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Trentanove

39.

Justin

Rimanemmo immobili a fissarci, fino a quando non capii che forse quella era l'unica possibilità che avevo per evitare di soffrire come sapevo sarebbe successo.
Senza pensarci due volte mi avvicinai lentamente a lui, che mi guardò allarmato -Uccidimi- dissi con decisione quando a separarci rimasero pochi passi.

Lui sgranò gli occhi, per poi rimanere a bocca aperte -Cosa ti sei fumato, Bieber?- domandò scettico con una punta di nervosismo.
Ignorai il suo sarcasmo, avanzando ulteriormente -uccidimi- ripetei serrando le mani i due pugni.

Lo vidi indugiare, mentre si soffermava sui miei occhi lucidi, cosa che mi fece innervosire. Odiavo il fatto che mi avesse visto così, quel bastardo adesso ne avrebbe sicuramente approfittato.
Di certo mi avrebbe ucciso, non si sarebbe lasciato scappare un'occasione come quella, ma ero anche sicuro del fatto che prima di farlo mi avrebbe fatto soffrire come più poteva, e non solo fisicamente.

Non poteva spararmi subito e farla finita, no, doveva prima far si che io soffrissi più di quanto non lo stessi facendo già.
-Non lo farò- rispose infine, sospirando.
Lo guardai come se non avessi capito bene -Cosa? Perché?- chiesi leggermente arrabbiato.

Era quello che aveva sempre voluto in fondo, poteva anche farmi questo enorme favore levandosi una soddisfazione.

Si passò una mano tra i capelli -Non approfitterò del tuo stato di debolezza per ucciderti, anche se l'idea è allettante- spiegò con un mezzo sorriso, che sparì quando vide la mia espressione delusa, rassegnata.
Avrei continuato a soffrire, l'unica possibilità che avevo era svanita.

Chiusi gli occhi, trattenendomi dal mettermi ad urlare, mentre sentivo le lacrime minacciare di scendere nuovamente.

Cercai in tutti i modi di trattenermi, non potevo piangere davanti a Jenksey, era già stato abbastanza umiliante.
-Dov'è lei?- chiese a bassa voce alla fine, avvicinandosi.
Aprii gli occhi di scatto, sentendo il cuore salirmi in gola.

Non risposi, mi limitai a respirare con molta calma, sperando che il dolore acuto al petto si sarebbe calmato. Sembrava che mi avessero pugnalato, sentivo il mio cuore sanguinare eppure stavo bene, almeno all'apparenza.
-Bieber rispondi, cazzo- imprecò dando un pugno allo sportello della sua macchina.
Lo fulminai -Per quale fottuto motivo ti interessa adesso?- sbottai alzando le braccia al cielo, sentendo la rabbia arrivare tutta in un colpo.
Mi guardò sorpreso -Mi interessa, è mia sorella- rispose calmo, per poi sospirare.
-Non mi sembrava ti importasse quando le hai dato della puttana, quando hai alzato le mani su di lei e quando hai minacciato di ucciderla. Non te ne è mai fregato un cazzo, progettavi persino la sua morte- urlai puntandogli un dito contro, guardandolo con disgusto. Non sopportavo il fatto che quel fottuto bastardo arrivasse di punto in bianco pretendendo risposte, parlando con quel tono a me.

Lui rimase in silenzio, senza dire nulla, senza arrabbiarsi come mi ero aspettato.
Alla fine crollò sull'erba, poggiando la schiena allo sportello della macchina. Buttò la testa all'indietro, chiudendo gli occhi. Rimasi immobile a fissarlo, non sapendo cosa fare o dire.
Con molta calma mi sedetti di fronte a lui, mantenendo le distanze, per poi tirare fuori una sigaretta e accenderla.

Sentendo l'odore del fumo aprì gli occhi, guardandomi.

Gli lanciai il pacchetto -Prendine una- proposi.
Lui l'accese per poi ritirarmi il pacchetto -Ti devo una sigaretta- borbottò iniziando a fumare, mentre io alzavo le spalle con noncuranza.

Non capivo per quale motivo non ci fossimo ancora uccisi, picchiati o almeno insultati, ma in quel momento non mi importava. Avevo altro a cui pensare, e sfortunatamente non era nulla di bello.
Era la cosa peggiore che mi fosse mai capitata, non mi ero mai sentito in quel modo. La mia mente era ben chiara, continuava a ripetere che sarebbe stato meno doloroso morire, il mio cuore era messo ancora peggio.
Sempre che fosse ancora lì, perché in quel momento sembrava che me l'avessero strappato via lasciando un buco incolmabile. I ricordi vorticavano nella mia testa, così come le sue ultime parole e la sua espressione. I suoi occhi scuri, che tante volte avevo ammirato, erano completamente freddi, inespressivi. Non vi era alcuna traccia di quel calore che l'avevano sempre caratterizzati, facendomi sentire in qualche modo amato.

