezzarla, tracciò ogni lembo di pelle possibile, lì, su quel marciapiede di quella strada, accanto ad una panchina, e non lasciò al caso neppure i baci. S'erano già perdonati, quell'urlare ed urlare, era per loro l'unica soluzione, certo, ma il sentimento che li univa si nutriva di paure, pure paure. E le paure vincono tutto.

-Con le altre é sempre più semplice che con te- provò a distaccarsi, ma lui la trattenne per il polso e giocò con alcune sue ciocche, sorridendo malizioso, quella era la malizia di un eterno Peter Pan, nessuno dei due era mai cresciuto -Ma quando mi stringi, cazzo, se ne vale la pena di urlare così tanto.-

Lei sorrise, lo baciò di istinto e subito dopo risero, perché erano semplicemente contro ogni sorta di cliché e ridere dopo essersi dichiarati amore con le urla era così da quei due, come combattere con delle armi giocattolo.

Baciò alcune delle sue lacrime e le prese la mano, lasciandole fare un giro tra le sue braccia ed intrecciando le loro dita, continuando a camminare verso casa.

Proferirono quache altra parola, ma i messaggi dei loro sguardi erano molto più piacevoli, erano più sinceri e certamente più veri.

Si bloccarono una volta arrivati davanti casa, riconoscendo un'auto che non doveva essere lì e Blake si sentì cedere, per un attimo, tutto ritornò al posto sbagliato.

-Non doveva tornare a Dicembre?- le domandò, la voce si ruppe, un po' per la curiosità, un po' per la certezza che altre urla crudeli, oltre le sue, avrebbero torturato la bionda, che intanto boccheggiava, con sguardo affranto.

Non fecero in tempo a dire altro che la figura di Aurora li invitò ad entrare, così fermi nel vialetto, presi dalle insicurezze. Le torture di lei divennero le sue.

-Blake- la voce di Priscilla eccheggiò in casa quando la vide entrare, non soffermandosi sulla mano che stringeva a Federico. Non si può spiegare neppure lontanamente la freddezza degli sguardi di madre e figlia, ma provavano anche una certa religiosità nel farlo.

-Mamma, cosa ci fai qui?- lasciarono cadere lo zaino per terra e si avvicinarono, ancora stringendosi.

-Sono tornata prima, contenta?- sorrise, toccando la spalla della figlia -Ora possiamo ritornare a casa.-

Scattarono, Aurora aveva percepito tutto e sperava che quella vena di rottura nell'aria cessasse di colmarsi di incertezze ed errori.

-Perché sei qui?- le richiese, non se ne capacitava, per la millesima volta in quel giorno, non riusciva a rendersi conto dei fatti e ve ne rimaneva imprigionata.

-Motivi di lavoro, Blake.- il tono di Priscilla tese al vigliacco, i suoi occhi scattarono altrove e non ressero il giudizio della figlia.

Federico guardò prima la madre, che schiuse le labbra rammaricata, quasi impotente, provava anche vergogna ad ammetterlo, poi lo posò su Blake, che guardava a terra, spaventata dalle circostanze.

Sapeva esattamente a cosa stesse pensando la biondina, capiva esattamente tutti i sensi di colpa che stavano riaffiorando in quell'esile corpo soggiogato dal destino. Le strinse la mano.

E l'uomo usa la codardia come fortezza contro i fatti veri, contro le prove che la vita offre, pensa di poter piazzare limiti ovunque l'anima non sorregga il peso di quello che é il mondo.

E non mentirei se vi dicessi che non si lasciarono neppure un attimo, che si baciarono prima che Blake andasse via.

E quanto esagerati starete dando a quei due ragazzi, avvolti da un uragano di tremenda tristezza.

Ammettetelo che non avete capito la loro reazione, ammettiamolo tutti, di non essere ancora pronti per la verità di quel sentimento che tremendo li univa.

E ammettiamolo che forse di amore abbiamo letto così spesso da non riconoscere gli usurpatori, quelli falsi, quelli che d'amore c'hanno solo gli stessi e sempre visti cliché.

Ma loro speravano di continuare a cadere nel tranello disegnato per i loro stessi passi, ritornavano in vita ogni volta e si stringevano fino a dimenticare persino il male che erano stati capaci di farsi.

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Martina's pov

-Cosa guardi?- mi domandò quando si avvicinò a me, indossava una semplice tuta ed il suo viso era struccato, i piedi scalzi tracciavano le stesse orme ripercorse più volte.

Posai la foto di mia madre e le sorrisi, lei percepì, stette in silenzio.

Quel giorno era piuttosto freddo, aspettavamo quasi con impazienza che si avvicinasse il pomeriggio della settimana seguente, della prima firma copie e lei stentava a crederci.

