Capitolo Quarantacinque
Dieci giorni dopo.
"Il tempo scorre e il caldo raggiunge la mia pelle, quando i riflessi del Sole riscaldano anche le vetrate della mia piccola casa di Londra. Sono seduta sulla finestra, ad ascoltare il rumore degli alberi che si muovono liberi nella brezza di un'imminente estate. Sto ascoltando l'alba, dopo tanto tempo. Avevo dimenticato quanto fosse meravigliosa, rara in questa città. La ascolto, come se mi parlasse liberamente dei suoi segreti, rivelandoli sotto forma dei più bei giochi di luce che abbia mai visto".
"Ho un libro tra le mani, la storia di Jane Eyre scritta da Charlotte Brontë. L'ho letto, penso, circa sei volte nella mia vita finora. È di un'epoca meravigliosa, che Alexander conosce meglio di me, e da cui sono riuscita a trarre molti insegnamenti. Quanto la vita sembra difficile per Jane, anche quando l'amore sembra averla trovata finalmente. E un po' quello che accade ogni volta che nella vita s'investe tanto, si cerca di non perdere se stessi e si attende di raggiungere il massimo, finché qualcuno non stravolge anche le nostre sicurezze. È quello che fa l'amore, impavido e indomabile in confronto alla nostra razionalità".
"Mi avvolgo nel mio maglione di cashmere, poggiando il mento sulle ginocchia e chiudendomi quasi a riccio in me stessa. Le lenzuola sono stropicciate, i cuscini in disordine e le coperte ricoprono leggermente la schiena nuda di Alexander che dorme prono, disteso completamente nel mio letto. Mi volto, osservando il suo viso dormiente e un breve sorriso si forma sul mio volto, senza che io lo controlli".
"Bellissimo come l'alba".
"Come la lotta che ci ha portato comunque qui, l'uno accanto all'altro. Non ci ho fatto ancora l'amore, da quando sono tornata umana e questa ha tutta l'aria di essere una conseguenza della mia insicurezza. È un peso sentirmi sempre preda di qualsiasi cosa, della paura stessa. Ho dimenticato ogni mia sensazione passata poiché, paragonata a una vita da vampira, era quasi insoddisfacente. Ero forte, capace di tener testa anche ad Alexander, senza freni. Adesso, ogni cosa mi preoccupa e sono certa che per lui è completamente l'inverso, per cui parlarne sarebbe quasi un suicidio. Mi ha detto di portare pazienza, di darmi del tempo e che qualsiasi cosa io pensi, sia sbagliata sul nostro rapporto. Secondo lui queste sono le circostanze del mio ritorno da umana e che prima o poi sarò capace di superare".
"Tuttavia, cerco di non pensarci troppo. La stanchezza è quasi scomparsa e la voglia di ritornare alla mia vita quotidiana, al mio lavoro m'invoglia a stare bene in fretta. L'unico caso che ho seguito da avvocato non è andato per il meglio, e in seguito alle circostanze avverse in cui siamo andati incontro tutti, ho scoperto anche che il detective Henry era un vampiro e che è stato proprio lui a trasformarmi, soggiogato da Allison. Alexander mi ha spiegato che molto probabilmente la vampira bionda gli ha dato la possibilità di poter nascondere il suo vampirismo agli altri. Dice che in molti posti del mondo è possibile farlo. Grazie a degli amuleti che hanno la capacità di dissolvere la percezione di chi si avvicina al vampiro che lo indossa, così da non mostrarsi e sembrare completamente umani".
"A quanto pare è così che lui ha avuto la capacità di avvicinarsi a noi, ad Alexander già in passato e poco tempo fa con me. La conclusione è stata comprendere che Allison non si è mai allontanata da Alexander pienamente, che abbia comandato alcune situazioni della sua vita portandolo a delle scelte che sono state la conseguenza dei fatti avvenuti e scelti da lei: la finta morte di se stessa come causa di Maryanne, la morte programmata da parte di Allison di Jennifer Hill e l'incontro con Henry, fino al suo ritorno casuale per costringerlo a seguire il piano che aveva architettato solo per prendere i poteri di Ophelya".
"Io sono stata una circostanza".
"Qualcosa che non era nei suoi piani, poiché una coincidenza dell'incontro delle nostre vite. Per questo Allison ha usato Maryanne, prima per allontanarmi e in seguito per uccidermi o, per meglio dire, trasformarmi e usarmi sotto forma di pedina per i suoi intenti e avere la possibilità di vincere e portarmi via per sempre Alexander".
