Ventinove
29.
Avevo passato tutta la notte sveglia, seduta su una sedia vicino al letto.
Più di una volta avevo rischiato di addormentarmi, ma ero riuscita a resistere. Avevo preferito rimanere sveglia per guardare Justin e assicurarmi che stesse bene. Ogni volta che si rigirava nel letto o che prendeva un respiro più profondo degli altri scattavo in avanti verso di lui, per poi risedermi sospirando.
Ero distrutta, stanca e confusa, ma tutto quello che mi interessava era vedere presto Justin sveglio, in forma. Volevo parlare con lui, però questo lo avrei fatto dopo, in quel momento volevo solo vederlo stare bene, temevo che potesse di nuovo tornare nella stessa situazione in cui stava la sera prima.
Solo a pensarci mi venivano i brividi. Il ricordo di lui, completamente fuori di se mentre continuava a prendere a pugni quella tavola di legno dalla quale uscivano chiodi e schegge, senza alcuna emozione in volto, come se fosse in trance. Non mi aveva ascoltato, il suo sguardo era vuoto e freddo, vederlo in quello stato mi aveva fatto impazzire. Mi sentivo anche un po' in colpa, rivedendo le ferite sulle sue mani, i tagli profondi, non potevo fare a meno di sentire il mio cuore perdere dei battiti venendo stretto da una morsa infuocata.
Mi alzai prendendo da terra i miei vestiti, andai in bagno e mi cambiai, dopo di che scesi le scale con l'intenzione di andare in cucina a prendere qualcosa da mangiare.
Lì al bancone erano già seduti Stivie, Derek e Ryan, mentre Chaz sembrava impegnato ai fornelli.
-Buongiorno- salutai tutti con un cenno del campo, entrando nella cucina prima di sedermi su uno degli sgabelli vuoti intorno al bancone.
Ricambiarono il saluto, continuando a fare colazione in un silenzio tombale.
-Come stai?- mi chiese poco dopo Derek, scrutandomi quasi come se avesse l'intenzione di leggere la mia mente.
-sto bene- mentii sorridendo di sfuggita, prima di abbassarlo sguardo.
Alzai lo sguardo quando Chaz posò davanti a me una tazza di latte caldo.
-Grazie- dissi prendendo qualche biscotto sotto lo sguardo degli altri.
Li guardai in attesa che qualcuno interrompesse quel silenzio, consapevole del fatto che avessero qualcosa da dire.
-Ellen, penso che dovresti riposare- disse Ryan.
Aggrottai la fronte -Sto bene, davvero- insistetti cercando di reprimere uno sbadiglio.
Derek sorrise intenerito -Sul serio, si vede quanto sei stanca e non penso che Justin sarebbe felice di vederti in questo stato. Vai a dormire, appena si sveglia ti chiamo- propose.
Mi morsi il labbro guardando Chaz, che annuì d'accordo.
Sbuffai -Va bene. Se lui si sveglia e voi non mi chiamate giuro che vi uccido- li minacciai lanciando un'occhiataccia ad ognuno di loro, prima di iniziare a mangiucchiare un altro biscotto.
Loro annuirono ridendo -Sto tremando- mi prese in giro Stivie facendomi l'occhiolino, il che mi fece ripensare alla mia ultima conversazione, sempre se così si possa definire, con Olivia.
Epica.
Ridacchiai quasi soffocandomi con il latte.
Finii di fare colazione per poi alzarmi dallo sgabello -Quindi, quando si sveglia chiamatemi- gli ricordai con uno sguardo severo.
Derek annuì -Si signora- rispose imitando un saluto militare.
Annuii ridendo, dopo di che mi avviai verso la porta per uscire dalla casa.
Fuori cominciava a fare freddo, il che era comprensibile visto che era metà Novembre.
Mi strinsi nella felpa mentre aprivo la porta di casa mia, o meglio mia e delle altre ragazze, con la copia delle chiavi che mi aveva dato Alex. Entrai cercando di fare meno rumore possibile, per non svegliarle nel caso stessero dormendo.
Sobbalzai quando qualcuno sbucò fuori dal nulla, letteralmente.
-Cazzo- imprecai portandomi una mano al cuore riconoscendo la ragazza dai lunghi capelli biondi e gli occhi verdi, Abby.
-Scusami, non volevo spaventarti- mormorò ridendo divertita dalla mia reazione.
-Tranquilla- la rassicurai sorridendo.
