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Capitolo Ventinove


<<Io lo odio>>. Urlo, con tutta la rabbia che ho in corpo e gettando violentemente i documenti sul tavolo d'acciaio.

<<Calmati>>. Mi dice, sospirando.

<<Calmarmi? Quell'avvocato sostiene che Natalie sia una persona malata di mente. Vuole metterla nelle mani di uno psicologo e suo marito non fa nulla... niente, per cercare la verità. Come può una persona che ti ama, che ti ha sposato, che ha avuto un figlio da te... pensare tutto questo senza un briciolo di dubbio?>>. Mi volto di scatto parlandogli direttamente in faccia.

<<Lo so Katherine, ne ho viste tante ma non posso dargli torto. Se Natalie fosse seguita da uno psicologo, potrebbe cercare di aprirsi e quindi dare anche la possibilità di togliere ogni dubbio sul fatto che possa avere problemi psichiatrici>>. Spiega il detective con calma.

<<Henry, secondo te quanto reggerebbe Natalie? Con noi, con me, sembra sempre sul filo del rasoio. Credi che uno strizza cervelli non le farebbe pressione? Io sono sicura che questa sia la strada sbagliata e finché non saremo in tribunale e sarà un giudice a dirmelo, io non permetterò mai che accada>>. Gli punto il dito contro mentre fiammeggio di rabbia.

"Sono devastata da questa specie di gara tra avvocati. Sono entrata quattro ore fa a Scotland Yard con tutte le buone intenzioni di trovare una situazione pacifica tra le due parti e permettere che ci sia una situazione alla pari prima di tutto per i clienti, la famiglia Brown, e poi per noi avvocati ma quell'uomo senza scrupoli non ne ha voluto sapere. Siamo stati rinchiusi lì dentro per ore a cercare un accordo ma non c'è stato nulla che abbia smosso l'avvocato del signor Brown. Quell'uomo non ha la minima intenzione di provare a giustificare il comportamento di sua moglie e soprattutto di sapere se realmente è stata lei a uccidere suo figlio".

"È accecato dalla rabbia e dal dolore ma anche dal modo in cui quest'avvocato sa farfugliare incomprensibilmente la sua versione dei fatti. Ha detto di avere intenzione di chiedere anche un risarcimento di cinquecentomila sterline per il signor Brown somma che, in qualsiasi caso, Natalie non potrebbe ripagare mai, oltre all'ergastolo come pena".

"Ho replicato in ogni modo possibile e incentrandomi soprattutto sulla questione delle prove. Lui non ha niente e soprattutto due frottole non sono abbastanza in tribunale da accusare una donna di omicidio. So' che la posizione di Natalie e il suo non riuscire a parlare o raccontare niente, influiranno su ogni decisione ma io ce la metterò tutta per darle una possibilità e la giustizia che merita; lei non è colpevole e con le prove di quell'omicidio omonimo delle tre donne, potrò sicuramente avere la chance di ampliare il caso, anche se questo è un grande rischio per la mia neo-carriera e una responsabilità che una volta accettata non potrà farmi tornare indietro".

"O sei dentro o sei fuori".

<<Ce la farai. I documenti sul caso delle tre donne sono molto interessanti, potranno giocare a tuo favore e se pensiamo anche in grande, potresti chiudere due casi giuridici in una sola volta>>. Dice, sistemandosi accanto alla scrivania e incrociando le braccia.

<<Oppure farmi licenziare>>. Rispondo con un filo d'ironia.

<<Anche>>. Si beffa di me, facendo un mezzo sorriso.

<<Ce la farai Kate, non c'è niente che possa ostacolare le tue prove; devi solo tenere duro e soprattutto non avere paura di ciò che possano dire contro Natalie>>. Mi sorride mestamente, cercando di incoraggiarmi.

"Sospiro, passando le dita tra i capelli e cercando di riassestare al meglio i miei pensieri. È una situazione complessa e avere la certezza che dall'altra parte nessuno vuole aiutare la signora Brown, neanche suo marito, cambia alcune carte in tavola".

"Dovrò essere capace di accusare anche lui, solo per allungare le sedute in tribunale e cercare di scovare in una maniera o nell'altra, chi abbia commesso quest'orribile omicidio".

"Anche se so' che non potrò trovare facilmente questo vampiro e soprattutto che non potrò accusarlo".

