Felt
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Federico's pov
Scorrevo lo sguardo fra i vari scaffali, probabilmente le mie guance erano dannatamente rosse per essermi ritrovato nello scompartimento degli assorbenti per un improvviso ordine da parte di Lucrezia, nervosa ed assonnata.
Deglutii quando diverse donne ridacchiarono nella mia direzione, indicandomi buffamente, quasi fossi un pagliaccio.
Odiavo concedermi determinati pensieri che terminavano solo per infastidirmi, una specie di solletico alle pareti dello stomaco che mi donava voglia di rimettere.
Sorrisi compiaciuto quando trovai gli assorbenti della marca che mi aveva chiesto, cosicché sarei potuto uscire da quel posto.
Li afferrai, sospirai amaro, chiedendomi quando avessi cominciato a fare determinate commissioni e mi immisi in un'altra corsia, a passo veloce e con lo sguardo basso.
Sguardo basso perlomeno finché non mi scontrai con un esile corpo che nel nulla cadde sul pavimento, lamentandosi con una voce isterica per quello che era caduto dalla sua borsa.
Raccolsi in fretta gli assorbenti e lanciai uno sguardo alla ragazza alta e castana che avevo davanti e che non perse occasione per guardarmi amara.
-Grazie tante,- si lamentò, pulendo i suoi pantaloni ed io rimasi fisso nel guardarla andare via, dimenticando il suo notebook sul pavimento.
Inutili i miei tentativi di richiamarla, la ragazza dalle gambe magre, che mi parve aver voglia di raccontare, era già andata via.
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Bea respirava il fumo della camera, passiva come sempre alle azioni del suo ragazzo.
Chris era teso, stringeva il petto e sul suo viso vi era un cipiglio pieno di incapacità, o forse disinteresse che non gli stava bene.
Provava una sorta di dispiacere nel capacitarsi che altri terminavano per ferirsi nel medesimo modo.
La rossa gli lanciò diverse occhiate preoccupate, prima di spostarsi, dalla poltroncina bianca, al divano, avvicinando i loro corpi.
Si toccarono, parvero respirare insieme, un attimo in cui quegli errori non pesarono sulle loro spalle. Solo loro ed il loro malsano amore.
-Cosa succede?- strinse lo sguardo, si morse l'interno guancia e provò fastidio col toccare dei capelli sulle spalle, così li alzo.
In fondo é questo il metodo con cui l'uomo allontana ciò che reputa inutile. Lo scansa e pensa ad altro.
Ma il vortice della mente terminerà per trascinarti in esso, con forza e determinazione. Contro ogni tua volontà.
Lui spense la sigaretta e con un cenno quasi ordinò a Bea di sedersi sulle sue gambe, non lo facevano da troppo.
-Sai che non sono fatto per fare il giusto,- cominciò, tracciò con le calde mani le braccia della ragazza, coperte da una felpa dell'adidas grigia -sono per molti il pericolo calzato da un bel viso.- le aveva già sentite quelle parole e gli parve carino ripeterle, giusto perché era il modo migliore per riferire ciò che non pensava.
-Lo so, lo so.- bruciava di sano desiderio, lo vestiva e le stava a pennello, in un ritratto tipico di un ubriacone.
Aveva letto di un uomo che scriveva ritratti, le sarebbe piaciuto riconoscersi in uno di quelli, magari capire cosa potesse mai fuoriuscire dal suo corpo nudo.
-Allora cos'é questa cosa che mi logora?- lei non rispose, pareva non avere idea di cosa riportargli.
La vita era strana, il mondo con essa, affermava baciandogli silenziosamente il collo.
Salì con una scia fino alle labbra e le prese in un attimo, in una danza giocosa, solo perché aveva trovato l'altra sua metà.
Sembrava ogni volta la prima, per loro due.
Le mani di Chris tracciarono la schiena di lei, arrivarono alla coda disordinata e la sciolsero, tenendo l'elastico con le dita.