Mi morsi il labbro guardandomi intorno in completo imbarazzo. Era strano pensare che tempo fa tutte quelle persone erano state mie nemiche, e in più mi sentivo in colpa per il fatto che loro erano stati gentili, comprensivi con me quando non me lo meritavo affatto.
-Come va?- mi chiese in imbarazzo quanto me, spostandosi una ciocca di capelli da davanti il viso.
Guardai la punta delle mie converse indecisa sul da farsi -Bene, credo- risposi sospirando.
Lei annuì -Per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi- disse camminando verso la cucina.
-Grazie, anche se non penso di meritarmi tutto questo- mormorai seguendola.
Lei aprì il frigo per poi girarsi verso di me -Non pensarlo neanche.- mi rimproverò tirando fuori un cartone di latte.
Sospirai -Come posso? Fino a poco tempo fa vi odiavo a morte e escogitavo insieme agli altri piani contro di voi, e ora che vi ho conosciuto non posso fare a meno di pentirmene. Siete stati gentili con me da subito, mi avete aiutato quando in teoria avrei meritato il contrario- dissi torturando la manica della mia felpa, in preda al nervosismo.
Lei rimase a pensare qualche minuto, forse in cerca delle parole giuste -Questo è vero, ma anche noi abbiamo sempre fatto lo stesso. Quando Justin si è svegliato dopo l'incidente, chiamiamolo così, gli abbiamo chiesto spiegazioni. Eravamo tutti molto confusi dalla reazione che tu hai avuto dopo che tuo fratello gli aveva sparato. Ci aspettavamo che saresti stata felice, come tutti gli altri, invece eri più disperata tu di tutti noi. - si fermò per qualche secondo osservando la mia reazione. Al ricordo di quell'orribile notte mi irrigidii, prima di stringere le mie mani in due pugni.
Inspira. Espira. Inspira. Espira.
Abby versò il latte in una tazza per poi continuare -Mentre aspettavamo che Justin si riprendesse Chaz era nervoso. Insomma, lo eravamo tutti, ma ci sembrava che ci stesse nascondendo qualcosa. Derek gli ha fatto una scenata, dicendo che se sapeva qualcosa doveva dircelo, soprattutto in quel momento in cui Justin lottava, stando tra la vita e la morte. Forse si è sentito in colpa, quindi non te la prendere con lui, ma ha deciso di raccontarci tutto. Dire che eravamo incazzati era poco, Derek voleva addirittura venire a casa vostra la prima sera per uccidere sia te che tuo fratello, e tutti noi eravamo d'accordo. Non sapevamo niente di te, sapevamo solo che eri un pericolo così come il resto della tua banda. Quando Justin si è svegliato siamo saliti tutti in camera sua di corsa, piangevamo per la felicità, ma lui non ha detto niente. Ci ha sorriso e poco dopo ci ha chiesto di te.- disse sorridendomi dolcemente.
Arrossii spostando il mio sguardo sulla parete rosa pesca della cucina.
-Derek non ci vedeva più dalla rabbia, lui e Justin hanno discusso su questo argomento, non li avevo mai visti così arrabbiati. Quando Justin ci ha parlato di te però ci ha convinti tutti, abbiamo deciso di darti una possibilità. Non lo avevo mai visto così felice, parlando di te gli si illuminavano gli occhi, non pensavo fosse possibile rivederlo così dopo la morte della sua famiglia. Tu lo fai stare bene, è tutto quello che vedo e ti sono grata già solo per questo. Conoscendoti poi, non posso fare a meno di essere d'accordo con tutto quello che affermava Justin, ed è quello che pensano anche tutti gli altri- concluse passandomi il cartone del latte.
Scossi la testa -Già fatto, grazie- mormorai prima di guardare il pavimento -Sono felice di sapere che mi abbiate perdonata per tutto. Io- mi bloccai per prendere un respiro profondo.
-..io ci tengo davvero a lui, è la cosa più importante che ho e voglio solo che stia bene. Lo amo e lui ama me, è tutto quello di cui mi importa- dissi per illuminarmi di un sorriso enorme alla fine, inevitabilmente.
Lei annuì ricambiando il sorriso, prima di spostare la sua attenzione in un punto dietro le mie spalle. mi girai per trovare Jenna e Olive, e poco dopo in cucina entrò anche Alex che parlava animatamente al telefono.
-Cosa cazzo stai dicendo Chaz?- esclamò visibilmente arrabbiata entrando come una furia in cucina.
