Ventiquattro
24.
Quando quella mattina mi svegliai non trovai nessuno al mio fianco. Aprii piano gli occhi, guardandomi intorno constatando che ero sola in quella stanza. Subito mi tornarono in mente gli avvenimenti della sera prima, e non potei fare a meno di sentire un dolore acuto al petto.
Avevo ucciso una persona, e poco dopo avevo anche ferito Justin.
Mi alzai meccanicamente dal letto, avanzando a passi lenti fino alla porta della camera. La aprii sbirciando fuori, ma nella casa regnava il silenzio. Camminai piano per evitare di svegliare qualcuno dei ragazzi, ammesso che non fossero già usciti, visto che non sapevo neanche che ore fossero.
Non conoscevo benissimo quella casa, molte delle stanze dietro le porte chiuse erano a me sconosciute, per cui mi limitai ad attraversare il lungo corridoio rimanendo in silenzio. Mi fermai solo quando sentii una voce che conoscevo bene dall'altra parte del muro.
-Lo so Chaz, ma sono preoccupato per lei, per noi- disse con voce agitata.
Seguì il silenzio, segno che stava aspettando la risposta dal telefono dell'amico.
Mi morsi il labbro indecisa sul da farsi, temendo di disturbarlo. Rimasi in piedi dietro alla porta, con l'intenzione di aspettare la fine di quella conversazione.
-Lo spero. Non so davvero come farei senza di lei, probabilmente non proverei neanche a continuare a vivere- rispose con voce bassa, nella quale riconobbi una nota di dolore.
Non ebbi neanche il tempo di realizzare che la porta si aprì, e mi ritrovai davanti Justin che sembrava piuttosto sorpreso di trovarmi lì. Feci un passo indietro con la paura che mi avrebbe punito per aver origliato la conversazione, invece si spostò di lato facendomi cenno di entrare. Presi un lungo respiro, prima di varcare la soglia e ritrovarmi in un grande studio, con una scrivania in legno scuro, una libreria enorme e un divano in velluto rosso davanti al camino spento.
Mi guardai intorno affascinata, fino a quando non sentii una mano sfiorarmi la spalla.
Arretrai impaurita guardando Justin accigliarsi.
-Perché fai così? Lo sai che non ti farò del male- mormorò avvicinandosi, facendomi indietreggiare di rimando.
Si prese la testa tra le mani, respirando velocemente come se stesse cercando di mantenere il controllo.
Sobbalzai quando sbattei la schiena contro il muro, mi sentivo soffocare, mi sentivo in trappola. C'era una parte di me che mi urlava di smetterla, di avvicinarmi a lui e abbracciarlo, sfogarmi, dirgli che non lo avrei mai lasciato, ma era come se il mio corpo non reagisse ai comandi.
-Ti prego Ellen, guardami. Sono io, ti prego- insistette avvicinandosi e prendendo le mie mani nelle sue. Cominciai a piangere, cercando in tutti i modi di spingerlo via. Più passava tempo, più lo vedevo incupirsi, i suoi occhi si facevano lucidi, il respiro accelerava.
Dopo qualche minuto mi lasciò andare, e sospirai di sollievo.
Si diresse verso un piccolo mobile, aprì il cassetto tirando fuori un sacchetto con della polverina bianca, che svuotò con attenzione sulla superficie liscia della scrivania prima di avvicinarsi lentamente alla sostanza.
Sbarrai gli occhi quando capii ciò che volesse fare, e senza pensarci mi fiondai su di lui spingendolo lontano da tutto quello.
Senza neanche rendermene conto lo abbracciai iniziando a piangere, mente lui mi accarezzava i capelli, per poi far scendere le sue mani lungo la mia schiena.
Aspettai che i battiti del mio cuore tornassero regolari prima di allontanarmi per guardarlo negli occhi -Non lo devi fare, non ci devi neanche pensare!- urlai indicando la droga sulla scrivania.
Sospirò iniziando a ridere, mandandomi in confusione. Perché rideva? Io non ci trovavo nulla di divertente in quella situazione.
-Si può sapere perché diavolo stai ridendo?- sbottai dopo alcuni minuti di silenzio, rotto dal suono della sua risata, un suono che in un'altra circostanza mi avrebbe contagiato, un suono che avevo sempre amato.
