Capitolo Diciotto
"Quando arrivo a Rose Square ho ancora un accenno di affanno, anche se non so' come sia possibile che nonostante non possa stancarmi mi senta, comunque, come se non avessi fiato e il respiro che si ferma proprio alla gola lasciandomi poco ossigeno".
"Mi fermo bruscamente tirando il freno a mano e spegnendo l'auto. Apro lo sportello che involontariamente lascio aperto, senza salutare nemmeno Arthur che mi si avvicina e mi chiede che cosa sia successo. Entro correndo nella Villa di Alexander, salendo la grande scalinata e fiondandomi di colpo nel suo studio personale. Spalanco la porta mentre lui è seduto alla scrivania con dei documenti tra le mani, si volta quasi come se fosse sorpreso di vedermi ma probabilmente, è solo il riflesso della mia espressione che è un misto tra paura e fermento".
<<Kate, che cosa sta succedendo?>>. Mi chiede accigliato e alzandosi in piedi, m'invita a sedermi.
<<Non... non lo so... Alexander ero con Jane, siamo uscite da un Bar e ho sentito una... voce nella mia testa. Era così pensate, rimbombava continuamente ma il peggio è arrivato dopo. Un dolore forte mi ha fatto accasciare e nello stesso momento ho sentito... ho sentito che dovevo trasformarmi>>. Mi avvicino a lui aggrappandomi alle sue braccia con la voce quasi rotta dal terrore.
<<Ho lottato con tutte le mie forze per divincolarmi. Ce l'ho fatta ma lo stavo per fare Alexander... stavo per trasformarmi davanti a tutti e Jane... la percepivo come una preda... è stato orribile>>. Confesso mentre i miei occhi cercando in lui la sicurezza di cui adesso ho bisogno.
"Mi sono sentita persa e in un momento ho veramente creduto di poter fare del male a qualcuno, alla mia migliore amica. Come ho potuto pensare a lei come una preda facile? Non l'ho fatto a lavoro, non mi è accaduto e per giunta sono stata a stretto contatto con le persone, con Henry e non li ho mai percepiti come esseri umani di cui nutrirmi. Non ci ho pensato, ho lasciato che fossi me stessa per sentirmi come una volta e aveva funzionato. Poi, quella voce è arrivata ed ha cambiato ogni cosa. Non avevo più il controllo quasi, ho dovuto lottare contro di me, per prevalere... per far prevalere il buon senso da umana".
<<Katherine, calmati adesso. Sei qui, sei al sicuro>>. Mi dice, facendomi accomodare su un divanetto senza lasciarmi le braccia.
<<È stato il punto fermo a salvarmi. Se non me lo avessi insegnato, non ci sarei riuscita>>. Gli confesso timidamente.
"È la verità e ora più che mai mi rendo conto di che cosa significhi aver bisogno di qualcosa, un pensiero che riesca a bilanciare le azioni da compiere. Se non avessi avuto la forza di riuscirci non avrei mai potuto vincere al di sopra di quel desiderio di trasformarmi. Era impetuoso e sembrava avere il pieno controllo di tutte le mie facoltà".
<<Lo so>>. Mi dice, come se fosse una cosa ovvia. Si rimette in piedi, sistemando i polsini della camicia e sospirando brevemente lo vedo seguirmi con gli occhi.
<<Io ce l'ho fatta con il lavoro. Non ho avuto problemi, non ho neanche mai desiderato il sangue di nessun essere umano presente intorno a me. Quando ho sentito quella voce, in quel momento è cambiato tutto>>. Mi metto le mani sul viso stringendo un po' gli occhi.
"Quando li riapro lui è davanti a me con un bicchiere con due gocce di whisky rosato. Capisco subito che al suo interno c'è del sangue e lo guardo quasi con perplessità. M'incita a berne il contenuto che guardo riflesso in quel vetro cristallino. Sospiro, tenendo ancora il bicchiere tra le mani e pensando a quanto questa situazione sia così difficile".