Seguì il silenzio.
Alex cambiò lentamente espressione, mentre ascoltava quello che Chaz stava dicendo.
-Merda. E' successo di nuovo- mormorò passandosi una mano tra i capelli.
Tutte la fissavamo senza battere ciglio, ma a differenza loro io non ero confusa, sapevo benissimo di cosa stavano parlando.
Poco dopo Alex attaccò, sedendosi sulla sedia con aria distrutta.
-Porca puttana- imprecò strizzando gli occhi.
-Che è successo?- chiese Abby inarcando un sopracciglio.
Alex rimase in silenzio, cercando il mio sguardo.
Notai che aveva gli occhi lucidi -Justin- risposi io al posto suo.
Olive si girò di scatto fulminandomi -Justin cosa?- domandò avvicinandosi.
Non risposi, abbassai lo sguardo rimanendo nel più completo silenzio.
-Non ditemi che è quello che sto pensando io, vi prego- mormorò Jenna portandosi una mano alla bocca mentre sperava in una risposta negativa.
Alex annuì tristemente -Si Jenna, è successo di nuovo e pare che sia stato qualcosa di grosso, non una cazzata- disse passandosi una mano sul viso.
-Cioè?- chiese Abby preoccupata.
Alex fece spallucce -Chaz ha detto che non sa' bene quello che è successo, Derek stava finendo di raccontargli, e che il resto lo sapeva Ellen- rispose guardandomi, così come tutte le altre.
Mi schiarii la voce cercando di uscire fuori da quella situazione.
-Ellen?- mi richiamò Jenna passandomi una mano davanti al viso.
Sobbalzai tornando alla realtà -Mmm?- mugugnai guardandola.
-Cosa è successo?- chiese Alex spazientita.
Sospirai -Abbiamo discusso mentre tornavamo da scuola, era da tanto che non litigavamo in quel modo. Lui è stato violento e dopo aver litigato io lo evitavo, ero arrabbiata e spaventata. Mentre tornavamo in macchina non abbiamo parlato, e quando siamo arrivati sono venuta qui. Dopo aver parlato con te- e lì mi fermai facendo un cenno verso Alex - ho deciso di perdonarlo e andarci a parlare, ma lui non era in casa. Sono andata sul retro e lì l'ho trovato mentre prendeva a pugni una tavola di legno, dove c'erano dei chiodi.- mi fermai chiudendo gli occhi per poi riaprirli, cercando di trattenere le lacrime.
Loro mi guardavano ad occhi sgranati -Cazzo- farfugliò Jenna lasciando cadere il cucchiaio dalle sue mani.
Annuii senza dire niente.
Sobbalzammo quando sentimmo uno schianto verso il muro. Alzai lo sguardo trovando Olivia che mi guardava furente, ai suoi piedi i cocci di un piatto infranto.
-E' tutta colpa tua!- urlò indicandomi.
Aprii la bocca per parlare, ma la richiusi visto che non sapevo che cosa dire.
-Non dire cazzate, Olivia- la rimproverò Abby.
-No, ascoltami tu. Se lei non fosse venuta qui, se avesse lasciato in pace Justin adesso starebbe bene- continuò guardandomi con odio.
-Lei lo rende felice- disse Alex alzandosi mentre camminava verso Olivia che la spinse via.
-Fanculo- mormorò uscendo dalla cucina prima di sbattere la porta di casa.
Mi resi conto che stavo piangendo solo quando sentii le lacrime bagnarmi i vestiti.
Chiusi gli occhi sperando di sparire.
-Ellen no, non darle ragione, lo sai che non è vero- disse Alex abbracciandomi.
Scossi la testa -Invece si- ribattei sospirando.
Abby mi fece girare verso di lei e iniziò ad asciugarmi le lacrime con un fazzoletto -Non dire cazzate. Ti ho già detto quanto rendi felice Justin. Avete litigato, ed è normale. Quando starà meglio gli farò un cazziatone, non deve farti del male. Sappiamo com'è fatto e ti posso assicurare che ci tiene davvero a te, anche se quando si arrabbia dice cose che non pensa e ti fa del male- disse sorridendomi.
Sospirai annuendo -Grazie a tutte, davvero. Ora salgo su, sono un po' stanca- dissi ricambiando il sorriso.
Loro annuirono guardandomi mentre lasciavo la stanza.
Salii le scale con passo pesante, e solo in quel momento mi resi conto di quanto fossi stanca.