<<Non ho paura Henry, non ne avrò mai per la giustizia>>. Gli rispondo mentre la mia voce si tinge di audacia.

<<Lo so Katherine, tu sei diversa>>. Sussurra mentre i suoi profondi occhi azzurri s'incontrano con il mio sguardo.

"Mi allontano, come se avessi la percezione che in questo momento le sue parole nascondino qualcosa di più. Mi concentro sui documenti, fiondandomi dritta verso la scrivania d'acciaio e cercando di sistemarli in un unico blocco".

"Per oggi ho finito e credo che sia meglio ritornare a casa, a segnare i nuovi indizi e modellare il discorso verso una strada più sincera e, allo stesso tempo, capace di far cadere in trappola chiunque abbia anche il minimo orgoglio".

"La sua mano interrompe il mio lavoro, fiondandosi sul mio polso destro e costringendomi ad alzare lo sguardo su di lui, fiero e allo stesso tempo teso".

"Non ho mai visto Henry sotto queste vesti, la mascella è contratta come se stesse digrignando i denti mentre la sua espressione sembra voler dire molto di più di quanto mi farcia percepire".

"Rimango in silenzio, senza dargli neanche il minimo cenno di quello che sto pensando; questa situazione mi mette in grossi guai e per giunta ancora riesco a sentire che un qualsiasi contatto con un altro uomo sia imperdonabile per me e per quello che io provo per Alexander".

"Anche se adesso è tornato e ha di nuovo mischiato le carte in tavola sui miei sentimenti".

"Perché mi ha mostrato che non posso fare a meno di stare con lui ma d'altra parte ha riaperto quella ferita ancora grondante di paure e insicurezze chestavo cercando di sistemare da sola, senza sentire ancora la rabbia e la frustrazione del suo comportamento sempre indecifrabile e delle sue scelte che non approvo".

<<Katherine>>. Mormora Henry, serio in volto.

<<Che cosa c'è?>>. Guardo la mano poi, lui.

<<So' che farai del tuo meglio per la famiglia Brown, conto su dite>>. Risponde, sciogliendo lentamente la presa dal mio polso.

"Schiudo la bocca un po' sorpresa dalla sua reazione ma facendogli, con sicurezza, un cenno di conferma. Pensavo volesse dirmi tutt'altro e invece mi sono sbagliata di grosso. Henry è uno degli uomini più enigmatici che conosco. Certo, non ha paragone con Alexander, ma la sua esperienza da detective lo pone sempre ad un certo rilievo anche nella quotidianità".

"Quelle volte che ho avuto l'occasione di uscire fuori da Scotland Yard con lui, ho sempre visto un uomo pronto a studiare la persona che ha di fronte e ad omologarsi al suo modo di fare. Durante i miei studi universitari ne parlammomolto spesso; le reazioni comportamentali di questo genere definiscono le persone che non si fidano facilmente degli altri e che non lasciano trasparire nulla. Ciò evita che quello che sono realmente possa essere usato contro di loro o, semplicemente, si tratta di persone insicure e che per non fare passi falsi, tendenzialmente, indossano il riflesso della persona con cui hanno a che fare".

"Non dovrei neanche esserne colpita in fondo è un detective e di certo questo influisce radicalmente sul modo con cui si approccia alle persone... eppure è affascinante come sembra di conoscere qualcuno anche dal quel poco che riesci apercepire o meglio fidarsi come se fosse semplice ed esattamente la cosa giusta da fare. Perché è ciò che sentiamo in quel momento ma realmente che cos'è cheriusciamo a percepire o scoprire degli altri?".

"La fiducia non è comunque un rischio?".

<<Henry>>. Sbotto improvvisamente, lui si volta con il cappotto tra le mani.

<<Dimmi>>. Risponde sistemandosi.

<<Non ti deluderò>>. Gli sorrido mentre il mio tono di voce diventa molto più dolce.

"Le sue labbra si serrano in un sorriso mentre prende la borsa e ci infila dentro dei documenti. Sistema il giaccone sulle spalle, tirando le maniche della camicia e appoggia una mano nella tasca, prima di aprire la porta mi guarda, di nuovo, con la stessa espressione di poco fa".

<<Ti va di prendere un caffè Katherine?>>. Domanda, poggiando lavoce delicatamente sul mio nome.

