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Fight the love

N/A: Ehi ehi, fanno cose poco caste.

        Al mio angelo che, a modo
           suo, mi ha insegnato a
      combattere l'amore con lei.

-Cosa ti preoccupa?- il volto di Michele era tirato in un respiro regolare, pieghe di un volto contratto dal piacere che quella sigaretta riusciva a procurargli.

Era steso sul letto dalle coperte rossicce, la camera quasi totalmente al buio, trapelava dalle fessure delle persiane chiuse la leggera ma intensa luce del tramonto, tutto taceva in un respiro contrastante.

Accanto Diego pensava, le rughe sulla sua fronte prendevano una buffa forma ogni qualvolta la preoccupazione demoliva il suo cuore. Cosa mai poteva avvilire un ragazzo cresciuto troppo in fretta se non la vita stessa?

Lui sospirò, scuotendo la testa in segno d'assenso, catturando con le sue lunghe dita la mano del ragazzo sdraiato al suo fianco. Michele si morse il labbro, tirando il piercing, prima di riportare la Malboro alla bocca, la teneva tra l'indice e il medio, ne assaporava il gusto persino con la lingua, vi era un piercing anche su quella, Diego lo aveva scoperto dopo aver peccato, così diceva, insieme al ragazzo.

Stettero qualche minuto in silenzio, la camera di Diego era ambigua, certo, degna di qualcuno che manifestava a modo proprio l'arte che gli apparteneva.

Non era certo un mistero che Diego disegnasse il suo mondo, sfumando i bordi dei disegni a cui continuava a dedicarsi, con forza e diversità, riproducendo tutto quello che lo colpiva.

Tra essi, da ormai quasi più d'una settimana, era ricorrente il volto di Michele, così d'angelo, ne era completamente invaghito.

Terminavano, ogni giorno, ad urlarsi contro d'essere inutile, stringendosi dietro porte chiuse e piangendo per quell'attrazione che li divorava secondo dopo secondo.

Ma la giovinezza di quei ragazzi era regalata all'altro, nessuno poteva negarlo, nel vederli.

Diego sospirò ancora, il suo petto s'alzava ed abbassava ad un ritmo audace, ad un ritmo che lo demoliva, il cuore a stento stava a passo.

Il biondo gli lanciò un'occhiata, spense la sigaretta nel posacenere sul comodino di legno, prima di cambiare posizione e sistemarsi sul bacino di Diego che respirò ancora più pesantemente.

Il rosso ammiccò, lanciò uno sguardo complice all'altro con tanto di sorriso malizioso, poggiando il capo sul cuscino lungo la testiera del letto, armeggiando con le mani lungo le braccia di Michele, che si godeva simili attenzioni.

Diego si morse peccaminoso il labbro, prima di avvicinarsi alla bocca del biondo, desiderando riprendere coi suoi sensi quel sapore che gli procurava un battito accelerato, il profumo che lo avvolgeva con perseveranza fino a che, entrambi, ricadessero nel tanto temuto baratro.

Ma Michele lo scansò, accennò ad un sorriso più furbo del solito, prima di portare le sue mani lungo le spalle di Diego e riaccompagnarlo al materasso, mentre guardava spaesato, consumato dal desiderio.

-Cos'hai?- il rosso sibilò, alzando in una mossa poco virile gli occhi al cielo ed emettendo un verso stridulo, che fece solo ridere Michele che lo guardava incantato, come un mendicante osserva il fuoco che fuoriesce dai camini anche delle case più povere, come un vagabondo si invaghisce della luna del cielo e come un pittore si innamora del disastro che doveva essere solo buttato.

-Il broken- Michele annuì, tracciando con le mani i contorni del volto di un simile angelo, pensava, poteva essere solo questo per procurargli tanta agonia.

-Cosa, in particolare?- deglutirono entrambi, le loro erano confessioni tenute segrete dalle carezze, dai baci non concessi e dal peccato tanto palpabile da divenire l'unico vero atto di verità.

-Blake- ammise, Michele s'accigliò, ritraendo per un qualche attimo le carezze, prima che Diego riprendesse le sue mani e le posasse sul suo cuore, entrambe, sorridendo sincero.

