Ventisette
27.
Andammo in camera di Justin senza fare rumore, per non svegliare gli altri ragazzi.
Senza aspettare mi buttai sul letto mentre continuavo a guardarlo, ammirando ogni centimetro del suo viso, la sua bocca rosea e carnosa, il naso perfetto e gli occhi color caramello, così caldi da mandarmi in fiamme ad ogni sguardo.
Con una lentezza estenuante si avvicinò al letto, guardandomi dall'alto con un sorrisetto stampato sulle labbra.
Inclinai la testa da un lato squadrandolo -Come mai quel sorriso?- lo presi in giro lasciando che i miei capelli scivolassero sulla spalla sinistra.
Per tutta risposta salì sul letto, gattonando fino a farmi ritrovare intrappolata dal suo corpo.
Si avvicinò posando le sue labbra sul mio collo -Stavo solo pensando a quello che vorrei farti in questo preciso momento- mormorò a voce bassa, facendomi rabbrividire.
-Allora fallo- proposi con uno filo di voce, arrossendo subito.
Lui ridacchiò -infatti penso proprio che lo farò- ribadì iniziando a mordicchiare e baciare la mia pelle, provocandomi una serie di gemiti di piacere.
Senza riuscire ad aspettare afferrai l'orlo della sua maglietta, prima di sfilargliela per poter ammirare il suo corpo perfetto.
Portai le mie labbra al suo petto, lasciando una scia di baci fino ad arrivare al bordo dei pantaloni. Tracciai con le mie dita gli addominali del suo stomaco, mentre lui chiudeva gli occhi rilassandosi sotto il mio tocco.
Non mi ero ancora abituata all'effetto che lui riusciva ad avere su di me. Ogni volta rimanevo incantata ad ammirarlo, mentre il mio cuore sembrava voler uscire dal petto.
Sentii le mani di Justin afferrare il mio sedere prima di stringerlo, spingendomi senza tante cerimonie verso il cavallo dei suoi pantaloni. Mi strusciai lentamente contro di lui, facendolo gemere.
-cazzo- bofonchiò leccandosi le labbra, facendomi ridacchiare.
Continuai a muovermi sempre più velocemente mentre sentivo la sua eccitazione crescere, per poi fermarmi sorridendogli crudelmente.
-non fare la stronza- sbottò con una smorfia stringendomi al suo corpo per non permettermi di scivolare via.
Risi stampandogli un bacio sulle labbra, per poi accarezzargli il petto ricominciando a strusciarmi contro di lui.
Mi strinse a sé sorridendo, palesemente soddisfatto.
Sentivo il suo respiro farsi pesante, la pupilla dilatarsi e non potei fare a meno di ridere davanti alla sua reazione.
Lui inarcò un sopracciglio squadrandomi - ti stai divertendo a farmi impazzire piccola?- domandò sorridendo.
Io annuii facendogli la linguaccia.
-Adesso mi divertirò io- sussurrò prima di scivolare nuovamente sopra di me, intrappolando il mio corpo tra il suo e il materasso.
Sfilò la mia maglietta, cominciando poi a baciare la pelle esposta del mio patto, mentre io facevo di tutto per trattenere dei gemiti.
-tanto cederai prima o poi- mormorò baciando il mio stomaco, per poi far scivolare le spalline del mio reggiseno giù sulle spalle, sganciando poi il gancio per sfilarlo.
Avvicinò le sue labbra al mio seno destro, iniziando a succhiare mentre accarezzava l'altro, provocandomi un gemito che non riuscii a trattenere.
-merda- imprecai tra me e me chiudendo gli occhi, mentre lo sentivo ridacchiare.
-piccola, non puoi resistermi- si vantò avvicinando il suo viso al mio per inchiodarmi con i suoi occhi, che in quel momento emanavano un calore intenso.
Sorrisi tirandolo verso di me per poter posare le mie labbra sulle sue.
-E lo stesso vale per te- dissi interrompendo il bacio.
Lui tornò serio -Lo so e io lo ammetto.- mi fece notare facendomi l'occhiolino.
Sorrisi distogliendo lo sguardo.
-Ti amo- disse poco dopo alzando il mio viso per potermi guardare negli occhi.
Sorrisi arrossendo - Ti amo anche io- risposi con il cuore a mille.
-sei la cosa più importante che ho. Non mi lasciare- mormorò poi irrigidendosi.
Rimasi per un po' in silenzio elaborando le sue parole. Lui aveva paura, temeva davvero che io lo avrei potuto lasciare, pensava che avrei potuto andarmene via.