Scossi la testa tentando di scacciare i pensieri quando sentii gli occhi pizzicare. Avrei avuto tempo dopo per sfogarmi, per capire quello che avrei fatto di me stesso, anche se ormai era ben chiaro.
Niente aveva più senso.
-sono stato un bastardo, ho sbagliato tutto con lei- disse alla fine Dan, facendomi ricordare della sua presenza.
Rimasi a guardarlo senza dire nulla, visto che non c'era niente da dire.

-Ero incazzato a morte quando Fleur mi disse che lei frequentava te. Tra tutti i ragazzi possibili, proprio tu, Bieber. Non ci ho visto più, il giorno in cui ti ho sparato pensavo che finalmente lei sarebbe stata al sicuro, lontano da te. E invece ho peggiorato le cose, ho fatto in modo che lei mi odiasse, e invece di starle vicino o scusarmi ho reagito alzando le mani su di lei, insultandola. E la cosa peggiore è che ero convinto di avere ragione, quando dicevo che l'avrei uccisa ero deciso. Mi sto odiando in questo momento, vorrei morire- spiegò velocemente, lasciandomi a bocca aperta.

Perché lo stava venendo a dire a me?
Noi due non eravamo amici, non eravamo conoscenti. Ci odiavamo, entrambi sognavamo la morte dell'altro, era sempre stato questo il nostro scopo: rovinarci a vicenda.
E ora stavamo lì come due perfetti idioti, ad auto-commiserarci.

-Allora siamo in due- mormorai spegnendo la sigaretta.
Lui mi guardò, prima di sospirare -Lo so che sono l'ultima persona con cui vorresti parlare adesso, ma ho bisogno di sapere cosa sta succedendo, rischio di impazzire- disse guardandomi implorante, abbassando quella barriera che tra noi persisteva ormai da anni.

Guardai a fondo i suoi occhi, cercando di capire cosa stesse succedendo a quel mondo che sembrava essersi capovolto, ma arrivai alla conclusione che il detto "le cose succedono per una ragione" fosse solo una grandissima stronzata. Il mondo andava a puttane giorno dopo giorno, le cose accadevano senza nessuna ragione, né motivo, né razionalità. E noi rimanevamo lì, feriti e distrutti senza poter fare niente.

Riassumendo, il mondo era proprio una bella merda.

-Lei.. - iniziai per poi fermarmi, sentendo il respiro mancarmi. Chiusi gli occhi, prendendo un bel respiro -Hai presente Mattew Andson?- domandai con l'intenzione di iniziare dal principio.
Lo vidi irrigidirsi -Si. Quel coglione ha dato molti problemi nell'ultimo periodo- ringhiò.

Annuii -Stessa cosa. Siamo arrivati anche ad una sparatoria, ma quel bastardo aveva come obbiettivo ben altro- mi fermai per riordinare le idee.
-Cioè?- chiese lui sistemandosi meglio contro lo sportello della macchina.
-Ellen- mormorai sentendo il mio cuore spezzarsi definitivamente.

Vidi i muscoli di Dan tendersi, mentre scattava in piedi -Le ha fatto del male? Cosa cazzo le ha fatto?- urlò in preda al panico.
Mi alzai anche io, guardandolo preoccupato -No- risposi tentando di continuare a parlare, ma mi interruppe.
-Lei è viva? Dimmi di si, ti prego- chiese subito dopo, stringendo le mani in due pugni.
Annuii, mente lui si rilassava.

-E allora cosa è successo?- domandò guardandomi confuso.

Distolsi lo sguardo mentre rispondevo, concentrandomi sul sole che ormai stava tramontando -Dopo la scuola l' ho aspettata per quasi un'ora, ma lei era sparita nel nulla. Sono tornato a casa, eravamo tutti nel panico ma poi mi ha chiamato, mi ha dato l'indirizzo di casa di Andson e sono andato subito lì.- mi bloccai passandomi una mano tra i capelli -Quando sono arrivato il bastardo era lì, sono scattato verso di lui e gli ho dato un pugno in faccia. Ellen è corsa da lui, lo ha aiutato a rialzarsi e sembrava quasi preoccupata dal fatto che avessi potuto fargli male. Era tutto irrazionale.- continuai rivivendo ogni singolo istante di quel fottutissimo pomeriggio.
-Quando siamo rimasti soli lei ha detto cose che non mi sarei mai aspettato di sentire da lei, cose che mi hanno distrutto. Lei ha scelto Andson, e io non posso farci nulla- dissi per poi poggiarmi allo sportello della macchina. Chiusi gli occhi, mi sembrava che il tempo si fosse fermato.