-La mia gioventù é tua, Michele.- affermò, l'altro arrossì, come il primo, per quella gelosia manifestata a modo loro e quei tentativi di lasciare intendere che s'appartenessero, come le stelle appartengono a quel cielo così spento senza di esse.

-Mi preoccupa Blake,- continuò prendendo un attimo per metabolizzare il tutto ed incastrare le loro iridi assieme, in una danza sconosciuta, il silenzio ballava con le loro anime scure, avevano paura di lottare ancora, lasciavano, educatamente, il compito all'altro -Sembra spezzarsi anche solo al vento, i suoi lineamenti sono consumati dagli errori, l'ho osservata così tanto e...- provava compassione, perché negarlo? Il ragazzo che s'era impossessato del suo cuore lo avrebbe ascoltato e capito, nonostante tutto -Ho paura possa rompersi definitivamente e con lei Federico, non sopportano il peso che il mondo ha poggiato sulle loro spalle.-

Michele annuì, tornando ad accarezzarlo, le sue mani giocavano con gli orli della felpa che il ragazzo indossava, provava pura eccitazione.

-E..- Diego riprese un respiro, quando il biondo si abbassò, lasciando una serie di baci freddi e al gusto di fumo sulla sua mascella, ritornando poi a guardarlo negli occhi, colore nel colore, speranza con il tormento -E non capisco perché Federico si ostini nel terminare il broken, la perderà, eppure é così cocciuto.-

-Il broken non distrugge e basta, il broken lega, il broken crea una sorta di vergogna da poter nascondere solo nelle braccia di chi te l'ha procurata.- sapevano entrambi di cosa stessero parlando, non era come l'alfabeto per i bambini, ormai avrebbero potuto raccontarne di storie su quel giro, la dipendenza era la prima causa di avvicinamento.

-Tu credi che..?- provò un morso al cuore al solo ragionare su una simile risposta d'umanità che viaggiava nelle vene di uno dei suoi migliori amici, era proprio vero che la vita soggiogava tutti, in un modo o nell'altro.

-Potrebbe essere.- rassicurò le sue torture, involontariamente, in quel modo, entrambi sarebbero usciti devastati, soprattutto se Federico avesse vinto, più devastati se le ragioni fossero state altre.

-É per questo che esiste il broken, non trovi?- sibilò amaramente Michele tirando con rabbia il suo piercing, provando un rancore che non poteva essere per niente definito umano o giusto, ma chi é la mia persona per giudicare? Era l'unico sentimento che, talvolta, riusciva a provare.

-Non é semplice liberarsi di quelle condizioni, le ragazze facili, la droga gratis, le sigarette e le scommesse, certo, ma uscire da tutto quello é molto più complicato che entrare.- sospirarono, un po' per le carezze, un po' per la verità a cui erano stati sottoposti, senza filtri, senza che riuscissero a controllare tutto quella menzogna in cui erano avvolti. E nulla era paragonabile a tanto piacere mischiato al dolore, ti portava al paradiso e ti lasciava sprofondare nell'inferno -Per questo il broken gioca sui sentimenti, per questo la maggior parte non arriva alla fine, l'amore primeggia su tutto il resto.-

-Nessuna persona vera vince il broken.- scattò Diego, pregando il ragazzo dai capelli biondi e lo sguardo reale, privo di pregiudizi, di rassicurarlo. Ci sperava che fosse l'eccezione, ci sperava che tenesse al sicuro quel suo cuore vagabondo.

-Nessuno vince il broken e basta, Diego.- si scostò dal tocco, lasciandogli solo un leggero bacio sulle labbra candide e soffici, in pochi le avevano toccate -Non ci sono vincitori, perché la tua coscienza ti ruberà anche solo il semplice tempo per goderti la libertà. Distruggi le persone, le ridicolizzi, nessuna persona vince e loro lo sanno. Chi ha creato un simile gioco lo sa, siamo solo pedine.-

Stettero in silenzio e basta, quasi piansero ad una simile confessione di lui, quel tono duro e ricco di rotture, la voce roca spezzata dai rincrescimenti.