"Perché diventare vampiri sembra un'impresa da primati? Perché non posso vivere la mia solita vita tranquilla, fatta eccezione per l'immortalità? E ciò che vorrei ma sono anche sicura che se glielo dicessi, Alexander mi risponderebbe con una frase del tipo – per ogni scelta ci possono essere traguardi ma da raggiungere solo dopo mille ostacoli – ed io mi rendo conto di quante cose ancora mi separano da avere il pieno controllo di ciò che sono adesso e dal poter essere abbastanza forte come lui".
<<Ne hai bisogno>>. Mormora indicandomi ancora il bicchiere che rigiro tra le mani. Alzo lo sguardo su di lui e poi, lo abbasso sul bicchiere portandolo alla bocca e facendo di quel contenuto un solo sorso.
<<Ti prego dimmi che sai cos'è successo...>>. Poso il bicchiere sul tavolino e gli parlo con una certa ansia che monta dentro di me a ogni secondo in cui resta in silenzio.
<<Sì, lo so>>. Risponde, gettandosi sulla poltroncina proprio di fronte a me con le dita sugli occhi.
"Il suo viso è marcato e quell'espressione stanca mi sta dicendo proprio che c'è qualcosa che non va. Cerco di mantenere la calma e i nervi saldi per controllare al meglio le mie emozioni e soprattutto dargli tutto il tempo per spiegare che cosa si nasconde dietro a ciò che è successo giacché lui ne è più che consapevole, a quanto pare".
<<Allora...>>. Mormoro cercando di attirare la sua attenzione.
<<Katherine... il vampiro che ti ha trasformata ha cercato di comunicare con te, ti ha chiamata e ha voluto usare il potere che ha su di te per trasformati o meglio, per farti cedere al suo controllo. In questo modo ti ha mostrato la sua forza, il suo dominio su di te e il fatto che tu gli abbia tenuto testa, riuscendo a non cedere all'impulso, lo avrà sconvolto>>. Incrocia le dita, avvicinandosi a me e parlandomi dritta negli occhi.
"Ascolto attentamente le sue parole e una nube di pensieri mi riporta a quel momento. Lo avevo immaginato, quell'idea era parsa dentro di me ma non volevo pensarci, non volevo che fosse reale. Ha davvero utilizzato il legame con me... il vampiro, quel vampiro sconosciuto che mi ha trasformato ha voluto contattarmi. Che cosa vuole? Perché? Perché adesso?".
<<Sul serio... cioè, il vampiro che mi ha trasformata>>. Mi tremano gli occhi.
<<L'ha fatto, sapevamo che sarebbe accaduto>>. Sospira serio.
<<E perché ha voluto mostrare la sua forza cercando di farmi trasformare? Non ha senso, davanti alle persone, sarebbe una condanna per tutti i vampiri>>. Dico, intrecciando le dita nervosamente.
<<Perché voleva dimostrarti come funziona la gerarchia tra vampiri. Lui è il tuo dominatore, governa su di te, decide per te anche la trasformazione mentre tu sei la sua sottomessa, una vampira che sta solo ai suoi ordini>>. Spiega accigliato.
<<Sì, ma io mi sono fermata, ho avuto il controllo>>. Mi guardo intorno, quasi spaesata da tutto ciò.
<<E questo lo avrà stupito, sicuramente...>>. Risponde abbassando per un secondo lo sguardo.
<<Perché?>>. Chiedo perplessa.
<<Perché sono rari i casi in cui un neovampiro riesce a fare queste cose>>. Si alza in piedi, camminando nella stanza con le mani nelle tasche.
<<In che senso? Non è solo una questione di volontà? Io ho te come insegnante, mi hai mostrato le cose giuste da fare... quello mi ha dato sicurezza>>. Mi avvicino a lui, cercando di capire al meglio il significato delle sue parole.
"Un raro caso? Io sono una vampira rara per le mie doti? È impossibile, non credo affatto che sia così e soprattutto, non mi sento capace di controllare ancora le mie percezioni come devo. Riesco a sottrarmi alla voglia di cedere al sangue ma sul resto ho ancora tanto da lavorare e, di certo, non posso competere con Alexander. Più volte mi ha messo al tappeto senza trasformarsi e l'unico momento in cui sono riuscita a batterlo è stato quando mi sono lasciata trasportare dal vampirismo e poi, sono sicura che mi abbia fatto anche vincere".
