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Capitolo 7

Sono davanti allo specchio a figura intera che si trova nella camera da letto dei miei genitori. Accanto a me c'è Ivan, che ha già ingerito il liquido blu, mentre dietro di noi la mia famiglia e il signor Sanders sono pronti per spiegarmi altre cose strane che mi serviranno per intraprendere la missione. L'altro Ribelle le sa già e lo invidio un po' per questo. Le grida disperate di mia madre non cessano, invadono tutto il silenzio facendo aumentare la tensione di questo momento, mio padre, invece, si è arreso al mio destino e non emette alcun suono. Sono entrambi chiusi fuori dalla stanza, la porta è stata abilmente sigillata da nonna Cassandra utilizzando il ghiaccio. A quanto pare non sono l'unica della mia famiglia ad avere dei poteri, ma ho deciso di non dire nulla in modo da focalizzarmi su ciò che é più urgente, visto che sono troppe le cose da imparare.

-Come sapete già l'effetto della pozione dura ventiquattro ore, quindi allo scadere del tempo non solo dovete essere sulla Terra, ma ognuno a casa propria. È chiaro?-.

Ivan annuisce, mentre io ho qualcosa da contestare.

-Così, però, perderemo troppo tempo-.

Il signor Sanders mi rivolge l'attenzione e inizia ad accarezzarsi la barba, probabilmente per il nervosismo. Lo scopo della sua intera vita è ad un passo dal suo compimento.

-Dipende dalla concezione che hai del tempo - ridacchia in modo fastidioso e poi torna serio -Il tempo su Kanden è diverso da quello sulla Terra, per cui quando ritornerete sarà come se non foste mai partiti, sarete alla stessa ora nello stesso giorno, lo stesso vale per Kanden.

Rimango sbalordita da questa rivelazione, ma d'altronde non c'è niente di normale in quello che sta accadendo, meglio accettare le risposte mettendo da parte la logica.

-Il vostro obiettivo è trovare la Sfera Zantem, distruggerla e prendere la chiave. Poi dovrete inserirla nello scrigno della maga Tomilda e utilizzare contemporaneamente i vostri poteri, il ghiaccio e il fuoco, per girare la chiave e aprire lo Scrigno. Fatto ciò avrete liberato Kanden-.

L'entusiasmo che ha utilizzato nel pronunciare l'ultima frase risulta alquanto buffo, cerco di trattenere una risata.

-Ora andate, ramoscelli!-.

No, ci sono ancora tante domande che devo fargli, non possiamo andare via senza sapere com'è fatta la Sfera Zantem e cosa contiene lo Scrigno. Farfuglio qualcosa, ma lo scienziato sembra avere molta fretta.

-Muovetevi, è tardi!-.

Prendiamo le due piume, una gialla e l'altra metà blu e metà rossa, mentre con l'altra mano tocchiamo il bordo dello specchio. Chiudiamo gli occhi e diciamo all'unisono: "Kanden, apri il portale". Un fascio di luce illumina la stanza. È il momento. Io ed Ivan ci guardiamo, abbiamo entrambi molta paura, forse è la stessa che ci attanaglia, ma siamo insieme e abbiamo una missione importante: dobbiamo salvare delle vite e renderle migliori. Entriamo insieme facendoci stretti e poi il nulla.

Inizio lentamente ad aprire gli occhi, mi sento frastornata e stanca. Vedo un'unica cosa: distruzione. È tutto freddo e ghiacciato, sicuramente mi trovo nel Polo A. Le case sono solo un ammasso di pietre in bilico con sopra un tetto piatto fatto con un materiale da me sconosciuto, forse perché ho sempre vissuto con gli umani. Lastre di ghiaccio cristallino sono cosparse qua e là sulla terra ricoperta da un sottile strato di neve sporca. Gli alberi, i fiori e l'erba sono congelati, come se le loro vite fossero rimaste sospese in attesa di qualcuno che le faccia ritornare. In seguito mi soffermo a guardare il cielo che sembra in contrasto con tutto il resto: è sereno, di un azzurro tenue, illumina l'ambiente con la sua strana luce soffusa. È un specchio. Riesco a vedere il mio riflesso, ma non ciò che si trova intorno a me. Forse solo gli esseri realmente in vita possono rispecchiarsi e, quindi, esistere davvero. L'idea mi mette i brividi, quel cielo che all'inizio mi sembrava sereno, adesso mi spaventa.