Entrai in camera mia dirigendomi verso il letto, ma prima di potermi sdraiare il mio telefono squillò. Sperando che fosse Derek che mi avvertiva che Justin si era svegliato scattai verso il cellulare. Aggrottai la fronte quando vidi che la chiamata arrivava da uno sconosciuto.
Decisi di rispondere.
-Pronto?-
Sentii qualcuno ridere.
-Chi è?- chiesi nervosamente.
-Non è importante per te sapere chi sono, bambola- rispose qualcuno di cui non riconobbi la voce.
Mi irrigidii stringendo la presa sul telefono.
-chi sei?- insistetti a voce più alta.
-Siamo testarde, uh? Già mi piaci. Non vedo l'ora di averti tra le mie mani- mormorò ancora il ragazzo sconosciuto.
Rabbrividii guardandomi intorno in preda al panico.
-Dimmi chi cazzo sei- sbottai sperando che fosse tutto uno scherzo, un patetico e fottuto scherzo.
-Tranquilla amore mio, presto lo saprai. Ti servirà sapere il mio nome quando vorrai urlarlo. Per adesso non ha importanza- rispose.
Subito dopo terminò la chiamata.
Imprecai lanciando il telefono sul letto.
Perché doveva essere sempre tutto così complicato? Eh?
Non potevo vivere una vita tranquilla per più di due giorni?
Capivo che avevo scelto uno stile di vita non proprio ordinario, ma adesso mi sembrava di avere il potere di attirare le disgrazie.
Sobbalzai quando sentii un rumore proveniente dal piccolo balcone.
Mi girai lentamente sbarrando gli occhi quando vidi qualcuno scavalcare la ringhiera. Aveva il cappuccio tirato su, per cui non riuscivo a capire chi fosse.
Indietreggiai in preda al panico, guardandomi intorno per cercare di ricordare dove avessi messo la mia pistola.
Scattai verso il comodino aprendo tutti i cassetti, prima di tirarla fuori puntandola verso la figura lì fuori. Mi avvicinai aprendo la finestra, preparandomi a sparare.
-Porca puttana Ellen, stai calma!- imprecò.
Aggrottai la fronte abbassando la pistola -Mike?- domandai incredula.
Il ragazzo si abbassò il cappuccio, e riconobbi il mio amico.
Sorrisi automaticamente abbracciandolo.
-Anche io sono felice di vederti- scherzò dandomi una pacca sulla schiena. Sciolsi l'abbraccio abbassando lo sguardo imbarazzata dalla mia reazione.
Era l'unico ad essermi mancato.
Forse avrei dovuto avere paura anche di lui, ma dentro di me sapevo che non mi avrebbe mai fatto del male. E poi non gli conveniva, visto che sentendo uno sparo sarebbero accorsi tutti quanti, ci avrebbe rimesso la vita.
-Che ci fai qui?- chiesi aggrottando la fronte.
Lui si grattò la testa -Mi mancavi- rispose facendo spallucce.
Ridacchiai -Anche tu, ma non pensavo che avessi ancora il permesso di parlarmi... sai cosa intendo- dissi tornando seria.
Un'espressione triste si impossessò del suo viso -Lo so, ma non ce l'ho con te. Sono solo un po' confuso- disse guardandomi.
Mi sedetti sul letto facendogli cenno di sedersi di fronte a me.
-Lo capisco-dissi sorridendo timidamente.
Lui distolse lo sguardo -Quindi tu ora stai con loro?- chiese facendo una smorfia.
Sospirai -Si- risposi.
Lui si irrigidì bofonchiando qualcosa.
-E' la mia unica scelta, e lo sai- continuai cercando il suo sguardo.
Lui annuì -Che situazione di merda- mormorò guardandomi.
-Eh già- confermai sorridendo amaramente.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto -Quindi hai fatto fuori Ben..- commentò con una smorfia.
Mi irrigidii -Oh si, dopo che aveva cercato di violentarmi e provato a torturarmi per ammazzarmi penso che io abbia avuto tutti i motivi per ucciderlo- sbottai arrabbiata.
Lui sgranò gli occhi -Cosa?- domandò incredulo.
Annuii -Non farmelo ripetere- tagliai corto spostando lo sguardo sul muro.
-Porca troia- imprecò scuotendo la testa.
-Si, penso sia il sentimento giusto- ironizzai alzando gli occhi al cielo.