Lei armeggiò con la felpa blu del ragazzo, sollevandola, non sopportando minimamente il tessuto che li separava, non aveva intenzione di combinare nulla in quel pomeriggio freddo di fine novemebre.
-Spogliami di ogni timore- gli sussurrò, posò i palmi sulla canottiera di lui e provocò uno scontro tra i loro petti.
Quel salone era parzialmente soleggiato, poco arredato poiché i genitori di Bea gradivano non essere circondati da cose futili e frivole.
Il divano bianco ospitò la più chiara dimostrazione di bisogno e d'amore, ognuno possiede la propria.
Loro risplendevano nell'oscurità e lo sentivano.
Gli schiocchi di baci rimbalzavano nell'aria, le lingue coinvolte in una danza sempre nuova e gli occhi socchiusi, pronti a cercarsi, trovarsi ed incastrarsi nella perfetta combinazione.
A modo loro sapevano di riconoscersi fra le costellazioni, magari le più dannate.
Fu dopo poco che Bea si ritrovò completamente nuda, sdraiata sul divano mentre Chris scriveva tutto ciò che provava, semplicemente perché i folli non termineranno mai di sperimentarsi in altre azioni matte.
-Questa cosa é strana- se lo concesse il ragazzo, passandosi le mani nei capelli, una volta terminato, imbarazzato dalle occhiate sicure della fidanzata che ridacchiava.
-Cosa hai scritto?- sollevò il busto, si coprì con una coperta che precedentemente aveva preso.
-Ambigua- cominciò, tracciò la mascella con le dita e si leccò le labbra, ambizioso.
-E?- si accoccolò nel calore della coperta di pile rosa e pensò per qualche momento d'essere realmente fortunata.
Come il dannato che trova la chiave per il paradiso. La tanto agoniata felicità meschina acceca l'essere umano, portandolo ovunque sia distante dalla ragione.
Bea aveva un viso docile, ma lo sguardo fottutamente certo di essere al sicuro nelle ombre di un passato segnato e un presente condannato, nascosto dalle emozioni viste.
-Dai lineamenti delicati- si alzò dalla sedia e si accovacciò accanto alla fidanzata, in silenzio. Le lasciò un bacio sulla guancia.
-E poi?-
-Bellissima- salì sopra il corpo di Bea che gli slacciò i pantaloni e prese a baciarlo, tirando con le dita la catenina che portava al collo.
-Ed infine?- si conoscevano tanto bene da sapere che ci fosse qualcos'altro.
-Dannatamente sexy.- si morse il labbro, lui e non perse molto a perdersi nel corpo della ragazza che amava.
*****
-Ognuno ha i propri limiti, non trovi Blake?- si pronunciò, lei dondolava su se stessa in quel giardino, indossava un felpa del suo ragazzo e portava i capelli sciolti. Giulia, dal canto suo, si trovava nella sua stanza in quel college, sdraiata sul letto e cercava la pace.
-Non riesco davvero a guardare oltre- ammise lei e la castana annuì, anche se Blake non poteva vederla.
Sentiva il suo tono assente, come se avesse da raccontarle tanto, ma le parole restassero incastonate nelle fessure di tradimento di ognuno di loro.
Non vi badò, era abituata a non badare, si sarebbe scottata e lo sapeva, sperava che avvenisse il più tardi possibile.
Giocò con gli orli e sospirò, tirava la stoffa con tale agonia da gelarsi il sangue nelle vene.
Si andò a sedere silenziosamente sull'altalena in giardino, tirava pochissimo vento quel giorno e si spinse lentamente, solo per cullarsi.
Giulia stava mettendo lo smalto nero, aveva risposto, ad un quesito confuso dell'amica, che le andava e si preparava ad uscire, puntuale come era sempre stata.
-Con chi esci?- curiosò la biondina, dopo attimi di asfissiante silenzio, comprò un po' di parole, non riusciva a sentire i suoi pensieri con tutto quel tacere.
-Con William- se ne uscì l'altra, soffiando sullo smalto e tenendo il telefono fra l'orecchio e la spalla, a gambe incrociate.