Aprii gli occhi di scatto quando sentii il motore di una macchina.
Dan sedeva al posto di guida, mentre abbassava il finestrino lanciandomi una rapida occhiata -Muovi il culo e salta in macchina- mi ordinò mentre buttava la sigaretta.
Lo guardai scettico -Cosa cazzo stai dicendo?- domandai.

Lui sbuffò -Sapevo che eri coglione Bieber, ma almeno pensavo che non fossi così ottuso da non arrivare a capire una cosa così ovvia- ribadì.
Strinsi le mani in due pugni per trattenermi dal prendere la pistola e sparargli in quel preciso istante -E sentiamo, genio del cazzo, dove dovremmo andare?- chiesi rigirando il pacchetto di sigarette tra le mani.

Lui abbassò ulteriormente il finestrino, sporgendosi verso di me.

-A riprenderci Ellen ovviamente- rispose prima di sorridere a trentadue denti, mettendo nuovamente in moto la macchina.

Ellen

-Papà, Ti prego, dimmi che stai bene- mormorai piangendo, aggrappandomi al telefono come se avessi paura che questo potesse scappare da un momento all'altro.
-Stiamo bene, ma non riesco a capire cosa stia succedendo. Ti hanno fatto del male? Chi sono tutti loro?- domandò visibilmente spaventato.
Sospirai -E' complicato papà, ma stai tranquillo. Non ti succederà nulla, te e mamma starete bene, te lo prometto- risposi singhiozzando, evitando di far uscire le lacrime.

-Mi importa di te El, mi importa di quello che succederà a te- ribadì alzando la voce.
Mi morsi il labbro inferiore -Io..sto bene ok? Sto bene- lo tranquillizzai sorridendo amaramente, mentre sentivo le lacrime scendere.

-Promettimi che non ti faranno del male, promettimi che starai davvero bene come dici- insistette.
Presi un grande respiro -lo prometto- mentii, sentendo il mio stomaco stringersi.

Niente sarebbe andato bene, la mia vita era finita nello stesso momento in cui avevo compreso quale sarebbe stato il mio compito da quel giorno.
-E mamma, come sta?- chiesi sperando in una risposta positiva.
Aspettai che rispondesse, ma sentii solo dei singhiozzi che mio padre cercava di nascondere -papà?- lo chiamai stringendo il telefono contro l'orecchio ormai dolorante.
Lui sospirò -Hanno fatto tutto il possibile, ma ormai non c'è più nulla da fare- rispose a voce bassa, per poi rimanere in silenzio.

Sentii il mondo rovesciarsi. In quel momento mi sentii in colpa, per non essere stata la figlia che loro volevano, per essere diventata quello che ero.
Dovevo proteggere almeno mio padre fino a quando potevo, non avrei permesso che gli facessero del male, anche se questo avrebbe significato uccidermi con le mie stesse mani.
Sentii la porta aprirsi. sobbalzai -Papà devo andare. Mi farò sentire presto, te lo prometto- dissi velocemente prima di concludere la chiamata, asciugandomi le lacrime. Posai il telefono che mi era stato dato sulla scrivania, rimanendo immobile.

Sentii qualcuno prendermi per i fianchi, tirandomi possessivamente a sé. Subito una smorfia di disgusto si impossessò del mio viso, mentre mi trattenevo dal reagire.
Chiusi gli occhi quando sentii le sue mani salire verso l'alto, ma alla fine lo spinsi via.

-Non ti basta questo? Non ti è bastato?- urlai alludendo a tutto quello che mi aveva fatto fare.

Lui sorrise -Per oggi mi è bastato, bambolina- rispose avvicinandosi nuovamente a me.
Indietreggiai -Lasciami in pace- sussurrai esasperata, sentendo la mia testa scoppiare.
Lui rimase immobile al centro della stanza, prima di sorridermi affabilmente - Ci vediamo domani principessa, spero che con il tempo ti addolcirai. Dopo tutto ne avremo di cose da fare da oggi in poi- disse prima di uscire dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.

Crollai a terra, iniziando a piangere disperatamente.
Avevo fatto del male a Justin, lo avevo ferito dicendogli delle cose orribili.
Ero un mostro, volevo morire.

