Capitolo Ventidue
"Fortunatamente il traffico mi rende l'arrivo al Four Seasons senza ritardi. Mi fermo proprio fuori al grande albergo dalle luci soffuse che illuminano l'entrata decorata di piante verdi e colonne color tortora. Un giovane addetto mi dà subito il benvenuto chiedendomi cortesemente le chiavi per parcheggiare la mia auto".
"Scendo, ringraziandolo cordialmente e attraversando l'arcata del grande edificio. Arrivo nella Hall che, in netta contrapposizione ai colori caldi dell'esterno, è rivestita di marmo scuro ovunque mentre solo la grande controsoffitta di fari color oro illumina l'entrata. Un tavolo rotondo e ampio ha appoggiato un vaso di fiori con ghirigori cui, con una cura impeccabile, è posta una composizione di margherite di tutti i colori che illumina e profuma l'intera stanza".
"Non appena sono completamente all'interno della Hall, mi accorgo di Henry è poggiato alla reception e con un sorriso smagliante sul viso. Si sfiora i capelli con una mano, sistemati nel suo abituale modo casual mentre si avvicina a me. Noto subito che indossa abiti diversi dal solito; un maglioncino nero su dei pantaloni grigio scuro, gli immancabili stivali Chelsea degli uomini inglesi e un trench grigio chiaro rigorosamente sbottonato per sistemare le mani nelle tasche dei pantaloni. La barba quasi del tutto rasata, il viso ben curato e i suoi occhi azzurri sono magnetici, di una sfumatura intensa come il blu dell'oceano".
"Non lo avevo mai notato, sul serio, nemmeno quando siamo stati troppo vicini per i miei gusti. Siamo a pochi passi, quando ci salutiamo e mi sento quasi piccola in confronto alla sua figura slanciata e massiccia dei muscoli avvolti nell'outfit scelto per questa giornata. È quasi completamente diverso dal solito, meno autoritario e più un uomo della sua età poiché non credo abbia più di trent'anni".
<<Katherine, come stai?>>. Mi domanda non appena ci allontaniamo dopo esserci salutati.
<<Bene e a te?>>. Gli sorrido mestamente mentre mi fa cenno di avviarmi con lui.
<<Tutto bene>>. Si limita a rispondere, rimettendo le mani nelle tasche.
"Camminiamo verso un lungo corridoio prendendo la prima porta sulla destra che si offre gentilmente di aprirmi per lasciarmi passare per prima. Ci ritroviamo subito in quella che definirei una sala maestosa ma che probabilmente è utilizzata solo per la colazione. Le finestre enormi danno sul grande giardino rigorosamente curato, le colonne di bianco e avorio circondano tutta la stanza dalla forma ovale e illuminata da vari lampadari enormi con cascate di luci a forma di sfere che brillano, formando un gioco di luci con le decorazioni dorate".
"Il pavimento lucido a scacchi circonda l'intero salone con circa cinquanta tavoli in stile classico e poltroncine beige. L'angolo bar è in realtà una vera e propria parete, formato da un lungo bancone di legno scuro e color malto cui si divide il lato drink e quello di pasticceria. I camerieri si avvicinano per farci accomodare a un tavolo, anche loro in uniforme che richiama gli stessi colori".
"Sono già stata al Four Seasons, per un galà che si tenne cui partecipai con Alexander, ma non avevo mai visto le altre sale e tantomeno sapevo dell'esistenza di questi luoghi incantevoli e che m'ispirano tranquillità nonostante l'ostentazione di ricchezza e di pregevolezza che fanno parte dei canoni di questo grande albergo".
<<Prego>>. Dice Henry, sorridendomi ancora e scostandomi la sedia.
<<Grazie>>. Rispondo poggiando borsa e valigetta ai miei piedi e togliendo il cardigan.
<<Spero tu non abbia già fatto colazione>>. Richiama la mia attenzione prendendo un menu tra le mani.
"Come se potessi ancora avere fame".
<<Ehm... in realtà non ho voglia di nulla... grazie lo stesso>>. Rispondo il suo sguardo mi studia.