Ma Diego gli aveva lasciato la sua speranza, l'aveva riposta assieme al cuore in quelle mani che profumavano di cocco e che aveva tirato a sé per sentire ancora quel tocco delicato.

Michele si avvicinò, reduce d'una battaglia interiore e di un respiro per niente controllato che aveva dominato il suo corpo per frazioni di secondi e baciò davvero quelle labbra, stringendo le mani fra loro, in una mossa delicata.

-E se ce ne andassimo?- rise Diego, fra un bacio e un altro, richiamando anche il sorriso dell'altro ragazzo.

-E se rubassimo un'auto e andassimo in America?- continuò, nel suo tono scherzoso c'era una vena di serietà, quasi pura volontà.

Le mani di Michele alzarno la felpa del rosso, rivelando il torace contratto dal piacere.

-E se ti baciassi?- gli diede un colpetto, più sereno rispetto ai movimenti meccanici precedenti -Intendo, ancora ed ancora, ripetutamente, fino a fare l'amore con te?-

-La mia gioventù é tua, un po' come il mio cuore.- e al suono di quel clichè, un po' trasportati dalla voglia di peccare assieme ancora ed ancora, avvolti da un amore proibito, pieno di lotte, caddero nella ragnatela disegnata per loro e solo per loro.

-Credo d'avere un motivo per scappare, se ti facesse felice- finì per sussurrare Michele, mentre spingeva in lui, coi corpi sudati e con i cuori uniti da un peccato così grande, da rivelarsi giusto -Credo che supererei a tutta velocità i semafori rossi per strada fino ad arrivare al nostro Paradiso.

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-Sei emozionata?- Blake mi lanciò un'occhiata stralunata, un po' confusa da quell'ambigua domanda, mentre indossava uno dei suoi soliti vestiti.

-Per?- i capelli, come troppo spesso, erano legati in un'ordinata coda, ricadevano, nonostante essa, lisci. Piastrati, domati, lasciati a quella che é la noiosa normalità.

Il vestito beige le fasciava il corpo formoso, pieno di perfezione, se solo se ne fosse resa conto.

Le sue labbra erano accentuate da un radioso rossetto rosso e le sue gote colorate da un fondotinta piuttosto leggero.

Quegli occhi verdi soggiogavano la vita, fingendosi veri, reali, quasi pieni. Ma dentro essi vigeva il vuoto la mancanza, una tale mancanza che neppure i ricordi da lei tanto acclamati avrebbero potuto colmare.

E più volte mi aveva ripetuto che non bisogna lasciare che i ricordi ti ritornino in mente, tanto silenziosi che cattivi, fanno parte di un passato che, più volte, hai provato a scordare.

Mi superò, quasi non attendendo una mia risposta, che ci mise parecchio, effettivamente, ad arrivare.

I suoi tacchi riproducevano il solito rumore che rimbombava nelle mie orecchie ogni mattina, quei passi emanavano quasi sicurezza.

-Oggi mi faranno sapere se pubblicheranno la mia storia- la guardai accigliarsi e ridacchiai, sapevo che l'avrebbe fatto, -la tua storia, la vostra storia.-

Si irritò, irrigidendosi in una posa per nulla composta e poco dalla maschera che era ostinata nell'indossare.

Il suo corpo era un qualcosa che mi attraeva, non fraintendete, le varie pose, i vari movimenti, talvolta pareva plastica sotto le luci della vita.

Quell'abito calzava a pennello per la sua anima, ogni abito le stava bene, semplicemente, forse, perché ognuno nascondeva anni di risentimento.

-Rimarrai lì in silenzio a lungo?- la schernii, senza appesantire il tono, quegli occhi attaccavano subito, aggressivi e privi di qualsiasi voglia d'opporsi a quello che era stato, sebbene gli ordini fossero altri.

Fece qualche altro passo, ignorandomi completamente, superandomi e lasciandomi persino con l'amaro in bocca, ma capivo il motivo.

-Non é ignorandomi che dimenticherò cosa hai fatto stanotte- la richiamai, quella che era una sorella per me, il mio tono era sia di rimprovero che dolce, quasi delicato, sotto la sua coscienza quasi macchiata.

