20.
Stiles'pov.
Me ne stavo con il viso schiacciato contro il cuscino mentre controllavo WhatsApp, i messaggi o eventuali e-mail sperando di trovarne alcune mandate da lui.
Niente.
Erano esattamente 14 giorni che non vedevo ne sentivo Derek, scomparso.
Mi sedetti sulle coperte per poi lanciare il cellulare lontano e vederlo affondare nella cesta dei panni sporchi. Emisi un sonoro sbuffo e mi alzai sfilandomi la maglietta e avvicinandomi allo specchio.
La figura li riflessa era esile e pallida, gli addominali e i muscoli del petto si delineavano perfettamente a causa della mia magrezza eccessiva.
Entrai in bagno e chiusi la porta.
Mi diressi al lavandino e aprii l'acqua lasciandola scorrere, dopodiché mi sciacquai viso e petto.
I capelli bagnati ricadevano sulla fronte e sulle spalle annebbiandomi la vista.
Li avevo lasciati crescere incolti, cosi come la barbetta che mi punteggiava zigomi e mento. Da quando era andato via avevo smesso di curare me stesso, passavo invece la maggior parte del tempo ad ascoltare canzoni deprimenti e a guardare film come "Noi siamo infinito", e anche con quelli non riuscivo a sfogare la rabbia e la tristezza represse.
Non volevo credere che mi avesse lasciato per una lite banale come quella che era avvenuta, non potevo.
Mi ero innamorato di lui in quel poco tempo trascorso insieme, e secondo legge morale non puoi fare innamorare di te una persona e poi scaricarla di punto in bianco.
Non è giusto.
Mi asciugai addosso e tornai in camera a prendere una nuova maglietta, una semplice maglia rossa con un triangolino bianco sul petto.
Ignoravo il nome della marca.
Presi nuovamente l'asciugamano e mi strofinai i lunghi capelli rendendoli crespi e impossibili da pettinare.
Rinunciai subito a sistemarli e ci misi solo un po di gell per tenerli fermi, dopodiché infila la solita felpa scura appartenuta a Derek e scesi le scale.
Arrivato al pian terreno mio padre mi accolse come al solito: con un gran sorriso, un cappuccino e il sacchetto per il pranzo.
Lo salutai amichevolmente, presi ciò che mi aveva porto e, dopo essermi calcato il cappello nero di lana sulla fronte, uscii in silenzio.
Camminai fino alla fermata.
Faceva caldo, ma non tolsi nulla di dosso. Non mi importava.
La prima ora di lezione passò lenta e come al solito cercai di essere "normale". Évitai qualsiasi atteggiamento scostante o furastico tentando disperatamente di convincere Scott e Allison a non fare domande.
Non ero pronto a rispondere.
O almeno non sapevo nemmeno io che risposte dargli.
Passai il resto della giornata a scaraboccgiare con una matita su un foglio. Sapevo disegnare. O almeno questa era l'opinione di molti che mi conoscevano.
Decisi che mi sarei fatto un tatuaggio anche se non sapevo ancora quale.
Tornando a casa dopo la fine delle lezioni non resistetti a fare una deviazione sul percorso abituale.
Imboccai un viale alberato e lo percorsi fino alla fine, all'inizio del bosco.
Stava ancora lì, quella veranda spoglia. Mi feci coraggio ed avanzai avvicinandomi a piccoli passi.
Mi fermai davanti all'entrata del giardino, qualcosa non quadrava c'era troppo silenzio.
Arrivai davanti la porta ed abbassai lo sguardo sullo zerbino, quello che una volta mi aveva fatto sorridere per la sua banalità adesso mi metteva i brividi.
Bussai, nessuna risposta.
Indietreggiai di qualche passo è vidi che tutte le finestre erano state coperte da assi di legno.
Sentii un guaito, mi girai.
Djug era nel giardino affianco e mi guardava scodinzolante.
Perché era lì?
Una signora uscì in quel momento da una casa li vicino e lo chiamò con un fischio, il cane tornò da lei.
Tutto ciò non aveva alcun senso, perché la casa era ridotta in quel modo? Perché aveva lasciato Djug?
Scavalcai il recinto e mi avviai verso la casa della signora, bussai e aspettai che mi venne ad aprire.
Mi accolse con un sorriso.