-Non lo devi neanche pensare. Ti amo più di me stessa, ed ero seria prima. Io rimango, non me ne vado per nessuna ragione al mondo- dissi decisa posando la mia fronte sulla sua.
Lui sospirò -non mi merito tutto questo- borbottò scuotendo la testa.
Sbuffai - e invece si, meriti anche di più. Sei una persona stupenda, non importa quanto tu lo neghi a te stesso. Io conosco il vero Justin, quello che amo e posso assicurarti che non c'è nessuno migliore di te- ribattei strappandogli un piccolo sorriso.
-non potrò mai smettere di ringraziare chiunque ti abbia mandato da me, mi hai salvato- disse stringendomi a sé.
-Sono qui per rimanere, mi hai aiutato più di quanto tu possa immaginare- risposi poggiando la mia testa sul suo petto.
Rimanemmo così per alcuni minuti, in un perfetto silenzio rotto solo dai nostri respiri.
-Sbaglio o abbiamo lasciato qualcosa in sospeso?- chiese sciogliendo l'abbraccio per poi sorridere afferrando il bordo dei mie jeans, strattonandoli leggermente.
-non lo so, non mi ricordo- risposi facendo la vaga.
Lui si morse il labbro guardandomi maliziosamente -tranquilla piccola, io mi ricordo benissimo- mormorò slacciando il bottone dei miei pantaloni, per poi sfilarmeli lasciandomi in intimo.
Feci la stessa cosa con i suoi, facendolo rimanere nei boxer che ormai contenevano a stento la sua eccitazione. Risi sentendomi soddisfatta, mentre lui mi squadrava ridacchiando.
-sei una stronza- bofonchiò tirandomi per le caviglie, facendomi cadere sdraiata sul letto.
-ma mi ami- cantilenai imitando la vocetta di una bambina piccola.
Lui su mise a cavalcioni su di me scuotendo la testa - non è vero- ribadì tentando di rimanere serio.
-e invece si, piccolo- risposi enfatizzando l'ultima parola prima di spostare le mie mani sull'elastico dei suoi boxer, per poi sfilarli lentamente per farlo impazzire.
Lui fece lo stesso, e cosi rimanemmo entrambi privi dei vestiti a guardarci intensamente, come se ci stessimo studiando.
Rimasi ad ammirare i suoi capelli, e portai automaticamente una mano tra di essi per poi stringerli in un pugno, analizzandone la morbidezza, lui chiuse gli occhi abbandonandosi al mio tocco, sembrava quasi un bambino che cerca di addormentarsi con l'aiuto della madre.
-Sei così tenero- mormorai strizzandogli una guancia.
Lui aprì gli occhi di scatto fulminandomi -Io non sono tenero- disse sottolineando la parola "non".
Risi facendo il labbruccio -aaw, invece si- ribattei continuando a strizzargli le guance.
Lui afferrò i miei fianchi -non mi provocare piccola, potresti pentirtene- mi minacciò passandosi una mano tra i capelli.
Sorrisi -forse continuerò a provocarti- lo stuzzicai mordendomi il labbro inferiore.
-Se continui così dovrò darti una bella lezione - disse fingendosi arrabbiato.
Allargai il mio sorriso -Non aspetto altro- risposi a bassa voce mentre lui entrava dentro di me con calma, per non farmi male.
Chiusi gli occhi sorridendo, abituandomi alla sensazione di averlo dentro di me.
Iniziò a muoversi lentamente, mentre io inarcavo il corpo muovendo i miei fianchi verso di lui, che aumentò il ritmo assecondando la mia richiesta silenziosa.
-Justin...- mormorai chiudendo gli occhi, sentendo i miei muscoli tendersi.
Lui gemette posando le sue labbra sul mio seno -Piccola- sussurrò risalendo fino a raggiungere le mie labbra.
-Justin!- urlai poco dopo venendo, mentre sentivo il mio respiro strozzarsi. Mi seguì lui poco dopo, che uscì da me rotolando al mio fianco. Rimanemmo in silenzio aspettando che il nostro respiro si calmasse, dopo di che mi abbracciò da dietro tirandomi a sé per poi posare le sue labbra sulla mia spalla nuda.
-Ti amo, te l'ho già detto ma non mi stancherò mai di ripetertelo- disse.
Mi illuminai di un sorriso enorme -Ti amo pure io e non mi stancherò mai di dimostrartelo- risposi per poi chiudere gli occhi, addormentandomi quasi subito felice, tra le sue braccia.
Avevo quasi dimenticato quanto cazzo fosse snervante la scuola.
Justin doveva trovare posto per parcheggiare, visto che eravamo arrivati in ritardo e gli studenti avevano occupato quasi tutto il parcheggio.