-Ti interessa?- ficcanasava spesso, la divertiva capire e sapere, era un suo vizio. Ne avevano parlato, una volta, lei e la sua migliore amica dei vizi e trovarono che ognuno avesse i propri.
C'é chi ama sentire l'odore del fumo, ispirarlo e lasciare che esso prenda spazio nell'organismo. Ama tossire e bearsi di una tranquillità mometanea, per poi spegnere la sigaretta in un posacenere ed illudersi che la tortura sia finita, di poter far a meno del vizio.
O c'é chi beve tanti bicchieri di vino. Lascia che esso oscilli nel bicchiere freddo e che arrivi in gola lentamente, bruciando in essa. Alla fine di ogni bevuta si ripromette che sia l'ultima, ma il giorno dopo é di nuovo al chiarore della luna a scegliere il male minore.
E lei aveva il vizio di curiosare, di capacitarsi dei fatti e non accettava qualcosa che non le sembrava opportuno.
Come amare tante persone, non lo concepiva. L'amore era uno, il segreto di quel sentimento ci é concesso in uno scrigno e lo si può aprire una sola volta, trovava. Ma la realtà smentiva, mostrandole che le persone erano troppo solite nel tornare sui propri passi.
Sperava o meglio, s'illudeva, che un giorno l'uomo avesse cessato di conformarsi in ciò che nei romanzi veniva raccontato.
Sperava che l'amore fosse reale, quello dove il dolore é condiviso, dove le anime venivano catapultate nella perfetta macchina di autodistruzione che esso costituiva.
-Forse- sentì uno sfregarsi costante, probabilmente Giulia si era alzata. La immaginò prendere abiti dall'armadio ed osservarli esitante. Sotto quella corazza vi era uno specchio insicuro, ricco di vergogna e silenzi insistenti.
E la castana si stava toccando il corpo, si pareva troppo grassa, o forse troppo magra. Magari il suo corpo le stava pure bene, se fosse stata abbastanza per una volta.
Teneva nel suo organismo quei soliti complessi adolescenziali. Chiedeva spesso se fosse bella e non ci credeva.
-Cazzo, ti deciderai mai nella tua stramaledetta indecisione?- scattò Blake, tirò uno dei suoi boccoli e spinse più forte l'altalena, tenendo una corda con la mano libera, si godeva qualche piacere bambinesco che s'era dimenticata come fosse fatto.
-Ho deciso che invierò le mie foto ad una galleria- si stava specchiando con il vestito alzato all'altelzza del collo, la stampella nelle sue sottili mani e il telefono col vivavoce sulla sedia accanto allo specchio. I suoi piedi coi dei calzini colorati ballavano e dondolò quando non si piacque con l'abito viola.
-La settimana scorsa avevi deciso di gettarle nel cesso- alzò gli occhi al cielo e fermò l'altalena, sospirando in maniera inappropriata.
Quel giorno le nuvole erano davvero bianche, lasciavano trapelare il sole e non incupivano il cielo.
-E questa settimana ho deciso di non otturare il gabbinetto con quelle merde, cazzo.- era nevrotica e Blake rise. Sicuramente si stava tracciando le sopracciglia con le dita, pensò la bionda.
Sentiva un suono pari alla tranquillità, un silenzio acceso, neppure un uccellino a stordire tale sensazione. Entrambe si ritrovavano accresciute in un rumoroso attimo silenzioso. Accresciute loro e le loro sensazioni, come se la vita le stesse accarezzando da bambine e poi da adulte.
-Tua madre non é cattiva- se ne uscì.
-Lo so.- rispose l'altra e sorrise, lentamente la sua rabbia si dissolveva con tutto ciò che era stato. Sentiva solo un maggiore vuoto che propagava.
Calò per qualche attimo ulteriore silenzio e fu certa che Giulia stesse sistemando degli abiti per lo strofinare dei tessuti.