-Salve giovanotto, posso fare qualcosa per te?-
-Buongiorno. Si...ecco...lei-lei... da quanto ha quel cane?-
Sì voltò osservando l'animale e poi riprese a guardarmi.
-Più o meno due settimane, si. Derek me lo ha affidato quando si è trasferito a Londra.-
Rimasi immobile è incredulo, con la bocca spalancata e gli occhi che per poco non fuoriuscivano dalle orbite.
-Derek ha fatto cosa?-
Derek's pov.
Dopo la passeggiata ed il bar dissi a Joel di dover rincasare, il giorno dopo iniziavo i corsi alla nuova scuola e dovevo ancora studiare qualcosa per mettermi in pari col programma.
Lui sorrise e prima di salutarmi prese un pezzetto di carta e ci appuntò su il suo numero, poi lo piegò e me lo infilò in tasca.
Sorrisi.
Fortunatamente casa mia distava solo una decina di minuti dal parco. Abitavo in una traverso di Oxford Street, in un appartamento di circa 130 metri quadri assieme a Peter e la Bionda.
Già.
Vivevo con loro.
Purtroppo non potevo permettermi una casa autonoma lontana da quei due.
Entrai in casa dopo aver passato il piccolo cortile interno e, salutando appena, mi diressi in camera mia.
Quest'ultima non era molto grande, ma ci avevo costruito un soppalco il che...beh la rendeva un po più spaziosa.
Mi sedetti alla scrivania e aprii il portatile. Avevo due mail.
Aprii la prima, il dirigente scolastico aveva inviato la lista del materiale e la tabella degli orari delle lezioni.
Cliccai sulla seconda: pubblicità.
Richiusi il portatile e mi andai a sdraiare sul letto, presi il telefono e salva il numero di Joel in rubrica.
*nuovo contatto aggiunto: ragazzofrisbee*
Decisi che non avevo niente da fare così aprii l'icona dei messai e iniziai digitare sulla tastiera.
Derek: hey ragazzofrisbee Buon pomeriggio :)
Premetti invio e bloccai lo schermo aspettando una risposta.
Dopo pochi minuti il telefono vibrò, segno che era arrivato un messaggio. Lo presi e me lo portai accanto accanto viso e lessi la risposta.
Ragazzofrisbee: Hey Belfusto!
Non ci hai messo poi così
tanto.
Derek: a fare cosa scusa?
Ragazzofrisbee: a scrivermi scemo♡
Derek: hahaha no infatti
Ragazzofrisbee: sei libero stasera?
Sorrisi leggendo l'ultimo messaggio è risposi con un "si", mi invitò a un pub.
Disse che ci sarebbero stati anche altri suoi amici.
Non so bene per quale ragione ma mi sentii in colpa di aver accettato.
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Erano le 19.30 e avevo appena finito di studiare. Mi stracchiai sulla sedia e mi alzai andando in bagno.
Sciacquai gli occhi e il collo per riprendermi, dopodiché tornai in stanza per prendere i vestiti dall'armadio.
Non sapevo cosa mettere.
Dopo qualche minuto optai per un jeans scuro e una camicia azzurrina semplice.
Mi feci una doccia veloce e mi vestii, pettinai con cura i capelli all'indietro e mi guardai allo specchio.
Non sembravo io.
La brba mi era cresciuta e così anche i capelli che ora mi arrivavano agli zigomi. Dovevo tagliarli, ci sarei andato dal barbiere prima o poi.
Alle 21.00 ero pronto, me ne stavo seduto sul divano a guardare un programma quando sentii suonare il citofono, risposi e scesi.
Aprii il portone e mi trovai davanti un Joel modello. Portava dei pantaloni di velluto neri e una polo viola scuro, un paio di occhiali da vista dalla montatura nera e circolare sul naso e i capelli biondi disordinatamente disposti sulla fronte.
-Wow-
Disse lui appena mi vide per poi accompagnare la mia avanzata con un fischio. Gli diedi un pugno sulla spalla.
-Smettila-
-Hey guarda che se ti vesti così è una reazione normale la mia!-
Cercò di giustificarsi entrando in macchina. Si mi era passato a prendere lui, qui il senso di marcia è invertito. Anzi qui quasi tutto è al contrario!
Buon salve persone❤
Scusate l'attesa spero che questo capitolo sia soddisfacente😊
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