Guaranteed to blow your mind
Dedicato a tripofobia
«Uccidiamo la Regina» disse a un certo punto, attirando ogni briciolo dell'attenzione di Remus.
Era il cinque aprile 1977, pochi giorni prima della Pasqua del sesto anno ad Hogwarts dei Malandrini e un giorno dopo la luna piena che aveva letteralmente spezzato in due il corpo e lo spirito del giovane lupo mannaro.
Il ragazzo dai riccioli castani rivolse un'occhiata di sbieco a Sirius, che si guardava attorno circospetto come se si fosse improvvisamente reso conto di aver proferito parole pericolose.
«Scusami?» domandò, come se quella parola avesse la capacità di far tornare il corvino sui suoi passi.
Padfoot voltò il capo nella sua direzione e parlò a bassa voce, come se non fossero soli in quella stanza ma ci fosse chissà quale spia nemica in ascolto.
«Non dico ucciderla ucciderla, solo introdurci nella sua bella cameretta reale e farci vedere lì» specificò, sottolineando le sue parole con un gesto circolare della mano.
Erano sdraiati entrambi sul letto di Remus, non perché il proprietario di questo lo volesse, ma perché il suo amico aveva giurato di non allontanarsi da lui nemmeno un istante.
Aveva persino tentato di portarsi il castano ridotto a uno straccio in bagno quando la natura l'aveva richiamato all'ordine, con scarso successo.
Il sole filtrava attraverso la finestra aperta ed andava a scalfire la pelle morbida del licantropo, solcata da alcune cicatrici sbiadite che a Sirius avrebbe fatto molto piacere accarezzare.
Lo fece, delicatamente, con un tocco leggero del pollice contro cui Remus di lasciò andare in un sospiro esausto e colpevole.
Lo aveva respinto con così tanta determinazione per settimane, tuttavia quel giorno era provato e Sirius era troppo vicino perché Moony potesse avere il potere di opporgli resistenza.
Si fidava del ragazzo dagli occhi grigi, avevano fissato delle regole e lui le aveva rispettate diligentemente, con qualche sporadica infrazione che Remus gli aveva misericordiosamente perdonato.
Il giovane Black deglutì a fatica, osservando ogni centimetro del volto del compagno di stanza, mentre si rilassava contro il suo tocco gentile e schiudeva le labbra, stanco.
Remus ha detto di no, si ripeté, mordendosi l'interno della guancia.
Non ne conosceva il motivo e non aveva mai osato chiederlo, perché qualsiasi fosse la ragione che aveva spinto il castano a prendere quella decisione non importava. Sirius l'avrebbe rispettata, anche se era forse la cosa che più gli faceva male in tutto l'universo.
Studiò le lunghe ciglia dorate che sfioravano le guance lentigginose del ragazzo, disegnò con gli occhi il contorno delle sue sopracciglia ed il profilo del suo naso.
Poi si soffermò di nuovo sulle labbra rosee del ragazzo, stringendo forte le proprie l'una contro l'altra.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di poter essere baciato da Remus un'altra volta, solo una misera volta, ma a quanto pare nulla sarebbe mai stato abbastanza.
Non era stato il ragazzo dagli occhi ambrati a baciarlo per primo, quella volta, ma Sirius avrebbe tanto voluto che fosse così.
Voleva potersi arrabbiare con Moony per aver fatto la prima mossa e poi aver ritrattato, invece poteva solo detestare se stesso perché l'unica debolezza che il castano si era concesso fu quella di sciogliersi per qualche secondo al contatto e rispondere al gesto per solo qualche istante.
«Perché vorresti fare una cosa del genere?» chiese il licantropo, aprendo piano gli occhi e parlando in un soffio di voce.
Era ancora troppo stanco per parlare normalmente e di sicuro essere coccolato dalla vicinanza del giovane Black inibiva molte delle sue capacità cognitive.
A Sirius piaceva guardare Remus negli occhi, così poteva vedere che sparse nelle iridi d'ambra del ragazzo vi erano delle irriverenti pagliuzze di un verde acceso, che sembravano sempre fuori posto.
Forse era perché la parte di Moony che si sentiva costantemente fuori posto era quella di cui il corvino si era innamorato per prima.
«Vuoi scherzare? È praticamente la cosa più punk-rock che si possa fare» si giustificò, facendogli un largo sorriso.
Remus aggrottò le sopracciglia castane e parve molto più irritato dalle sue parole di quanto Sirius si aspettasse, ma cambiò immediatamente espressione come se non volesse che il ragazzo accanto a lui ne comprendesse l'origine.
«Io dico che vuoi farlo perché Killer Queen è la tua canzone preferita» obiettò il licantropo, sollevando con una smorfia il braccio per schermarsi il viso dalla luce del sole.
L'animagus si alzò per dirigersi verso la finestra e tirare le tende, alzandosi in punta di piedi ed allungandosi verso l'alto.
Remus non poté impedire a se stesso di far scivolare lo sguardo su tutto il corpo di Sirius, perché era debole e il suo cervello non sembrava ragionare tanto bene quanto avrebbe dovuto.
Il ragazzo indossava una maglietta grigia larga che si sollevò notevolmente lasciando scoperta una considerevole porzione di pelle pallida che attraeva il castano in maniera inaccettabile.
Quando caddero sui pantaloni neri decisamente molto stretti e decisamente molto strappati, i suoi occhi cercarono disperatamente qualcosa di diverso su cui concentrarsi.
«È possibile, ma non ne avrai mai la conferma» replicò con il suo ghigno beffardo stampato sul volto, lasciandosi cadere seduto sul letto. «Allora? Andiamo?»