Tornò serio riportando la sua attenzione su di me -Mi hai parlato- disse sorridendo nuovamente, gli occhi illuminati come quelli di un bambino.
Non potei fare a meno di sorridere a mia volta, ma subito mi rabbuiai.
-Avevo ragione io quella volta, vero?- domandai sperando che mi stessi sbagliando.
Lo vidi accigliarsi, visibilmente confuso -Di che stai parlando?- chiese di rimando.
Sospirai -Quando siamo andati in quel locale, e quel ragazzo ti ha chiesto se volevi un po' di roba. Ti droghi, Justin?- insistetti con il cuore a mille.
Abbassò lo sguardo senza rispondermi, mentre sentivo i battiti rallentare e le lacrime agli occhi.
-perché?- chiesi stringendo le mani in due pugni, avvicinandomi a Justin che sembrava non voler incontrare il mio sguardo.
Non rispose, così afferrai il suo braccio stringendolo piano per riportare la sua attenzione su di me.
Sembrava quasi infastidito -Solo quando sono arrabbiato, o nervoso- rispose facendo spallucce, come se fosse una cosa da poco.
Sgranai gli occhi bloccandolo prima che potesse uscire dalla stanza - perché mi hai mentito quel giorno?- domandai leggermente ferita.
Sbuffò passandosi una mano tra i capelli -non ti ho mentito, Ed mi voleva dare quella roba in modo che potessi rivenderla, sa' che sono il più potente in città, i guadagni sarebbero saliti anche per lui- ribadì frustrato prima di far scivolare nuovamente la polverina nella bustina, rimettendola nel cassetto per poi richiuderlo.
-Sto parlando del fatto che non mi quando ti ho chiesto se ti drogavi non mi hai detto la verità!- gridai alzando le braccia al cielo.
Diede un pugno sul mobile facendolo tremare, prima di girarsi verso di me infuriato.
-Non devo venire a dire a te tutti i cazzi miei! Vabbene?- urlò in risposta.
Sentii il cuore spezzarsi in due, sembrava come se tutte le persone che amavo avessero deciso di lasciarmi sola, di abbandonarmi.
Sarei dovuta essere io quella ad essere aiutata in quel momento, non lui, che si permetteva pure di arrabbiarsi facendomi capire che per lui non ero nulla. Evidentemente non ero abbastanza importante, non meritavo nemmeno di sapere cosa facesse o no nella sua vita, mentre io gli avevo sempre detto tutto, per lui ero arrivata ad odiare mio fratello, ad uccidere un membro della mia famiglia.
E tutto questo per sentirmi urlare contro quelle parole che mi avevano distrutto.
-vabbene- mormorai a voce bassa, lasciando trapelare tutta la mia delusione, il mio dolore e la mia tristezza.
Mi girai aprendo la porta per poi uscire, dirigendomi nella camera di Justin.
Non avevo nemmeno nulla da mettere, i miei vestiti erano strappati e sporchi di sangue, ma avevo voglia di levarmi quella maglietta di Justin, visto che il suo profumo mi stava uccidendo. Mi presi la testa tra le mani, tentando di calmarmi.
Non potevo credere che fosse successo un'altra volta, pensavo che ormai avessimo smesso di litigare, che tra noi non ci fossero più segreti, e invece mi ero sbagliata per l'ennesima volta.
Improvvisamente mi ricordai dello zaino che avevo preparato la sera precedente, prima della mai fuga. Mi guardai intorno fino a trovarlo ad un angolo della stanza. Sospirai sollevata tirando fuori un paio di jeans scuri e una maglietta nera a mezze maniche. Andai al bagno per lavarmi, dopo di che mi vestii velocemente per scendere giù, dove trovai tutti gli amici di Justin e quattro ragazze intenti a parlare animatamente. Quando i loro sguardi si alzarono su di me mi irrigidii, sentendomi completamente a disagio.
Farfugliai un ciao prima di dirigermi verso la porta di casa, ma Justin mi fermò.
-Possiamo parlare?- domandò a voce bassa in modo che sentissi solo io.
Lo fulminai -non ho nulla da dirti, lasciami- risposi fredda sperando che mi ascoltasse, cosa che ovviamente non fece.