"Io credo che in tutta questa faccenda ci sia qualcosa di cui io sono all'oscuro e spero che lui ne sappia più di me e che non mi nasconda nulla".
<<Kate, diciamo che alcuni vampiri apprendono in fretta. È tutto ciò che so, questo lo avrà incuriosito ed è probabile che cercherà di rimettersi in contatto con te>>. Muove una mano sinuosamente mentre parla, rimettendola in tasca solo quando il silenzio ritorna nella camera.
<<Di nuovo, perché vuole capire il motivo?>>. Gli domando, lui si limita ad annuire.
"Non basta di certo avere dei problemi personali, l'impossibilità di valicare Alexander e in più quei pensieri negativi che ho avuto non appena ho visto Jane. Infatti, adesso che mi rendo conto di quanto sarà difficile tra alcuni anni mantenere una vita apparentemente normale e il segreto con la mia famiglia e i miei cari, devo anche preoccuparmi di questo vampiro e di ciò che vuole da me. Noi volevamo sapere chi fosse e quale modo utilizzare per arrivare a lui ma non ora. Alexander voleva che diventassi più forte, più capace di dominare su me stessa e sul mio essere vampira".
<<Signor Alexander, signorina Davis... c'è una ragazza...>>. Arthur interrompe i miei pensieri, attirando la nostra attenzione.
<<Spostati, voglio vedere lui>>. Urla una voce dietro ad Arthur. Non appena lo sorpassa con uno sguardo accigliato, Alexander ed io ci guardiamo perplessi.
<<Jane?>>. Domando avvicinandomi a lei.
<<E tu come sei entrata qui?>>. Ringhia Alexander fulminandola con lo sguardo.
<<Katherine, come stai?>>. Mi si avvicina subito, stringendomi le braccia con le mani.
<<Io sto... meglio, Jane ma che cosa ci fai qui?>>. Le domando ancora sconcertata dal suo arrivo.
<<Tu, credi di essere l'unico con abbastanza denaro? Anch'io ne possiedo e posso trovare informazioni sulle persone... tipo dove abiti!>>. Si volta, andando incontro ad Alexander e puntandogli un dito sul petto.
<<Devi smetterla di fare del male alla mia amica. È corsa via, mi ha lasciato prendere un taxi e sapevo che sarebbe venuta qua. Perché ogni volta che lei non sta bene è colpa tua Alexander, da quando ti conosce Kate è strana... non vuole parlarmi e non mi dice che cosa tu sei capace di fargli. Devi smetterla, hai capito? Lei è la mia amica e non voglio più vederla soffrire>>. Sfuria lei, guardandolo dritto negli occhi.
"Alexander alza le mani senza muoversi di un solo millimetro ed io per un secondo dimentico tutto, ridacchiando tra me e me per la scena esilarante che sto osservando. Lui teso, con il suo sguardo enigmatico e lei che con la sua solita voce che getta fuori tutta la sua rabbia per la scena precedente che abbiamo vissuto Bar".
"Mi ricordo poi, che cos'è accaduto e ciò che lei dice mi ferisce nel profondo. Alexander non è la causa di ciò che mi accade e non mi fa soffrire, almeno, non abbastanza da potergli parlare così. Non ha il diritto di farlo ed io non voglio sentirlo in colpa, ancora una volta, per causa mia".
<<Ascoltami Jane, non è così>>. Mi avvicino a loro cercando di calmare la situazione.
<<Ah no? Ogni volta che ti chiedo come va con Alexander la tua faccia si rabbuia. Ogni volta che ti chiedo di parlarne svii la domanda e poi, fuggi in preda a qualcosa che non so e corri qui. È lui Kate, davvero sei così fottutamente innamorata da non capirlo? Tu mi menti perché hai paura di dirmi che cosa ti fa, perché tu sei così protettiva nei suoi confronti>>. Questa volta si gira verso di me, urlando ancora le sue parole.