Remus emise un lungo lamento e si nascose dietro al palmo della propria mano. «Pads, è una pessima idea».
Il corvino intrecciò le dita con le sue e lo costrinse e togliere la mano, rivolgendogli quei pericolosi occhi grigi.
«Ti prego, Moony» lo supplicò il ragazzo, piegando la testa di lato. «So che non vedi l'ora di introdurti nelle stanze della Regina e poter dire una spettacolare frase ad effetto prima di sfuggire alle guardie».
«Non particolarmente, no, questo è più il sogno di James» ribatté con stanchezza. «In oltre questo vorrebbe dire scappare dalla scuola ed arrivare alla residenza della famiglia Reale, introdurci al suo interno senza che il Ministero della Magia lo scopra e tornare almeno due giorni prima della fine delle vacanze perché abbiamo un sacco di compiti da fare».
Sirius si chinò verso di lui ed inarcò le sopracciglia, allusivamente.
«Sai che non c'è nulla di più facile per noi che sgattaiolare fuori da Hogwarts, Moons, ed poi io ho già diciassette anni, non ho più la traccia addosso» gli fece notare, giocherellando con le dita del più alto. «In più sono sicuro che riuscirai a finire in tempo tutti i tuoi compiti».
Remus aggrottò nuovamente le sopracciglia, come se stesse direttamente rispondendo a quelle dell'altro.
«Tralasciando il fatto che anche tu devi fare i compiti» osservò, venendo sminuito da uno sbuffo del ragazzo. «Io cosa dovrei fare? Stare lì a guardarti mentre ti esibisci in tutti i tuoi begli incantesimi?»
Il corvino perve vacillare per un istante, per poi riprendersi subito.
«Hai compiuto diciassette anni a marzo, Remus» gli fece notare, ora visibilmente preoccupato. «Sei sicuro che questa luna piena non ti abbia recato qualche danno irreparabile?»
Il castano socchiuse stancamente le palpebre, cercando di ricordare quando ciò fosse avvenuto.
«È stata solo una svista, sono stanco» si difese. «Comunque non avrebbe nemmeno senso farlo, allora, basta materializzarci dentro le sue stanze ed è fatta. Non mi pare molto punk-rock».
L'altro parve infastidito dalla sua osservazione e si prese qualche istante per pensare.
«Infatti la sfida sarà questa, non usare le bacchette» ribatté, con entusiasmo. «Escogiteremo un piano perfetto con il quale riusciremo ad utilizzare solo roba comprata da Zonko. Ingannare i Babbani sarà facile, vedrai».
Remus era ancora più riluttante, anche se sarebbe bastato poco per estorcergli una risposta affermativa, in quelle condizioni.
Il respiro di Sirius, così vicino a lui, sapeva di zucca e lampone, che era il sapore delle due gomme da masticare che aveva tenuto in bocca fino a qualche minuto prima. Era un accostamento terribile in qualsiasi situazione, ma quelle erano pur sempre chewing-gum magici e sembrava il profumo più buono che il castano avesse mai sentito.
Non riusciva a concentrarsi su nulla in particolare che non fosse Sirius, non che di solito fosse in grado di farlo.
«Non funzionerà mai» borbottò.
Il corvino lo scrutò per qualche secondo e poi deglutì a fatica, facendogli presagire nulla di buono.
«Facciamo così» disse quindi, prendendo una pausa prima di proseguire. «Se non riusciremo ad introdurci nelle stanze della Regina senza che io usi la bacchetta, allora farò tutti i compiti senza lamentarmi».
Il giovane licantropo strinse le labbra per soppesare le parole del ragazzo.
Era una pessima idea, un'idea pericolosa, stupida e senza senso che però lo intrigava molto più di quanto avrebbe dovuto.
In più se Sirius stava proponendo una scommessa, era più che certo che avrebbe mantenuto la promessa fatta, come nel codice dei Malandrini. Era una regola non scritta che ognuno di loro rispettava rigorosamente.
Ma il castano conosceva molto bene l'animagus e sapeva che c'era di sicuro anche l'altra faccia della medaglia.
«E se invece ci riusciamo?» domandò.
L'altro ragazzo si inumidì le labbra ed esitò, cambiando completamente il significato del suo sguardo.
Non c'era più alcuna spavalderia, anche se la sfida era rimasta.
«Se ci riusciamo» rispose, a voce notevolmente più bassa. «Mi bacerai ancora».
Remus serrò le palpebre perché era una pessima, pessima idea. Aveva resistito per anni, aveva cercato di essere risoluto nel respingerlo anche negli ultimi mesi ed aveva fatto troppa fatica per poter mandare tutto all'aria così.
Non poteva permettersi di cedere a una simile tentazioni per molti motivi che si era ripetuto a non finire e che conosceva molto bene.
Sirius strinse la presa sulla sua mano, le cui dita erano ancora intrecciate con quelle del giovane Black.
«Solo una volta» aggiunse, con tono quasi supplice. «Ti prego, Rem».
Rem.
«D'accordo» acconsentì, senza riuscire a smettere di guardarlo e quindi senza riuscire a non vedere la speranza che si faceva strada sul suo volto. «Ma partiamo domani mattina, oggi voglio dormire tutto il giorno».
•
Il sei aprile, alle dieci e trentacinque del mattino, Remus era in grado di vedere la situazione sotto una nuova luce, bagliore che lui chiamava lume della ragione.
Il giorno prima, Sirius aveva fatto scorta di tutto ciò che avevano deciso servisse, anche se il piano era stato elaborato mentre il licantropo era ancora in uno stato di trance febbrile e molto di quello che l'altro si era procurato gli pareva inutile, alla luce del nuovo giorno.
