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Ventisei

26.

Justin

Mi trattenni dal prendere a pugni Derek, che una volta nella vita avrebbe anche potuto scegliere di farsi i cazzi suoi. Gli lanciai un'occhiataccia prima di fiondarmi su per le scale, mentre sentivo la testa scoppiarmi.
Sospirai quando trovai la porta chiusa, e non potei fare a meno di sgranare gli occhi quando cercando di aprirla scoprii che era chiusa a chiave.
Bussai piano aspettando una risposta che non arrivò, cosa che mi fece innervosire parecchio.

-Ellen, apri- dissi con voce calma senza ottenere il risultato che volevo.
Mi passai una mano tra i capelli tranquillizzandomi, per poi tornare a bussare più forte.
Niente.

-Apri cazzo!- urlai dando un pugno alla porta.

Vidi Chaz guardarmi dal piano di sotto con uno sguardo di rimprovero, ma non gli badai visto che al momento avevo cose più importanti da fare.
-Non penso che sia il modo giusto di convincerla ad aprirti- mi fece notare salendo pigramente le scale.
Lo fulminai stringendo le mani in due pugni -fatti i cazzi tuoi- sbottai tornando a bussare furiosamente.
Lui ridacchiò come se avessi fatto una battuta, prima di spingermi da parte accostandosi alla porta.
Lo spinsi via, ormai fuori di me -Ho detto fatti i cazzi tuoi!- gridai esasperato. Tutti sembravano volermi sempre insegnare come si fa a prendersi cura di una persona, come se non ne fossi capace. A volte me lo chiedevo, se Ellen non meritasse di più, e sapevo bene che la risposta era un inevitabile si. Eppure per egoismo rimanevo lì, ed ero deciso a rimanere fino a quando lei mi avrebbe voluto.

Chaz mi guardò senza fare una piega, ormai abituato alle mie reazione incontrollate.

Volevo solo che Ellen aprisse la porta, così avrei potuto abbracciarla, tranquillizzarla, farle capire che io c'ero e ci sarei stato, e che se ce ne fosse stato bisogno avrei fatto fuori tutti pur di proteggerla. E invece lei non mi apriva, e in più ci si metteva quel rompipalle di Chaz che sembrava volermi insegnare come prendermi cura della mia, e sottolineo mia, ragazza.

-Fanculo- mormorai dopo l'ennesimo colpo alla porta seguito dal silenzio.

-Justin è ovvio che non ti aprirà se continui a urlare contro. E' già spaventata, così non la aiuti- disse guardandomi con aria solenne.
-Ma che volete tutti oggi? Uh? Si può sapere?- urlai non trattenendo la rabbia, mentre gli altri ragazzi salivano le scale attirati dalle mie grida furiose.
Alzai gli occhi al cielo sbuffando, dando la schiena ai sei ragazzi stretti in quel poco spazio davanti la porta della mia camera.
La mia privacy con loro andava sempre a farsi fottere, e se alcune volte ciò era un bene, altre era una grandissima rottura di palle.
-Che succede?- domandò Steve avvicinandosi a me.

Sbuffai - succede che dovreste farvi tutti i cazzi vostri e lasciarmi risolvere la cosa con la mia ragazza, ecco cosa succede- sbottai scandendo ogni parola alzando il tono della voce.
Rimasero zitti, ad eccezione di Chaz che non ne perdeva una per farmi innervosire. Se continuava così rischiava di brutto, quello era certo.
-Ma a quanto pare lo fa nel modo sbagliato- disse con sarcasmo incrociando le braccia davanti al petto.
Mi irrigidii prima di spingerlo -Non mi devi dire cosa devo fare, Cristo!- urlai mentre Derek scattava per tenermi buono. Sapevo che adesso avrebbe iniziato con uno dei suoi discorsetti del cazzo, e in quel momento era l'ultima cosa che mi serviva.
Mi girai immediatamente quando sentii la serratura scattare, la porta aprirsi di poco senza lasciarmi vedere Ellen, il suo viso, i suoi occhi.
-Lasciami- ordinai in un soffio a Derek, che con un sospiro mi lasciò andare facendo cenno a tutti di andarsene.

Finalmente.

Esitante aprii di più la porta, entrando.
Lei stava in piedi al centro della stanza, mi dava le spalle, ma dal tremolio del suo corpo capii che stava piangendo. I miei piedi erano come incollati a terra, ero a corto di parole.