"Abbiamo vissuto un gioco, e noi siamo stati solo pedine o come in un racconto, e noi i personaggi che vivono una vicenda dopo l'altra per raggiungere il gran finale. Alexander mi ha confessato, dopo la sua completa ripresa, di non essersi mai fidato del ritorno di Allison. Ha finto, si è immerso completamente nell'idea di sembrare suo amico e confidente, pur di riconoscere qualsiasi dettaglio che gli potesse far sospettare una menzogna da parte della vampira pazza".
"Alla fine aveva ragione".
"Non c'era niente di pulito in lei, esattamente come in ogni sua parola. Ha quasi ucciso tutti e se non fosse stato per l'aiuto di Arthur e la capacità di Alexander di essere stato più scaltro anche di lei, nessuno di noi sarebbe sopravissuto e la vampira avrebbe anche raggiunto il suo scopo, diventando una minaccia per l'intera umanità. Anche se non lo confessa, nascondendola nei meandri del suo animo, sono sicura che Alexander abbia dentro di sé molto dispiacere. Non solo per ciò che è accaduto, ma per il passato che aveva vissuto con Allison. Lui ha speso tutta la sua vita da vampiro facendo insegnamento di ciò che lei gli aveva permesso, aiutandolo a raggiungere l'equilibrio dopo la trasformazione. Aveva maledetto più e più volte Maryanne per avergli portato via il suo primo amore, di quelli che alla fine raggiungono il matrimonio e la felicità eterna. Eppure, solo adesso, dopo secoli, ha scoperto che era tutta una falsa e che Allison aveva voluto convincerlo a seguirla, l'aveva usato per i suoi scopi, facendogli credere invece che lei fosse lì per lui e solo per dargli una nuova possibilità".
"Una vita bugiarda, fatta di complotti e mezze verità. Anche se sono più che convinta che, nonostante tutto, per entrambi era scattato qualcosa d'importante e che Allison, di Alexander, non era più riuscita a fare a meno anche in passato, al di là dei suoi scopi malvagi".
"Eppure, grazie al nostro coraggio, alla nostra determinazione, siamo riusciti a raggiungere l'obiettivo e a essere liberi finalmente da questi mostri. Abbiamo affrontato il destino e abbiamo rischiato con la speranza che questo ci avrebbe condotti finalmente a restare insieme, senza più alcun timore di chi ci possa voler farci del male. Lui ed io, insieme contro questo male che ci ha voluto separare".
"Come quando il buio, incontra finalmente la luce".
<<Tutto bene?>>. Mormora la sua voce alle mie spalle, con una mano accarezza i miei capelli prima di sedersi proprio di fronte a me.
"Lo osservo, dopo che l'alba è già andata via dall'orizzonte, con i capelli scompigliati sulla fronte e la barba curata che gli ricopre parte del viso. I suoi occhi, azzurri come il ghiaccio, incontrano il mio sguardo mentre io continuo a discriminare ogni suoi piccolo dettaglio. Il movimento lento delle palpebre, la pelle nuda del suo petto, il pantalone della tuta che gli ricopre la vita e le vene che dipingono le sue mani, come rami degli alberi di ciliegio".
<<Sì>>. Sussurro, inarcando le labbra in un breve sorriso.
<<A che cosa stai pensando?>>. Mi domanda, con tono dolce mentre prende la mia mano libera tra la sua.
<<Un po'... a tutto e niente>>. Sospiro, voltandomi verso la finestra.
<<Katherine, so' che questo non è un momento facile. Vorrei solo che stessi tranquilla, che ti fidassi di me>>. Dice, la sua voce cambia.
"Sembra quasi più preoccupato di me, forse per il timore che io non smetta di immaginare tutto ciò che abbiamo passato negli ultimi tempi".
<<Mi fido, so' che è un tuo obiettivo Alexander. A volte ritornano i pensieri, ma andranno via>>. Faccio spallucce, cercando di avere un'espressione felice.
"Non che non lo sia, ma quando ricordo Allison, quella notte nella grotta di Ophelya, non riesco proprio a immaginare che non sia successo niente di grave. Ancor'oggi, a volte, ho il timore che questo sia solo un sogno e che risvegliandomi, ritrovi quell'orribile realtà".