<<Perché no?>>. Rispondo, senza neanche accorgermene di averlo fatto.

"Ho davvero accettato senza pensarci? Beh, infatti che male c'è? Non le tocco neanche più queste bevande, perché dovrei farlo? Forse, perché lo voglio e basta... ci penso, farfugliando domande incomprensibili nella mente e cercando di prendere più tempo possibile per mettere la giacca. Che cosa devo fare? Perché ho accettato? Sospiro in una maniera quasi impercettibile, per non dare nell'occhio mentre sento comunque la sua presenza nella stanza e soprattutto i suoi occhi che seguono ogni mia mossa".

"Prendo la borsa e ci infilo dentro il cellulare quando mi volto verso di lui e ricambio il sorriso che ha stampato sul viso. Che cosa potrei mai fare di male? In fondo ho risposto di si proprio perché mi fa piacere; perché è Henry, ed è un mio amico, una delle poche persone che ho al mio fianco".

"Attraversiamo silenziosamente il piano, ritrovandoci subito fuori al grande edificio. Ci incamminiamo per un solo isolato, alla sua caffetteria preferita, chiacchierando del tempo come se non avessimo altro da dirci. Ordina un cappuccino per sé ed io lo imito. Ovviamente, senza neanche farmi avvicinare, paga entrambi i caffè invitandomi ad uscire dal Bar ed incamminarci di nuovo verso Scotland Yard".

<<Dovrei ringraziarti, non so' quante colazioni mi hai offerto finora>>. Ridacchio, prima di sorseggiare il caffè.

<<Ti sei fatta ripagare già, con la Cheesecake al cioccolato che portasti a lavoro, buonissima>>. Fa una faccia buffa prima di coinvolgermi nella sua risata.

<<Non era nulla, anzi... avrei una cosa da chiederti, cambiando discorso>>. Mi fermo, mettendomi davanti a lui e stringendomi nel cappotto con il caffè fumante.

<<Avanti>>. M'invita a prendere parola.

<<Non avevi detto basso profilo? Perché camminiamo qui come se fosse normale che fra te e me sia nata quest'amicizia? È pericoloso Henry, per ilcaso... per chi potrebbe farsi strane idee>>. Mi guardo intorno in maniera quasi guardinga.

<<Kate, ascolta>>. Abbassa il capo, inumidendo di poco le labbra, prima di tornare a guardarmi.

<<A me non importa per nulla. La mia coscienza è pulita, non ho niente da nascondere>>. Risponde, così sicuro di sé da mettermi in ansia.

"Mi ha convinto con pochissime parole, quasi ho paura che ci sia riuscito anche in altre situazioni... è così facile per lui usare la sua personalità? Io ancora ci combatto tra le mie nuove capacità e il voler essere quella di una volta, anche se la penso che la Katherine di prima, ormai sia sparita da un pezzo".

<<Henry>>. Mormoro.

<<Kate, sarei disposto a mettere tutto in discussione per un solo momento insieme con te>>. Dice, avvicinandosi a me e stringendo con una sua mano la mia schiena.

<<Henry perdonami ma...>>. Mi volto di lato, per non incrociare ilsuo viso.

<<Lo so... tu sei impegnata. Non c'è possibilità che cambi idea>>. Mormora, cercando di incrociare ancora i suoi occhi con i miei.

<<Non farei comunque nulla che non volessi anche tu>>. Sussurra lentamente.

<<Henry, ti prego...>>. Sospiro esasperata e cercando di liberarmi dalla sua presa forte.

"Possibile che questi uomini riescano ad essere anche più forti di me in certi casi?".

<<Credo che la signorina abbia pregato anche abbastanza>>. Sento una voce familiare che mi distrae subito costringendomi a voltarmi verso le spalle del detective.

"Lui è lì, con i suoi occhi glaciali e un'espressione che mi fa rabbrividire ogni parte del corpo. Henry mi lascia subito, voltandosi e mettendo distanza fra noi. Alexander avanza lentamente mentre il suo sguardo sembra bruciarlo vivo".

<<Alex io...>>. Alza le mani Henry, facendo un passo indietro che Alexander elimina di nuovo, avanzando verso di lui.

<<Non osare mai più>>. Scandisce ogni parola come se fosse una minaccia di morte.