Dopo qualche minuto di silenzio mi avvicinai a lei abbracciandola da dietro, ma mi scansò senza girarsi. Rimasi incredulo a braccia vuote, prima di prenderla delicatamente per un braccio per fare in modo che mi guardasse.
-Non mi toccare- mi ordinò facendo un passo lontano da me, rimanendo girata.
Sentii il cuore perdere un battito e il respiro farsi pesante, mentre cercavo di dare un senso logico alle sue parole.
Cosa cazzo avevo fatto ora?

Sospirai sapendo che non sarei riuscito a farle cambiare idea, data la sua testardaggine, e mi limitai a poggiarmi all'armadio osservano i suoi lunghi capelli scuri ricadere sulla schiena.
-Voglio solo aiutarti piccola- spiegai giocherellando con la zip della mia felpa.
Vidi il suo corpo irrigidirsi -non chiamarmi piccola- sibilò stringendo le mani in due pugni.

Aggrottai la fronte avvicinandomi a lei prima di costringerla a farla girare. Delle lacrime scendevano giù dai suoi occhi, ma appena il mio sguardo si posò su di lei le asciugò tentando di ricomporsi, cosa che mi fece insospettire ancora di più. L'avevo già vista piangere, non capivo per quale motivo stesse reagendo in quel modo.
Volevo stringerla a me, aiutarla, ma non me lo permetteva, e questo mi stava facendo impazzire.

-e questo cosa cazzo significa?- domandai alzando le braccia al cielo, mentre lei faceva un passo indietro.
-significa che avresti dovuto dirmelo!- urlò arrabbiata come non mai prima d'ora.
Rimasi in silenzio tentando di trovare la risposta giusta, sotto il suo sguardo furente.
-te lo avrei detto- mentii facendo spallucce, facendola sbuffare.
-Oh ma davvero?Dalle tue parole non sembrava che avessi questa intenzione- ribadì sarcasticamente posando una mano sul fianco.

Mi presi la testa tra le mani tentando di non cedere. Era la prima volta che litigavo con una persona dovendo controllarmi in quel modo, rischiavo di scoppiare, farle male, e non me lo sarei mai perdonato.
Non importava quanto cercassi di fare sempre la cosa giusta per lei, finivo sempre sbagliando.

-L'ho fatto per proteggerti- risposi guardandola negli occhi, ma lei scosse la testa.
-Ma davvero, e da cosa, uh?- continuò senza esitare. Continuava a gridare, e questo aumentava il mio nervosismo.
Presi un respiro profondo strizzando gli occhi, prima di riaprirli.
Cercai di prendere il tempo necessario a calmarmi, ma lei proseguì -Rispondimi- ordinò.

Scattai in avanti facendola indietreggiare.

-Da questo, ecco da cosa!- urlai indicando le sue lacrime mentre lei sobbalzava per il mio cambio improvviso di umore.
-Non sono una bambina Justin- mi fece notare allontanandosi da me.
-Lo so cazzo, ma volevo evitare di farti soffrire, solo questo sto dicendo- ribattei sbuffando.
-Ma non voglio questo- disse decisa, mentre sentivo il battito del mio cuore accelerare. Stavo trattenendo tutto, la frustrazione, la rabbia, e il mio corpo non era abituato a questa calma disperata.

-E allora cosa cazzo vuoi?- urlai indicandola, ormai al limite della sopportazione.
-Che tu non mi menta!- urlò iniziando a piangere, mentre crollava sotto il mio sguardo.

Improvvisamente sparì tutta la mia rabbia, che venne riempita da un nuovo sentimento, la voglia di abbracciarla, la voglia di proteggerla.
Senza pensarci due volte mi accucciai al pavimento vicino a lei, prendendola tra le mie braccia per guardarla come un qualcosa di prezioso che dovevo custodire gelosamente.

Per quanto fosse forte non potevo fare a meno di sentire questo bisogno di starle accanto e tenerla lontana da tutto quello che avrebbe potuto farla soffrire, era più forte di me.
Posai le mie labbra sul suo collo -Shh piccola, va tutto bene.- mormorai al suo orecchio abbracciandola più forte.

Rimanemmo per quelle che mi parvero ore sul pavimento, lei che singhiozzava mentre le sue lacrime bagnavano la mia felpa, ma in quel momento non mi importava. Volevo che il suo splendido sorriso tornasse, volevo che quel bastardo morisse perché si, era solo un bastardo.
Non riuscivo a capire come cazzo potesse essere così infame, come potesse riuscire a voler vedere morta sua sorella.

Solo a pensarci sentivo la rabbia ribollire, il mio istinto di correre a prendere una pistola per ammazzare quel coglione era trattenuto solo dalla mia priorità, quella di rimanere vicino a lei, la ragazza che amavo.