<<E come mai? Sicura di stare bene?>>. Alza un sopracciglio divertito.
<<Che cosa? Certo che sì... >>. Mi guardo intorno, accorgendomi solo ora delle poche persone sedute agli altri tavoli.
"Non sento la necessità di dover per forza fingere nel fare colazione. Non ho bisogno di niente, nemmeno di sangue. Io sto bene così e in fondo, sono qui per lavoro. Voglio immergermi nelle cose che amo e dimenticarmi per un po' di ciò che capita alla mia vita come ogni volta che Alexander apre bocca o che io gli confesso quanto lo amo, come se non lo sapesse".
"Smettila di pensarci, Katherine!".
<<Kate...>>. Mormora Henry, eliminando quella nube di pensieri.
<<Sì?>>. Gli domando distrattamente.
<<Ti avevo chiesto se vuoi almeno un thè>>. Fa un mezzo sorriso, chiudendo il menu.
<<Va bene>>. Dico per non destare sospetti e contraccambiando la sua espressione.
"Poco dopo una cameriera prende le nostre ordinazioni: thè English Breakfast per me, caffè e croissant per Henry. Ormai, mi sembra di essere con un comune amico e non a colazione di lavoro con il detective Richardson del caso di Natalie, nonostante siano queste le vere intenzioni che ci hanno portato qui. Il fatto di conoscere i suoi gusti, sapere quanto il caffè sia essenziale per la sua giornata sono cose che mi divertono, in fondo, non avrei mai creduto di riuscire a ritrovare persone di cui fidarmi nel mio campo di lavoro".
<<Credo tu sia curiosa di sapere per quale motivo ti ho fatta correre a quest'ora per il caso di Natalie>>. Rompe il silenzio, poggiando e incrociando le mani sul tavolo. La sua voce è calata di qualche tono oltre all'espressione seria che calca l'argomento delicato che adesso stiamo per affrontare.
<<Certo, lei sta bene?>>. Chiedo subito, un po' preoccupata.
<<Sì, per quanto possa stare bene. È sempre in quello stato semicosciente, non vuole mangiare e si fa aiutare poche volte, non è cambiata molto>>. Risponde sospirando.
<<Natalie ha perso la fiducia, anche in me. Ne sono sicura>>. Rispondo poggiando la schiena sui cuscini della poltroncina.
"Come potrebbe fidarsi di me? Io le ho promesso qualcosa, le ho detto che avrà giustizia e libertà ma niente può restituirgli suo figlio. Neanche la consapevolezza di non essere più una prigioniera, se vincessi realmente l'udienza. Credo che non potrà mai riprendersi realmente e che forse, sia meglio aggiungere una bella dose di psicoterapia per quella giovane donna. È incredibile, anche solo il pensiero, di quello che ha dovuto vivere questa famiglia".
"L'innocente Carter, due genitori amorevoli e poi, senza nessun preavviso, il vuoto e il dolore che sopraggiungono senza darti scampo. La vita è così, certo, non possiamo prevedere quanto ci capiterà qualcosa ma perché dovremmo vivere con la costante idea di essere così vulnerabili nel mondo nonostante ci ripetiamo sempre, in ogni istante, che possiamo decidere il nostro sentiero?".
<<Vincere l'udienza è fondamentale per dare la possibilità a Natalie di ricominciare. Non è questo, comunque, di cui ti volevo parlare. Ti ricordi che tua madre Anne si era occupata del caso delle tre donne uccise quasi un anno fa qui a Londra?>>. Spiega poi, il suo sguardo si rabbuia proprio come le sue parole.
<<Sì, certo. Io ero la sua tirocinante allora>>. Mi acciglio, cercando di capire dove voglia arrivare.
<<Bene, se tu portassi avanti alla giuria la dimostrazione di quel caso di triplo omicidio archiviato potresti convincere il giudice a dare la possibilità anche al caso di Carter di essere archiviato e di dichiarare Natalie non colpevole per mancanza di prove, proprio com'è capitato ai mariti di quelle donne>>. Dice con una calma assoluta.