Non meritavo nulla, eppure non potevo uccidermi perché dovevo far sì che i miei genitori stessero bene, dovevo vivere in quella merda senza poter scappare.
Non riuscivo a levarmi dalla testa l'espressione di Justin, i suoi occhi lucidi, i muscoli contratti.
Sapevo di averlo ucciso, sapevo di averlo distrutto e questo mi stava facendo impazzire.

Sentivo che la mia vita non avesse più un senso, ero sola in quello schifo e tutto sarebbe dovuto rimanere in quel modo, non potevo fare nulla per evitare che ciò accadesse.
Quello era stato solo l'inizio, e la cosa peggiore era che avrei dovuto fingere con tutti di stare bene con Andson, che odiavo con tutta me stessa.
Mi faceva schifo, speravo morisse nel modo più doloroso possibile. Aveva rovinato la mia vita, ma soprattutto mi aveva costretta a fare del male a Justin.
La facilità con cui lui mi aveva creduto mi aveva ferita.

Possibile che non avesse capito?
Possibile che si fosse scordato di tutti i miei ti amo?
Possibile che credesse davvero che io non provassi più nulla per lui?

Era assurdo, era tutto irrazionale.
Lo amavo più di me stessa, e glielo avevo sempre ripetuto.
E in cinque minuti avevo distrutto tutto con le mie stesse mani.

Facevo schifo, volevo solo piangere e morire, eppure il tempo passava lentamente, in maniera estenuante, e intanto il mio dolore aumentava.
Non c'era più niente da fare, lui non mi avrebbe mai perdonato e io non potevo fare nulla.


Justin

-Sei proprio tardo Bieber, fattelo dire- disse ridacchiando, mentre accelerava.
Sbuffai -Non capisco un cazzo di quello che stai dicendo, non so nemmeno per quale fottuto motivo ho accettato di salire nella tua macchina- ribattei scuotendo la testa.
-Sto dicendo che sei un coglione per non aver capito davvero che quel bastardo di Andson ha costretto Ellen a dire tutte quelle cose- spiegò con un mezzo sorriso.

Sospirai -No Jenksey, la tua brillante teoria fa acqua da tutte le parti. Avresti dovuto vederla, fidati se ti dico che neanche un'attrice di Hollywood sarebbe riuscita a fingere così bene- risposi.
Lui ridacchiò -Allora evidentemente non conosci mia sorella. Mi pare che è riuscita a mentirmi benissimo per un sacco di tempo- disse alludendo a quello che c'era tra me e lei, una cosa che eravamo riusciti a nascondere fino a quando la stronzetta non gli aveva rivelato tutto.
Non risposi, mi limitai a guardare fuori dal finestrino, sentendo il caos nella mia testa.

Possibile che avesse ragione lui? non volevo dargli retta, non volevo che nascesse una speranza in me che poi sarebbe stata distrutta.
-E per quanto mi rode ammetterlo, Ellen ci tiene davvero a te. Non avrebbe mai potuto dire quelle cose, neanche volendo. Quindi smettila di piangerti addosso e svegliato Bieber. Questa volta mi serve che tu sia attivo, non una specie di stoccafisso che mi porto appresso- incalzò lanciandomi un'occhiataccia.

Sospirai pensando alle sue parole, sentendo le forze tornarmi.
Magari avrei sbagliato credendo alla sua teoria, ma volevo sperarci.

Non riuscivo a credere che lei avesse dimenticato tutto quello che c'era stato tra noi.
Non potevo crederci, e in quel momento mi sentii uno stupido per non esserci arrivato prima.
Lei non era quella che avevo avuto davanti quel pomeriggio, lei non era così.

Quel bastardo l'aveva costretta, ricattandola in chissà quale modo.
Sentii l'adrenalina salire, mentre mi giravo verso Dan per sorridergli -Allora..- iniziai, attirando la sua attenzione -Dov'è che tieni le pistole?- domandai guardandolo, mentre lui sorrideva capendo al volo.

Ellen

Proprio mentre continuavo a piangere, lì sul pavimento di quella stanza misera e spoglia, sentii un rumore che mi fece sobbalzare. Il suono del colpo di una pistola riecheggiò facendomi rabbrividire.
Indietreggiai sentendo dei passi avvicinarsi rapidi alla mia porta. Quando sentii quest'ultima spalancarsi chiusi gli occhi, sperando che chiunque fosse salito avesse deciso di uccidermi.

Forse quella volta era davvero la fine.

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