Senza contare che, ora che aveva preso il suo caffé ed i postumi della luna piena l'avevano quasi abbandonato del tutto, si rendeva conto di quanto la decisione di dare corda al suo amico fosse stata stupida.
James e Peter erano andati a casa per le vacanze di Pasqua e Sirius, dato che da quell'estate era andato a vivere con i Potter, avrebbe dovuto seguirli, ma aveva deciso di rimanere a prendersi cura di Remus, che non era nelle condizioni di tornare dai suoi genitori.
I tre Malandrini sapevano che il giovane Black era pericoloso in quel periodo, in quanto aveva diversi problemi personali che continuava a non voler affrontare, tuttavia avevano deciso che se si fosse preso l'impegno di occuparsi di Moony, allora sarebbe stato tranquillo.
Evidentemente, non potevano che sbagliarsi anche su questo.
Il corvino si stiracchiò in modo estremamente composto, come se il sangue Black che gli scorreva nelle vene gli impedisse di atteggiarsi con scarsa eleganza.
«Rem» lo chiamò.
Rem.
Il respiro del ragazzo dai capelli castani si era fermato per un secondo, ma riuscì a riprendere rapidamente il controllo.
«Che c'è?»
«Non hai fatto colazione stamattina, devi mangiare qualcosa» lo rimproverò, come se improvvisamente lui fosse diventato il modello di responsabilità per eccellenza. «E con il tuo piccolo problema peloso di due giorni fa non credo tu sia nelle condizioni di saltare un pasto».
Remus alzò gli occhi al cielo, per nascondere l'imbarazzo nel sentire che il suo amico si preoccupava per lui.
Amico.
Si sentiva ridicolo, ad apostrofare il ragazzo in quel modo, ma era una di quelle piccole cose che continuava a fare per trattenersi, per ricordarsi che non poteva lasciarsi andare.
«Mi dispiace per il tuo buon cuore, ma la carrozza ristorante è chiusa» gli fece notare, stringendosi nel pullover cobalto.
Sirius allora gli rivolse un sorriso da lupo cattivo ed afferrò la borsa che teneva appoggiata ai suoi piedi, nonostante avessero l'intero scomparto per loro.
Frugò all'interno di questa ed estrasse non una, ma ben cinque tavolette di cioccolato ognuna diversa dall'altra.
Ridicolmente, il licantropo sentì la bocca aprirsi di poco, in contemplazione.
«Ho preso i tuoi gusti preferiti ma non pensavo avrei dovuto tentarti così presto» osservò, inclinando la testa di lato e lasciando che una ciocca di capelli scuri gli cadesse sul volto. «Allora, quale vuoi?»
Moony si schiarì la voce e distolse lo sguardo, riprendendosi rapidamente.
«Fondente» rispose, puntando gli occhi sul lato opposto dello scomparto, dove si trovava il sedile vuoto che avrebbe tanto voluto occupare.
Sirius annuì ad allargò il sorriso, scartando la tavoletta scelta e porgendogliela. «Capisco, nera e amara come la mia anima».
Al ragazzo dai riccioli castano miele scappò una risatina che sorprese il corvino, mentre però scuoteva la testa con energia.
«Mi hai fatto passare la voglia di cioccolata» mentì Remus, sotto lo sguardo indignato del ragazzo.
«Non ci provare, Moons, adesso tu ingerirai questi zuccheri, che ti piaccia o no» decretò.
Prima ancora che il giovane licantropo se ne potesse rendere conto, Padfoot gli era già addosso e tentava di infilare un quadratino di cioccolato tra le labbra serrate del castano.
Nonostante le proteste di quest'ultimo, l'animagus si sedette sulle sue gambe in modo da poterlo guardare dritto negli occhi, e con una mano gli bloccò i polsi accanto alla testa, puntandogli contro con fare minaccioso la tavoletta di materiale scuro.
Era un'azione decisamente non necessaria, per questo il licantropo poteva essere sicuro che il giovane Black lo stesse facendo apposta, era solo uno dei suoi tentativi di irritarlo a morte nella speranza di sedurlo e/o farsi Schiantare.
«Ho promesso che mi sarei preso cura di te, Rem» disse, fissandolo con gli occhi grigi che riflettevano vagamente il blu del suo pullover. «Ora, sii un bravo lupetto e fa quello che ti dico».
Remus si chiese se Sirius se ne accorgesse veramente di cosa stava facendo, di come stava parlando e di che effetto aveva tutto questo su di lui.
Percepì le proprie guance prendere fuoco e fece per replicare, ma non riusciva a trovare niente da dire.
A stento sentiva ciò che gli accadeva attorno, il cuore gli batteva talmente forte contro il petto che copriva anche il rumore del treno sulle rotaie.
Il corvino assunse un'espressione soddisfatta e gli infilò tra le labbra la tavoletta di cioccolato, prima di scendere dalle sue gambe e tornare alla sua posizione iniziale, accanto al finestrino.
«E non ti aspettare che smetta di preoccuparmi per te, se tu continui a trascurarti in questo modo» borbottò, appoggiandosi al proprio gomito e smettendo completamente di guardarlo, occupato ad osservare il paesaggio al di fuori del vagone.
Remus aspettò qualche secondo prima di permettersi di nuovo di respirare, per poi addentare con stizza la tavoletta che aveva tra le labbra e stringere ciò che rimaneva tra le dita.
Solo Godric sapeva quanto Sirius lo irritasse quando faceva così.
Solo Godric e magari lo stesso Sirius.
•
«Per-fet-to» sillabò il corvino, mentre appoggiava la borsa sull'erba meticolosamente tagliata.