<<Jane smettila. Tu non conosci la vita che ho vissuto in questi mesi e solo perché sei mia amica, non hai il diritto di sparare sentenze senza prove concrete di ciò che c'è tra lui e me. Io ti voglio bene e apprezzo la tua preoccupazione ma sono corsa da Alexander perché volevo un suo parere. Non perché è lui la causa della mia tristezza. Io sono così a causa di me stessa Jane, di ciò che sono e che tu non puoi capire... non puoi e basta>>. Getto fuori la verità sfidando i suoi occhi.
"Vorrei dirle quello che realmente nascondo nelle parole ma non posso e non ne sarei capace. Mi muore in bocca la verità che si nasconde dietro ogni cosa, dietro quei silenzi di cui il nostro rapporto si è fondato negli ultimi mesi. Io non posso essere la Kate di sempre e mi rendo conto di non esserlo già da molto tempo, da quando ho conosciuto Alexander e lui mi ha mostrato un nuovo mondo che ha preso possesso anche del mio".
<<Vorrei che gli chiedessi scusa Jane>>. Mormoro, stringendo i pugni.
"Mi volto verso Alexander che è immobile davanti a noi. I suoi occhi sono ghiacciai inscalfibili e la serietà del suo volto m'incute un certo timore. Jane, invece, fa un'espressione contrariata dalla mia richiesta ma la ammonisco con un'occhiataccia e facendole segno di avvicinarsi a lui e dirgli le sue scuse. Non doveva reagire in questo modo e avrebbe fatto meglio a non piombare in casa senza preavviso. Avrebbe potuto chiedermi se lui fosse la causa ed io l'avrei rassicurata al meglio sul fatto che Alexander non è capace di farmi del male in nessun modo che lei abbia anche solo immaginato. Si gira verso di lui, facendo un lungo respiro e poi, abbassa lo sguardo sul pavimento".
<<Alexander mi dispiace... scusa. Non sarei dovuta piombare in casa tua così e dire quelle cose. Ho visto Kate soffrire, questo mi fa molta rabbia e... mi ha fatto agire impulsivamente>>. Dice, esitando qualche volta ma sempre ad occhi bassi.
"So' quanto sia difficile per lei, non è abituata a dire scusa così facilmente".
<<Non preoccuparti Janet, lo capisco. A volte, quando si prova affetto verso qualcuno, per noi, diventa più lecito reagire d'istinto che di testa. Voglio solo dirti che io non farei mai del male a Katherine. In ogni momento della mia vita mi sono ripromesso di fare l'impossibile per far sì che non sia toccata nemmeno dal vento ed io, non sarei mai capace di sfiorarla>>. Alexander pronuncia la sua risposta con un'eleganza indescrivibile.
"Involontariamente trattengo il respiro perché, quando la sua voce inonda la stanza, le sue parole mi ricordano dei momenti di quel passato così vicino ma che a me sembra lontano un'eternità. Quel passato dove mi ha sempre dedicato anche solo un momento della sua vita per dirmi quanto mi amasse, quanto desiderasse per me la felicità e la protezione che lui si è ripromesso di donarmi giorno dopo giorno".
"Ed io mi ricordo, come se non avessi mai dimenticato, che lo amo nonostante la sua distanza..."
<<Me ne rendo conto>>. Sospira Jane, facendo un sorriso.
<<Vi lascio sole...>>. Alexander si avvia alla porta, chiudendola dietro di sé e dandoci un po' di privacy.
<<Jane...>>.
<<No, Kate tocca a me. Scusa, davvero. Io ti ho vista stare male, avere paura e poi, ciò di cui stavamo parlando nel Bar e il fatto che tu non mi fai entrare nella tua vita personale. Non sono fatti miei ed hai ragione ma tra noi è sempre stato così... ho avuto seriamente il dubbio che lui ti facesse del male Kate, fisicamente e moralmente ma che tu come un'incosciente ci fossi rimasta vicino. Io voglio che tu stia bene Katherine... voglio vederti sorridere>>. Si avvicina a me, dicendo tutta la verità che mi aveva nascosto dei suoi dubbi.