-Non ho fatto un bel niente, stanotte.- accentuò il suo tono, facendomi persino ridere a quella visione corrucciata del suo amabile volto, quella sua voglia di vincere, nonostante tutto.

-Perché?- sussurrai, avvicinandomi. Il sole filtrava con audacia dai vetri, illuminando quasi tutta la casa. Il cielo era limpido, quel giorno, a Londra, in pieno inverno. La sua stagione preferita, la loro stagione preferita.

-Mi sento quasi meno vuota.- non ammetteva, lei pronunciava, era consapevole di star rivelando dettagli, ma sapeva quasi quanto e quando sporsi in quei dialoghi. Si sentiva lurida, con quei gesti sconfortanti.

Ed era pazza, perché nasconderlo? Era questo che m'aveva attirato di un simile carattere contorto, la follia, l'ambiguità che aveva acquistato negli anni, innalzando un muro che probabilmente persino il suo Federico, in quei momenti, non avrebbe potuto abbattere.

Perché pareva un'anima nera che mai nessuno aveva provato a leggere, pagine di un libro che profumavano ma mai accarezzate, semplicemente giudicate da una copertina.

L'anello cadeva fra i suoi seni coperti dall'aderente stoffa, le sue labbra furono morse dai denti bianchi, le guance rosse per la paura di raccontare e rendermi complice delle sue paure.

Giocò coi bracciali al polso, lanciò un breve sguardo all'orologio e sospirò, stanca.

-Non é amore, quello che faccio.- parlò, ammettendo d'essere stata vissuta più volte, qualcuna con indecisione, qualcun'altra con la sola inconsapevolezza, reduce del troppo alcol che aveva assunto per dimenticare o droghe, perché sì, mi aveva raccontato che fosse arrivata anche a quello.

-È appagante non sentirsi sola per qualche minuto, Martina- scosse la testa, non compiaciuta dai suoi stessi pensieri, era bizzarra -Cerco di rivivere quella volta, la prima, provando a pensare che questa volta non sia falsa, non ci sia un dannato gioco malato dietro- si fermò, una sola lacrima le rigò il viso corrucciato -Ma nessuna volta é come quella, nessuna riesce a farmi sentire donna, per un solo attimo.-

Abbassai lo sguardo con lei.

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Avevano guardato uno di quei film sdolcinati, uno di quelli dove il protagonista avrebbe dato la vita per la ragazza, piangendo a quella visione, divorati da tante lacrime.

Ma non loro, anzi, Federico trovava fossero solo tante cose già viste accostate, l'altra reputava fosse tutto un semplice malinteso, perché non esiste lacrima tanto grande da comparare una mancanza diecimila volte maggiore.

E perché si sa, quando qualcuno t'abbandona, un motivo per tornare se lo lascia dietro prima di partire, non c'é nessun addio che duri per sempre, cari scrittori o registi.

E non fu un caso che uno dei tantissimi cliché narrati nei film avesse accompagnato anche il loro pomeriggio con acqua scrosciante e solo un ombrello per tornare a casa, per giunta a piedi.

-Quel film era ridicolo- si lamentò per l'ennesima volta il ragazzo dai capelli corvini, rabbrividendo e chiudendosi, con la mano libera, il giubbotto aperto. Blake sbuffò per opporsi alle sue ripugnanti, così diceva, opinioni.

I capelli ricadevano crespi sul suo volto, una settimana dopo che ebbe pianto così forte da sentire il suo cuore spezzarsi in due e minacciare di abbandonarla, quando poi, effettivamente, tornò più vivo di prima.

-Che succede se una volta ogni tanto apprezzassi qualcosa?- si chiese tra sé e sè la bionda, scuotendo la testa, ormai scoraggiata dalle solite lamentele del suo ragazzo.

L'aveva già detto che era suo? Amava ripeterlo, sembrava che quel sogno fosse un po' più reale, come se finalmente qualcuno le avesse dato le ali per volare via ed una pretesa per non farlo.