Il suo sguardo scrutò rapidamente tutto ciò che poteva vedere di Green Park e una volta appurato che nessuno avrebbe trovato sospetto vedere due adolescenti seduti a scribacchiare su un quaderno, dato che presumeva fosse così che i babbani facevano i compiti, si rilassò sulla panchina.
«Farò io il primo turno di osservazione, mentre tu finisci di criticare il mio piano d'azione» lo avvisò, estraendo gli occhiali da sole dalla tasca ed infilandoli con un vago sdegno.
Remus lo guardò con un sopracciglio alzato, smettendo di mordicchiare la penna.
«Non sto criticando, è che così come l'hai buttato fuori all'inizio non avrebbe mai funzionato» osservò con pragmaticità, stringendosi nelle spalle.
Sirius sorrise, quasi troppo genuinamente per il suo stile, ed appoggiò il mento sul palmo della propria mano. «Ci stai mettendo un sacco d'impegno, Rem, potrei quasi pensare che tu voglia la mia vittoria».
C'erano diverse cose che lo irritavano di Remus e quel suo mordere la penna era una di queste. In casa Black, un comportamento come quello risultava non solo poco elegante, ma vergognoso.
Come l'abitudine del castano di non preoccuparsi di alcune apparenze. Scesi dal treno, infatti, il ragazzo aveva cominciato a scribacchiare ciò che avevano fino a quel momento concordato sulla carta della cioccolata. Anche i suoi vestiti, nella loro stanza, erano messi in ordine così approssimativamente da mandare il corvino fuori di testa.
Perché? Perché Remus era diligente e responsabile, ma quella sua noncuranza per i dettagli dava l'impressione che a lui non importasse nulla di quello che la gente pensava.
O almeno, questa era la visione che un'educazione Black aveva dato al ragazzo. E Sirius era così invidioso di quel modo di fare di Remus, perché era lui a comportarsi come se non volesse rendere conto di nulla a nessuno, eppure... Non ci riusciva.
Non riusciva a non pensare alle circostanze in cui era scappato di casa, a come sua madre lo aveva colpito con la mano ancora calda a causa dell'incantesimo del fuoco che aveva usato per togliere il suo nome dall'arazzo di famiglia.
Non riusciva a non pensare a suo fratello che, lasciato in quella casa da solo, stava venendo traviato grazie alle aspettative e dai desideri dei loro genitori. E la voce di corridoio secondo la quale Regulus fosse già deciso a unirsi ai Mangiamorte lo assillava da più di un mese.
Non riusciva a non pensare a quanto si fosse sentito diverso, giudicato da chiunque per tutta la sua vita per ogni singolo errore.
Non riusciva a non pensare a quanto si fosse odiato quando aveva scoperto di essersi innamorato di Remus, perché non è mai facile fingere di essere attratto da una ragazza che in confronto al tuo compagno di stanza è insignificante.
Non riusciva a non pensare a quanto si fosse odiato ancora di più quando aveva capito che non gli dispiaceva essere innamorato di Remus.
Perché Remus meritava qualsiasi cosa, per Remus valeva la pena andare direttamente all'inferno.
«Che tu vinca è l'ultima cosa che voglio» disse il castano, rivolgendogli gli occhi ambrati scheggiati di verde.
Ed era sincero, il bastardo, questo Sirius lo sapeva.
Grazie agli occhiali da sole non dovette preoccuparsi che il ragazzo vedesse il suo cuore spaccarsi un pochino di più, attraverso le iridi grigie.
Tirò ulteriormente il suo sorriso chinandosi per raggiungere la borsa che, incantata dal suo compagno di stanza, era diventata come un buco nero dentro al quale aveva messo tutto il necessario. Come, per esempio, la chitarra che ora stringeva tra le mani.
«Lo so, non ti preoccupare» disse, cominciando ad accordare lo strumento. «Per questo quando vincerò la soddisfazione sarà ancora più grande».
Sentì Remus sbuffare, ma ormai il suo sguardo era perso nelle lenti magiche di quegli occhiali, l'ultima innovazione di Zonko. Grazie a due occhi di vetro posizionati strategicamente vicino a Buckingham Palace, Sirius poteva vedere ciò che accadeva all'entrata di questo standosene seduto a suonare, come da piano.
Una volta accordata la chitarra, cominciò a strimpellare la prima canzone che gli venne in mente, mentre la mente ritornava involontariamente a quel giorno.
James era su di giri, la partita vinta quel pomeriggio che gonfiava il suo ego ancora di più del solito.
Il party segreto nella Sala Comune dei Grifondoro andava avanti già da un paio d'ore ed una Lily Evans leggermente brilla si era persino congratulata con il Capitano, suo nemico giurato.
Mary e Peter stavano pomiciando in un angolo, completamente andati, Frank Longbottom e il resto della squadra venivano lodati da dei Grifondoro entusiasti, mentre un'Alice Prewett decisamente inaffidabile controllava che tutti i presenti fossero almeno del quarto anno.
Sirius aveva promesso al suo migliore amico che avrebbe bevuto poco, giusto per essere cosciente quando il Capitano avrebbe fatto il discorso, ma ormai era troppo tardi.
Era colpa di Remus, comunque.
«Questo non è propriamente un comportamento da prefetto» lo aveva criticato il corvino con un ghigno, mentre versava a entrambi un bicchiere di whisky incendiario.
L'altro rise, con le guance arrossate, facendo perdere un battito al cuore di Sirius. «Stasera non sono un prefetto, Pads».
Sì guardarono negli occhi per qualche secondo e poi mandarono giù insieme il bicchiere, quasi in lacrime per il bruciore.