<<Questo significherebbe pero, riaprire un caso archiviato e dovrei farlo io, di questo sei a conoscenza?>>. Gli domando pensierosa.
<<Sì, ma non sarebbe riaperto per cercare il colpevole bensì per fornire la prova che sia stata la stessa persona o qualcuno con lo stesso disturbo mentale a uccidere il ragazzino. In questo modo potremmo riuscire a scagionare Natalie e a dimostrare che non ci sono tratti in comune tra i due casi tranne che per lo stesso tipo di assassinio>>. Muove le mani, gesticolando e spiegandomi le sue intenzioni.
<<Non c'è possibilità che il caso di Carter sia archiviato senza utilizzare questi mezzi?>>. Domando corrucciando la fronte.
<<Mi dispiace Kate, è un ragazzino. I giornali ne ha fatto un caso importante e Scotland Yard non vuole sbagliare mai. Archiviare significherebbe buttare nel dimenticatoio tra un paio di anni. Era un adolescente... non una donna o un uomo adulto, fa più scalpore in termini di stampa>>. Sprofonda nella poltrona, sospirando e portandosi una mano sul mento.
<<Ci sei dentro fino al collo>>. Faccio un mezzo sorriso buttandola sull'ironia.
<<O peggio>>. Risponde mestamente e trattenendo un risolino.
"La sua proposta non è male. Questo potrebbe permettere l'archiviazione e dopotutto sarebbe l'unica soluzione logica e giusta per il caso di Carter. Nessuno crederebbe o accetterebbe la verità. E che quel giovane sia stato ucciso da un vampiro è una certezza almeno per me e per chi sa della loro esistenza. Come farebbe Henry a capirlo? La sua è semplicemente la scelta di voler dare a Natalie una vita, nonostante tutto, riuscire a dimostrarle che noi crediamo in lei e che nessuno debba pagare ingiustamente; ora più che mai":
<<Okay Henry, ci posso provare>>. Dico sostenendo la mia teoria, la cameriera ci porta le nostre ordinazioni e mi fermo, attendendo che vada via.
<<Voglio che tu sappia che mia madre non è proprio facilmente trattabile e che rifiuterà assolutamente ne sono sicura. Si tratta di mettere anche lei di nuovo dentro il caso e tutte le ricerche che ha fatto oltre alla sua presenza. Mi ci vorrà un po' e non posso darti nessuna certezza al momento>>. Alzo le mani, spiegandogli la verità.
"È giusto che sappia che Anne Davis non è molto malleabile e che convincerla, senza pensare di soggiogarla, sarà un'impresa. Non voglio usare queste modalità alternative ma se non troveremo nessun altro modo credo proprio che ne sarò costretta".
<<Non preoccuparti e poi, tu sei stata sua tirocinante. Non hai qualche documento sul caso? O la capacità di trovarlo?>>. Fa un sorriso sornione, prima di sorseggiare il suo caffè.
<<No... ma posso farne una copia dal suo archivio>>. Mi compiaccio della mia stessa idea.
<<Sei forte Davis>>. Dice indicandomi di brindare, alzo la tazza da thè e l'avvicino alla sua prima di dargli un sorso.
"Non è male, anche se sembra di bere senza avere il senso del gusto".
"Aiutare la Signora Brown è una mia priorità e farò di tutto per ridarle la vita che merita, lasciarla libera e anche se non potremmo dare la galera a quel vampiro bastardo che ha ucciso suo figlio senza scrupoli, lasceremo che la sua anima viva tranquilla, nel vedere sua madre finalmente fuori da Pentonville".
"Non voglio solo dimenticare della mia vita ma voglio sentire, almeno per un'altra volta, quel brivido della possibilità; della scelta che sembra diventare sempre di più un ricordo lontano. Com'è quando sai che davanti a te si possono spianare ancora varie strade e tu sia l'unico artefice di quella scelta che ti darà la possibilità di sbagliare, di ricominciare o semplicemente di riuscire e un giorno pian, piano arrivare a quel traguardo tanto ambito".