Sono sdraiata su una strada asfaltata che si sta lentamente ghiacciando. Mi alzo con molta fatica e mi guardo intorno alla ricerca di Ivan. Di lui nessuna traccia e comincio a preoccuparmi. Nonostante siamo entrati insieme nel portale, potrebbe essere atterrato in un luogo diverso. E se fosse nel Polo B? Sicuramente è lontanissimo e non so come arrivarci. Decido di camminare a caso senza sapere dove mi sto dirigendo e sperando che Ivan sia nei dintorni. Urlo a squarciagola il suo nome, ma nessuna risposta giunge alle mie orecchie. Cammino per dei secondi che sembrano ore e l'agitazione cresce sempre di più. Ho paura che gli sia successo qualcosa di brutto e non riesco a mettere da parte questo triste pensiero.

Intravedo qualcosa nella neve, qualche metro alla mia destra. È inerme. Percorro il tragitto a grandi falcate, però ciò che trovo non è quello che sto cercando. È la mia borsa con dentro lo stretto necessario per affrontare questa avventura, mi ero addirittura dimenticata di averla portata. La raccolgo in fretta e la metto sulla spalla. Ho la sensazione che Ivan non si trovi qui, mi sto allontanando troppo e rischio di perdermi, quindi ritorno indietro con le mani nelle tasche dei miei jeans. Ora capisco quanto sia stato stupido non portare un giubbotto.

Arrivata al punto di partenza, mi dirigo dalla parte opposta, a sinistra. Spero di aver fatto la scelta giusta. Una schiera infinita di case si presenta davanti a me, cerco Ivan anche intorno ad esse e negli angoli più nascosti, purtroppo di lui nin c'è neanche l'ombra. Ritorno nuovamente indietro. Il panico mi attanaglia, sto per mollare e abbandonarmi alla disperazione, ma decido di resistere. Questa volta percorrerò la strada asfaltata su cui ero atterrata. Cammino per diversi metri guardandomi intorno. La strada sta diventando sempre più ghiacciata, sto attenta a non scivolare. I passi diventano più piccoli e controllati finché arrivo alla fine della via, davanti a me una distesa di neve sporca che ha perso completamente il colore bianco che la contraddistingue. Noto un corpo disteso sulla neve. Quelli sono i suoi capelli. Corro verso di lui e mi inginocchio bagnandomi i jeans.

-Ivan-. Lo chiamo dolcemente trattenendo l'agitazione.

È incosciente, gli occhi chiusi e le labbra sigillate. Gli stringo il polso, è congelata come la neve sulla quale è appoggiata. Gli scuoto il braccio, ma continua a non dare segni di vita. Spero con tutta me stessa che non sia andato in ipotermia.

Ho un'idea. Gli appoggio una mano calda (perché l'ho tenuta nella tasca dei jeans) sulla guancia. Grazie a quel contatto, Ivan strizza le palpebre e poi le apre con fatica scoprendo l'iride blu. Appena mi vede, sorride. Lo aiuto ad alzarsi sostenendo suo corpo. Si guarda intorno, subito dopo inizia a fissare il cielo e le nostre immagini riflesse su di esso. Procediamo sulla strada asfaltata per ritornare al punto di partenza, finora è l'unico luogo che conosco.

Ivan sta tremando come una foglia, con le braccia incrociate sul petto.

-Siamo stati stupidi a non portarci i giubbotti-.

Emetto una risatina per poi aggiungere: -È la stessa cosa che ho pensato io-.

Il ragazzo batte le palpebre un paio di volte e sorride. Non ce la faccio a vederlo così infreddolito. Nonostante faccia parte del Polo A, ho un piano B. Estraggo una coperta dalla borsa, che perde volume, e gliela appoggio sulle spalle.

-Grazie!-. Afferma, guardandomi stregato.

Mi avvicino e gli metto un braccio intorno alle spalle per riscaldarlo il più possibile. Ivan sta in silenzio, sembra molto pensieroso. Vorrei capire cosa gli passa per la testa, la domanda mi viene istintiva.

-Qualcosa non va?-.

-Lo sai cosa non va-. Bisbiglia, deluso.

All'inizio rimango perplessa, però dopo capisco a cosa si riferisce,l. Non dico una parola. È Ivan a decidere di spezzare il silenzio.

-Sarà da egoista, ma sono felice di affrontare questa missione anche se stiamo rischiando tantissimo, perché è l'unico modo in cui posso averti accanto-.