<<Kate>>. Sussurra, quasi con un filo di voce, avvinandosi a me e sfiorandomi con le dita delicatamente al collo, esattamente dove ho la cicatrice inflitta da Allison.
<<Non ci pensare>>. Gli sorrido mestamente.
<<Lei te l'ha fatta>>. La sua voce s'incupisce, quasi come se trattenesse il dolore.
<<Mi ricorda che adesso sono qui con te>>. Poggio la mia mano alla sua, mentre continua ad accarezzarmi.
"In un attimo, scivolo sul suo corpo, in un caldo abbraccio che mi rassicura completamente. Sento il battito del mio cuore che comprime la sua pelle nuda, proprio alla mia portata. Un tonfo dopo l'altro, in questa che io chiamo casa e che non è fatta di mura e di finestre, bensì di sensazioni, dell'amore e della sua presenza che mi squarcia dentro per quanto mi renda felice".
"Tutto ciò che ho sempre voluto".
"Alexander si alza in piedi, poggiando un casto bacio sulle mie labbra. S'avvicina al letto, raccogliendo i suoi abiti e cercando di sistemare al meglio i capelli".
<<Stai andando via?>>. Chiedo, voltandomi verso di lui.
<<Sì, il lavoro chiama. Oggi ho una riunione con degli acquirenti di un mio edificio a Liverpool. Tornerò in serata>>. Mi sorride, a labbra strette. <<Tu hai dei piani?>>.
<<Sì, andrò da mia madre. L'ho chiamata ieri e mi ha chiesto di passare al suo ufficio>>. Mi alzo in piedi, andandogli incontro.
<<Immaginavo, mi raccomando>>. Mi prende, poggia una mano dietro la schiena, baciandomi delicatamente sulle labbra. <<Non farmi preoccupare>>.
<<Non lo farò>>. Gli sorrido, intrecciandomi a lui. Sprofondo le mie labbra sulle sue facendogli quasi perdere l'equilibrio.
"Lo assaporo, con quella nota di malizia e possessione che mi fa quasi perdere il controllo. Lo faccio come se non sapessi niente di lui, e questo fosse il nostro primo momento insieme. Mi sento come se avessi sempre il timore di farlo andare via da me e che niente riuscisse ad avvicinarmi a lui. Lo bacio, ancora e ancora, imprimendo nella mia mente le note del suo sapore unico, quello di un uomo che ha tutto di me, anche la ragione".
"Mi aggancia completamente con le mani, sfiorando le mie labbra con le sue. È una bellissima sensazione, eppure dentro di me qualcosa cambia. Mi travolge un senso di inquietudine, mi sento come se un peso mi attanagliasse il corpo e ancor prima di accorgermene, mi allontano. Fingendo che non ci sia niente che non vada. Gli faccio un sorriso mesto e senza dir nulla m'incammino verso la stanza da bagno".
"Non mi chiede nulla, ed è meglio così. So' che per quanto spesso cerchi di nascondergli i miei stati d'animo, a oggi sia completamente inutile. Io sono di nuovo umana, per lui questo è un grande vantaggio. Sa' percepire i cambiamenti dentro di me, il mio cuore che in agitazione comincia a battere più forte, o semplicemente quando qualcosa dentro di me non va come al solito. È complicato, perché mi sento sempre in dovere di dare spiegazioni, come se stessi in prova per qualsiasi cosa e non mi va".
"Quando ero umana e non sapevo della sua vera vita, tutto era più semplice. Mi sembrava solo un uomo misterioso, che giocava su questo fascino pur di avere accanto a sé la donna dei suoi desideri. Quando ho scoperto la vita che in realtà aveva avuto, che compiva giorno per giorno non mi pesava affatto, perché lo desideravo e questo mi bastava. Il tempo poi, si è impadronito di ogni cosa mettendoci davanti a diverse situazioni difficili da gestire ma che adesso non sarei più capace di vivere con la stessa intensità".
"È arrivato davvero il momento di scegliere".
"Apro l'acqua e m'infilo sotto la doccia, facendo scorrere un tiepido calore lungo il mio corpo. Ci rimango penso, per una decina di minuti, mettendo offline la mente e godendomi un momento solo per me. Quando esco, mi avvolgo in un telo di spugna e mi pongo davanti al grande specchio per sistemare capelli e un filo di trucco sul viso".