-io si però- ribadì prendendomi la mano, prima di uscire fuori dalla casa. Iniziammo a camminare in silenzio per quel prato immenso, fino ad inoltrarci tra gli alberi che formavano un piccolo bosco vicino alla casa, dove tempo prima avevo temuto di aver perso Justin. Rabbrividii a quel ricordo, e Justin sembrò capire visto che mi lanciò uno sguardo comprensivo.
Si fermò dopo qualche minuto guardandomi come per valutare quanto fossi arrabbiata, ma mi sforzai in tutti i modi per cercare di non lasciar trasparire alcuna emozione.
-mi dispiace- disse passandosi una mano sul volto.
Sospirai - non devi dirmi che ti dispiace, se è quello che pensi non ci posso fare niente- risposi mordendomi il labbro inferiore.
Si avvicinò a me alzandomi il viso -Non pensarlo neanche, lo sai quanto ti amo. Non pensavo davvero quello che ho detto, mi fido di te, sei tutto e odio quando litighiamo- disse prima di accarezzarmi la guancia ancora solcata dal taglio profondo.
Lo sentii irrigidirsi, e io sospirai chiudendo gli occhi.
Lasciai che mi abbracciasse, e senza neanche rendermene conto iniziai a piangere silenziosamente.
-Non piangere piccola, mi dispiace- mormorò al mio orecchio prima di baciarmi il collo.
Scossi la testa sciogliendo l'abbraccio -non sto piangendo per quello- dissi asciugandomi le lacrime che sembravano non voler smettere di uscire.
Rimase in silenzio sedendosi su una roccia lì vicino, prima di tirarmi verso di lui facendomi sedere sulle sue gambe. Poggiai la mia schiena sul suo petto, mentre lui mi accarezzava i capelli senza smettere di guardarmi, in attesa che continuassi.
-Ho ucciso Ben, e sai benissimo cosa significa questo. Non me ne sono pentita, penso che se lo sia meritato, ma mio fratello lo verrà sicuramente a sapere, così come tutti gli altri. Da quel momento io sarò un nemico per loro, e non so' cosa fare. Mi sento in colpa, mi sento sbagliata- dissi senza trattenere neanche una lacrima, parlando velocemente e con foga, volendo liberarmi e condividere i pensieri che stavano mandando a fuoco la mia testa.
-Ascoltami bene- ordinò levandomi i capelli da davanti il viso, per potermi guardare bene. I suoi occhi ardevano, emanavano calore ed erano meravigliosi, come del resto era ogni cosa di lui.
Arrossii senza abbassare lo sguardo, decisa ad ascoltare ciò che aveva da dire.
-Tu non sei sbagliata, non deve neanche passarti in mente. Ti preoccupi sempre degli altri, cerchi di accontentare tutti, ma devi capire che questo non è possibile. Cerchi tanto di fare la dura, ma in realtà non sei capace di far male a qualcuno. Prendi l'esempio di quel bastardo, ucciderlo era il minimo e il tuo primo pensiero dopo averlo fatto era stato dispiacere, pentimento. Devi capire che nel nostro mondo la gente è cattiva, fa sul serio, non si fa scrupoli nell'uccidere. E io sono il primo a starci in questo gioco, così come tuo fratello. Per quanto lo odi e disprezzi, è uno che sa fare il suo lavoro, non a caso le nostre due bande sono le più famose in città. Ellen non sei tu ad aver sbagliato, questa è la vita che facciamo e devi imparare ad accettarlo senza pensare troppo ad ogni cosa che fai, e io ti starò vicino, sempre- disse prima di avvicinare le sue labbra alle mie.
Non opposi resistenza, le schiusi permettendo l'approfondimento del bacio. Le sue labbra mi erano mancate, la loro morbidezza e il loro dolce sapore. Sorrisi staccandomi da lui prima di poggiare la mia testa sul suo petto, concentrandomi sul battito del suo cuore.
Justin non era solo il mio ragazzo, era anche un amico, il migliore che potesse esserci. Era pronto ad ascoltarmi, e litigare con lui affrontando la sua irascibilità era un sacrificio che valeva la pena di fare.
Neanche io ero perfetta, ed entrambi dovevamo imparare ad accettare i difetti dell'altro.