Era da una settimana che non seguivo le lezioni, e tutti i professori credevano che fosse stato a causa della febbre, come aveva detto mio frate... Dan.
Sbuffai aprendo l'armadietto per prendere il libro di filosofia, mentre pensavo al reale motivo delle mie assenze.
Mio fratello aveva quasi ucciso la persona che amavo di più al mondo, pensavo fosse morto e avevo tentato il suicidio, e quando finalmente lo avevo riavuto per me mio fratello mi aveva dato della puttana, mi aveva rinnegato e scappando ero stata rapita da un maniaco psicopatico che avevo ammazzato.
Perfetto direi, una cosa che capita a tutte le ragazze di sedici anni.
Entrai in aula a lezione già iniziata, bofonchiai un buongiorno prendendo posto all'ultimo banco, stando attenta a non incrociare lo sguardo di Fleur che sentivo addosso.
Mi chiesi come sarebbero state le cose adesso, era tutto un fottuto casino.
Forse mi avrebbe ucciso alla prima occasione, tanto per avere ulteriore ammirazione da parte di mio fratello.
-Signorina Jenksey, ben tornata tra noi. Ho saputo che non è stata molto bene- mi richiamò la professoressa con un sorriso da schiaffi.
Annuii senza alcuna espressione, riportando poi la mia attenzione sul libro chiuso davanti a me.
La professoressa rinunciò saggiamente all'impresa di avere una conversazione con me, e tornò alla lezione ignorandomi.
Dopo circa quindici minuti qualcosa colpì la mia spalla. Mi girai trovando un bigliettino rosa accartocciato.
Ti prego, possiamo parlare?
Fleur xx
Digrignai i denti. Girai di poco la sedia quel tanto che bastava per poterle far vedere accuratamente il bigliettino che avevo appena strappato gettandolo sotto il banco.
Mi rigirai sorridendo soddisfatta.
Pensava davvero che sarei stata così stupida da seguirla? Certo, così avrei trovato mio fratello con una pistola pronto ad ammazzarmi mentre lei faceva il tifo per lui.
Sentii il mio cuore stringersi, così decisi di pensare ad altro, non volevo soffrire più di quanto non lo avessi già fatto.
Le lezioni successive passarono con una lentezza estenuante, ma al suono della campanella ero raggiante sapendo che avrei rivisto Justin. Uscii nel parcheggio guardandomi intorno, senza trovarlo da nessuna parte.
Sentii il cellulare vibrare, così lo tirai fuori sbloccando lo schermo per aprire il messaggio in arrivo.
Da: Justin
Vieni sul retro della scuola, dalla parte dei magazzini.
Lessi il messaggio più volte, incredula. Mi sembrava una strana richiesta, tuttavia camminai dove mi aveva detto guardandomi furtivamente intorno. Rabbrividii pensando all'ultima colta in cui ero stata lì, a quello che era successo. Mi aveva difeso Dan a quell'epoca, e io pensavo che mi avrebbe sempre difeso da tutti. E invece ora progettava la mia morte.
Arrivai sul retro guardandomi intorno, ma ero l'unica persona nei paraggi.
Il telefono vibrò nuovamente. Lessi il messaggio.
Da:Justin
Entra nel magazzino davanti a te, la porta è aperta.
Aggrottai la fronte spostando lo sguardo su una piccola costruzione dalle pareti grigie, che da quel che sapevo conteneva i banchi rotti e vecchi che un tempo venivano usati nella scuola.
Aprii la porta sbirciando all'interno, ma non vidi nessuno. Entrai richiudendola, prima di camminare lentamente verso il centro del magazzino.
Dopo qualche minuto sentii la tensione aumentare -Justin?- chiamai.
Nessuna risposta.
Girai su me stessa, fino a fermarmi a fissare inorridita la persona che si trovava nell'angolo, lo sguardo glaciale e una pistola stretta tra le mani, puntata verso il mio petto.
Mio fratello era lì, non c'era nessun Justin.
-Sorellina- mi salutò avanzando lentamente.
Indietreggiai con una smorfia - non sono tua sorella- ringhiai stringendo le mani in due pugni.
Lui rimase serio senza fare una piega -E' stata una fortuna venire a sapere che in questo delizioso e piccolo magazzino le pareti sono insonorizzate, avrei avuto problemi altrimenti nell'usare questa- disse rigirandosi la pistola tra le mani.
-Non userai proprio un cazzo- risposi avvicinandomi ulteriormente alla porta.
Dan in pochi passi mi raggiunse, spingendomi dall'altra parte per scambiare le posizioni, la porta alle sue spalle.