"Quando esco dalla stanza, mi ritrovo da sola. Le chiavi della sua auto poste sul comodino non ci sono. Capisco che è andato via, probabilmente poco dopo che ci siamo salutati. Scivolo sul pavimento l'asciugamano e m'infilo l'intimo, poi un jeans chiaro, un maglioncino leggero di colore grigio, un paio di scarpe nere e un cappottino a quadri di un grigio poco più scuro. Lego i capelli con una coda, lasciandoli un po' scompigliati ai lati. Sono pronta, non mi resta che prendere l'auto e raggiungere mia madre al suo ufficio".
"Quando accendo l'auto imposto la musica alla radio. Parte una canzone, non ricordo neanche l'artista. Sento solo le parole, intonate con una musica ritmica che parla di complicità, una coppia che scappa e si ritrova. Il fiato che manca, i lividi che si portano sulla pelle e poi, i baci e le parole che non sanno spiegare il loro amore".
"Le chiamano parole inutili".
"Perché in fondo è così, a che cosa servono le parole? Quando si va oltre, e quella bellezza del non riuscire a spigare nulla e del non poterlo dimostrare perché è tutto troppo grande; lo puoi solo vivere, e nessuno al di fuori lo capirà. Ci puoi provare, in un certo senso ci riuscirai ma come lo spieghi il fiato che manca, il sorriso che spontaneamente si forma sulle labbra, le carezze delicate che sono tutto o niente, ma nascono e non le eviti perché nell'inconscio le pensi".
"Vuoi appartenergli".
<<Pronto>>. Rispondo, guardando la strada non appena squilla il cellulare.
<<Katherine>>. Urla Jane, dal viva-voce dell'auto.
<<Jane, come stai?>>. Ridacchio, per la sua voce che rimbomba in auto.
<<Io benissimo, sei una pessima amica. Ti rendi conto che la data del mio matrimonio è fissata a un mese preciso ed io non riesco ad avere il tuo appoggio?>>. S'arrabbia ironicamente.
<<Mi dispiace, sono stata molto impegnata>>. Le spiego, con calma.
<<Beh, non m'importa. Prima di ogni altra cosa c'è il mio matrimonio... Kate, devi aiutarmi>>. Continua a urlare.
<<Sì, ci sono... ti darò una mano. Ci vediamo venerdì?>>. Rido, alzando il tono della voce più del suo.
<<Sì, non mancare. Ti vengo a prendere a casa tua alle otto, baci>>. Non attende neanche la mia risposta, staccando direttamente la chiamata.
"Il matrimonio della mia migliore amica si avvicina ed io ho l'obbligo di essere al suo fianco. Immagino già le mille paranoie sull'abito, sull'evento e la mia opinione che conterà ben poco giacché ogni cosa deve essere esattamente come desidera lei. Chissà che cosa avrà già in mente e quanto mi toccherà camminare avanti e indietro insieme con lei, nei negozi e ville per il ricevimento".
Accosto l'auto nel parcheggio, poco prima dell'ufficio di mia madre.
"Scendo frettolosamente, prendendo borsa e cappotto. Raggiungo la rosticceria e compro il pranzo al sacco per due. Sono sicura che per il troppo lavoro non avrà ancora mangiato e che sarà contenta di fare qualche minuto di pausa insieme con me".
Mi riceve subito Eloise, la sua segretaria. Nessun cliente è nella sala. Probabilmente è impegnata a sistemare qualche documento.
<<Katherine...>>. Sorride, non appena apre la porta. Mi viene incontro, abbracciandomi stretta al suo petto.
<<Mamma>>. La osservo, con la sua solita aria austera ma felice. È in tailleur, come sempre, di un rigoroso blu notte. <<Spero tu non abbia pranzato>>. Ridacchio, seguendola nel suo studio.
<<Non ancora, ma vedo che ci hai pensato tu>>. Indica le buste.
<<Sandwich con doppie patatine>>. Le rispondo, mi fa l'occhiolino in cenno di approvazione.
"Il suo pranzo preferito, delle nostre giornate abitudinarie in ufficio".
<<Accomodati, poggia il cappotto lì>>. M'indica l'attaccapanni, mentre si toglie la giacca e la poggia alla spalliera della sedia in pelle. <<Ho ancora tanto lavoro, spero di riuscire a tornare per ora di cena a casa>>. Mi sorride.