"La ammiro, per il suo coraggio di piombare a casa di Alexander e dire quelle cose senza neanche il minimo timore di sbagliare. Infatti, adesso che ci penso bene, Jane per me sarebbe corsa anche in capo al mondo per fare giustizia. Non posso essere arrabbiata con lei, anche se so' che quelle parole probabilmente hanno girato il coltello nella piaga, nel rapporto già difficile che sto vivendo con Alexander ma lei non c'entra dopotutto. Se ha fatto questo è stato solo per puro affetto, per quello che ci lega come sorelle".
<<Io voglio che tu ti fidi di me Jane. Sul serio, non c'è niente che non va o che mi fa stare male che abbia a che fare con Alexander. Io voglio che tu mi creda e che capisca che non sono stupida e non rimarrei con Alexander se non avessi la certezza che mi ama ed è innamorato di me come lo sono io di lui>>. Le prendo una mano tra le mie, sorridendole con sincerità.
<<Io mi fido di te Katherine, lo farò sempre>>. Mormora quasi come una confessione.
"Ci abbracciamo per un tempo che a me sembra abbastanza lungo. Ne ho bisogno e sento come se anche lei percepisse andare via per sempre, quel momento di separazione che stavamo vivendo".
"Perché l'amicizia non è come l'amore. Non ha bisogno di essere coltivata ogni giorno per far rimanere accesa la luce che gli dà vita. L'amicizia si consolida nelle fondamenta della nostra anima e la sorreggono quando per noi diventa difficile mantenere il nostro mondo e ci sembra di cadere. Perché ci tende la mano e ci dà la forza di dire che non è mai abbastanza profonda una ferita per non rialzarsi".
<<Ti voglio bene>>. Le mormoro sui capelli, stringendola ancora.
<<Te ne voglio anch'io>>. Risponde Jane, sciogliendo l'abbraccio.
<<Katherine, voglio solo chiederti... che cos'è stato quel malore allora?>>. Mi domanda con un'espressione perplessa.
<<Credo sia stato un calo... come quando eravamo a Miami, ricordi? A volte mi capita ancora>>. Le rispondo con nonchalance, alzando gli occhi al cielo.
<<E come mai? Sei stressata?>>. Si acciglia.
<<Un po'... con il lavoro. Sto seguendo in caso di un assassinio di un ragazzino da parte della madre. Cose complicate, non voglio annoiarti>>. Alzo le mani in segno di negazione.
<<Sul serio Kate? O mio Dio>>. Spalanca la bocca sorpresa.
<<Sì ma sono cose di routine quando entri nel campo penale. Non preoccuparti, passerà>>. Le dico.
<<Facile a dirsi... beh, dovresti far vedere questa cosa, comunque.>>. Mi ammonisce, sistemandosi il cappotto beige.
<<Lo farò>>. Le dico con una linguaccia che contraccambia subito, come suo solito.
"Congedo Jane che va dritta verso la sua auto parcheggiata all'entrata della Villa salutando come un'ochetta Alexander e me. Ridacchio pensando a quanto sia così vulnerabile di carattere e capace di passare da un secondo di pura rabbia ad un secondo di contentezza, nel suo stile – senza pensieri – che ho sempre adorato".
"Faccio cenno ad Alexander di entrare di nuovo nel suo studio, lui mi segue subito rimanendo in silenzio e poggiandosi alla grande scrivania con le braccia incrociate. Lo guardo e nonostante vedo sul suo viso una ruga di nervosismo, non posso che pensare a quanto io ami quest'uomo; in tutta la sua perfezione e in tutta la sua imperfezione che lo ha sempre contraddistinto ai miei occhi, come l'uomo che desidero e l'unico che potrei volere nella mia vita in eternità".
<<Che cosa stai pensando?>>. Mi domanda facendo scivolare via i miei pensieri.
<<A quanto ti amo>>. Mormoro, trattenendo un sorriso e avvicinandomi di più a lui.