Entrambe sembravamo volerci nascondere, come se avessimo reso pubblico l'amore più ingiusto di sempre, in un epoca dove i santi sono solamente d'oro, dove i pregiudizi sono visibili nei semplici sguardi e dove i sentimenti sono calpestati dai tacchi a spillo.

Si sedette accanto a me, su quel divano, e mi osservò riposare tutte le foto nel cofanetto, accuratamente, attenta a non spiegazzarle.

-Era tua mamma?- curiosa si sporse, sorridendo e giocando con alcune ciocche dei suoi capelli biondi, erano particolarmente gonfi quella mattina, nei suoi occhi vi era il vuoto.

-Le volevo davvero tanto bene e mi manca parecchio.- ammisi, anche se da anni, prima della sua morte, non le ammettevo che le avessi voluto bene. Odiavo che lei mi ripetesse quanto pazza fosse sua figlia a voler rincorrere il giusto nella vita.

Blake avvicinò le ginocchia al petto e mi sorrise confortante -So bene che pensi che non importi la razza, siamo fatti di invidia- ripeté delle parole che le sussurrai una notte, quando piansi perché il mio ragazzo mi aveva lasciata.

-A volte temo che persino il ricordo sia portato lontano da me, é possibile?- quanto infantili suonano quelle parole? Quanti sospiri tirati in una stanza illuminata e piena di pensieri ritratti prima di essere resi concreti attraverso le labbra, mi ripetevo.

Non c'era via di salvezza per chi nascondeva i propri demoni dietro uno scudo di cristallo, non c'era, e forse non ancora c'é, un modo per proteggersi senza scattare con peccati tremendi quanto l'amore nascosto in essi, usati come pilastri.

Ed é forse più umano fingere di essere qualcuno che non si é, un sorriso su delle labbra bugiarde e degli occhi rossi, dei capelli mossi come solo una folle li porterebbe, qualcuno che non conosce la via per la salvezza, ma che finge d'esserci già stato, piuttosto che ammettere d'avere l'organismo a pezzi, di sentire il bisogno di spezzare i ricordi che a loro volta ci rompono, parte dopo parte.

-Questa vita sembra il viale dei sogni infranti.- sorridemmo e lei mi abbracciò, percependo i miei pensieri, sebbene non fosse, poi, tanto umano rendere pubbliche le proprie paure, lei lo era ancora di più, accettando di renderle concrete, quelle paure.

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Uscì dal bagno, passandosi una mano nei capelli corvini e posò una sigaretta fra le sue labbra, prima di avvicinarsi al divano ed indossare un giubbutto di pelle e lanciare una semplice occhiata all'orologio che spezzava le giornate.

Erano quattro giorni che Blake era tornata a casa sua e si sentiva persino rinchiuso.

Riprese la sigaretta fra l'indice ed il medio, posando il cellulare nella tasca posteriore, e credette di poter uscire, prima che Manuel scendesse, anche lui in bei vestiti, e gli lanciasse un'occhiata.

Federico abbassò lo sguardo, camminando con pesanti falcate fino alla porta, aprendola distrattamente.

-So perché Priscilla è qui.- ed in quel momento non importava quanto a pezzi avesse visto, in giorni precedenti, i suoi occhi, semplicemente rincastrò i loro sguardi come non faceva da anni.

Ammisero che era bizzarro quanto adulte fossero le loro anime, in corpi di giovani uomini che della vita conoscevano bene solo la strada per la scuola.

Perché il rischio di bruciare le tappe é quello di ritrovarsi ad essere l'ombra dei propri rimpianti.

-Ha riaperto l'inchiesta sulla morte di Edoardo, hanno trovato un plausibile testimone e nostro padre l'ha comunicato con esatezza a Priscilla, perciò é qui.- si scambiarono un sorriso complice ed uno sguardo ferreo, ricco di sicurezze scavate in sorgenti false.

-Vuol dire che..- cominciò sguardo oltremare.

-Si potrebbe sapere chi sia stato davvero l'artefice di quell'incidente.- finì Manuel, facendogli un cenno.

Annegava fra i suoi sogni, maledetto come d'apparenza e credette davvero di poterla tenere con sé per sempre.

Gli fece un altro segno, prima di uscire di casa ed avviarsi verso la festa per i diciotto anni di Sonia, che a modo suo desiderava festeggiare il fatto che fosse scesa da quella giostra di merda, come la definivano loro, quale l'adolescenza.

E non poté che pensarci, intendiamoci, al fatto che se Blake fosse stata davvero colpevole come tutti credevano, mascherando le loro accuse con sorrisi tanto compassionevoli quanto veri, lui l'avrebbe tenuta per sempre accanto.