<<Ce la farai, lo dici sempre e poi ti trovi anche in vantaggio>>. Sbuffo, poggiando le buste del pranzo sulla scrivania.
<<Eloise, puoi andare via. Ci vediamo domani>>. Dice mia madre, alzando la cornetta del telefono e comunicando con la sua segretaria.
<<Le lasci la giornata libera?>>. Prendo i sandwich e le bottiglie di coca-cola.
<<Ogni tanto, la sua presenza sarebbe inutile adesso. La lascio divertirsi>>. Ridacchia, mentre mangia.
<<Meglio così>>. Faccio spallucce, addentando anch'io il pranzo.
"Che meraviglia il sapore delle cose semplici".
<<Sono fiera di te, hai cominciato l'università e hai lavorato in contemporanea. Senza mai perdere i tuoi obiettivi>>. Fa un sorriso, parlandomi con tono dolce.
"Non è da sempre ricevere un complimento da mia madre".
<<Come mai oggi sei così? Che cosa sta succedendo?>>. Mi acciglio, senza trattenere l'ironia.
<<Niente, sono semplicemente contenta dei tuoi successi. Adesso inizia il tuo vero percorso, dovrai farne di strada ma sono sicura che ci riuscirai>>. Beve un sorso.
<<Sono contenta che lo pensi, in fondo il mio primo caso giudiziario non è andato male. Ho difeso la signora Brown, cercando di scoprire la verità al di là del mio ruolo. Per me era giusto che vincesse la giustizia>>. Le rispondo, poggiando la schiena alla spalliera della sedia.
<<Chi è la signora Brown?>>. Mi domanda perplessa.
<<La donna che fu accusata dell'uccisione del figlio. Non ricordi? Te ne ho parlato, ho anche chiesto il tuo aiuto>>. Mi acciglio.
<<Che cosa stai dicendo, un caso del genere andrebbe dritto a Scotland Yard>>. Non trattiene un risolino mia madre.
<<Con loro ho collaborato, come fai a non ricordarlo...>>. Sospiro, cercando di comprendere l'espressione confusa di mia madre.
"E se non fosse un caso?".
<<Kate tu hai preso adesso la strada del lavoro, è impossibile che abbia già lavorato per Scotland Yard e per di più che io non ne sappia nulla>>. Risponde, con calma e sicura delle sue parole.
<<Hai ragione, mi sarò confusa>>. Bevo un sorso di coca-cola, mettendomi in piedi.
<<Dove vai?>>. Mi chiede.
<<Mi sono ricordata adesso che avevo promesso ad Alexander di aiutarlo in una faccenda legale, scappo alla sua azienda>>. Faccio per prendere cappotto e borsa, salutandola con un bacio sulla guancia. <<Ci vediamo presto mamma>>. Le sorrido.
<<Fai attenzione Katherine, ci vediamo>>. Mi raccomanda con premura, mentre la porta si richiude alle mie spalle.
"Sono passati dieci minuti e già sono fuori all'edificio della Smith Company. Durante il viaggio non ho smesso di pensare all'espressione spaesata di mia madre mentre le raccontavo del mio unico e primo caso in cui ho difeso una cliente, la signora Brown accusata dell'uccisione del figlio Carter. Ho passato mesi e mesi a seguire quel caso, a cercare di difendere quella donna innocente che alla fine ha perso la vita a causa della stanchezza, dell'enorme peso che portava sulle spalle e sulla coscienza".
"Eppure non lo ricordava".
Saluto le segretarie e mi dirigo direttamente all'ascensore, arrivo al piano di Alexander e busso alla grande porta lucida dove sono incisi il suo cognome e nome. Mi risponde, dandomi il consenso per accomodarmi.
"Lo trovo davanti alla scrivania, intento a firmare dei documenti a testa abbassata. È in abito scuro, e con la mano libera si sfiora leggermente la barba dal mento, alza il viso facendo cadere una ciocca di capelli ribelli direttamente sulla fronte. S'acciglia, pensando alla mia visita inaspettata probabilmente".
<<Kate, qualcosa non va?>>. Si alza subito in piedi, mettendosi davanti a me.
<<No, cioè più o meno... non sapevo con chi parlarne, per questo sono corsa da te>>.
<<Cos'è successo?>>. Domanda, con tono freddo e austero. La sua espressione è seria, senza un filo di preoccupazione.