-Grazie, non so' come farei senza di te- ammisi lasciandogli un casto bacio sulle labbra.
Sorrise scuotendo la testa - te la caveresti benissimo, sono io quello dipendente qui- mi corresse posando le sue labbra sul mio collo, lasciando che il suo respiro solleticasse la mia pelle.
-ti sbagli- ribattei girandomi dalla sua parte per guardarlo bene negli occhi.
Rise stringendomi di più al suo petto -Una cosa ancora non l'ho capita, per quale motivo sei scappata di casa portandoti dietro uno zaino?- domandò aggrottando la fronte.
Mi irrigidii ricordando la litigata con mio fratello.
-niente di che, ho litigato con Dan- risposi evasiva distogliendo lo sguardo.
Sbuffò lanciandomi un'occhiataccia - non dire cazzate, se non avesse avuto importanza non saresti mai scappata, quindi raccontami cosa è successo- disse tornando improvvisamente serio.
Sospirai - quella mattina quando sono tornata a casa lui era lì, ad aspettarmi. Mi ha provocato, chiedendomi se non fossi andata a piangere sulla tua tomba.- mi fermai per osservare la reazione di Justin, che sbiancò di colpo tendendo i muscoli come se stesse per picchiare qualcuno.
Presi una sua mano tra le mie, aspettando che si rilassasse prima di continuare.
-ho ribattuto dicendo che non eri morto, e quando non ci ha creduto io gli ho...- mi bloccai arrossendo e ridacchiando nervosamente.
Justin sorrise davanti alla mia reazione -Si?- incalzò accarezzandomi la schiena.
-..Mostrato questo- continuai indicando la macchia ormai quasi completamente scomparsa sul mio collo, che però era ancora visibile.
Scoppiammo a ridere, fino a quando non sentii di aver esaurito l'ossigeno che avevo in corpo. mi fermai boccheggiando e asciugandomi le lacrime, ripensando alla faccia sconvolta di mio fratello.
-mi sto immaginando la scena- disse Justin tra una risata e l'altra, facendomi tornare a ridere.
Andammo avanti così per diversi minuti, in cui mi sentii felice dopo chissà quanto tempo in cui i problemi si erano susseguiti senza lasciarmi neanche il tempo di respirare.
-Poi cosa è successo?- domandò tornando serio.
Mi ricomposi facendo mente locale -Poi..- mi fermai rabbrividendo al ricordo di ciò che era accaduto.
Comprese il mio disagio, perché mi strinse a sé accarezzandomi i capelli con aria protettiva.
-Continua- mormorò baciandomi il collo.
Chiusi gli occhi prendendo un respiro profondo, prima di parlare -ha alzato le mani su di me, non l'aveva mai fatto. Sono finita a terra e mi ha detto che non ero sua sorella, ero solo la...- strinsi forte gli occhi mordendomi il labbro -..tua puttana- conclusi sentendo le lacrime scendere.
Justin smise immediatamente di accarezzarmi la schiena. Sobbalzai quando si alzò di scatto, e ci mancò poco per farmi finire a terra sul prato.
Mantenni l'equilibrio girandomi verso di lui che era completamente immobile, sembrava una statua di marmo. Le spalle si alzavano e abbassavano velocemente, le mani erano strette in due pugni e gli occhi erano chiusi.
Deglutii rumorosamente avvicinandomi a lui. Non diede alcun segno di vita quando posai la mia mano sulla sua spalla.
-Justin, stai bene?- chiesi a bassa voce spingendolo leggermente.
Aprì gli occhi, improvvisamente cupi e minacciosi -potrei ucciderlo per averti fatto una cosa simile, per aver detto quelle parole. Mi fa schifo- sputò fuori il tutto stringendo ulteriormente i pugni, fino a quando le sue nocche non diventarono bianche.
Scossi la testa accarezzando il suo petto al di sopra del tessuto sottile della maglietta rossa, sentendolo rilassarsi sotto il mio tocco.
-non serve- mormorai sospirando.
Si irrigidì nuovamente - cazzo, si che servirebbe! Ti rendi conto di quello che ha fatto? Sei troppo buona, lo ucciderei se solo tu mi dessi la tua autorizzazione - sbottò dando un pugno alla corteccia dell'albero di fronte a lui.