<<Per favore>>. Mi metto in mezzo a loro due, separandoli ompletamente.

<<C'è stato un malinteso tra noi. Henry era solo un caffè davvero e Alexander sa benissimo che so' cavarmela anche da sola. Non c'è bisogno del suo arrivo da cavaliere per sistemare la situazione>>. M'innervosisco, puntando il caffè sul petto di Alexander e andando via a passo svelto.

"Non è così che vanno le cose e questo arrivare sempre di soppiatto, come se ivampiri mi stessero spiando, mi dà troppo su i nervi. Non sono la sua fidanzata da controllare e in questo momento non è neanche nella posizione adatta a minacciare un uomo per gelosia. È vero, Henry ha esagerato ma io me la sareicavata benissimo, spiegandogli che non c'entra Alexander e che sono io inquesto momento a non volere complicazioni nella mia vita, soprattutto di genere sentimentale".

"È un uomo bellissimo ma vorrei che la smettesse di usare questo per flirtare con me. Non è opportuno e mi mette sempre in una situazione di disagio. È un mio collega e non posso rifiutarlo in malo modo soprattutto se userebbe questocontro di me. Ho paura che ne sia a conoscenza e che questo sia un modo subdolo per riuscire a tenermi in pugno finché non cederò, cosa che di certo non accadrà mai".

<<Katherine, aspetta>>. Alexander urla dietro di me, prendendomi per un polso e costringendomi a fermarmi.

<<Che cosa c'è?>>. Gli urlo, esasperata e arrabbiata.

<<Perché scappi via?>>. Si acciglia.

<<Perché sono stanca di queste situazioni stupide in cui finisco. Non voglio essere salvata da te, non voglio che lui mi tocchi o che mi tocchi tu. Voglio essere lasciata in pace, io so cavarmela anche da sola>>. Il mio sguardo s'infiamma mentre mi paro proprio davanti a lui, tenendogli testa.

<<Non sono venuto a salvarti, volevo parlarti e quel teatrino che mi sonoritrovato davanti che è riuscito a farmi scattare>>. Indica il luogo di poco fa, piantando le sue parole nella collera.

<<Non c'è stato nessun teatrino. Henry ha sbagliato ma io gli avrei detto come stanno le cose>>.

<<Ah sì? A me non sembrava intenzionato ad ascoltarti. Lui lavora con te Kate, c'è altro che dovrei sapere per caso?>>. S'incupisce ancora di più, parlandomi a pochi centimetri dal viso.

<<Sei pazzo per caso? E a te cosa importa? Ti sei ricordato di me solo dopo che io ho smesso di cercati. Non volevi lasciarmi per sempre?>>.Faccio un sorriso sarcastico mentre il mio tono di voce non finge tranquillità.

<<Ci ha già provato?>>. Mi guarda, quasi con occhi fuori dalle orbite.

<<NO!>>. Urlo.

<<Allora rispondi!>>.

<<Non voglio darti nessuna spiegazione. Tu ed io non stiamo insieme>>. Lo spingo con violenza, continuando a camminare verso la mia auto.

"Voglio tornare a casa ma soprattutto cercare di dimenticare questa brutta faccenda. È possibile che mi stia accadendo anche questo? Ho una specie di radar per le brutte situazioni; Henry poi, ma che cazzo gli salta in mente? Mi fa innervosire, sono troppo incazzata nera. Voglio fare un bagno caldo e dedicarmi al discorso per il tribunale. La mia priorità è l'incolumità di Natalie e anche se è un diversivo verso i problemi della mia vita, so' che è quello giusto e anche ciò a cui dovrei dedicare veramente anima e corpo inquesto periodo".

"Non Alexander, non lui e le sue maledette decisioni".

"La mia vita non può andare sempre così. Io ho bisogno di me stessa e non posso perdermi ogni volta che crede che sia giusto comportarsi con me come se fossi un burattino e lui il mio burattinaio pronto a prendersi gioco di me".

<<Katherine, io ti amo. Rinunceresti davvero per sempre a tutto questo?>>. La sua voce è flebile, quasi una confessione nonostante il tono pungente.