<<Mia madre non ricorda del caso di Natalie Brown, quello che ho curato insieme a Henry a Scotland Yard. All'inizio ho pensato che fosse solo sua distrazione ma non è così, l'ha dimenticato... può essere che è stato così per tutti?>>. Gli chiedo, confusa dalla situazione.
<<Non esiste più quel caso a Scotland Yard>>. Mi risponde, andando dritto al punto.
<<Alexander... che cosa vuol dire?>>.
<<La signora Natalie Brown e il caso del figlio ucciso sono spariti dai database di Scotland Yard, nessuno ricorda che sia successo né che tu sia stata lì né della presenza del detective Henry>>. Si volta, prendendo dei documenti al lato della sua scrivania e porgendomeli. <<Era solo il pretesto adatto ad avvicinarti a Henry, una volta che Allison è stata sconfitta non era necessario continuare a utilizzare quel caso>>. Continua lui, già a conoscenza di ogni cosa.
<<Quindi, Natalie e suo figlio... sono morti, per colpa di Henry>>. Mormoro, senza trattenere il dispiacere.
<<Probabilmente, non sappiamo chi li abbia uccisi ma sicuramente dovevano solo essere usati per arrivare a te>>. Sospira. <<Kate, non è colpa tua>>. Mi poggia una mano sulla spalla.
<<In un certo senso...>>. Un sorriso mesto muore subito dalle mie labbra. <<Questi documenti, che cosa sono?>>.
<<Il tuo lavoro quest'anno come avvocato e curatrice degli affari legali della Smith Company. Ci hai difeso da ben tre cause penali per alcuni miei appalti in Malesia, inoltre superati brillantemente e senza l'utilizzo di risarcimenti. Prova della tua bravura nel lavoro, sarai nostro avvocato con la possibilità di lavorare anche come professionista libero>>. Spiega Alexander, mentre li sfoglio velocemente.
<<No, non posso... è falso>>. Lo guardo accigliata. <<Ne va del mio onore>>.
<<Hai superato prove più pericolose, come il caso dell'uccisione di Carter Brown. Questa è una sciocchezza, serve solo a non lasciare in bianco il tuo curriculum. Quel caso è introvabile, nessuno ricorderà neanche l'esistenza di quella famiglia>>. Dice la verità, così com'è.
<<Cos'è stata la mia vita negli ultimi tempi, se non una menzogna>>. Mi passo una mano nei capelli, lasciando i fogli sulla scrivania in vetro.
<<La mia ha vissuto nell'inganno, nella sopravvivenza e nella menzogna Katherine>>. Mi dice, prendendomi per un braccio e costringendomi ad alzare lo sguardo verso di lui. <<Lo abbiamo scelto quando siamo entrati in questo mondo>>.
<<Tu mi hai lasciato andare via, non mi hai permesso più di appartenergli e per che cosa? Finora sono stata il giocattolo di una vampira assassina, ti ho visto morire davanti ai miei occhi e sono costretta anche a essere umana>>. Gli sputo con rabbia, senza freni.
<<L'umanità è il tuo bene>>.
<<È ciò che mi separerà sempre da te e ancora non lo capisci>>. Lascia la presa sul mio braccio, mentre continuo a parlargli a pochi millimetri dal viso.
<<Non è il momento di parlarne, accetta quel documento e questa sarà la versione che tutti conosceranno su di te>>. Fa, prima di stringermi il capo in una mano e avvicinarsi per posare un delicato bacio sulla mia fronte. <<Ci vediamo a casa tua più tardi>>. Mi dice, poi si risiede alla sua poltrona per ritornare a lavorare.
<<Sì>>. Mi limito a rispondere, avvicinandomi alla porta e chiudendola alle mie spalle non appena lascio il grande ufficio di Alexander.
"Che ne sarà di me, se continuerò a vivere nella menzogna che questo sia ciò che voglio?".
"Che cosa ne sarà di noi?".
*Spero di farmi perdonare abbastanza per la mia assenza prolungata. Sapete che ci tengo tanto a fare un lavoro buono, questo significa che a volte devo impegnarci un tempo maggiore di quanto prospetti. Se vi è piaciuto il capitolo lasciate una stellina oppure un commento per raccontarmi la vostra opinione. Sarò felice di rispondervi, vi ricordo inoltre che mancano solo 5 capitoli al finale, pronte? ♥️
Un bacio forte,
R. E. Meyers
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