«Sai cosa ho voglia di fare?» disse Sirius. «Ho voglia di nascondere tutta la biancheria di James».
«E io ho proprio voglia di aiutarti» dichiarò Remus, porgendogli una mano ed aiutandolo ad alzarsi.
Si districarono attraverso la folla e qualcuno finì addosso a Sirius, costringendolo a fare un passo indietro e facendogli perdere momentaneamente Moony di vista.
La figura indistinta si scusò con il corvino, ma la sua voce gli giunse ovattata.
In preda a una vertigine si permette una mano fredda sulla fronte e strinse le palpebre, cercando di recuperare l'equilibrio e cancellare quell'improvviso senso di smarrimento.
Dove..., si chiese, stordito, Dov'è...?
Cercava un appoggio, qualcosa che gli impedisse di cadere, un salvagente che gli impedisse di affondare nella spirale della sua mente che, incoraggiata dall'alcool, gli stava già sussurrando tutto ciò a cui evitava di pensare.
Delle dita affusolate e dal tepore familiare si avvolsero attorno alle sue, inducendolo ad aprire gli occhi.
«Pads?» domandò, genuinamente incuriosito e preoccupato il ragazzo. «È tutto okay?»
Gli occhi di Remus, quegli specchi d'ambra scheggiati di verde erano incredibilmente vicino ai suoi, tanto che Sirius dovette trattenere il fiato.
Il volto di Remus in generale era incredibilmente vicino al suo.
«I-Io...» esitò, sentendo le sue guance avvampare e sperando che l'altro fosse troppo brillo per accorgersene. «Sì. Andiamo a frugare nelle mutande di James».
Il castano allora annuì e sorrise, prima di trascinarselo dietro senza lasciargli la mano.
Il cuore di Sirius batteva a mille mentre correvano su per le scale, diretti ai dormitori, e credette che fosse per l'effetto che Moony aveva su di lui che lo colpì un'altra vertigine.
Si appoggiò alla parete fredda accanto a lui e chiuse un momento gli occhi.
Sentì Remus che trasaliva e si avvicinava a lui, per poi prendergli il viso tra le mani facendogli spalancare gli occhi.
Il corvino fece aderire completamente la schiena alla parete e si immobilizzò sotto il tocco gentile delle dita del ragazzo, che lo osservava con sincera preoccupazione, nonostante il whisky e nonostante il resto.
«Sirius, tu non stai bene» constatò, mortificato, come se fosse colpa sua.
Come se avesse dovuto capirlo prima.
Il giovane Black allora percepì qualcosa di spezzato, dentro di sé, risuonare con un tintinnio, come quando si calpestano i frammenti di uno specchio.
«Lo so, Rem» ammise stancamente, con voce rotta.
E poi, aveva afferrato la nuca di Remus e l'aveva tirato giù.
Le loro labbra si scontrarono e Sirius sentì che le lacrime annidate nei suoi occhi si ritirarono, esattamente nello stesso momento in cui si concentrava sulla pressione delle morbide labbra di Moony contro le sue.
Fu una questione di un secondo e le mani del castano cercarono di attirarlo verso l'altro, mentre ricambiava il bacio, quasi abbandonandosi contro di lui.
Sirius schiuse la bocca e permise che Remus vi ci si insinuasse, facendogli percorrere la schiena da una scarica elettrica.
Remus... Remus sapeva di whisky incendiario, succo di zucca e qualcosa di più, qualcosa di sicuro e confortante.
Ma c'era anche qualcosa d'altro, qualcosa che sembrava attirare Sirius sempre di più, qualcosa che quasi bruciava.
E quel qualcosa di spezzato dentro al corvino non tintinnava più.
Il licantropo si staccò, sbattendo le palpebre e scuotendo la testa.
«Noi non... Io non posso» sussurrò, piano, facendo scivolare via le dita dal viso del ragazzo. «Non farmi questo».
Sirius sbatté a sua volta le palpebre, stordito.
«Rem-» tentò di chiamarlo, senza rendersi conto della profonda tristezza della propria voce.
Remus fece un passo indietro e strinse i pugni. «Non posso».
E se ne andò verso i dormitori quanto più velocemente possibile, salendo i gradini a due a due.
Il giovane Black si lasciò cadere seduto, tenendo la schiena premuta contro la parete fredda.
Sentì il volto bagnarsi e si sfiorò sorpreso una guancia, raccogliendo un rivolo di tristezza con le dita.
Ah, eccole le lacrime.
•
Non gli erano mai piaciuti i romanzi d'amore.
Remus osservò di sbieco il ragazzo dai capelli corvini mentre si stiracchiava nel suo giubbino di pelle, coricandosi sulla panchina come se avesse lavorato senza sosta per tutto il giorno.
Il sole stava già calando e i due ragazzi erano stati di guardia per tutto il pomeriggio, il corvino tenendo d'occhio le entrate e gli spostamenti delle guardie, mentre il castano aveva fatto un giro a chiedere quali fossero i turni di notte grazie all'aiuto del non ti scordar di me di Zonko, in modo da capire quale fosse il momento opportuno per introdursi a Buckingham Palace.
«Alle nove Charlie dovrebbe fare a cambio con Phillip, lasciando scoperta la postazione per dieci secondi» disse il ragazzo coricato, scrutando le pagine di appunti che l'altro aveva scritto. «Questo significa che potremmo andare a mangiare qualcosa e poi tornare senza nessun problema».
Moony stava per ribellarsi all'idea, ma il suo stomaco brontolò rumorosamente.
Padfoot gli fece un sorriso, togliendosi gli occhiali e squadrandolo da capo a piedi senza discrezione.