-Non dovresti concederti a così tante persone- respirò Blake, ci furono altri istanti di soffocante tacere in cui parvero affogare in infiniti pensieri.
-Non penso che io valga a tal punto da poter scegliere a chi darmi- si spezzò il tono, la voce uscì rauca e si percepì la vera autostima della castana, posta sotto i piedi, in convinzioni che le erano state imposte. Il non valere, il non capire, il non essere.
L'esistenza umana é vinta da false convinzioni inculcate nelle menti.
Non vi é altro che un sogno appagante e la realtà che lo smente.
-Dovresti apprezzarti, cazzo, hai appena diciotto anni- ebbene sì, li aveva compiuti lontana dal mondo in cui era cresciuta, anzi, con cui. Poiché il mondo ci fa compagnia nel camminare e non é la strada che percorriamo, al massimo l'ombra inquietante con cui passeggiamo.
Perché s'addormentava mai in quelle idee assurde? Si chiedeva Blake.
-Vorrei che tutta questa cazzata del crescere finisse, questa giostra mi sta soffocando, Blake- e fu certa che si fosse accovacciata in un angolo della camera, con un cipiglio sul suo volto e magari le gambe nude ed il vestito gettato sul pavimento.
-Non sempre ciò che desideriamo ci rende felici, Giulia- rispose a tono. Saltare le fasi era da codardi, la castana l'aveva sempre affermato ed anche in quel momento, mentre giocava coi lembi dei pochi tessuti che indossava, lo riteneva.
Contenne una risata e si rialzò, i calzini che tracciavano l'impolverato pavimento e si mosse nel mettere a soqquadro l'armadio, odiava quei cazzo di vestiti.
-Detto da te, insomma, intendo, la stessa persona che crede che non ci si possa innamorare più di una volta nella propria vita.- la bionda sbuffo, si alzò dall'altalena e fece passi pesanti, il terriccio sotto i suoi piedi si alzò come polvere. Spinse con una gamba il dondolo e vi si risidette quando esso ritoccò i suoi polpacci.
-É irrazionale, quando ti innamori dai il tuo cuore all'altro.- ancora non accettava che le persone desiderasso una seconda chance e che amassero più di una persona in quel dannato senso. Poiché, lei, ancora non sapeva esattamente quale fosse la definizione esatta di amore.
-Smettila con questa merda di film romantici, cazzona.- la riprese con una risata, mentre volteggiava con una felpa ed un leggins nero fra le mani.
-Mettici qualche altra parolaccia, mi raccomando.- alzò gli occhi al cielo e giocò con i bordi della sua felpa.
Perché se per l'uomo é accettabile compiacersi dei propri pregi, é quasi impossibile adagiarsi nei difetti altrui.
Quando mai un uomo si va bene, né da solo, né con gli altri.
-Non penso che William verrà- se lo concesse quel dubbio, insomma, lei che di sicurezze si riempiva fino al culmine, cedendo nel perfetto momento in cui le venivano sottratte.
-Io penso che verrà,-
-Questa cosa non funzionerà, mi sento una ragazzina innamorata.- Blake rise e fu per la prima volta realmente divertita dopo giorni.
-Sei una ragazzina.-
-Sta' zitta, perché perdi ancora del tempo a farmi cambiare idea?- sbuffò, indossò la felpa ed i pantaloni, specchiandosi e pettinando i capelli chiari e mossi.
-Questa cosa, invece, funzionerà.- parevano davvero delle bambine che giocavano a chi avesse con sé maggiore ragione, ridevano tra loro e loro.
In quelle parole non vi erano note di esitazione e falsità. Forse divenivano, in quelle lunghissime chiamate, ciò che avevano perso negli anni prima.
Non poté ignorare quella sconosciuta sensazione che prevalse nel suo organismo e che si impadronì di ogni contrarietà.
Capì, forse, magari si capacitò, che non tutto era fatto per sgretolarsi, che un'opportunità forse la vita l'aveva data davvero a tutti.