Cercava amore e magari qualcosa di logico, ma in quegli attimi sentiva solo il possesso che quella goccia malata aveva di lui.

E quando arrivò, scendendo dalla moto, lo sguardo consumato dalla rottura che tentava di evitare, la vide immediatamente.

Il suo abitino blu le donava, i suoi capelli erano arricciati ed era bellissima, lo era anche senza quel trucco. Se era la perfezione quella che lui aveva rincorso per tutta la vita, poteva anche fermarsi.

Ma non conosceva i progetti, non conosceva i motivi, non conosceva il sentimento che stavano provando, desiderava solo conoscere quelle sue labbra, ancora ed ancora.

Stava parlando con Marco, dondolando in maniera infantile e del fuoco bruciò nel petto, si stava gettando in un edificio in fiamme solo guardandola sorridere ad un altro.

-Blake- la chiamò, evitò appositamente il nome di Marco e l'abbracciò, l'era mancato il profumo di pesca di quei capelli, il contorno a cuore delle sue labbra fin troppo rosse.

Il castano distolse gli occhi e Blake si strinse in quell'abbraccio, dimenticandosi temporaneamente di dove fossero.

Sapeva perfettamente, lui, cosa stesse facendo e cosa avrebbe provocato quell'azione al cuore di quello che era il suo migliore amico, ma era troppo solito ad usare l'egoismo come mossa di vittoria.

Baciò il collo di Blake e fece bene intendere che il loro rapporto fosse il più malato che fosse mai stato visto, ma andava bene così.

Lei si scansò, tenendo unite le loro mani e sorridendo con dolcezza.

-Io vado a dare gli auguri a Sonia- si voltò verso il padiglione nell'immenso giardino e alzò la mano con cui teneva la busta bianca di una gioielleria.

Lei annuì e gli sorrise.

-Quali sono i tuoi sentimenti?- parlò il castano, nei suoi occhi vi erano lacrime e sentì il cuore improvvisamente spezzarsi in occhi verdi che lo guardavano con un affetto contenuto.

E ditemelo se vi é mai capitato specchiarvi nel cristallo di uno sguardo e non vedere il vostro amore ricambiato.

E ditemi, sempre voi che leggete queste righe, se si possa mai giudicare quell'eroe che donerebbe sicurezza e riceverà solo un sorriso ricco di compassione.

-Cosa intendi?- gli sorrise, ma non lesse altro che disprezzo in quegli occhi, pura delusione.

-Lui, Federico, gli hai donato ogni tua insicurezza- sentenziò, portò alle labbra una sigaretta sotto quel palchetto con dei fiori lilla e della luce opaca. Sentirono un'improvvisa maledetta freddezza avvolgerli e lui l'aveva cercata.

L'avrebbe demolita come lei aveva fatto incosciamente.

Avrebbe riportato a galla la delusione con le paure che vigevano nei suoi contorni.

-Tu non capisci- lo ammonì, voltandosi verso di lui ed avvicinandosi a piccoli passi, quasi arrabbiati nei cronfronti del ragazzo i cui occhi nocciola brillavano di malzia quel sabato sera.

-Tu provi a salvarlo, sappi che sprofonderete, tu e le tue convinzioni.- si bloccò prima che potesse dire altro e lei aprì la bocca amareggiata, le gambe non la ressero, stava giocando duro nei confronti di una ragazza esitante persino dei suoi passi.

-É più un paradiso di quanto io possa contenere, non lo conosci Marco.- ed era vero, sebbene non fossero, entrambi, convinti di quelle parole, alle quali lui rispose semplicemente con una risata, era puramente la realtà. Nessuno giocava così bene coi demoni di Federico come Blake, sebbene ci fossero bugie fra di loro.

Inconsapevolmente lo rendeva il lato buono del cattivo karma.

-Non potrai aggrapparti a lungo alle tue illusioni- le rise in faccia e quasi le puntò il dito contro, stringendo i pugni e serrando la mascella innervosito da quell'amore che avrebbe voluto per sé.

-Smettila, smettila- si ruppe e si tappò le orecchie con le mani, andando via lentamente, tutto attorno a lei era a rallentatore, come se stesse cadendo nel baratro delle sue stesse incertezze.

-Ha solo più mali di quelli che un'anima dovrebbe avere..- sussurrò, pianse dentro e strinse i pugni lungo il corpo, prendendo tra le unghie i lembi di vestito, si fermò in mezzo al prato quando percepì che il castano si fosse avvicinato.

-Semplicemente ti pentirai di avergli donato il tuo cuore, amore mio- la superò, toccandole la spalla e sfiorando i capelli al profumo di pesca.

Si sentì lasciata persino da Marco.

Ma Federico era tutto quello che l'avrebbe resa meno un mito, più viva.

Giusto?

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