«Vedo che tutto il tuo corpo concorda con me» osservò piegando appena la testa di lato.
Remus gli sorrise e piegò la testa nel senso opposto.
«Già, quindi portami a mangiare qualcosa prima che decida di mordere te» replicò, ottenendo come immediata risposta il dargli improvvisamente le spalle dell'altro.
«Non mi dire, sono sempre stato Cappuccetto Rosso e non lo sapevo?» disse alzandosi e ricacciando la chitarra nella borsa.
I suoi movimenti erano fluidi e apparentemente rilassati come al solito, ma il più alto dei due vide che le punte delle sue orecchie erano scarlatte. Come se il suo compagno di stanza l'avesse percepito, spostò i capelli scuri in modo che le coprissero.
Il castano sospirò profondamente e raccolse le loro cose.
Non gli erano mai piaciuti i romanzi d'amore.
Non gli era mai piaciuto il loro essere tragici nei momenti sbagliati e approssimativi in quello che ciò veramente importava. E più diventava grande più detestava il lieto fine, perché sapeva di non poterlo avere.
Non si era innamorato di Sirius a prima vista, ma già dal loro primo incontro aveva sentito dentro di sé che ci sarebbe stato qualcosa di diverso in quel ragazzino dagli occhi d'argento.
Aveva da allora sviluppato i suoi sentimenti fino a che, la notte prima delle vacanze di Natale del terzo anno, i due non di erano abbracciati facendo sentire a Remus emozioni completamente nuove, che avevano pazientemente aspettato quel momento per manifestarsi.
Tornato a casa era spaventato e imbarazzato, si vergognava di sé in modo indescrivibile, per questo lo disse ai suoi genitori. In seguito alla loro reazione avrebbe capito se si dovesse sentire uno scherzo della natura più di quanto non lo fosse già, oppure no.
E suo padre aveva pianto nel vedere il figlio in quella situazione, questo lo confuse non poco. Fu sua madre a spiegargli, con tutta la fermezza e dolcezza di una madre, che non c'era nulla di male in questo ma che alcune persone dalla mente chiusa avrebbero potuto tentare di farlo sentire fuori posto.
Entrambi gli assicurarono che non lo era e non lo sarebbe mai stato, poi suo padre lo strinse a sé e disse solo: avrai una vita molto difficile, figlio mio.
Durante le vacanze decise che lo avrebbe detto a Sirius, non appena tornati a scuola. Era uno dei suoi migliori amici, sapeva che non l'avrebbe mai preso in giro per questo, e almeno avrebbe potuto mettere una pietra sopra a questi suoi sentimenti.
Il motivo per cui alla fine non aveva detto nulla, beh, è ovvio.
«Non so te, ma io ho voglia di una pizza» dichiarò il giovane Black, mentre si avviavano fuori dal parco. «È letteralmente l'unica cosa che gli elfi domestici di Hogwarts si rifiutano di fare».
«Io ucciderei per dei falafel in questo momento» confessò Remus sovrappensiero, accarezzandosi il mento con il pollice.
Sirius lo osservò di sbieco e sorrise, facendo una specie di saltello.
«Allora che falafel siano, tutto per il mio lupo cattivo» disse, infilando le mani nelle tasche della giacca. «Con questo mi guadagno un bacio extra, no?».
Il castano sentì un ringhio arrivare dai meandri del proprio corpo, ma quando il corvino se ne accorse si trovava già con il volto tra le sue mani.
Il giovane animagus sentiva le dita calde del ragazzo sulle proprie guance che lo costringevano a guardare leggermente verso l'alto, mentre il licantropo avvicinava il viso al suo e lo osservava come se fosse sul punto di morderlo.
«No» gli soffiò sulle labbra, prima di lasciarlo e continuare a camminare.
Sirius sbatté un paio di volte le palpebre e poi un forse sentimento di stizza prese il sopravvento.
«Perché?».
Non l'aveva ancora chiesto per rispetto di Remus e delle sue decisioni, ma la verità era che era sempre più difficile trattenersi dal farlo. Perché avrebbe dovuto trattenersi quando quel ragazzo era l'unica persona di cui fosse mai stato innamorato?
«Alla festa avevi risposto al bacio, ti ho sentito» affermò. «Quindi non provare a farmi credere che non lo vuoi perché non ci casco».
Un paio di persone che passavano li guardarono con sospetto ed il più alto lanciò loro un'occhiata infastidita che li fece allontanare.
Si avvicinò poi al suo compagno di stanza a grandi passi, parlando quasi a bassa voce.
«Vuoi sapere perché non voglio baciarti? Va bene» gli disse tra i denti, una volta che fu di nuovo a un passo da lui. «Perché non voglio permetterti di usarmi, Sirius».
Il corvino sbatté le palpebre allibito. «Come scusa?».
«Non ti darò corda solo perché stare con un ragazzo è una cosa punk-rock da fare e tu vuoi sentirti speciale, perché vuoi andare contro quello che tutti si aspettano da te sperando di ottenere qualcosa» ringhiò. «E non sarò nemmeno una scusa per non affrontare i tuoi problemi, perché lo so che preferisci pensare a questo piuttosto che al fatto che tuo fratello si sta buttando tra le braccia dei Mangiamorte».
E questo era quanto.
Tornato dalle vacanze di Natale del terzo anno, Sirius era più ribelle che mai. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di andare contro l'ordinario, pur di stupire con effetti speciali chiunque gli stava intorno.
E Remus aveva avuto paura. Aveva avuto paura che se si fosse esposto, allora il ragazzino l'avrebbe usato come ennesimo mezzo per diventare visibile, per rompere gli schemi.