-Accetto- disse alla fine con voce tremula ed esitante.
La guardai senza capire -Di che stai parlando, piccola?- chiesi confuso.

Lei prese un respiro profondo -Accetto, voglio unirmi a voi- ripetè più decisa, mentre io sgranavo gli occhi sentendo il mio corpo riscaldarsi.

Ellen

Rimasi a guardarlo mentre immagazzinava le mie parole.
-Piccola, sei sicura?- chiese perplesso spostandomi una ciocca di capelli da davanti il viso.
Mi morsi il labbro annuendo -si, sono sicura- risposi.
Lui sospirò -Per quanto mi faccia felice, penso che dovresti pensarci bene prima di decidere. Ora sei arrabbiata, non voglio che tu prenda questa decisione solo per reazione a quello che quel coglione.. per quello che è successo- disse correggendo la sua ultima frase, che per la prima volta trovai più azzeccata.
-non ho idea di cosa tu stia parlando- dissi alzandomi da terra mentre lui faceva lo stesso.

Mi diressi verso il mio zaino ancora contenente la roba che avevo preso prima della mia fuga, e tirai fuori un paio di pantaloni scuri e una felpa grigia.
Stavo per andare in bagno, ma lui mi fermò.

-Lo sai- sussurrò prima di lasciarmi un piccolo bacio sulla guancia, che bastò per mandarmi in iperventilazione. Era incredibile la velocità con la quale lui cambiava il suo umore stando al passo con il mio, era qualcosa da ammirare. Se io ero felice, anche lui lo era, se ero triste, lo era per me.
Lo amavo, e sapevo che quelle non erano parole dette tanto per dire.

-ti amo- dissi ignorando il nostro discorso.
Lui sorrise, mandandomi in estasi come ogni volta. Rimasi ad ammirare i suoi occhi color caramello, i capelli arruffati in un ciuffo disordinato, le labbra perfette e i denti bianchissimi, mentre il mio cuore procedeva a stenti.
Presi un respiro profondo solo quando mi accorsi di averlo trattenuto.

Ridacchiò prima di cingermi i fianchi con le sue braccia forti.
-Ti amo più di ogni altra cosa- mormorò posando le sue labbra sulle mie.
Le schiusi immediatamente, volendo approfondire il bacio. Non esitò nell'assecondare la mia richiesta, e subito potei sentire il suo respiro dolce che mandava completamente in tilt il mio corpo. c'ero solo io, c'era solo lui.
Eravamo solo noi.

Quando ci staccammo lui mi rivolse un sorriso sghembo -Non mi sono scordato di quello di cui stavamo parlando prima piccola, sebbene abbia più che apprezzato il tuo tentativo di cambiare discorso- disse facendomi l'occhiolino.
Arrossii ridendo nervosamente.

-Ellen, so' quanta rabbia e frustrazione provi in questo momento, ma è tuo fratello, riusciresti mai a fargli del male?- chiese piantando i suoi occhi ardenti nei miei.
Ci pensai su qualche secondo, prima di annuire decisa -Da oggi non è più mio fratello. Sarò felice solo quando si troverà sette metri sotto terra- risposi digrignando i denti, prima di chiudermi in bagno.



Mi lavai e mi vestii velocemente, volendo tornare da Justin il più presto possibile.
Quando uscii dal bagno scendemmo giù con gli altri per pranzare, e subito dopo arrivarono anche le ragazze, che da quello che avevo capito abitavano nel casolare di fronte a quello dei ragazzi.

Subito Alex mi sorrise venendomi incontro, seguita da altre due ragazze. Una era bionda, con due grandi occhi verdi, l'altra aveva dei capelli scuri e corti e gli occhi leggermente a mandorla.
Entrambe mi sorrisero gentilmente -Io sono Jenna- disse la prima porgendomi la mano, che strinsi volentieri.
-Abby- si presentò la seconda con lo stesso sorriso amichevole.
-Ellen- mormorai ricambiando con la stessa cordialità.

In quel momento non potei fare a meno di sentirmi in colpa per tutte le volte in cui avevo progettato di farli saltare in aria. Si erano dimostrati subito comprensivi, mi avevano accolto in un modo che non mi sarei mai aspettato.
In quel momento capii cosa significasse davvero essere una famiglia, non come dicevamo di esserlo nei The Cross. Sentii un dolore acuto al petto ripensando a tutti loro, che avevo sempre difeso e amato, tutto per niente.

-Ellen ha deciso- annunciò Justin con un sorriso enorme.
Vidi Olive portare la sua attenzione su di me, una maschera di puro odio sul volto.
La ignorai sentendomi in imbarazzo per tutte quelle attenzioni.