"Mi fermo di scatto senza voltarmi mentre le mie labbra si schiudono, cercando di prendere più ossigeno possibile. Le mani quasi diventano impercettibili eanche se cerco di giustificare che sia il freddo ma sono sicura che non lo sia. Le pupille tremano mentre cerco di riassestare il mio corpo e soprattutto la mia mente da quelle parole, quelle meravigliose parole che ha pronunciato".

"Chiudo gli occhi, alcuni secondi, continuando a guardare l'asfalto su cui poggiano i miei piedi e questa strada così deserta se non fosse per la nostra presenza e per il vento che manda ogni tanto qualche fruscio sugli alberi, muovendo i rami spogli e la neve che pochi giorni fa ha fioccato".

<<Katherine... io ti amo. Lo sai questo non è vero?>>. Sento i suoi passi avanzare verso di me, la sua voce diventa l'unica cosa che riesco adudire.

"Mi faccio forza, anche se non so' quale sarà la sua espressione quando vedrà il mio viso segnato dalle sue parole. Mi volto, incrociando i suoi bellissimi lineamenti e rendendomi conto che probabilmente io sono esattamente specchio diciò che marca il suo viso. Le labbra tese, gli occhi intensi ma che vacillano ad ogni battito di ciglia, gli zigomi che ombreggiano sulla sua carnagione bianca e questo silenzio, quasi incomprensibile, ma che in realtà sembra dire molto di più di quanto io riesca a fare".

<<Kate, io ho pensato che lasciarti andare fosse la cosa giusta. Ho pensato che fosse meglio farti soffrire un'ultima volta, pur di non vederti rischiare ancora la vita>>. Stringe gli occhi a due fessure, pronunciando ogni parola lentamente.

<<Perché io sono un demonio che nella sua vita tormentata dal buio ha incrociato la rosa più bella che potesse mai fiorire. E sono stato avido nel decidere di raccoglierla e tenerla per me. Io me ne sono innamorato e quando è accaduto, l'ho contaminata con il mio veleno; trasformandola in ciò che non meritava di essere>>. Il suo sguardo non mi perde neanche per un secondo mentre la sua voce si fa sempre più profonda.

Mi avvolge, nelle sue parole, nell'esatto modo in cui incrocia le mie dita alla sua mano e le poggia sul petto, in prossimità del cuore.

<<Io ti ho avvelenata con il mio peccato e ti ho dato una vita a metà, un'immortalità che non meritavi di possedere. Tu eri l'umana più pura che avessi mai conosciuto, esattamente come adesso sei la vampira più innocente che sia mai esistita>>.

<<Perché sei tu Katherine ed io ti amo>>. Pronuncia, con un tono indecifrabile, guardandomi dritta negli occhi senza perdermi mai.

<<Tu non mi hai avvelenata>>. Dico, d'un tratto, scivolando la mia mano dalla sua.

<<Tu mi hai purificata, mi hai concesso di entrare nel tuo cuore Alexander ed io avrei fatto qualsiasi cosa per meritare il tuo amore. Ti avrei anche permesso di trasformarmi in vampira, perché non c'è dono più grande che potessi fare ad una rosa, se non quello di concedergli di non appassiremai>>. Gli rispondo, con tono dolce, sfiorando delicatamente la barba chegli ricopre il mento.

<<Io ti amo Alexander Smith, l'immortalità per me non sarà mai un problema al tuo fianco>>.

"Lo confesso, quasi come se lo stessi facendo al mondo e rendendomi conto che è esattamente ciò che penso. Lo griderei a chiunque, glielo ripeterei altri milleanni e sarei capace di ricordarlo ogni istante anche a me stessa; perché io amo Alexander, più di questa stessa vita da immortale".



Spazio autrice
Spero che questo capitolo vi abbai dato un po di spunti su come immaginate il resto della storia, vi dico solo che manca tantissimo al finale quindi rilassatevi, ne avremo ancora delle belle. Volevo inoltre chiedervi che cosa ne pensate se aprissi un profilo Instagram sulle mie storie? Potremmo seguire insieme degli speciali aggiornamenti, foto inedite e sapere prima di quando accadrà se ci sarà un PROSSIMO CAPITOLO su Wattpad, insomma condividere ancora, voi che cosa ne pensate? Fatemelo sapere e mi raccomando, lasciate una stellina e un commento anche sul capitolo se vi va.

Vi adoro tantissimo,
Grazie come sempre!

R. E. Meyers

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