<<Per la tua amica sono io la causa dei tuoi mali>>. Dice.
"Me lo aspettavo".
<<Non ascoltare Jane, lo sai com'è fatta. Mi sono sentita male davanti a lei, che cosa vuoi che pensi? Mica crede che un vampiro ha cercato di controllarmi facendomi trasformare davanti a tutti e desiderare di squartarle il collo. Ha collegato solo la nostra chiacchierata agli avvenimenti... ma si sbaglia e se tu in realtà pensi questo, non so più come farti capire che io non sono come te>>. Mi acciglio, rispondendogli con sicurezza.
<<Come me?>>. Domando con un'espressione perplessa.
<<Sì Alexander, come te che hai bisogno di puntare il dito verso qualcuno pur di non credere che certe cose possano capitare ed incolpi te stesso perché non puoi farne a meno. Sei così abituato a distruggerti da solo che per te è difficile pensare in modo diverso, capirci qualcosa in modo diverso>>. Rispondo con lo stesso tono precedente.
<<Lei ha solo fatto un'affermazione di cui sono sempre stato convinto>>. Dice con nonchalance.
<<Lasciami andare... lasciami Alexander, fallo. Finiamola qua e ti farò vedere allora che cosa significa stare male, provare dolore e dire che la colpa è tua. Allora potrò dare ragione alle cose che pensa Janet ma non adesso, non ora che io sto con te e che questo mi fa stare più che bene. Tu mi fai stare più che bene>>. Stringo la sua giacca tra le mie dita avvicinando il mio viso al suo.
"Ci respiriamo ma questo non annulla lo stesso quel filo che ci divide, così fragile eppure così dirompente da avere l'effetto di farmi stare male anche quando sono nel posto che mi dà la pace, come se mi trafiggessero ogni volta mille lame d'argento ed io non avessi forza nemmeno per un ultimo alito di vita su questa terra".
<<Katherine...>>. Sospira il mio nome lentamente.
<<Se non è quello che vuoi allora smettila di credere di essere artefice della mia vita. Non è così Alexander, non lo sarà mai. Il destino non puoi deciderlo tu>>. Stringo le dita nervosamente.
"I suoi occhi azzurri come il ghiaccio guardano nei miei e quasi, sento di poter sprofondare in quella marea di misteri che contengono. La sua mano destra sfiora la mia guancia lentamente e per quel che vale, per me va bene anche che rimanga in silenzio. Questo gesto dice più di quanto lui riesca a trasparire nelle parole e anche se potrebbe non essere abbastanza a me, sembra proprio che mi dica di restare..."
"Di restare e basta".
<<Io non andrò mai via da te Alexander, voglio che tu lo sappia>>.
"Sussurro quelle parole, chiudendo leggermente le palpebre e facendomi cullare dalla meravigliosa sensazione del contatto della sua pelle con la mia, della mia anima che si avvolge, in quel delicato gesto, alla sua. Cercando di dirgli che non c'è nessun posto al mondo per me senza di lui".
Spazio autrice
Buonasera lettrici, ecco i capitolo diciotto dove FINALMENTE vediamo ammettere ad Alexander che Katherine "non è una vampira normale" ma secondo voi perché? E per quale mtoivo questo vampiro sconosciuto che ha voluto fare un torto ad Alexander, si sta mettendo in contatto con lei? La situazione sembra essere cambiata e Alexander anche... visto che si è lasciato ad un momento di romanticismo con Kate, starà comprendendo la situazione? O è solo un riflesso di preoccupazione? Beh, aspetto con ansia le vostre opinioni, nei commenti che sempre ADORO LEGGERE e che voi lasciate ad ogni capitolo. Non saprei come RINGRAZIARVI VERAMENTE! Lasciate STELLINE e COMMENTI se vi va... con il cuore e non preoccupatevi che presto aggiornerò con un nuovissimo capitolo!
Vi adoro e grazie sempre,
Tanti baci,
R. E. Meyers
P.S SIAMO A 2,4K LETTURE CON KATHERINE - THE ALEXANDER'S SEQUEL GRAZIE A VOI!
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