-É stupido- ribatté verso il personaggio di quella commedia del venerdì sera, la confusione di una vita in cui non si rivedeva. Sentiva addirittura da rimettere per le parole che venivano dette.
-Cosa?- Giulia portava i capelli raccolti in una crocchia disordinata, le labbra erano screpolate ed indossava un pigiama rosa fluorescente, una perfetta serata da sabato sera davanti ad una televisione con cibo scadente.
-Non può anche solo pensare di essere innamorata di due uomini, é illogico.- gesticolò la bionda, sollevando il busto e sciogliendo le mani dalla loro presa ferrea intorno ad esso. I capelli erano particolarmente mossi quel giorno, le guance rosse più del solito e gli occhi del giornaliero vuoto che l'accompagnava.
-Giulia- la richiamò quando l'altra scoppio a ridere, mangiando l'ennesima manciata di patatine -l'uomo è fatto per provare amore, certo, ma una sola volta. Il cuore lo si dona completamente, no?-
Il suo volto assunse una piega parecchio buffa, piuttosto corrucciata era la fronte, diveniva in quel modo ogni qualvolta aveva da riflettere.
-Ti converebbe sempre tenere un pezzo con te, no?- le fece il verso, prendendo una coperta di pile ai piedi del divano rosso, in quel salotto illuminato dalla fioca luce del lampadario di vetro.
-Attenta a tenere per te un pizzico di realismo, bionda.- scherzò, per poi avvertirla di dover andare e le mandò un bacio, accompagnato da una sonora imprecazione per aver urtato il piede del letto con la gamba destra.
Chiuse la chiamata, premendo sul rosso e passò qualche attimo a dondolarsi, comprando parole per compagnia, magari appartenenti a canzoni, magari no.
Le intonò, trovava sconfortamte sentirsi abbandonata.
Alzò lo sguardo, lo svoltò fra le piante del giardino e s'accorse solo d'allora di un ragazzo dai capelli neri, uno sguardo ricco di odio ed una sigaretta tenuta tra le labbra.
A vederlo, una donna anzianotta, magari, avrebbe detto che altro non fosse che l'insanità calzata da un paio di vans.
Blake schiuse le labbra, lui inspirò e le regalò uno di quei suoi sorrisi misteriosi, altri avrebbero detto malati ed inquietanti.
Lei strinse i lembri di quella felpa, sentì il suo buon senso ordinarle di allontanarsi, ma aveva già capito che qualcosa non quadrasse e voleva sapere, necessitava.
-Ciao Lorenzo- gli sorrise, lui rise, percepiva la paura. Non gli aveva molto più rivolto la parola dopo quella sera, lei non dimenticava, un'ansia nel suo petto le fece promettere di scappare.
-Tu non credi in ciò che non vedi, ma credi nell'amore- lasciò cadere la sigaretta sul cemento della strada sulla quale affacciava il giardino desolato ed attraversato dall'aria invernale fredda.
Lei dischiuse, nuovamente, le labbra e strizzò gli occhi, avvicinandosi e chiedendosi cosa frullasse in quella testa.
La curiosità fotte le persone, é risaputo.
Lui schiacciò con la vans la miccia e giocò con l'accendino, passando il dito attraverso la fiamma che lui stesso accendeva.
-Hai creduto a Federico, pensavi fosse parte di te, che fossero stati i ricordi a riportartelo- riportò l'accendino nella tasca della felpa ed unì le mani in essa, voltandosi -ma sappiamo entrambi che un diavolo resta un diavolo e che chiunque necessita una motivazione per fare qualcosa.-
Prese un'altra sigaretta, tra i suoi atteggiamenti nevrotici, i suoi occhi avevano diverse sfumature di tristezza e rabbia, la pose fra le labbra e la spezzò coi denti e sputò il tabacco.
-So che vuoi saperne di più, piccola ingenua.- e lei lo seguì, stringendo il cellulare fra le dita e ripiegando il volto in dolore che sapeva sarebbe arrivata a provare -Risulti avere un debole per i cuori infranti, Blake.- finì per sussurrare.
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