"Vorrei che questa fosse una considerazione che capisse anche Alexander; a volte, com'è accaduto a lui come a me, non è possibile scegliere ciò che accadrà nella nostra vita ma questo non dovrebbe mai essere un motivo per smettere o per fermarsi. Vorrei che pensasse a quanto potremmo ancora costruire, a quanto ciò potrebbe diventare la nostra forza e che dopo ogni cosa, anche la peggiore, comunque ciò che non smetterà mai di essere con noi è l'amore".
<<Katherine, va tutto bene?>>. La voce di Henry mi desta dai pensieri.
<<Sì, perché me lo chiedi di nuovo?>>. Gli domando con un sorriso mesto e stringendo la tazza di thè tra le mani.
<<Perché non mi sembri affatto la Kate di sempre, che c'è... guai in Paradiso?>>. Si mette comodo, alzando un sopracciglio.
<<Intendi con Alexander?>>. Gli domando ancora, lui si limita ad annuire.
<<Non credo nemmeno di essere mai stata in Paradiso con lui>>. Abbasso lo sguardo, facendo un sorriso sarcastico.
<<Sul serio? E per quale motivo?>>. La sua espressione è seria.
<<Con Alexander è sempre stato un limbo; tristezza e felicità, buio e luce, inferno e paradiso>>. Spiego, come se fosse una cosa ovvia.
"Eppure non lo sembra neanche a me, dirlo è ancora più difficile. Quanto ho vissuto sempre sul filo del rasoio con lui? Come se ci fosse sempre un momento in cui sembrava crollare tutto e, invece, ritornava facile. Lui diventata l'uomo adatto a comprendere e a lasciare che fosse il cuore a seguire la rotta delle nostre vite. È sempre stato così ed io, ho cercato di prendere la sua mano anche quando sentivo che si allontanava dalla mia inevitabilmente e per lasciarmi sola in quel buio di cui ho sempre avuto paura".
<<Non l'avrei mai creduto>>. Dice, passandosi una mano tra le labbra.
<<In che senso, non... non riesco a capire>>. Mi guardo intorno quasi spaesata.
<<Insomma Katherine, il modo in cui tu lo guardi... quello in cui guarda te. Vi ho visti, quando eravamo al galà. Tra di voi c'è qualcosa di diverso, un'affinità che può essere vista ma non compresa>>. Risponde ancora in tono serio e guardandomi dritta negli occhi.
<<Henry...>>. Mormoro.
<<Kate... mi dispiace. Sono un detective io studio le persone, lo faccio da sempre... è quasi un'abitudine>>. Fa un mezzo sorriso, smorzando quel momento.
<<Ah detective quindi lei mi sta interrogando?>>. Incrocio le braccia ironicamente.
"Non so' come sia riuscito a capire quello che ho sempre tenuto dentro di me e che ho mostrato ad Alexander. È come se avesse letto quelle sensazioni che provo quando sono in sua presenza. Probabilmente è vero, il lavoro da detective gli ha aperto la mente e soprattutto gli ha mostrato come studiare le persone e riuscire a trovare ciò che nascondo proprio come ha fatto con me".
<<Non volontariamente>>. Risponde passandosi una mano in petto a mo' di giuramento.
<<Ti va di fare una passeggiata? Hyde Park è aperto a quest'ora... ed io ho del tempo>>. Chiede facendo un sorriso sincero.
"Lo guardo un po' perplessa e in preda a tutti i pensieri che mi riportano alla mente le sue parole. Non posso, non posso credere ancora. Mi ha rifiutata e poi, mi ha detto che vuole sparire dalla mia vita come se questo fosse abbastanza, come se ciò che abbiamo vissuto possa rompere per sempre l'amore che c'è tra noi. Mi sento come se avessi vissuto una relazione cui, quando lui ha sentito di aver dato tutto se stesso, non c'era più bisogno di costruire ancora e di cercare di cambiare... quando i suoi demoni hanno sempre avuto il sopravvento su di noi".