E si sentiva tra le nuvole, letteralmente, quando le loro dita si incrociavano, le loro braccia si toccavano o, solamente, i loro sguardi si scontravano, un verde nel blu, una promessa.

E quando le loro bocche si sfioravano, ahimé, era persino più palpitante la sensazione che s'impossessava di quei due corpi, così fragili e miseri in cospetto al mondo.

-Sei esasperante Blake- ribatté l'altro, ridacchiando alla sua faccia imbronciata, persino più bella, trovava, di quella seria.

Le strade erano alquanto desolate, i lampioni illuminavano il cemento ed i muri, le varie auto terminavano per bagnare quelle pochissime persone che camminavano a piedi, lamentandosi per il costante cambio di temperature.

Aurora ed Alessandro quella sera erano ad una cena, mentre Manuel con i suoi amici. Avrebbero mentito, Blake e Federico, dicendo che non aspettavano altro per stare da soli, ridendo e litigando, per poi mangiare del cibo spazzatura.

Lei fece una linguaccia giocosa, abbandonò la copertura dell'ombrello, nei pressi della casa, col suo giubbotto viole e le gote rose, i capelli che arrivarono sotto il seno, e corse sotto quelle gocce che Dio riversava sugli uomini, un po' per commozione, un po' per tristezza per tutti quei pregiudizi dei normali verso chi, effettivamente, era diverso.

Federico alzò gli occhi al cielo, lasciandola ballare stupidamente sotto al pioggia che batteva forte su tetti e prati, sul corpo gracile di Blake, pieno di una speranza scostata dalla malvagità di quelli che tale sensazione, non sapevano neppure dov'era.

-Ti prenderai una bronchite- la richiamò, ridendo per una simile infantilità che l'avvolgeva seducendo chiunque si volesse allontanare.

Blake scrollò le spalle, ridendo ed avvicinandosi al vialetto della casa, non ascoltando le urla di Federico, esasperato da tanta bellezza e semplicità.

-Peggio per te- rise ancora, giocando con le gocce d'acqua e avvicinandosi alla porta di casa, canticchiando una canzone che aveva ascoltato lo stesso pomeriggio, cantata davanti allo specchio e coi capelli sciolti, una semplice canotta e dei pantaloni fin troppo stretti.

Federico rise a quella visione, ancora ed ancora, prima di provare a prenderla, ma il suo tocco non impedì alla bionda di ridere ancora più forte e sfuggirgli, furbamente.

A quel punto il ragazzo dai capelli corvini lasciò volare via l'ombrello viola, rincorrendo sotto la pioggia la ragazzina che si sottraeva al suo abbraccio.

Le loro risate furono udibili un po' ovunque, non se ne preoccuparono, intenti nel rincorrersi come dei bambini di appena cinque anni.

Quando riuscì ad afferrarla, fu un attimo, persero l'equilibrio e si ritrovarono contro la porta, le mani di Blake che tentavano di far restare all'impiedi i loro instabili e coi rintocchi al petto corpi. Fremevano l'uno sotto il tocco dell'altra e viceversa.

Le mani di Federico furono alla vita di Blake, poi ai glutei, stringendoli, la schiena di lei alla porta e le sue gambe intorno al bacino di Federico, i nasi si sfioravano con desiderio.

-Ti ho mai detto che sei una stupida?- i capelli di Blake, come quelli di lui, erano grondanti d'acqua, gli abiti completamente bagnati, le dita che viaggiavano ovunque.

Lei rise di gusto, mordendosi il labbro con assoluta dolcezza, prima di scombinare i capelli al suo ragazzo -Che succederebbe se dicessi che vorrei volare lontano?-

-Ti risponderei che sei più pazza di me.- scossero i capi, facendo incontrare le labbra, in un leggero schiocco di carne e lingua, come se fosse il più innocente dei baci.

-Eppure ci sono così tante cose che potremmo ancora fare, prima di pensare a questo volo lontano dal mondo- aprì la porta, inserendo le chiavi, con fatica, data la posizione, e entrarono entrambi, ancora legati l'uno all'altra, con forza e perseveranza, c'era tanto amore a legarli, ricoperto d'un mantello di rincrescimento.