Derek mi guardò con un'enorme punto interrogativo in faccia, come tutti gli altri che sembravano pendere dalle mie labbra.
-accetto- dissi sorridendo, mentre tutti sospiravano di sollievo e urlavano.
Sentii qualcuno sollevarmi da terra, e quando mi girai trovai Chaz che mi sorrideva contento.

Qualcuno si schiarì la voce, e notai Justin fulminarlo. Lui alzò le mani in segno di resa, quando l'amico gli diede una pacca sulla spalla.
-Mi dispiace per prima bro- mormorò Justin senza guardarlo, evidentemente a disagio nello scusarsi.
Chaz rise -Figurati, sono io che esagero sempre- rispose dandogli una leggera spinta.
Sorrisi felice, godendomi quel momento di felicità. Sobbalzai quando sentii una mano afferrarmi il braccio.

Mi girai trovandomi davanti Olive, che tutto sembrava meno che contenta.

-Ascoltami bene bambolina- sussurrò al mio orecchio con quella sua vocetta acuta.
La guardai trattenendomi dallo scoppiare a riderle in faccia -O te ne vai tu con le buone, oppure farò in modo di mandarti via io con le cattive- continuò imperterrita, con una decisione tale da sorprendermi.
Non le risposi nemmeno, ridacchiai sgranando gli occhi prima di darle le spalle e andare verso Justin, che mi abbracciò facendomi arrossire. Tutti ci guardavano e io, a differenza sua, mi trovavo a disagio sotto il loro sguardo divertito.
Quando vidi il dolore passare sul volto di Olive mi staccai da lui. Non ero così cattiva, e la mia intenzione non era quella di farla soffrire ulteriormente. Justin seguì il mio sguardo e si irrigidì, tirandomi nuovamente verso di lui. gli lanciai un'occhiataccia liberandomi con disinvoltura, prima di allontanarmi andando a sedermi vicino ad Alex.

-Lei ora viene da noi!- esclamò balzando in piedi, tirandomi il braccio per farmi alzare. Ridacchiai mentre Justin le sbarrava la strada -Non se ne parla, lei rimane qui- ribadì deciso.
Risi mettendomi in mezzo -Spiacente piccolo, penso che questa volta dovrò oppormi- risposi mentre Alex alzava in aria la mano per battermi il cinque.
Lui ci squadrò allibito -Questa è un'arma di distruzione di massa- commentò Chaz indicando noi due.
Noi ci guardammo divertite, prima di salire rapidamente le scale per andare a prendere il mio zaino, sotto lo sguardo di nove persone.



Justin

Avevamo appena finito di cenare, stavamo tutti seduti in sala guardando un film di azione in cui non ci si capiva nulla, visto che era un continuo spargimento di sangue. Ellen alla fine si era trasferita con le ragazze, ignorando le mie suppliche, anche se alla fine comprendevo il suo desiderio. Non poteva essere l'unica ragazza in casa con noi sei, per lei sarebbe stato imbarazzante... soprattutto la mattina, quando al risveglio avrebbe dovuto affrontare le innumerevoli battutine degli altri.
Stava seduta sulle mie gambe, mentre si sforzava di seguire il film. Una piccola rughetta tra le sopracciglia aggrottate, che contribuiva nel renderla di una dolcezza disarmante.

Sentii qualcuno chiamarmi a bassa voce, quando notai Derek poggiato allo stipite della porta. Mi fece cenno di seguirlo, così feci alzare Ellen lasciandole il posto sul divano.
-Torno subito- mormorai raggiungendolo.
Uscimmo dalla stanza chiudendoci la porta alle spalle.

-Abbiamo un nuovo carico- disse indicando una busta sul tavolino dell'ingresso.
Gli lanciai un rapido sguardo prima di annuire -perfetto. Quando andiamo?- domandai tranquillo.
-Adesso- rispose senza pensarci, con una convinzione tale da farmi capire che non avevo altra scelta.
-Proprio oggi? Dovrei lasciare sola Ellen- osservai nervoso.
Lui sbuffò -Ci sono gli altri, lo sai che questi sono affari, non è una cazzata- mi rimproverò.
Annuii passandomi una mano tra i capelli -prendo la giacca e arrivo- avvisai tornando in sala.