Sobbalzai davanti alla sua reazione, ma quando notò la paura sul mio viso si calmò tornando a respirare con calma.
Mi abbracciò cullandomi come una bambina, mentre io chiudevo gli occhi, appagata.
-Ti amo piccola, non scordartelo mai- sussurrò al mio orecchio posando le sue mani sui miei fianchi.
Sorrisi felice, sentendomi la ragazza più fortunata di quel mondo, nonostante tutto quello che era accaduto in quei giorni.
-anche io ti amo- risposi guardandolo negli occhi prima di posare le mie labbra sulle sue.
Mi prese per mano trascinandomi fino alla porta di casa, che aprì con le chiavi nascoste sotto lo zerbino.
Il salone era vuoto, segno che ognuno era tornato nella proprio camera, e noi facemmo lo stesso.
Entrai nella stanza sedendomi sul letto, mentre Justin chiudeva la porta a chiave.
Si avvicinò lentamente al letto, e quando fu abbastanza vicino lo tirai verso di me prendendolo per il bordo della maglietta.
Si mise a cavalcioni sopra di me, sfilandosela per buttarla al lato del letto.
Non avrei mai smesso di ammirare il suo corpo perfetto, il petto scolpito così come le addominali, la pelle abbastanza abbronzata sulla quale risaltavano i suoi tatuaggi che contribuivano a renderlo così dannatamente sexy.
Posai le mie mani sul suo petto accarezzandolo con movimenti lenti studiando ogni minimo dettaglio.
Fece aderire il suo petto nudo al mio, ancora coperto dalla maglietta, facendomi protestare.
Rise liberandomi da quella tortura, prima di tornare a baciarmi con foga. Mi concentrai sul bottone dei suoi jeans, che slacciai prima di sfilarglieli lasciandolo in boxer.
Soffocai un gemito quando sentii il suo bacino aderire al mio, facendo pulsare la mia intimità.
Chiusi gli occhi quando sentii le sue labbra posarsi sul mio seno, e le sue mani sganciare il gancetto del reggiseno che finì a terra raggiungendo la mia maglietta.
Iniziò a massaggiare delicatamente, per poi rendere i suoi movimenti più decisi, senza mai farmi male.
Portai una mano fino all'elastico dei suoi boxer, prima di infilarla al suo interno accarezzando la sua eccitazione ormai incontenibile da quel tessuto nero e sottile. Gemette, e non potei fare a meno di sorridere quando vidi la sua pupilla dilatarsi.
Non avevo mai fatto una cosa del genere, ma amavo Justin ed era giusto che prima o poi ci provassi. Slacciai il bottone dei miei jeans sfilandoli, prima di scendere verso la sua intimità.
Capì cosa intendessi fare, perché prese le mie mani tra le sue guardandomi negli occhi -piccola, sei sicura di volerlo fare?- chiese scrutandomi per studiare il mio viso.
Presi un respiro profondo prima di annuire con decisione, tornando al mio lavoro.
Abbassai i suoi boxer, prima di prendere tra le mani il suo membro. Iniziai a muovermi con movimenti lenti e esitanti, osservando le sue reazioni per capire ciò che dovessi o non dovessi fare.
Dopo un po' decisi di aumentare il ritmo, e lo sentii gemere e imprecare, segno che stavo facendo la cosa giusta.
-cazzo, piccola.. - farfugliò con il respiro pesante, mentre io avvicinavo le mie labbra alla sua intimità.
Lasciai una scia di baci umidi su tutta la sua lunghezza, fino a quando non sentii Justin afferrarmi per i fianchi e tirarmi fino a far aderire completamente i nostri corpi. Sentivo le mie parti basse bruciare per il contatto con il suo bacino, ma non esitò a sfilarmi le mutandine ed entrare rapidamente verso di me. Inarcai la schiena gemendo, mentre stringevo la presa sulle sue braccia muscolose.
-tu sei solo mia- mormorò al mio orecchio tra i nostri gemiti, facendomi sorridere, mentre sentivo il mio cuore scoppiare.
- ovviamente anche tu, altrimenti uccido sia lei che te- sussurro in risposta,facendo ridere entrambi.
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