<<Non hai del lavoro da fare?>>. Domando a Henry.
<<Sì ma ho tempo per una passeggiata con te>>. Si alza in piedi sistemando il cappotto e porgendomi la mano.
"Ci penso, ancora una volta, ma istintivamente gli porgo la mia accettando quella richiesta. Ho bisogno di schiarirmi le idee, di dimenticare un po' e di lasciarmi andare. Magari con Henry, che non conosce niente della mia vita con Alexander, sarà più semplice".
"E infatti non mi sbagliavo".
"Passeggiamo tra il paesaggio verde illuminato dalle luci del mattino, il silenzio puro e quest'aria che m'inebria i sensi lasciando una sensazione pura di libertà. Non so' come sia possibile eppure Henry sembra avermi capito perfettamente. È ancora qui, accanto a me, passo dopo passo ma invece di riempirmi di domande o di chiedermi di parlare mi ha lasciato ascoltare ciò che c'era intorno a me restando in silenzio. Mi ha dato la possibilità di non sentirmi sola nonostante non volessi spiegare o comprendere. Mi ha lasciato evadere e mi ha concesso di dimenticare, nel vero senso della parola".
"Mi fermo di scatto e non appena se ne accorge si mette davanti a me. Il suo sguardo sembra voler studiare quale sarà la mia prossima mossa ma ciò che faccio non tarda ad arrivare. Gli sorrido e questa volta con un vero sorriso, sincero e che vuole dire semplicemente che ha colto nel segno e che sono felice".
<<Grazie Henry... ne avevo bisogno>>. Incrocio le braccia per il freddo, anche se non lo percepisco con intensità.
<<Non devi dirlo Kate, ho capito che cosa non va e posso solo dirti che... Alexander dovrebbe apprezzarti di più, non c'è nessuno come te>>. Mette le mani nelle tasche dei pantaloni, incontrando il mio sguardo.
<<Perché dici questo... nel senso, perché pensi che sia Alexander il problema?>>. Mi rabbuio.
<<Katherine che cosa c'è che non va nel tuo rapporto con lui? Come lo spiegheresti?>>.
<<Non ci sono sempre problemi... a volte ci sono degli ostacoli, è questo...>. Volto il viso parlando con troppa malinconia, secondo me.
<<E chi li mette? Alexander?>>. Domanda guadagnandosi il mio sguardo accigliato.
<<È semplice Kate, tu quando parli del tuo rapporto con lui sembri vittima di qualcosa che non capita per caso nella vostra vita ma che sia proprio creato da Alexander... è ovvio e anche se non fossi un detective, me ne accorgerei>>. Si avvicina spiegandomi con calma la sua opinione.
"È davvero così? Io... io l'ho detto, ho pensato addirittura che fosse egoista e se tutto ciò che si nasconde dietro alle nostre difficoltà, è semplicemente il modo in cui lui si vuole opporre ad esse? Se realmente il suo modo di fare è ostacolo al nostro rapporto? Una nube di pensieri mi avvolge e ciò che più diventa evidente davanti a me e che Alexander ed io ci stiamo allontanando, inevitabilmente, e lui non fa nulla per evitare che questo accada".
<<Adesso devo andare...>>. Rispondo facendo per andare via.
<<Aspetta Katherine...>>. Mi prende per un polso voltandomi verso di lui.
<<Henry...>. Mi acciglio.
<<Kate, ascolta. Mi dispiace e non voglio mettermi tra te e Alexander. Ascolta, tu meriti di essere felice Katherine Davis io lo so, lo vedo e questo può significare anche meritare di più se, magari, la persona che ha conquistato il nostro cuore non è adatta. Tutti possono innamorarsi ma non tutti sono capaci di amare e se possiamo fare qualcosa per evitare di far soffrire qualcuno, a volte, è meglio agire per primi>>. Mi parla serio in volto mentre i suoi occhi azzurri sprofondano nei miei.