Anche in quel momento, sul marciapiede in cui si stavano affrontando, il castano aveva paura.
Solo che stavolta temeva di avere quella conferma che per anni aveva cercato di non ottenere, la conferma che per Sirius lui non significasse tutto questo che.
Gli arrivò uno spintone, forte, ma non troppo. Fu abbastanza da farlo barcollare all'indietro e vedere gli occhi del suo amico che parevano uno specchio rotto, inumiditi da lacrime che però non accennavano a voler scorrere.
«Sei un idiota» sbottò, con una smorfia di dolore sul volto. «Quanto male puoi pensare di me per dire una cosa del genere?».
Sirius lo spinse di nuovo, più forte, attirando l'attenzione di alcuni passanti. Remus allora gli afferrò il polso per fermarlo e vide che in quegli occhi grigi c'erano sempre più crepe.
«Ho visto quello che hai fatto a tutte le ragazze con cui sei uscito, Pads, ricordi? Ci hai giocato fino a che non ne sei stato annoiato e poi le hai gettate via» gli rammentò.
Gli lasciò andare il polso e chinò il capo, desiderando solo di potersi mordere la lingua e non dire quello che stava pensando, ma le parole uscirono dalla sua bocca senza chiedere il permesso.
«Sono innamorato di te dal terzo anno, avevo paura di perderti. Avevo paura di te».
Sirius non disse niente per qualche secondo, esaminando il ragazzo che gli stava davanti.
Le soffici onde castane erano scompigliate come al solito e sembrava che si stesse facendo piccolo, stringendosi nella sua giacca in jeans. Le schegge verdi nelle sue iridi d'ambra parevano più evidenti che mai ed il modo in cui quegli occhi lo stavano guardando non faceva tintinnare nemmeno un po' i vetri rotti che aveva dentro.
«Non ti avrei usato per essere più visibile».
«Questo non puoi saperlo».
«E non ti avrei usato per evitare i miei problemi».
Remus fece un sorriso malinconico e gli parlò con voce rotta.
«Oh ma, Sirius,» rispose con una certa rassegnazione, «è quello che stai facendo».
Il corvino non sapeva come replicare, non era mai stato troppo bravo con le parole quando si trattava dei suoi sentimenti.
Così strinse i pugni e gli diede le spalle, quasi tremando.
«Ci vado ora» disse.
«Cosa?» chiese l'altro, sperando di aver capito male.
«Ci vado ora, Rem» affermò, senza guardarlo. «E avrò quel bacio».
•
Il sette aprile, all'una e venti del mattino, Sirius era coricato sul suo letto e guardava verso l'alto con sguardo vuoto. Era stato il primo dei due a farsi la doccia una volta tornati, nel tentativo di evitare il confronto con il compagno di stanza, e ci era riuscito.
Tutti e quattro avevano tolto il baldacchino sopra i loro letti con un incantesimo, ma ora il ragazzo rimpiangeva la stoffa cremisi che gli avrebbe impedito di osservare il triste soffitto di legno e pietra.
Non sapeva spiegarsi cosa significasse quello che era successo a Londra ed il rumore dell'acqua corrente che si era fermata gli fece intuire di non avere molto tempo prima che Remus si ritrovasse nella sua stessa stanza.
Era sempre stato detto loro che era il Primo Ministro a sapere del mondo magico e a regolare le comunicazioni con esso, ma a quanto pare anche la famiglia reale era ben preparata perché non appena avevano messo piede nella stanza della Regina era suonato l'allarme. In un istante gli strumenti comprati da Zonko che erano rimasti e la borsa incantata erano stati attirati al soffitto, così Sirius stava per mettere mano alla bacchetta quando il castano gli aveva preso la mano bloccandolo e l'aveva fatto saltare dalla finestra.
Una volta in volo era stato proprio il più alto dei due a farli Materializzare a Hogsmeade.
Il giovane Black sapeva che se avesse tentato un incantesimo in quella stanza anche la sua bacchetta sarebbe stata attirata al soffitto e con quella sarebbe stato uno scherzo per il Ministero risalire a lui.
Si coprì la faccia con le mani e fece una smorfia. Era stato un idiota.
E non solo in quell'occasione, dalle parole di Remus aveva capito di essersi comportato da idiota per anni.
Al pensiero del licantropo, lo stesso Moony uscì dal bagno completamente vestito ma con i capelli ancora bagnati.
I due si guardarono in silenzio per qualche momento e poi Sirius parlò. «È vero, sto evitando di affrontare i miei problemi».
Il castano annuì e si sedette stancamente sul proprio letto, a gambe incrociate.
«Lo so» disse, piano.
Il corvino si drizzò a sedere e si voltò in modo da poterlo guardare dritto negli occhi.
«Ma ciò non significhi che stia usando te per non farlo!» esclamò, sentendosi la gola improvvisamente secca. «È solo che...».
Remus lo osservò cercando di rimanere obbiettivo e di non farsi distrarre dalle sue emozioni, ma non poteva non vedere chiaramente che c'era qualcosa di spezzato in lui.
Questa non era una giustificazione, Sirius non era di certo l'unico ad avere dei problemi difficili da affrontare e lo sapevano tutti e due, tuttavia...
Il giovane licantropo sapeva che avrebbe dovuto accorgersi prima della profonda tristezza del ragazzo che ora gli stava davanti. Avrebbe dovuto aiutarlo ad affrontarla, invece di preoccuparsi solo di respingerlo.
«È che è colpa mia, Rem» ammise finalmente. «È colpa mia se Regulus ora è solo in quella casa, se gli stanno facendo prendere tutte le scelte sbagliate e se non ha la forza di pensare per sé stesso. L'ho abbandonato».