Ellen spostò subito lo sguardo su di me, notai la sua espressione curiosa. Ridacchiai, sapendo che quel suo lato non sarebbe mai cambiato.
Afferrai la giacca di pelle dallo schienale della poltrona, mentre tutti i ragazzi si giravano verso di me senza farmi domande, probabilmente già immaginando dove stessi andando.
-Dove vai?- mormorò Ellen aggrottando la fronte.
Le sorrisi -A fare un giro con Derek, ha detto che deve parlarmi- mentii, e subito sentii una morsa stringermi il petto. Sensi di colpa?
Ignorai tutto mentre lei si rilassava annuendo, per poi tornare a guardare il film.

Sospirai uscendo di casa, prima di salire in macchina.
Sbuffai -Non potevamo prendere la mia?- domandai irritato.
Derek mi lanciò un'occhiataccia - I ragazzini non devono guidare la sera tardi- disse ridacchiando.
-Ho diciotto anni- ribattei stringendo le mani in due pugni.
Lui annuì -E io ventuno, domani tu hai scuola, quindi direi che ho vinto- rispose sorridendo.
-cazzone- farfugliai scuotendo la testa mentre accendevo una sigaretta.

Lui mi ignorò, iniziò a ridacchiare sotto il mio sguardo infastidito.
-Smettila di ridere come un coglione. Con chi abbiamo a che fare?- domandai guardandolo in attesa di una risposta.
Lui strinse il volante -Mattew Andson- mormorò scrutandomi in attesa della mia reazione.

Quel bastardo non mi era mai piaciuto, aveva sempre cercato di farmi fuori, non sopportava di essere inferiore a me, come tutti del resto.
Era il capo di una stupidissima combriccola, una delle bande minori della città, che però era conosciuta solo per le innumerevoli cazzate da bambini che avevano combinato, come appiccare fuoco ai cassonetti dell'immondizia.
Non c'era gang più stupida dei Deadly.

Sbuffai -E da quando commerciamo con quei vermi del cazzo?- domandai irritato.
-Da quando ci pagheranno il doppio. Di che hai paura Justin?- ribadì guardandomi.
Risi continuando a fumare - Paura di quei ragazzini? Certo Derek, sogna ancora. Devono solo provarci a fottermi, e si troveranno senza un braccio- risposi ridendo crudelmente. Per tutta risposta lui sorrise accelerando, mentre ci lasciavamo le strade della città alle spalle per iniziare a vedere le mura ricoperte di graffiti della periferia di Stratford.


Ellen

-No mamma, ti ho già detto che sto bene- ripetei per l'ennesima volta.
-Tuo fratello mi dice sempre che sei al bagno, o che stai studiando. Si può sapere cosa succede?- chiese insistente.
Sbuffai -Non succede proprio nulla, è così, ho un sacco da studiare. Pensavo avessi sempre voluto vedermi china sui libri.- ribattei irritata.
-Infatti ne sono felice, solo mi farebbe piacere sentirti più spesso- disse con un tono di voce triste. Mi sentii in colpa -Mi dispiace mamma- mormorai stranamente a disagio.
Lei sospirò -No, hai ragione, del resto siamo io e tuo padre a stare sempre via per lavoro. Qui in Russia gli affari stanno andando alla grande, potremmo tornare ma dovremmo interrompere tutto... - iniziò, ma la fermai -Stai tranquilla, so' che lo fate per noi. Noi stiamo bene- mentii strizzando gli occhi per poi riaprirli.
Anche se non la vedevo sapevo che stava annuendo -Vabbene piccola mia, ti voglio bene- sussurrò dolcemente.
Trattenni il fiato - Ti voglio bene anche io, salutami papà- mormorai prima di riattaccare.

Buttai il telefono sul letto della mia nuova stanza, quando qualcuno bussò alla porta.
La aprii trovandomi davanti Olive, che mi sorrise falsamente amichevole.

-Sai dove è andato Justin?- chiese con l'espressione di chi la sa lunga.
-E' uscito con Derek, sono andati a fare un giro- risposi guardandola con aria annoiata.
Lei rise -Wow, pensavo fossi più intelligente- esclamò scuotendo la testa.
Sbuffai -Cosa cazzo stai cercando di dire?- sbottai stufa della sua strafottenza.
Tornò immediatamente seria -sto cercando di dire- iniziò -che se fossi in te comincerei a fidarmi meno di Justin, e a usare di più il cervello- rispose con un sorrisetto.
Le lanciai un'occhiataccia -e allora dimmelo tu, che sei tanto intelligente. Dove sono andati?- chiesi quasi urlando per la frustrazione.

Lei si avvicinò a me -Affari- mormorò facendomi l'occhiolino, prima di camminare e richiudersi nella sua stanza lasciandomi lì ad elaborare le sue parole.

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