<<Ci sono passato anch'io Katherine. Io ho sbagliato e nonostante sono un detective, ho sottovalutato le persone, non ho visto ciò che nascondevano e una volta, Katherine, mi è costato caro. Ho fatto un grave errore... e ho tolto a qualcuno la felicità quand'era troppo tardi per rimediare>>. La sua voce sembra cupa e tranquilla mentre continua il suo discorso, come se fosse una confessione ed io la persona adatta ad ascoltare.
<<Henry... non è mai troppo tardi e poi, gli errori si pagano ma ci fanno comprendere e ci migliorano>>. Gli rispondo con malinconia nella mia espressione e come se stessi convincendo il mondo che sia realmente così.
<<Non si può cambiare il passato Kate, si può solo evitare di commettere gli stessi errori nel presente, come hai detto tu. Ci migliorano e basta...>>. Pronuncia le sue parole avvicinandosi a me e delicatamente con una mano mi sfiora una guancia.
"Sussulto a questo gesto inaspettato che mi lascia respirare a malapena. Ciò che però mi lascia senza parole e la sua espressione quasi triste mentre i suoi occhi si spengono. Chiude le labbra con forza come se trattenesse delle parole più forti di lui. È qualcosa che riesco a percepire e non so se sia per il mio vampirismo o per i suoi lunghi sospiri che li ascolto come espressione del dolore che traspare dal suo viso".
<<Mi dispiace Katherine... per tutto. Devo andare>>. Dice destandosi dai pensieri, mi guarda ritornando completamente alla sua espressione tipica da detective e va via, chiudendo il trench e senza aspettare una mia risposta.
"Mi volto mentre Henry a passo svelto lascia Hyde Park. Che cosa gli è preso? Mi chiedo e poi perché mi chiede scusa? Ciò che ha detto non è niente di diverso da quello che pensavo già e da come Alexander, realmente, si sta comportando. Le sue ultime parole però, sono quasi una confessione e più ci penso, più mi sembra che nascondano molto di più".
"Il telefono squilla e appena guardo il display mi accorgo che la telefonata è di Alexander. E adesso che cosa c'è da dire... niente, ecco che cosa Katherine... niente; ci penso mentre sono quasi tentata di rifiutare la telefonata ma la mia coscienza mi dice di fare la cosa giusta".
<<Che cosa c'è?>>. Domando sbuffando.
<<Abbiamo trovato un piano Katherine. Vieni a Rose Square, il prima possibile>>. La sua voce irrompe con forza prima di staccare la telefonata senza ulteriori parole.
"Il suo modo di fare è qualcosa che mi snerva e nonostante sia più delusa che altro, sento che c'è un modo diverso cui posso comportarmi. Come ha detto anche Henry, non tutti sono capaci di amare e prima che sia troppo tardi è giusto trovare una soluzione sia per me sia per lui. Non posso continuare a essere vittima del modo in cui Alexander vuole reagire al mondo, a ciò che gli accade e ai vampiri che incontra nella sua vita. Adesso è giunto il momento di fare anche a modo mio".
Spazio autrice.
Salve dolci lettrici ecco qui il capitolo Ventidue... allora, allora che cosa ne pensate? Che cosa vi ha trasmesso questo breve momento di confessioni tra Henry e Kate? Che cosa pensate del rapporto che si è creato tra loro e delle sue parole? Katherine vuole reagire a queste scelte prese solo ed esclusivamente da Alexander di lasciarla andare... secondo voi in quale modo? Inoltre il piano è giunto adesso bisogna solo incontrare il VAMPIRO SCONOSCIUTO, voi siete pronte? Fatemi sapere la vostra opinione e vi ringrazio, come sempre, del vostro supporto. Con Katherine siamo arrivate già a 3,130 mila letture ed è incredibile, in pochissimo tempo. Spero che anche questo capitolo vi spinga a commentare e a lasciare una bella stellina. Io vi aspetto e vi invito a leggere un'altra storia scritta da me dal titolo Catch Me... non preoccupatevi, nonostante non ci siano vampiri anche qui NIENTE SARA' FACILE!
Grazie ancora lettrici, vi abbraccio,
Al prossimo capitolo,
R. E. Meyers
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