Rimase in silenzio riflettendo.
-Fammi capire. Tu e quel grandissimo coglione di Bieber state insieme?- domandò.
Sentii la temperatura del mio corpo salire, mentre mi trattenevo dall'impulso di prenderlo a pugni.
-Quel coglione di Bieber è il mio ragazzo- puntualizzai fulminandolo.
-Scusa, scusa- mormorò ridacchiando -Non riesco a crederci- continuò scuotendo la testa.
Sospirai -Lo so che per te è strano pensarci, ma lui mi rende felice. Tutti loro, non sono come pensi tu. - dissi sperando che mi credesse.
Lui sgranò gli occhi -Ellen, stai parlando degli Skulls, come puoi pretendere che io non pensi che lui sia un coglione e loro dei bastardi?- domandò retoricamente.
-Hai ragione, fino a quando non si conosce qualcuno non si può giudicare- ribattei incrociando le braccia davanti al petto.
-Se tutti ragionassimo così non esisterebbero varie bande e saremmo tutti in chiesa la domenica invece di andare in giro ad ammazzare gente per mantenere il proprio nome in alto. Ci sono delle regole inviolabili, da rispettare- mi fece notare.
Lo diceva sempre anche Dan.
-Si, forse è così. In questo caso preferisco stare con loro piuttosto che con mio fratello che ha alzato le mani su di me e mi ha insultato, e quella traditrice di Fleur. Sono proprio fatti per stare insieme, due grandissimi stronzi- ringhiai.
-Lasciamo stare, non sono venuto qui per litigare.- disse Mike.
Sospirai tentando di calmarmi -Okkey...- iniziai, ma fui interrotta da qualcuno che bussava insistentemente alla porta.
-Chi è?- urlai in preda al panico.
-Sono io piccola- rispose una voce ormai inconfondibile.
Sentii il mio cuore accelerare i battiti, mentre un sorriso enorme spuntava sulle mie labbra. Mi diressi saltellando verso la porta.
-Che cazzo fai?- mormorò Mike gesticolando nervosamente.
Mi girai di scatto ricordandomi di lui. Merda.
Mi guardai intorno cercando un nascondiglio. Non potevo chiuderlo in bagno, se Justin avesse deciso di andare lì non avrei potuto usare alcuna scusa.
-Devi andare via- risposi a bassa voce spingendo Mike verso il balcone della mia camera.
Lui sbuffò -Ma si Ellen, buttami dalla finestra visto che ci sei- scherzò ridacchiando.
Risi con lui -Forza, dai- incalzai girandomi verso la porta.
-Ellen? Stai bene?- domandò Justin con voce preoccupata.
-Si ecco, arrivo!- urlai in risposta osservando Mike mentre scavalcava la ringhiera - A presto El- mi salutò mandandomi un bacio.
Annuii ridendo -A presto Mike- risposi aspettando di vederlo correre via verso il viale alberato dove era parcheggiata la sua macchina, nascosta dagli alberi.
Mi girai correndo verso la porta per poi aprirla.
Quando lo vidi il mio cuore per poco non scoppiò dalla felicità.
Il suo volto era calmo, rilassato, senza alcuna traccia della disperazione che vi era la sera prima.
Il suo sorriso luminoso era lì, a riscaldare il mio corpo, così come i suoi occhi color miele ardente.
-Ehi- mi salutò entrando per attirarmi possessivamente a sé, iniziando a baciare il mio collo con foga. Aggrottai la fronte spingendolo via -Sei sicuro di star bene?- chiesi preoccupata.
Lui annuì guardandomi perplesso -Certo, come dovrei stare piccola?- domandò in risposta.
Aggrottai la fronte -Pensavo volessi parlare di quello che è successo ieri- ribattei mordendomi il labbro inferiore sotto il suo sguardo sempre più confuso.
-Mi dispiace per averti trattato in quel modo, lo sai come sono fatto. Mi sono arrabbiato e ho pensato con il culo, non volevo farti del male..- iniziò, ma lo fermai con un cenno del capo.
-Tranquillo. Non parlavo di questo- insistetti.
-Non capisco- rispose inarcando un sopracciglio.
Sentii il mio stomaco stringersi -Davvero non ti ricordi niente?- chiesi.
Lui sbuffò spazientito -Cosa dovrei ricordare?- domandò confuso e irritato.
Feci una smorfia sentendo lo sconforto impossessarsi della mia mente.
Lui non ricordava nulla.
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