Ritraggo il braccio, questa frase non me la sarei mai aspettata. Chiude gli occhi e scuote la testa ancora più amareggiato. So cosa sta pensando, crede che a me non importi nulla di lui, ma non è affatto così. Mi ricordo che devo essere professionale, quindi gli lascerò credere di possedere la verità. A proposito di questo, ho molte domande da fargli. Mi auguro che lasci da parte il resto e si concentri sulla nostra avventura.

-Sono molte le cose che tu conisci e io no. Vorrei delle spiegazioni in merito-.

-Certo, dimmi-. Mi rivolge uno sguardo per poi ritornare a fissare il vuoto davanti a sè.

-Quanti poteri abbiamo? E perché ce li ha anche mia nonna?-. Sono troppo curiosa di sapere la risposta.

-Oh, questo è complesso da spiegare-.

Passano alcuni secondi, probabilmente sta elaborando il discorso.

-Tua nonna non ha tutti i poteri che abbiamo noi. I kandeniani del Polo A hanno il ghiaccio, quelli del Polo B hanno il fuoco. Noi siamo metà umani e metà kandeniani, evidentemente questo ha comportato altri poteri, capacità personali. Io ho i fulmini, tu la telecinesi. Siamo due esseri imprevedibili e unici-.

Benchè la faccenda si faccia sempre più strana e inspiegabile, ho finito di chiedermi come tutto ciò sia possibile. Guardo Ivan, è infreddolito e continua a tremare nonostante la coperta. Non capisco, io non ho così tanto freddo. Esterno il mio pensiero e lui non ci mette molto a darmi una risposta.

-Una parte di te appartiene al Polo A, una parte di me al Polo B. Credo che con questa frase tu abbia già capito-. Sorride mettendo da parte la sua delusione nei miei confronti. Mi chiedo come faccia ad essere così calmo e riflessivo, con quello sguardo magnetico e il sorriso rassicurante.

Arrivati al punto di partenza, siamo un po' indecisi sul da farsi. Come facciamo a scoprire dove si trova la Sfera Zantem? Non sappiamo nemmeno da dove iniziare. Propongo di andare subito alla ricerca dell'oggetto misterioso, Ivan invece vuole prima stilare un piano d'azione perché dobbiamo essere prudenti. Spieghiamo le nostre ragioni con la dovuta tranquillità, ma non riusciamo proprio a metterci d'accordo.

Passano alcune ore e non sappiamo ancora come sia meglio agire e, quando il cielo comincia a farsi buio, ci abbandoniamo completamente alla notte. Metto da parte il mio desiderio di fare tutto in fretta e aderisco all'idea di Ivan che consiste nel riposarci, passare la sera e la notte in tranquillità, domani saremo più propensi a cercare la Sfera. Secondo lui, oggi è stata una giornata di scoperte ed è giusto staccare un attimo per poi essere maggiormente consapevoli delle nostre scelte.

Ci posizioniamo in un angolino, con le spalle contro la parete della prima casa, sperando che nessuno si accorga della nostra presenza. Inizio a sentire molto freddo anche io, così Ivan si toglie la coperta e me la porge sussurrandomi un "Grazie". Lui ne ha più bisogno di me, quindi gli dico di tenersela, ma non vuole sentir ragioni. Troviamo un compromesso, sotto la coperta ci staremo entrambi nonostante sia troppo piccola per due persone. Mi accovaccio sul suo petto in modo da poter rimanere al caldo e non sembra che a lui dispiaccia. Mi stringe ancora di più a sé e sorride. Solo adesso mi rendo veramente conto di quanto sia strano essere su un altro pianeta e, soprattutto, tra le braccia di Ivan. Se me lo avessero raccontato qualche settimana fa avrei riso, ma la vita ti sorprende in modo inaspettato, nel bene e nel male. E ora, malgrado le numerose difficoltà, mi sento al sicuro.

Il suo respiro si fa sempre più lento, si sta addormentando. Chiudo gli occhi anche io e mi godo in silenzio questo momento, poi cado in un sonno tranquillo e profondo.

L'urlo disperato di una donna mi fa sussultare, spalanco gli occhi e quello che vedo mi lascia senza fiato.

Note d'autore:

Heyyyy! Come state?

Aura e Ivan approdano su Kanden per la prima volta. Come vi sembra, per il momento, questo pianeta?

Siete curiosi di capire chi è la donna che ha urlato alla fine del capitolo e perché l'ha fatto?

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