Il castano storse un angolo della bocca disapprovando quelle parole. «Questo non è vero».
«Quando sono scappato di casa avrei potuto farlo venire con me, avrei potuto salvarlo da loro» ribatté il ragazzo dagli occhi grigi.
«Hai fatto un errore, Sirius, succede agli esseri umani. Non devi essere perfetto, anche se so che lo pensi» lo interruppe. «Ho visto quanto hai provato ad avvicinarlo, negli ultimi mesi, hai tentato di rimediare. E non ci sei riuscito, ma questo non significa che tutte le scelte sbagliate di Regulus sono fatte a causa tua».
Il corvino fece dondolare appena il capo, come se non ci credesse molto ma si stesse davvero impegnando a farlo, e lo guardò con tutta la mortificazione e la fierezza che i suoi occhi potessero comunicare contemporaneamente.
«Non ti avrei mai usato, non ti sto usando e non ti userei mai» affermò allungando le mani per prendere quelle dell'altro. «E anche averti dato quest'impressione è stata colpa mia».
Moony inspirò profondamente e chiuse gli occhi per qualche istante, meditando sulle sue parole.
«Sì, questa è colpa tua» concordò.
Il più basso dei due aggrottò le sopracciglia offeso.
«Questa dovrebbe essere la parte in cui tu mi rassicuri e affermi che nemmeno questa è stata colpa mia» osservò.
«Lo farei se fosse vero, ma stavolta non hai scusanti» replicò il ragazzo dagli occhi ambrati.
«Sei tu che sei stato un codardo e non hai voluto confessarmi i tuoi sentimenti!» sibilò Sirius.
«E tu sei quello che mi ha dato tutte le ragioni per comportarmi in questo modo!» gli ringhiò Remus.
Ma quando abbassarono lo sguardo videro che si stavano ancora tenendo per mano ed arrossirono violentemente. Sapevano entrambi che quella discussione stava diventando ridicola, però si trattava di emozioni che andavano chiarite e nessuno dei due sapeva quale fosse l'approccio corretto per farlo.
Rimasero in silenzio per un po', accarezzandosi le mani a vicenda con le dita, senza avere idea di come affrontare quello che stavano provando.
Fu Remus a spezzare il silenzio.
«Devo baciarti».
Sirius ebbe il primo infarto della sua vita.
Spalancò gli occhi e lo fissò temendo di aver avuto un'allucinazione, mentre il cuore gli batteva troppo velocemente nel petto e sentiva che tutto il suo corpo diventava incandescente.
«Ma ci siamo Smaterializzati» mormorò appena.
Il castano strinse le labbra e scosse la testa.
«No, io ci ho Smaterializzati. L'accordo era che tu non potessi fare incantesimi» gli fece notare, osservando con un leggero compiacimento la sua reazione.
Il corvino sorrise sempre di più, osservando il volto assurdamente sincero del ragazzo davanti a lui.
«L'hai fatto apposta» realizzò, incredulo.
Il licantropo annuì colpevole.
«Sì» confessò, con una voce sorprendentemente morbida. «Perché in realtà anche io voglio baciarti».
Il giovane Black stava avendo significative difficoltà a controllare la sua respirazione, così chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
Andava tutto bene.
Anzi, andava più che bene.
Era forse il momento più bello della sua stupida vita adolescenziale e lui stava per essere baciato dal ragazzo di cui era stato innamorato per anni.
A questo proposito.
«Prima ti devo dire delle cose» fece, riaprendo gli occhi e affrontando il suo sguardo. «Sono innamorato di te dal secondo anno. So che non era una gara, ovviamente, ma se lo fosse stata, avrei vinto perché sono stato io a innamorarmi per primo. Vedi che continuo a vincere? Stai per baciare un vincente».
Remus separò le loro mani solo per coprirsi la faccia mentre rideva e Sirius non se la prese.
«Poi è importante che tu sappia che ogni ragazza con cui sono uscito è stata scelta solo perché aveva qualcosa in comune con te» continuò, con le mani libere pronte a gesticolare. «Per esempio tu e Marlene McKinnon avete degli occhi simili, ma i tuoi sono molto più belli, davvero, sono ossessionato dai tuoi occhi».
Il castano gli rivolse un sorriso sincero mentre le tanto amate iridi ambrate sembravano brillare. «Ne sono lusingato».
«E infine devi sapere che sono stato io a far esplodere il tuo libro di pozioni al quarto anno, non James» concluse. «Gli ho solo dato la colpa perché sapevo che nemmeno lui sarebbe stato sicuro di non averlo fatto».
Il sorriso di Moony scomparve dal suo volto. «Tu cosa?».
«So che stai per arrabbiarti ma un patto è un patto, ora devi baciarmi, Rem» disse. «H-».
Al Rem, il ragazzo dal corpo coperto di cicatrici si era già allungato verso di lui e senza alcuna gentilezza aveva fatto collidere le loro labbra.
Sirius allacciò le braccia attorno al suo collo e ricambiò il contatto, più felice di quanto non fosse stato da veramente tanto tempo.
E anche Remus pensava di star per sollevarsi da terra da tanto che la testa gli sembrava leggera, sfiorando il viso di Padfoot con le dita di una mano e aggrappandosi al suo fianco con l'altra.
E fu solo uno della lunga serie di baci che li accompagnarono quella notte, in cui si sentirono incredibilmente vicini nel piccolo mondo che era la loro stanza, fino a quando il sole non sorse ed entrambi crollarono per la stanchezza.
Il giorno seguente, tuttavia, Remus si prese la responsabilità di costringere Sirius a fare i compiti.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro