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Capitolo Sedici


"Indosso il cappotto grigio completamente abbinato al mio outfit da lavoro: camicetta bianca, gonna nera poco sopra al ginocchio e scarpe con il tacco dello stesso colore. Sistemo i capelli sulle spalle e guardo allo specchio il riflesso della donna che sono adesso".

"Il volto truccato, gli occhi splendenti e quella carnagione rosea intensa, che ormai mi appartiene. Era da tanto che non indossavo i miei abiti da lavoro. Precisamente, dal giorno in cui sono stata trasformata da questo vampiro sconosciuto. È una bella sensazione nonostante sia intimorita da ciò che possa accadere se non riuscissi a controllarmi".

"Il contatto con gli esseri umani è qualcosa di fondamentale e che alla fine, sarebbe comunque arrivato. Ciò non toglie, che non mi aspettavo di ricevere oggi la chiamata del detective sul caso e con le difficoltà di stamattina, nel riuscire a difendermi da Alexander nell'addestramento, le cose si sono complicate di più".

"Prendo la borsa sistemandoci dentro le mie cose, la valigetta con i documenti e mi dirigo verso l'auto che Arthur ha fatto preparare per me, proprio davanti al portone della Villa. È stato davvero gentile, come di sua consuetudine, ma soprattutto rispettoso. Dopo che stava per assistere a una delle sfuriate tra Alexander e me, mi sarei aspettata un suo – saggio consiglio – ma ha preferito fare silenzio e lasciarsi in disparte questa volta. Lo apprezzo molto perché, anche se ho sempre ricevuto buoni consigli da lui e sicuramente questo è accaduto anche ad Alexander, adesso non voglio sentire nessuno dirmi che cosa sia giusto o sbagliato".

"Quella che sto vivendo è una situazione difficile e anche se mi sento ai limiti della paranoia, sto cercando di trovare la soluzione migliore per far crollare definitivamente quel muro che è insorto tra me e Alexander. Non dovrei, me lo sono ripetuta più volte. Lui sta sbagliando nei miei confronti, mi sta facendo sentire malissimo ed io dovrei rinchiuderlo in una stanza e buttare via la chiave, così che possa passare la sua vita da immortale a riflettere su ciò che sta facendo, ma non potrei mai. L'amore che provo per lui mi dice che sarebbe un errore smettere adesso, lasciare che le cose vadano in un modo mentre potrei provare altre mille soluzioni diverse per riaverlo come un tempo".

"Quando l'ho baciato per una frazione di secondo, ho sentito contraccambiare quel gesto e ogni cosa per me, è cambiata totalmente. Forse, è vero che mi ama ancora ma la situazione attuale complica tutto, complica il modo in cui vede le cose e questo incide sul suo atteggiamento e sulla freddezza con cui ha deciso di trattarmi".

"In fondo, non è tanto diverso dagli inizi. Quando la nostra conoscenza era diventata una specie di caccia al lupo in cui io ero la preda e lui decideva se prendermi oppure no. A differenza di ogni cosa, però, io ho sempre decido di andargli incontro e di non scappare mai, tranne quando sono partita per Miami cui sentivo davvero l'esigenza di non vederlo per un po'. Forse farei bene a farmi una nuova vacanza, lontana proprio dagli esseri umani. Su un'isola sperduta: mare, sole ed io".

"Il problema è che mi mancherebbe comunque e che i miei pensieri andrebbero sempre a lui. Ho quasi paura di rimanere da sola, potrei farmi dei complessi incredibili e chissà se adesso che sono una vampira, anche le mie paranoie si amplificheranno di più, è probabile. Poi mi verrebbe a prendere, perché anche se fossi da sola per lui, potrei creare chissà quali danni all'umanità. Sono pur sempre una vampira, un demonio agli occhi di Alexander".

<<Grazie Arthur>>. Dico, prendendo le chiavi dell'auto e guadagnandomi un suo cenno col cappello.

"Chiudo la portiera, metto la cintura e accendo l'auto. Lo stereo parte subito con una delle canzoni che più adoro dei Coldplay: Paradise. Sfreccio lungo l'asfalto diretta a Scotland Yard e accompagnata dalla musica. Quant'è vera la frase – il tempo lascia pesanti segni, ogni lacrima è una cascata nella notte – come se rappresentasse in poche righe ciò che sto vivendo".

"Ogni segno del tempo, di quello che è accaduto, è diventata la lacrima che ogni notte avvolge il mio dispiacere. Vorrei davvero, con tutta me stessa, la possibilità di potermi svegliare e pensare che questo sia solo un incubo, frutto della mia immaginazione e nient'altro. Per rivedere di nuovo Alexander sorridere e la nostra vita, ritornare a pochi mesi fa".

"Sono così sovrappensiero che mi accorgo solo dopo molto tempo del cellulare che vibra. Leggo di sfuggita sul display il nome. Jane mi sta chiamando, come mai? So' che è ancora Los angeles, anche se mi aveva detto che sarebbe tornata una settimana fa. Ho visto le sue foto su facebook a una festa con John. Sono felice per lei e soprattutto del fatto che sia riuscita a incrociare la sua vita con quella dell'uomo che ama. Si meritano entrambi ed io non potrei che essere contenta della sua scelta, anche se passa poco tempo a Londra e con me".

"Una nube di pensieri cambia la mia visione, come sarebbe rivederla adesso che sono stata trasformata? Dovrei portare il segreto verso la mia migliore amica di ciò che sono ora... è troppo difficile, non sono pronta e tanto meno ho riflettuto su quello che può significare".

"Parcheggio l'auto nel posto privato per i dipendenti. Scendo, prendendo frettolosamente le mie cose e il badge per passare. Non voglio arrivare in ritardo, non è da me e poi, Henry non sopporta il disimpegno. Mi ha obbligata oggi a essere qui, figuriamoci se arrivassi anche in ritardo. Arrivo fuori al grande portone fermandomi di scatto".

"Guardo dritto davanti a me i dipendenti, la gente... gli esseri umani. Mio Dio è... peggio di quanto pensassi. Deglutisco a fatica, sentendo la mia gola diventare sempre più stretta dall'ansia. Ci sono troppe persone, troppe per me. Come, come posso fare a passare in osservata? A non distrarmi, pensare al sangue che circola nel loro corpo... no, no! Basta Katherine, su. Alexander ha detto che potevo farcela, che devo provarci per capire quando è giusto equilibrare il mio istinto. Non posso scappare dai problemi, da ciò che sono adesso. Devo impegnarmi, devo farcela e devo continuare con la mia vita, quella che possedevo da umana, se voglio essere ancora la stessa Katherine che ero prima".

"Avanzo a passo felpato entrando nel grande edificio. La sicurezza mi ferma per i controlli e lasciandomi passare poco dopo. Il solito segretario mi mostra la strada per arrivare alle stanze degli interrogatori e, anche se sono convinta di guardarlo probabilmente con aria spaventata, lo seguo in silenzio ringraziandolo solo una volta arrivata".

"La sicurezza mi lascia passare ma quando entro nella stanza sono completamente da sola. Dov'è Henry? Mi aspettavo fosse già qui. Guardo l'orologio che segna le 17:00, almeno sono puntuale non a differenza sua. Sospiro mettendomi comoda e poggiando le mie cose sulla scrivania".

"Getto il cappotto su una sedia e mi rendo conto di essere riuscita a passare questa prima fase che fortunatamente è stata veloce. Mi soffermo, con la coda dell'occhio, su una pila di documenti sulla scrivania leggendo le prime righe. Si tratta dell'udienza di Natalie, sicuramente Henry mi ha fatto venire anche per questo. L'ultima volta avevo saputo che avevamo ottenuto la possibilità di averla in breve. Il momento si avvicina e spero con esso anche la verità".

"Il rumore della porta che si chiude mi fa sobbalzare dai pensieri. Henry entra con due caffè bollenti e con il sorriso del suo buonumore da detective. Poggia subito i caffè, toglie il cappotto e in pochi secondi me lo ritrovo vicinissimo ancora con il sorriso stampato sulle labbra".

<<Ehi là, avvocato Davis, da quanto tempo?>>. Fa l'occhiolino, seguito dal suo tono sarcastico.

<<Giusto il tempo delle pratiche burocratiche>>. Gli sorrido, rispondendo con lo stesso tono.

<<Subito ti sei fiondata sui documenti? Ebbene sì, l'udienza ci sarà e dopo ti dirò anche quando. Ti avviso che ho visto l'avvocato del signor Brown e gli ho parlato dell'udienza. Mi ha mandato, pochi giorni fa, un'e-mail chiedendo di poter vedere Natalie. La scelta è stata respinta ovviamente. Senza la tua supervisione lei non può essere interrogata da nessuno. Ho preferito evitare l'inconveniente di venire fin qui per nulla>>. Spiega, gettandosi sulla sedia e porgendomi il caffè.

"Lo guardo poi, osservo il bicchiere di cartone rendendomi conto di essere completamente disgustata all'idea di berlo. Lo accetto titubante e questo fa scattare in lui qualcosa, a tal punto che mi guarda accigliato. Cavolo, proprio con lui dovevo bloccarmi? Katherine è un detective, lui studia le persone! Faccio un passo indietro e bevo un sorso, anche se non è tanto male. Do' un sospiro e mi rendo conto che se non riesco a darmi una calmata... sono nei guai".

<<Stai bene?>>. Mi chiede accigliato.

<<Sì... sì... perché me lo chiedi?>>. Faccio una smorfia sorpresa.

"Inutile dire che non sono credibile".

<<Beh, ti vedo nervosa. Qualcosa non va?>>. Mi domanda ancora.

<<No, tutto okay. Quindi, Natalie continua ad essere silenziosa?>>. Mi volto poggiando il caffè sulla scrivania e cominciando a cercare dei fogli inutili nella valigetta.

<<Già, è sempre chiusa in se stessa>>. Risponde, alzandosi in piedi.

"Continuo a frugare tra i documenti senza cercare qualcosa in particolare. Ho bisogno di calmarmi, devo calmarmi... non posso fare un passo falso. Se mi faccio prendere dall'ansia, potrei cominciare a pensare al suo essere umano e non devo. Kate, non devi! Mi ripeto quasi come il ritornello di una canzone, tanto da volerlo imprimere nella mia mente. Non pensare a niente, non pensare al sangue, non pensare, concentrati sul caso, è questo che mi ripeto ma poi, qualcosa mi distrae completamente e mi rendo conto di trovarmi in una situazione che non mi piace".

"Henry è dietro di me, con le mani poggiate sulla scrivania, senza lasciarmi possibilità di movimento. Il suo viso è sulla mia spalla destra e il contatto tra i nostri corpi è inevitabile. Che cosa sta facendo? Non mi muovo, evitando che la situazione peggiori ma inevitabilmente muovo gli occhi nervosamente cercando di capire la cosa da fare. Questa situazione non mi piace, non mi piace, non mi piace!".

<<C'è un motivo preciso che ti agita?>>. Mormora al mio orecchio, la sua voce è diventata tranquilla è velata.

<<Henry che cosa stai facendo?>>. Domando scostando di poco il viso verso di lui.

<<Niente, volevo solo chiederti perché sei nervosa. È forse colpa mia?>>. Chiede mormorando con dolcezza quelle parole.

"Non riesco a trattenere una risata che lo fa irrigidire. Toglie le mani dal tavolo ed io ne approfitto subito per voltarmi verso di lui. Sul serio crede che mi agiti la sua presenza? Siamo arrivati a questo punto? Sono stata chiara con lui, quando ci ha provato una volta. Non esiste per me nessun altro al di fuori di Alexander e adesso il detective Henry mi vuole sedurre? Andiamo!".

"Involontariamente smetto di ridere e gli lancio uno sguardo tra il presuntuoso e il lusingato. Che cosa mi prende? Perché mi sento così sicura di me ad un tratto? Mi appoggio alla scrivania e divertita ancora, dalle sue parole, faccio un breve mezzo sorriso che abbandono una volta che comincio a parlare".

<<Henry, no. Divertente... ma non sono nervosa per la tua presenza>>. Rispondo, con tono abbastanza sfacciato.

"Questo non lo arrende rimettendosi nella posizione precedente. Questa volta però uno di fronte all'altro. Mi sorride, maliziosamente e con fascino. Ne ha, non si può dire che sia una menzogna. È un uomo che ci sa fare, anche se lo vedo troppo sicuro di sé".

"Il mio sguardo non cambia mentre faccio finta che questo contatto così ravvicinato mi è indifferente. Infatti, non lo è, mi fa rabbia e mi dà fastidio ma se glielo facessi vedere, lui potrebbe interpretarlo come debolezza o semplicemente, come rifiuto nei suoi confronti. Non posso comunque, accettare che provi rancore nei miei confronti, quindi è meglio trovare una via più saggia. Mostrarsi ironica e senza dare troppa serietà alla cosa".

<<Che peccato... >>. Dice lui, abbassando lo sguardo sul mio corpo che squadra lentamente.

"Per caso è diventato matto? Come può essere così sfacciato nei miei confronti? Tossisco, incrociando le braccia in maniera nervosa e guadagnandomi subito la sua attenzione. Lo osservo accigliata scostando il capo su un lato in segno di dubbio. Che cosa vuole fare? E come si permette, senza che io gli abbia dato il minimo motivo per farlo?".

<<Scusami ma oggi ti trovo veramente bella Kate. Hai qualcosa di... diverso>>. Mormora poco lontano dal mio viso.

"La mia espressione cambia totalmente, raggelando a quell'ultima parola. Diverso? Come... come fa a capire che sono diversa? Poi, mi ritornano in mente le parole di Alexander. Quando si è vampiri, si cambia anche esteriormente e quando ci si nutre, si rinvigorisce. Io mi sono nutrita poco fa e poi, così accadeva anche a lui. Quando mi sembrava più giovane, più bello. È un effetto involontario e adesso Henry lo riesce a vedere su di me".

<<Beh, Henry ti ringrazio ma... credo che questa situazione possa anche concludersi qui>>. Alzo le mani scostando le sue braccia.

<<Non preoccuparti Kate, la mia promessa è ancora valida>>. Risponde, mettendosi in piedi e sistemando la camicia.

<<A che cosa ti riferisci?>>. Gli domando, alzando gli occhi al cielo.

<<Non farei mai nulla che non fosse il tuo cuore a desiderare>>. Mormora, di nuovo, al mio orecchio.

"Quelle parole mi ricordano il ballo e la rabbia di Alexander. Si allontana rimettendosi seduto mentre io rimango dove sono ancora confusa da questa situazione. Non voglio che lo rifaccia, non voglio che si comporti così. Questo complica tutto, perché non posso nascondere ad Alexander che cosa fa Henry, l'interesse che prova per me ma dall'altro lato ci sono già le nostre difficoltà e poi, il caso di Natalie".

"Questo è un gioco meschino".

<<Henry, io sono impegnata. Io sto con Alexander>>. Gli spiego, con tono frustrato.

<<Lo so, per questo non farò mai nulla. Se sarai tu un giorno a chiederlo, allora sì>>. Mi spiega con nonchalance.

<<Che cosa? Che cosa faresti? Non è una questione su chi ha il permesso. Sono io a decidere di mia spontanea volontà se voglio oppure no che un uomo si avvicini a me. Per questo adesso sono arrabbiata per la situazione precedente>>. Mi acciglio, parlandogli con nervosismo.

"Chi si crede di essere? Se io mi lasciassi o gli direi una cosa del genere, lui lo troverebbe subito un pretesto per comportarsi peggio di prima? Non è così che funziona e adesso sono davvero incazzata. La rabbia m'invade come un uragano in piena tempesta. Serro un pugno e comincio subito a pensare al mio punto fermo. Ecco una prova difficile, non cedere alle proprie emozioni".

<<No, vorrei sempre che fossi tu a chiederlo. E poi, per prima mi dispiace se possa averti turbata. Mi sono solo avvicinato a te, ti disturba tanto?>>. Alza un sopracciglio divertito.

<<È meglio che questa conversazione finisca qui>>. Lo fulmino con lo sguardo ma lui fa un sorrisino, rimettendosi composto e, finalmente, a lavoro.

<<Perché?>>. Chiede ancora con lo stesso tono precedente.

<<Perché tu conosci Alexander, perché io e lui stiamo insieme e perché adesso siamo a lavoro, ad interrogare una donna accusata dell'omicidio di suo figlio>>. Sbuffo, rivolgendogli un'occhiataccia.

"Alza le mani in segno di resa. Mi passa una pila di documenti invitandomi caldamente a firmarli tutti e in fretta. Leggo le righe che mi servono per conoscere il contenuto mentre lui stesso, invia un messaggio per avvertire le guardie di poter portare Natalie nella stanza degli interrogatori".

"Il silenzio diventa mio alleato, ne ho bisogno. Voglio distrarmi, entrare a capofitto nel lavoro mi lascia comunque una certa lontananza dalla preoccupazione di essere una vampira in mezzo agli umani e dell'atteggiamento che disapprovo pienamente, di Henry".

<<Credi davvero che l'udienza si terrà prima dell'anno nuovo?>>. Domando perplessa, leggendo i documenti per l'approvazione della data.

<<No, ma burocraticamente bisognava scrivere un mese com'era stato prefissato. Gennaio sarà un anno difficile per Natalie>>. Si passa le dita sugli occhi, stanco.

<<Qualcosa non va?>>. Domando ritornando sui fogli.

<<No, tutto bene>>. Sospira, aprendo il pc e cominciando a digitarci sopra.

<<Io sono preoccupata per Natalie. I suoi silenzi possono significare tutto. È ancora tra la soglia del colpevole e non colpevole>>. Firmo l'ultimo documento e lo guardo, poggiando la schiena sulla sedia.

<<Forse per questo le converrebbe parlare. L'udienza sarà difficile da gestire, soprattutto per te. Non dimenticarlo>>. Mette le braccia sulla scrivania, parlandomi con tono serio.

<<Lo so>>. Mi limito a rispondere.

<<No, Kate. Tu non lo sai, non ci sei mai stata e tanto meno hai la consapevolezza di ciò che vuol dire difendere un accusato di omicidio doloso. È importante avere i nervi saldi e la convinzione che lei non sia colpevole, per vincere>>. Dice, accigliato.

<<Henry tu ed io stiamo lavorando con l'anima a questo caso. Non lo facciamo per vincere ma per dare giustizia a Carter, a quel ragazzo che non aveva fatto nulla per meritarsi di morire. Io difenderò Natalie con tutte le mie forze, se avrò la convinzione che lei non sia colpevole. Nel caso che lo fosse, sarei la prima ad accusarla>>. Incrocio le braccia mentre il tono della mia voce cambia.

"Sono nervosa. Avevo detto che questo caso sarebbe stato complicato per me dal primo momento cui me lo assegnarono. Adesso non può venirmi a parlare di nervi saldi e di ostacoli. Convincere la giuria che un accusato non sia colpevole è sempre un'impresa ma a me non importa. Io voglio giustizia, io voglio sapere che le persone che hanno commesso quest'abominio marciranno in galera, che gli innocenti ritorneranno ad una vita normale e che Carter potrà riposare per sempre, con la consapevolezza che c'è chi ha lottato per avere giustizia per lui, per la sua vita".

"I miei pensieri crollano non appena il tonfo della porta d'acciaio che si richiude, arriva alle mie orecchie. Due guardie rimangono appostate alla porta di fronte alla nostra. Natalie si siede pesantemente sulla sedia ancora con le mani ammanettate. Mi alzo in piedi, arrivando al vetro che riflette la sua immagine ma non la mia dall'altra parte. Il suo volto è la tristezza pura, cadaverico se non fosse per quei brevi battiti di ciglia. Il suo respiro è lungo ed affannoso, gli occhi persi e calati sulle mani. La tuta grigia che la ricopre non lascia all'immaginazione quel corpo magro che si ritrova, probabilmente dovuto a molti digiuni".

<<Mio Dio!>>. Mi porto una mano alla bocca.

<<Non cambierà Katherine, Natalie sta male>>. Sento la sua voce di Henry avvicinarsi.

<<Non posso vederla così, che cosa stano facendo a Pentonville? Non controllano le sue condizioni fisiche, le avevo richieste>>. Mi acciglio.

<<Lo fanno ma se non vuole mangiare, non vuole muoversi, non vuole avere assistenza, che cosa possono fare?>>. Chiede facendo un lungo sospiro.

<<Va da lei Katherine>>. Mi ordina, rimettendosi alla propria sedia.

"La saliva mi secca le labbra e l'agitazione prende il sopravvento. Adesso, devo affrontare non solo la mia vita lavorativa, quello che ne sarà dalle scelte di Natalie di parlare sul caso ma anche la preoccupazione di restare chiusa in una stanza con tre persone umane contemporaneamente in sole quattro mura, ed Henry dall'altra che mi monitora. Oddio Kate, smettila... hai resistito finora adesso che cosa dovrebbe cambiare? Ti sei nutrita, stai bene, devi solo portare pazienza e controllarti. Mi ripeto le parole in mente, muovendomi verso la scrivania e prendendo la valigetta. Sospiro sistemandomi la gonna, la giacca e i capelli".

"Muovo lentamente la maniglia della porta per aprirla e in pochi secondi sono nell'ufficio degli interrogatori. Natalie si volta verso di me mentre le guardie rimangono immobili vicino alla porta. Lo sguardo della donna mi segue. Mi siedo, prendendo dei fogli e una penna dalla valigetta. Poggio le mani sulla gonna e sospirando con un viso dolce, guardo quella Natalie irriconoscibile".

"In fondo, non sono nemmeno sicura di aver conosciuta la vera signora Brown, quella che viveva nella sua casa felice, con la famiglia, con il marito e il piccolo Carter. Forse, è solo peggiorata da quel primo incontro in cui magari nutriva la speranza di non essere colpevole, di riavere suo figlio. Quando non era cosciente di ciò che in realtà stava per vivere e che è stata obbligata a dover accettare".

<<Ciao Natalie, come stai?>>. Chiedo tranquilla.

<<Sto morendo>>. Mi risponde, alzando lo sguardo perso su di me.

<<Che cosa vuoi dire? Natalie, non stai bene?>>. Mi allarmo.

<<Sto morendo lentamente dentro>>. I suoi occhi sono persi mentre la sua voce è un mormorio.

"Serro le labbra, guardandola con preoccupazione. Non so' come comportarmi adesso, che cosa fare. Capisco ciò che vuole dire, niente è più lo stesso della sua vita. Si sente morire perché ha perso qualcosa di fondamentale e la sua vita non è più la stessa. Le sue emozioni piombano su di me come una cascata d'acqua gelata. Le percepisco come mie, come vere e intense. Non è colpa sua e nemmeno mia, è un effetto involontario delle mie capacità, del modo in cui avverto la sua sofferenza".

"Respiro brevemente, trovando in me la concentrazione e l'equilibrio giusto tra vampiro e essere umano che devo possedere. Avvicino una mia mano alla sua per consolarla, guadagnandomi un suo sguardo sorpreso. Vede di me un volto triste ma ciò che vedo io, è qualcosa che non posso spiegare. È un essere umano privo di vita, una donna che non ha più niente. Mi concentro sul suo cuore che sento battere così lentamente da avere paura, paura che possa davvero morire".

"Natalie non può essere la donna che ha ucciso suo figlio. Non lo è, io lo riesco a sentire. Lo vedevo quando ero umana figuriamoci adesso che posso quasi entrare nei suoi sentimenti. Una donna che sta soffrendo così non può essere colpevole".

"Un presentimento però, sconvolge ogni mia convinzione. E se fosse stata soggiogata a diventare così? A distruggersi per rendersi colpevole? Non c'è dubbio che chi ha ucciso Carter fosse un vampiro, ma può essere stata soggiogata anche a questo, oltre a dire che vede suo figlio la notte?".

"Mi alzo in piedi, camminando lentamente verso di lei. Le metto una mano sulla spalla rimanendo in silenzio qualche minuto. Guardo lo specchio cui Henry sicuramente è poggiato per supervisionare quest'ultimo colloquio. Mi rilasso e penso a quell'ancora che tiene i miei nervi saldi, il mio vampirismo lontano dalla perdizione".

<<Mi dispiace Natalie, sono sicura che non sia facile per te>>. Spezzo il silenzio.

<<Grazie>>. Sospira lei, con un filo di voce.

<<Dobbiamo arrivare a un'udienza, metterà in luce la verità e tu devi collaborare, per rendere giustizia a tuo figlio>>. Le dico, con convinzione.

Alza il viso su di me, annuendo debolmente.

<<Natalie, guardarmi>>. Le ordino, le sue pupille seguono le mie.

"Mi avvicino per guardarla dritto negli occhi. Adesso, posso conoscere almeno una parte della verità. Capire che cosa si cela dietro a questi silenzi, alla sofferenza che sta provando. Mi concentro, come non mai perché non posso sbagliare, non devo farlo e ne vale la mia vita da umana".

<<Dimmi la verità, perché ti stai facendo questo? Hai ucciso Carter? Cos'è successo quella sera?>>. La soggiogo a rispondermi, guardando nei suoi occhi.

"Il battito del suo cuore si anima, il respiro diventa più forte. Le sue vene scorrono il sangue con velocità come se stesse riprendendo in mano la vita".

<<Perché sono stanca di vivere senza la mia famiglia, io non ho ucciso mio figlio. Non ricordo cosa sia accaduto, l'ho trovato morto>>. Dice, con una voce sincera, gli occhi vividi e il dolore sul volto che anima le sue lacrime.

"Lo sapevo, avevo ragione. Su questo lei non è stata soggiogata, non ha ucciso suo figlio ma ha dimenticato ciò che è accaduto per volere del vampiro senza scrupoli che ha distrutto questa famiglia. Non doveva ricordare ciò che aveva visto o sentito, doveva essere incastrata. Questo dubbio insistente, l'idea che forse, è stata davvero lei la sta consumando dentro, la morte sta diventando la sua idea di salvezza".

<<Riusciremo a fare giustizia Natalie, io ti credo. Troveremo il colpevole>>. Le rispondo con fiducia, lei mi guarda sorpresa.

<<Davvero?>>. Mormora con un filo di voce.

<<Sì, adesso va Natalie. Riprenditi, mangia e se qualcosa a Pentonville non va bene tu, hai il diritto di farmelo sapere. Io ti sosterrò>>. Alzo il tono della voce, così da far sentire anche ad Henry in maniera evidente.

"Si alza in piedi, facendomi un breve cenno di consenso con il capo. Le guardie la portano via ed io mi rendo conto, sempre di più, di avere tra le mani la vita di Natalie e il risvolto che avrà questo caso. Ci rimugino, mettendo le cose nella valigetta e tornando nell'ufficio del detective. Io potrei soggiogare tutti, rendere Natalie libera ma sarebbe giusto? No, non posso farlo. È il mio lavoro, è ciò che voglio essere e ho sudato così tanto per arrivare fin qui, con i miei valori".

"Ho sempre detto di volermi distinguere da mia madre, dalla sua voglia di vincere per far prevalere la giustizia. Se io imbrogliassi, se usassi le doti che ho adesso, non sarebbe barare? Non è diverso dal voler vincere, se si fa con la sola idea di trionfare anche al di sopra della verità e della giustizia. No, non posso essere senza scrupoli, devo seguire l'udienza e dare la libertà a Natalie, per la sua vera innocenza".

"Ero così presa dal momento, dalla voglia di sapere che ho dimenticato di essere riuscita a controllarmi. Ho dominato i miei istinti anche quando ho sentito il suo cuore, il sangue circolare nel suo corpo. Non ho avuto fame, non ho avuto paura di crollare. Ero me stessa, ero l'avvocato che volevo diventare e ho dimenticato ciò che mi appartiene. Per un attimo mi rendo conto di essermi sentita la Kate di sempre. La donna umana e non la vampira che ora sono, con le mie forze e le mie debolezze".

<<Beh, allora ti ha convinto>>. Dice Henry, incrociando le braccia.

<<Sì, è colpevole solo di aver dimenticato cos'è accaduto e di aver probabilmente assistito alla morte di suo figlio>>. Penso ad alta voce, rispondendo alle sue parole.

<<Che cosa ti dà questa convinzione?>>. Si acciglia.

<<Il fatto che Natalie Brown si sta suicidando, sempre di più come già stava accadendo. Non ce la fa, non vuole nemmeno più sapere chi sia stato. È persa, da quando sa che suo figlio è morto>>. Spiego con serietà.

<<Non sono prove sufficienti per la legge, Kate>>. Sbotta nervoso.

<<Lo so Henry, ma io sono il suo avvocato e al di là di tutto, devo difenderla. Lo farò con la convinzione che lei sia innocente e cercando nelle prove sul caso tutto quello che possa giocare a suo favore. Mi hai chiesto di collaborare per la giustizia, fidati di me questa lo è>>. Rispondo, convinta delle mie stesse parole.

"Mi osserva cercando di studiare il mio comportamento. Rimane in silenzio, per un po', ancora a guardarmi ed io faccio lo stesso, seria e sicura delle mie parole. Questa è la verità e lui deve sapere che io non cambierò idea, che è giusto così e che Natalie è solo una pedina di qualcosa di più grande".

<<Mi fido Davis, assegnerò alla documentazione su questa giornata, l'esito del tuo interrogatorio e la tesi che ti porta a credere che Natalie sia innocente>>. Dice, con un mezzo sorriso.

<<Grazie Henry>>. Rispondo abbracciandolo dalla gioia.

"Mi accorgo solo dopo del mio gesto improvviso, mi rimetto composta subito, sistemando la giacca e con un sorriso vero e sincero sulle labbra. Nascondo l'imbarazzo di quell'istante precedente. Non dovevo anche perché adesso il suo sguardo è al quanto divertito. La gioia ha preso il sopravvento e anche se so' dosare i miei istinti, dovrei imparare a farlo anche con le emozioni".

"Non posso smettere di essere felice, per me è qualcosa di importante. Se la documentazione riporta la mia convinzione, con le prove, probabilmente ho un'ottima chance di aiutare Natalie. Adesso, devo davvero mettercela tutta. Un mese, due, quanti saranno... ora, non importa. Lei è il mio obiettivo e renderle la vita, anche se non sarà mai più la stessa, è la cosa giusta da fare".

<<Non devi ringraziarmi. È la giustizia>>. Dice, ritornando serio.

<<Tu sarai presente all'udienza?>>. Gli domando mentre si avvicina alla scrivania e sistema le sue cose.

<<Non dovrei, non ci sono nuove prove sul caso e la corte ha deciso di lasciarmi fuori. Il caso però m'interessa e verrò sicuramente come spettatore>>. Si poggia al tavolo d'acciaio, incrociando le braccia.

<<Bene>>. Dico, prendendo il capotto e sistemandolo sulle spalle.

<<Del caso di Natalie si parla in televisione? Insomma, c'è qualcuno che ha reso pubblico ciò che è accaduto in maniera evidente?>>. Chiedo accigliata.

"Era una cosa cui avevo pensato spesso ma non ne avevo mai dato troppa importanza. Ad oggi, vicini all'udienza, devo saperlo. Sei il caso di Carter è stato – montato – in TV devo conoscere tutte le informazioni, giusto per evitare che qualcuno possa obiettare su qualcosa".

<<Certo, anche sulle più importanti testate. Non ci sono molte differenze sul caso, le informazioni sono poche. A proposito di questo, dovresti ringraziarmi per qualcosa>>. Risponde, alzando un sopracciglio.

<<Cioè?>>. Lo guardo perplessa.

<<Ho permesso la restrizione sul caso e sugli avvocati che lo seguono, per evitare che potessero piombare giornalisti a casa tua a fare milioni di domande inutili. Per questo motivo non ti hanno mai fermata tu e l'avvocato del signor Brown siete anonimi per la vostra incolumità>>. Dice, mettendo anche lui il cappotto.

<<Sul serio? L'hai fatto per noi?>>. Domando sorpresa dal gesto.

<<Sì, so' come ci si sente a finire sui giornali e in TV. Non è facile, a lungo andare è una situazione che stressa e che non ti permette di staccare la spina, quando non vuoi sentire più parlare del caso>>. Prende la sua borsa e si avvicina alla porta.

<<Allora grazie Henry>>. Gli sorrido e lui fa lo stesso di rimando.

<<Ti contatterò non appena avrò notizie sull'udienza. Per il resto ti conviene fare il tuo lavoro da avvocato e preparare i super discorsi perfetti>>. Gesticola in modo divertente, parlando del mio lavoro.

<<Nessun super discorso, alla fine io rendo pubblico e migliore ciò che tu cerchi di scoprire>>. Gli faccio l'occhiolino che segue una sua risata.

"Usciamo insieme dall'ufficio percorrendo il corridoio che ci porta fuori Scotland Yard. Questa giornata sembra, finalmente, passare e anche se è stata difficile, è andata molto bene. Saluto Henry, che scappa via per una cena tra colleghi. Sono sfinita, psicologicamente s'intende, perché fisicamente mi sento sempre un leone".

"Mi preoccupa la faccenda dell'udienza e soprattutto chi possa essere stato ad aver ucciso Carter, ora che ho la consapevolezza che Natalie non c'entri. Il marito non è stato nemmeno una volta trattenuto, solo perché era fuori casa e ne hanno le prove. E se fosse lui il vampiro? A questo non avevo mai pensato. Spiegherebbe la soggiogazione e anche il modo in cui accusava Natalie di essere colpevole".

"Ci penso a lungo, mentre mi dirigo al parcheggio dell'auto. Dovrei incontrarlo, fargli fare un colloquio con il detective ed io potrei cercare di scoprire se è un vampiro. Ciò potrebbe giocare a mio favore e se fosse davvero lui, non ci sarebbero dubbi della sua colpevolezza, anche se non potrei dimostrarlo totalmente. Non posso dire che lui è un vampiro, che esistono e assassinano ragazzini innocenti. Il mondo ha già molti problemi, questo graverebbe ancora di più, sempre se ci credessero".

"Entro in auto controllando il cellulare ma di Alexander non ho nessuna chiamata. Dovrei, invece, chiamare Jane ma non ricordo che ore sono a Los Angeles, meglio arrivare prima a casa".

"Sì, sono diretta a casa mia. Nel mio piccolo posto, nel mio luogo. Ne ho bisogno, perché continuo a credere che restare a respirare un po', senza Alexander, sia qualcosa di cui necessito e lui insieme con me. Nonostante la sua distanza mi gravi come un macigno sul cuore, restare accanto a lui ed essere ignorata ha lo stesso effetto di non vederlo".

"Preferisco dargli un po' di tempo, lasciare che faccia pace con i suoi pensieri tanto me la so' cavare e oggi, ne ho avuto la più grande prova. Non ho bisogno di lui da vampira, anche se ne avevo il timore. Riesco a gestirmi, ad essere abbastanza forte e a controllare gli impulsi che, a dirla tutta, non percepisco per niente".

"Arrivo fuori casa mia, parcheggiando l'auto sul vialetto. Apro la portiera, tirando via borsa e la valigetta quando rimango pietrificata da ciò che vedo davanti a me. Schiudo la bocca per la sorpresa, le borse mi scivolano sul terreno asfaltato e un sorriso delicato si disegna sul mio viso e su quello della persona che sto osservando".

<<Jane>>. Urlo con gioia, abbracciandola forte.

"Mi è mancata, tantissimo".

<<Katherine Isabel Davis>>. Pronuncia con una finta rabbia e contraccambiando l'abbraccio.

<<Come stai? Aspetta, come fai a sapere dove abito?>>. Le chiedo ridendo dalla sua espressione buffa.

<<Ho chiesto a tua madre, è ovvio. E non cambiare discorso, tu non ti fai sentire mai, non hai risposto alla mia chiamata>>. Mi punta un dito prima di scoppiare a ridere.

<<E tu dovevi tornare una settimana fa, se non sbaglio. Scusa per il telefono, ero a lavoro>>. Le faccio la linguaccia mentre mi aiuta con le borse.

<<Sono stata con John lo sai, il tempo con lui vola. Nel verso senso della parola, cioè che prende un aereo e se ne va, per molto tempo>>. Gesticola come suo solito mentre la faccio accomodare a casa.

"Si guarda intorno complimentandosi della scelta e tirandomi varie frecciatine, sul fatto che lei ancora non c'era stata. Prendo una bottiglia di vino, la stappo e ne verso un po' in due calici per brindare  al suo ritorno e alla mia casa. Osservo la mia casa, dopo tanto, e mi rendo conto di esserci stata così poco da aver quasi scordato com'è fatta".

<<Sono felice di rivederti, ho molte cose da raccontare>>. Ridacchia, poggiando il calice sul tavolo della cucina.

"A quelle parole, una nube di pensieri cade sul mio viso. La scaccio via, non appena mi chiede se sto bene e mi concentro su di lei, cercando di dimenticare quello che sto pensando..."

"Quello che adesso sono e che devo nascondere alla mia più cara amica".

<<Vieni Kate>>. Mi dice, attendendomi alla porta.

<<Usciamo?>>. Le chiedo sorridendo.

<<È più che ovvio, cara. Dai, ci prendiamo un drink e poi, dritte a cena come ai vecchi tempi>>. Si avvicina tirandomi via con sé.

"Mi dàle chiavi della mia Mini ed entra dal lato passeggero dicendomi di fare infretta. Rido per la sua espressione sempre viva mentre metto in moto. Accendelo stereo, cambiando il mio cd dei Coldplay con una Compilation di canzoni Pop.Seguo le sue indicazioni mentre comincia a parlarmi di Los Angeles, di Miami edi tutti i luoghi in cui è stata in pochissimi mesi".

"Non mancano le risate, i suoi modi frizzantini e la voglia di divertirsi.Rido, scherzo con lei, prendo in giro le sue avventure e per un attimo, un soloattimo della vita, mi sento felice e spensierata come non mai".








Spazio autrice
Dolci lettrici ecco qui il nuovo capitolo, non voglio dilungarmi perché da qui in poi, ci saranno moltissime novità. Voi cosa pensate di Henry? Del ritorno di Jane e del comportamento di Alexander? Anche dopo il bacio è parso sempre freddo... farà bene Kate a restare un po' da sola? E perché lei sembra avere così facilmente il controllo del suo vampirismo? Stellinate mi raccomando e commentate con le vostre più sincere opinioni. Sarò felice di condividerle con voi, di darvi nuovi spunti e soprattutto di ascoltare la vostra opinione e le vostre idee. Io vi aspetto, non mancate!

Grazie come sempre del vostro sostegno, siete voi il mio traguardo


P.S. Al prossimo capitolo aggiungerò uno spazio pubblicitario. Se avete qualche storia da segnalarmi (vostra oppure no) che volete che pubblicizzi, scrivetemi il TITOLO con il NOME UTENTE in un commento.

Grazie ancora,
R. E. Meyers


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