Risero ancora, mentre Federico salì le scale, lasciando le chiavi per terra, nell'ingresso, con Blake ancora avvinghiata al suo corpo, per niente intenta nel voler scendere.

-Quanto diavolo pesi?- lo schoaffeggiò, lui incastrò gli occhi assieme, le dita nei suoi capelli biondi, amava giocarci, lo aveva detto? Lo ripeteva.

Amava quella forme, amava quei capelli, amava la giovinezza che gli metteva nelle mani, amava che fosse loro e solo loro quella sorta d'odio soggiogato dall'amore.

Perchè l'uomo da sé é egoista, ciò che sente lo tiene stretto nel cuore, in una gabbia, le mani a bloccare chiunque tenti di afferrarlo.

Perché l'uomo da sé è stupido, quel sentimento, magari, se provasse a chiudere gli occhi, avrebbe incatenato anime alla sua.

E la solitudine spaventa un'anima cupa.

Aprì la porta, lui, con sbadatezza, raggiungendo a veloci falcate il letto di Blake, non voleva baciarla sul suo, troppi corpi avevano sfiorato quelle lenzuola, troppe mani avevano toccato il suo bacino, il suo petto, i suoi capelli. Era andato, sì, senza amore, come si va per colmare un vuoto.

Blake fu delicatamente poggiata, neanche fosse la più costosa delle bomboniere di casa, quelle adorabili bambole di porcellana, magari, sul candido letto, dalle coperte rosa.

Si tolsero nella foga i giubbotti, completamente bagnati, terminando per bagnare completamente anche il letto.

I loro cuori palpitavano e sì i loro bacini si scontrarono, le mani viaggiarono un po' ovunque, la maglia di Federico ben presto fu sul pavimento, senza una parola, senza uno sguardo, presero tra le mani i loro cuori e li lasciarano amare, magari per una volta.

-Federico- lo richiamò, nessuno l'avrebbe sentita quella flebile voce, neppure nel silenzio più assurdo, col mondo che marcisce col desiderio. Ma lui sì, alzò lo sguardo, si morse il labbro giardandola di fronte a lui, il battito irregolare e la presa ferrea sui suoi polsi, la paura fu palapabile.

-Fai l'amore con me- che frase ripetuta, direte, la si ascolta ogni misera prova. Ma a riprova, lui scoppió quasi a piangere, ridacchiò amaro, scuotendo la testa, guardando appena dietro di lui, c'erano ombre di un gioco che erano diventate la sua vera casa.

-Io non sono capace di fare l'amore- rise ancora, l'anello col labirinto si scontrò con la guancia rosea di Blake, poi, assieme alla sua mano, sul suo labbro gonfio, desiderava così tanto mischiare quei due casini -io lotto contro questo sentimento.-

Lei sorrise, si adagiò a quel tocco e s'avvicinò, toccò i pettorali, poi le guance, prima di accostare persino i nasi -Combatti l'amore con me, allora.-

E lui lo guardò, quell'anello di Saturno che le avvolgeva l'anulare, lei capì ed alzò la mano sinistra, prima che Federico la prendesse fra le sue.

-L'ho fatto perché ero divorata dalle colpe, perché mia madre mi guardava, neppure fossi lurida, con astio. L'ho fatto non credendo che il mio cuore sarebbe tornato a battere, per preservare la mia giovinezza.- lui annuì, lo capiva, la capiva, sempre. Perché l'uomo, tra tanti difetti, é capace anche di scostar per un attimo l'egoismo, per poi, però, tornare nel fraintendimento.

-Ma la mia giovinezza é tua e vorrei capire cosa succederebbe se provassi a chiudere gli occhi e lasciare che il mondo vada, come deve andare.- erano parole unite, lo sapevano, erano confusionarie e piene di domande, erano da quei due corpi tremanti l'uno davanti all'altro.

Le cosce di Blake cinsero il bacino di lui, i petti si scontravano, persino la sua maglia fu rimossa, come fosse aria, i loro pantaloni presto fecero la stessa fine e viveno di sguardi.

Lo baciò, lentamente, come nei film si vede spesso fare, avvolti da una nuvola di confusione.

