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3.

Stiles' pov.

Rimasi per qualche attimo a fissare quegli occhi verdi così intensi da farci affogare dentro chiunque li fissasse.
Fui riportato alla realtà da un movimento brusco fatto dalla guardia per intimare al ragazzo dagli occhi verdi di non fermarsi e di proseguire verso l'uscita.
-Stiles. Suo padre è dentro.- disse l'uomo facendo allontanare da me il ragazzo che tentava invano ti ribellarsi per poi tornare più volte a fissarmi.
Annuii inconsciamente.
-Chi è lu...- fui interrotto dalla risposta prima ancora di poter formulare completamente la domanda.
- Non sono cazzi tuoi.- disse freddamente tornando a far coincidere i nostri sguardi più volte.
Nonostante tentasse di apparire totalmente distaccato lo notai fissarsi le labbra più e più volte in pochi secondi.
Mi fissò un ultima volta sollevando leggermente il mento, come per studiare, per poi essere spinto violentemente fuori dalla porta a vetri della centrale.
Rimasi qualche secondo a fissare il punto in cui il ragazzo era scomparso ripensando alla sua gelida risposta.
Non mi faceva star male, insomma non lo conoscevo nemmeno.
Era solo una sensazione di disagio e tristezza che passò non appena sentii la voce di mio padre da dietro la porta.
-Stiles!- sentii chiamarmi con un tono di voce decisamente troppo alto.
-Hey pa...eccomi non c'è bisogno che ti senta tutta la stazione- dissi buttando lo zaino su una sedia.
-Ti ho chiamato tre volte e non mi hai risposto. A che cazzo pensavi?- mi guardò con un sorriso beffeggiante in faccia.
-Nulla di importante. Dicevi?- alzai gli occhi posandoli freddamente sul suo viso.
Non sopportavo quando mi prendeva in giro ironicamente, era uno stronzo.
E ci si divertiva.
Decisi di non girare il dito nella piaga e di fare finta di niente.
- Allora come è andato il primo giorno di liceo? Conosciuto qualche bella ragazza?- disse nuovamente prendendomi per il culo.
-No. Solo un amico.- strinsi i denti per non dare a vedere il fastidio che mi provocavano le sue domande e mi sedetti iniziando a sfogliare una rivista.
-Tu. Un amico. Non prendermi per scemo Stiles dimmi la verità, non hai parlato con nessuno come al solito eh?- mi guardo questa volta seriamente. Odiavo il suo sguardo serio, era ancora più fastidioso del suo ghigno ironico.
-No. Sono stato con lui dopo pranzo, si chiama Scott Mc Call ed è una brava persona.-risposi scocciato lanciando la rivista sul tavolo per poi alzarmi rimettendo lo zaino e tirandomi il cappuccio della felpa sulla testa.
-Dove stai andando? - sentii alle mie spalle la voce di mio padre.
-A casa.-dissi semplicemente senza nemmeno girarmi. In quel momento non volevo proprio avere alcun contatto con lui. Ero arrabbiato? Triste? Non lo sapevo ero solo stufo di stare in quella stanza.
-Hey man...scusami lo sai che ti voglio bene si?- disse avvicinandosi tirandomi una pacca sulla spalla, in quel momento sospirai. Era tornato in modalità paterna-protettiva e non si poteva odiarlo quando lo faceva.
- Sì, papà. - dissi quando mi strinse la mano sulla spalla, mi lasciò andare solo dopo aver sentito quelle parole.
Camminai con le cuffiette nelle orecchie e la testa china intenta a guardare il marciapiede che scorreva sotto i miei piedi.
Per arrivare a casa avrei dovuto percorrere all'incirca un chilometro.
Stavo canticchiando a mente le parole della canzone che fuoriusciva dalle cuffiette quando per un attimo mi passarono nella mente quei due profondi occhi verdi. Mi bloccai in mezzo al marciapiede e mi guardai intorno. Mi sentivo uno sguardo puntato addosso.
Dopo aver controllato bene in tutte le direzioni mi convinsi di essere solo e allungai il passo arrivando al portico di casa mia.

Derek's pov.

Quel profumo mi investì in pieno e per qualche secondo mi tolse il fiato.
Rimasi intrappolato in due occhi color nocciola per diversi attimi. Erano due enormi calamite. Provavo una sensazione strana come se dentro quegli occhi potessi in qualche modo perdermici. Il ragazzo davanti a me rimase in silenzio ed io feci lo stesso troppo occupato a catturare ogni singolo particolare del suo viso.
Notai con mio grande stupore e rabbia che il mio sguardo continuava a cadere sulle sue labbra di schiude, faticavo a posarlo da qualsiasi altra parte. Più cercavo di cambiare direzione dello sguardo più quest'ultimo ricadeva nella parte inferiore del suo viso. Non riuscivo a staccarmi, e questo creava in me un misto tra rabbia,paura e stupore.
Quando sentii la sua voce chiedere informazioni su di me all'agente che mi stava scortando fuori mi irrigidii e l'incazzatura venne fuori tutta d'un tratto. Le vene mi si chiusero e la mia voce uscì tagliente.
-Non sono cazzi tuoi.- quella frase mi smosso qualcosa dentro, e rimasi per qualche attimo a osservare il ragazzo metabolizzare la mia risposta.
Ero rimasto col fiato spezzato come se quelle parole mi fossero costate un polmone. Alzai il mento come facevo di solito cercando di ricomporre per evitare che potesse vedere cosa stessi pensando.
Proprio quando pensavo che avrei ceduto la guardi mi strattonò lontano portandomi alla porta a vetri girevole, facendomi uscire.
Mi ci volle qualche secondo per riabituarmi alla realtà. Sentivo i suoni ovattati e non riuscivo a focalizzare l'attenzione su una cosa che fosse diversa dal suo profumo. Lo sentivo ancora nella mia testa, talmente vivo che pensai di averlo accanto. Mi girai controllando che non ci fosse quando sentii l'agente ordinarmi di andarmene al diavolo.
Lo guardai torvo e mi sistema il giacchetto di pelle nera per poi voltarmi e camminare fino a sparire dalla sua vista.
Arrivato a un bivio attesi qualche secondo ripensando a ciò che fosse appena successo.
Quel ragazzo mi aveva visto alla centrale, era il figlio dello sceriffo, forse sapeva del bosco... strinsi i pugni voltandomi indietro come se fosse potuto servire a qualcosa.
Sospirai cercando di ingoiare la rabbia e continuai a camminare senza più voltarmi finché, arrivato a casa, mi stesi sul divano iniziando a vedere una serie TV con Djug accoccolato ai miei piedi e mi addormentai pensando a quegli occhi castani fissi sui miei.

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