Aggrottai la fronte quando caricò la pistola, sentii un dolore acuto al petto.
Mi avrebbe ucciso davvero?
non volevo crederci, non poteva farlo davvero.
-Hai ucciso Ben- sputò improvvisamente arrabbiato.
-Non volevo, ma non ho avuto altra scelta.- risposi con un sospiro.
-Cazzate!- urlò scattando in avanti, facendomi sobbalzare.
Ero terrorizzata, volevo urlare ma non trovavo aria nei polmoni, e le pareti erano insonorizzate.
Mi avrebbe uccisa, mio fratello mi avrebbe ammazzato senza nessuna esitazione.
Avanzò ancora verso di me, e indietreggiando finii con le spalle al muro. Ero in trappola, non avrei mai più rivisto Justin, e la cosa che faceva più male era sapere che mio fratello mi voleva morta, e ci sarebbe riuscito.
Sentivo gli occhi pizzicarmi, ma non gli avrei mai dato la soddisfazione di vedermi debole di fronte a lui. preferivo morire così.
-E dopo di te, sarà il turno di quel bastardo che ami tanto- disse ridendo.
Qualcosa in me scattò, come un allarme che mi diceva di proteggere Justin. Un moto di rabbia si impossessò di me, e senza pensare spinsi con tutta la forza che avevo mio fratello, che finì a terra. La pistola cadde dalle sue mani, e immediatamente l'afferrai.
-Non gli farai mai del male. Ringraziami perché ti farò morire senza soffrire- dissi prima di puntarla contro il suo cuore.
Justin
Ma porca puttana.
Il mio telefono era scomparso e non sapevo dove cazzo fosse finita Ellen.
Perfetto.
Sbuffai dando un pugno sul volante, guardando il parcheggio della scuola ormai quasi completamente vuoto. Di lei nessuna traccia.
Ero arrivato quella mattina, avevo parcheggiato ed ero andato a tutte quelle fottute lezioni, e a fine giornata il mio telefono non era più nell'armadietto.
Fanculo a me che l'avevo lasciato lì.
L'ansia mi stava mangiando vivo. Possibile che non potevo distrarmi cinque minuti e lei si andava a mettere in qualche casino? quella ragazza aveva il potere di attirare i guai, se ce ne era uno nel raggio di ottocento chilometri stai sicuro che l'avrebbe trovata.
Tirai fuori una sigaretta iniziando a fumare per scaricare la tensione, quando non ressi più l'atmosfera. Scesi dalla macchina dirigendomi verso un telefono pubblico. Inserii le monete e composi il numero di Ellen, che ormai sapevo a memoria.
Dopo pochi squilli sentii il segnale scomparire, e uno strano ronzio, come se ci fosse un'interferenza.
-Bieber- sibilò una voce che riconobbi subito.
-Andson- ringhiai guardandomi intorno tentando di trovarlo.
Doveva osservarmi per forza, altrimenti non avrebbe mai potuto sapere che stavo chiamando da un telefono pubblico. La cosa che mi sorprendeva era pensare che un coglione come lui avesse finalmente imparato a creare un'interferenza.
-Sei di cattivo umore?- mi provocò ridacchiando.
-Vorrei proprio vedere la tua faccia da cazzo dal vivo, sono sicuro che il tuo sorriso da idiota scomparirebbe all'istante- dissi sorridendo crudelmente.
-fossi in te non direi certe cose- mi rimproverò.
Stavolta fui io a ridere -Se pensi che mi faccia spaventare da un coglione come te ti sbagli. Questa città è sotto il mio controllo- gli feci notare buttando la sigaretta ormai consumata a terra.
-Forse ora è così, ma so' benissimo come farti crollare Bieber- ribadì convinto.
Mi stava facendo incazzare, e l'unico motivo per cui usava quella strafottenza era il non avermi davanti, altrimenti lo avrei fatto stare al suo posto senza alcun problema.
-Sentiamo, sono curioso di sapere quale altra cazzata che non funzionerà hai in mente- risposi ridendo.
-la tua ragazza non è niente male. Com'è che si chiama? Ellen?- domandò interessato.
Strinsi la presa sul telefono, mentre mi irrigidivo -Andson non devi neanche nominarla se vuoi salvare il tuo patetico culo, altrimenti farai la fine del tuo amichetto- ringhiai tentando di calmarmi.
Per un po' seguì il silenzio.
-Tu avrai anche mandato il mio amico all'Inferno- disse fermandosi, mentre un silenzio frustrante mi avvolgeva.
-Ma io porterò l'Inferno qui da te- continuò.
La linea cadde.
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