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Capitolo 33

Il mio cuore batte all'impazzata, ma è tutto okay. Ci siamo io ed Ivan, mano nella mano ed entrambi stiamo bene. Non è cambiato nulla a parte il luogo che è completamente diverso da come me lo aspettavo. Il sole è talmente forte da accecarci e sento i suoi raggi bruciar,mi la pelle. Fa talmente caldo che ho voglia di spogliarmi e fare un bel bagno nell'acqua fresca. Ora capisco come può essersi sentito Ivan nel Polo A. L'opposto ci come mi sento io. Adesso tocca a me essere quella che soffre di più tra i due. Il Polo B non è il mio habitat e lo percepisco chiaramente. Non è nel mio DNA. La terra sotto i nostri piedi è talmente arida da essere solcata da profonde e lunghe spaccature. Nessun essere vivente è presente nel panorama che mi trovo davanti. Unicamente terra e sole, nient'altro. 

-È ovvio che non ci siano case, ci troviamo al confine-. Dico più a me stessa che a Ivan. Lui, infatti, lo capisce e si limita a consultare la mappa in silenzio. Cominciamo a camminare nella direzione giusta, ma ben presto ci rendiamo conto che indossare due strati di vestiti non ci aiuta.

-Siamo ancora in zona rossa, dobbiamo tenere "l'armatura" e toglierci i vestiti sotto!-. Afferma, deciso.

Mi tolgo immediatamente l'armatura e il maglione, ma non intendo levarmi nient'altro.

-Aura...-.

-Non ci penso nemmeno-. Lo anticipo.

-Ma...-. Ci riprova, mentre si sfila di dosso il primo strato.

-Tra qualche metro siamo di nuovo in zona nera, non ho voglia di cambiarmi in continuazione-.

Ivan si arrende e segue il mio esempio nella speranza che nessuno ci veda andare in giro con i nostri normali vestiti. Per fortuna ho ragione ed entriamo presto in zona nera. Tiro un sospiro di sollievo mentalmente. L'errore più importante, però, è un altro. Nonostante sembri ancora giorno e ci sia ancora il sole, sono le nove di sera.

-Ho sbagliato,scusami. Dovevamo cenare a casa di Dimitra-.

Anche io volevo andare via, quindi non devi scusarti. Adesso ci sediamo per terra e mangiamo i panini-.

Non c'è niente qui, forse il Polo B è ancora più triste del Polo A. In quest'ultimo c'erano gli alberi e i cespugli, spogli, ma erano presenti. Ben presto la mia gola diventa arida come la terra sulla quale sono seduta e faccio un altro errore:  finisco la mia bottiglietta d'acqua. Devo tutto il contenuto in una volta . Nonostante ciò, tengo la bottiglietta inclinata e aspetto che l'ultima goccia scenda nella mia bocca. Ivan rimane scioccato.

-Hai così tanta sete?-.

Annuisco, semplicemente.

-Prendi la mia-. Ne ha bevuta solo metà.

-No- rispondo riponendo la mia bottiglietta nella borsa -Ti serve-.

Anche lui ha sete, solo meno di me. Non gli toglierò mai la possibilità di bere. Insiste, ma declino nuovamente l'offerta. Ivan, allora, ci rinuncia. Decidiamo, alla fine, di rimanere qui e non continuare il nostro viaggio. Passiamo tanto tempo a chiacchierare. Mi rendo conto ancora di più quanto la decisione di non fermarci da Dimitra sia stata stupida, ma ormai abbiamo scelto e, di certo, non possiamo tornare indietro. Faccio fatica ad addormentarmi perché la terra su cui sono sdraiata è dura ed inizia a farmi male la schiena. All'una di notte circa, il sole se ne va lasciando spazio alla notte. Cominciavo a pensare che non sarebbe successo. Ivan si è addormentato senza accendere  il fuoco, ma non glielo avrei comunque chiesto, almeno per due motivi. Il primo è che ho troppo caldo, quindi non sarebbe piacevole. Il secondo è che la luna illumina un po' l'ambiente, per cui non c'è una completa oscurità. Forse questa è l'unica cosa positiva del Polo B. Il mio corpo si rilassa lentamente e cado in un sonno profondo.

La cosa che percepisco al mattino, ancor prima di aprire gli occhi, è la mia gola secca. Poi sento un calore bruciante sulla pelle, sicuramente è il sole che si è ripresentato prepotentemente. Solo in quel momento lascio che la luce quasi mi accechi salutando il nuovo giorno. Ivan mi scruta attentamente e con espressione seria, come per assicurarsi che io stia bene. In effetti mi sembra un po' ridicolo, ma anche dolce. 

-Controllavi che stessi respirando?-. Gli domando ironica, non aspettandomi una risposta seria.

-Sinceramente sì. Ti stai abbronzando un po' troppo-.

-Cosa diremo a scuola?- è un vero problema -Come faremo a spiegare il nostro colorito? Non possiamo dire che siamo stati al mare-.

-Mmmh, possiamo dire che ci siamo fatti delle lampade-.

Ridacchio. -Entrambi?-.

-Magari la percepiscono come una nuova moda e vengono a scuola tutti abbronzati-. Dice con un grande sorriso.