Incrociò le dita, tutte, le strinse e poi abbassò lo sguardo, lui, sfilando, prima,  l'anello di Saturno dalla mano tremante e, poi, il suo con degli strani labirinti dal pollice, per infilarlo attorno all'anulare di Blake, lasciandola ridacchiare per l'ampiezza dell'oggettino di metallo.

Lei si sdraiò, lui riprese a baciarla, anche il reggiseno fu fatto scivolare lungo le braccia in un tocco che le permise di sciogliersi, il momento permetteva loro di sentirsi davvero a casa.

-Farà male,- avvertì, un po' preoccupato, quando anche le mutandine con il buffo fiocco fecero la stessa fine e le tapparelle erano chiuse.

La pioggia fuori batteva con l'amaro risentimento di Dio che pareva piangere, la casa rimbombava nel silenzio assordante e c'erano solo schiocchi di baci ad invadere la completa pace.

Perché loro erano rumorosi con le suppliche degli sguardi, con il silenzio delle parole, con lo schiocco dei peccati e delle colpe.

Le sue dita pomparono per un po', delle lacrime si fecero spazio sul viso di Blake, ma terminò, lui, per amare anche quelle.

Federico si morse il labbro, la paura di farle del male lo divorava.

E cosa sarebbe successo se avessero terminato di combattere?

Ma l'uomo combatte sempre, anche l'amore, durante quel contatto di corpi, che si termina per chiamare tale, certo, ma si lotta per non ferirsi.

L'amore viene fatto dalle persone, in sé, di certo, non esiste.
L'uomo non capisce, far l'amore, non so se mi starete seguendo, equivale a toccarsi, a viversi e a ricordarsi.

E anche i suoi boxer finirono sul pavimento, si toccarono ancora, si baciarono, si mischiarano.

-Questa cosa ti legherà di più a me- lo disse, aveva paura, temeva di non esser abbastanza per quegli occhi verdi pieni di grazia.

-Io credo d'avere solo te- lo ammise anche lei, lui sorrise, la guardò bellissima al suo tocco e le baciò la guancia.

-Hai un bellissimo sguardo, te lo hanno mai detto?-

In una leggera spinta la rimepì, il momento fu loro, le lacrime pure, baciarono tutto, persino quelle.

Baciarono anche la faida che pareva aver trovato una tregua, il passato che a stento li sfiorava.

E più le spinte aumentavano, più i loro volti parevano appagati dal nuovo piacere, il sentirsi collegati, per una volta.

E anche se nessuno dei due pronunciò parola, il mondo sapeva, i loro cuori pure, che si completavano perfettamente.

Che i pezzi di due vetri rotti, per la prima volta, combaciavano in un puzzle così vero, da regalarsi la giovinezza.

E all'apice del piacere le prese i boccoli, baciò le sue labbra arricciate per i gemiti e poi le sue lacrime, ormai asciutte.

-Domani potremo parlare del volo lontano da qui- uscì da lei, nel misero mondo pieno di pregiudizi, dove Lucifero, l'angelo venuto male, così lo chiamavano alla casa famiglia, si unì, per la prima volta ad un angelo vero. Sacrilegio direte? No, semplice voglia d'essere reali  -Insieme.-

N/A: No, non resta incinta.🐳

E niente, arrivare a scrivere questo capitolo significa tantissimo, vuol dire che finalmente qualcosa é al proprio posto.

Perché sia nella mia testa che per sti due, era troppo presto prima, troppo dopo poi.
E ammetto d'averci messo me stessa, sia nella scena di Michele e Diego sia per Blake e Federico.

E non é descritta benissimo, perché per loro, è tutto confusionario, non c'é bisogno d'annunciare ogni singola cosa perché, ripeto, loro sono così.

E anche quando parlano della gioventù che si é regalata all'altro, il discorso é simile, per sottolineare che i ragazzi, alla fine, si innamorano e che non c'é faida tanto grande da far perdere loro questo sentimento.

Angeli o demoni che siano, ricordatelo sempre.

un bacio, aspetto opinioni (la nota più lunga di sempre)

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