Si alza da terra, io lo imito e ricominciamo a camminare, nella speranza di arrivare il prima possibile dal prossimo Guardiano. Il tempo passa, però, è la strada sembra ancora lunga. Il caldo mi sta massacrando. Dovrei camminare più veloce per arrivare in un luogo al coperto, ma rallento quasi inconsapevolmente. Le mie gambe non ce la fanno più e, quindi, mi ritrovo a trascinarmi. È da mezz'ora che ci troviamo in mezzo al deserto. Nessuno dei due parla per risparmiare il fiato, fin quando Ivan sbuffa perdendo la pazienza. 

-Sono troppo lenta, lo so-. Dico senza saliva in bocca.

-Non mi dà fastidio, sai cosa mi innervosisce-.

Scuoto la testa. Sono talmente stanca che ho il busto piegato in avanti, inoltre Ivan è davanti a me, quindi non credo che mi abbia vista.

-Dammi la borsa e smettila di fare la testarda-.

In effetti sono un osso duro, ma anche lui lo è. Questa volta, però, devo cedere perché ha ragione. Non ce la faccio più a continuare così e sicuramente il peso della borsa influisce. Nonostante ciò, ci riprovo. -È mia-.

-Il suo contenuto serve ad entrambi. Dammela-. Ha un che di supplichevole nella voce, anche se vuole essere severo. Gli porgo la borsa e lui se la mette in spalla accennando un "Finalmente" a bassa voce.

Passa un'altra ora che mi sembra un'eternità e poi i miei occhi si illuminano. Perdo fiato, questa volta per lo stupore, non per il caldo. Non posso credere a ciò che sto guardando.

-Ivan!E- urlo anche se lui si trova solo a pochi passi da me -Guarda! Guarda!-.

Corro verso la pozza d'acqua, ma appena la raggiungo sparisce. Ne ricompare un'altra poco più distante, allora ripeto l'azione precedente, ma accade esattamente la stessa cosa.

-Aura, non c'è nulla Stai avendo un'altra allucinazione. Di nuovo-. È esasperato.

Poi, però, spalanca gli occhi e comincia a ridere come se avesse appena individuato una miniera d'oro.

-Acqua!- urla -Acqua! È acqua!-.

Corre nella direzione opposta a quella in cui mi trovo, si lascia cadere sulle ginocchia in modo teatrale ed inizia a tirarsi la sabbia bollente sul viso.

-Che fai?- grido, sconvolta -Smettila!-.

-Vieni, Aura. Vieni qui!-.

Mi muovo soltanto quando Ivan comincia ad infilarsi la sabbia in bocca. Lo prendo per la maglietta e lo strattono. 

-Sputala! È sabbia!-. Continuo a ripetere, allarmata.

Ivan fa subito ciò che dico. Capisce che anche lui ha avuto un'allucinazione. Siamo entrambi estremamente delusi, abbiamo bisogno di acqua. Le bottigliette sono vuote e vorremmo tanto avere la possibilità di riempirle. 

Sapevo che il Polo B ci avrebbe dato del filo da torcere, ma non credevo che ci avrebbe scombussolati così tanto. Abbiamo molta sete e non riusciamo a pensare a nient'altro, anche l'obiettivo di trovare il Guardiano è apparentemente passato in secondo piano. Da quell'allucinazione Ivan sembra più spento e privo di fiducia. Credeva di aver trovato dell'acqua fresca, non dei granelli di sabbia pericolosi. Non voglio neanche immaginare cosa sarebbe potuto succedere se non fossi riuscita a fermarlo prima che li inghiottisse. Mi ha detto di non essersi nemmeno accorto che la consistenza fosse ben diversa da quella dell'acqua. Non so se le nostre ultime allucinazioni siano dovute alla maga Tomilda o al sole cocente. In ogni caso, sono state molto forti. In un attimo inciampo e cado riempiendomi i vestiti di sabbia. Ivan si volta e corre verso di me.

-Ora basta-.

-Sono solo inciampata, sto bene-. Cerco di rassicurarlo.

-Non importa, torniamo a casa-.

Non intendo replicare. Siamo entrambi stanchi, meritiamo acqua e riposo. Abbiamo resistito tanto ed ora è meglio andare via da Kanden. Tanto tra un'ora dovevamo essere ognuno nella propria casa. Vengo colta di sorpresa, però, quando Ivan mi prende in braccio.

-Tieni-. Mi porge la piuma gialla

Provo a dirgli che non ce ne è bisogno, ma non mi ascolta. Quindi rimango tra le sue braccia, è piacevole, ma al tempo stesso, mi sento in imbarazzo. Anche lui sembra arrossire, ma fa finta di nulla. Pronunciamo le parole magiche e ci ritroviamo nella mia stanza. Ivan mi posa delicatamente sul letto e corre via. Mi chiedo dove sia andato, ma subito dopo riappare con due bottiglie d'acqua da due litri ciascuna e qualche bicchiere. Ci dissetiamo. Non credevo che l'acqua mi sarebbe mancata così tanto. Sentirla scendere nella gola mi fa sentire decisamente meglio. 

-Spero che ai tuoi genitori non dispiaccia-.

-Non credo. Comunque riesci ad essere gentile anche disidratato e arrostito. Mi stupisci-.

Ride ed io rimango a guardarlo, incantata.


Note d'autore:

Spesso sottovalutiamo l'acqua e quanto sia importante, me compresa.

Credo che Aura e Ivan, adesso, riescano a capirlo bene.

Anche le cose che sembrano scontate non lo sono.

Ricordate di lasciare una stellina e tanti commenti ai capitoli. Mi fa sempre piacere leggervi.

Ciaoo!



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