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Trentacinque

35.

Sobbalzai quando sentii qualcuno toccarmi la spalla
Aprii gli occhi lentamente guardandomi intorno spaesata, fino a quando non inquadrai Derek che mi guardava sorridendo -E' tardi, domani hai scuola. Torna a casa, stiamo io e Chaz con Justin- disse a bassa voce.

Mi girai verso il lettino, notando Justin profondamente addormentato.
Tornai a guardare Derek -Non voglio andare a scuola, voglio rimanere qui con lui- ribattei con una smorfia, sembravo quasi una bambina che faceva i capricci con i propri genitori, il che mi fece ripensare al fatto che non sentivo i miei da tanto, forse anche troppo.

-Non se ne parla, voi due avete già saltato troppi giorni e l'ultima cosa che voglio è vedervi ripetere l'anno. Vai a casa e riposati, domani appena esci potrai venire qui- ordinò con un tono che non ammetteva repliche.
Sbuffai -Vabbene papà- risposi sottolineando l'ultima parola.
Lui ridacchiò spingendomi verso la porta.

Uscii raggiungendo Ryan, che circondò le mie spalle con il proprio braccio, per poi avviarsi verso il parcheggio dell'ospedale seguito da tutti gli altri.

Sbadigliai salendo in macchina, per poi poggiare la mia testa al finestrino. Solo in quel momento mi resi conto di quanto fossi stanca, Derek aveva fatto bene a mandarmi a casa, anche se avrei preferito rimanere lì con Justin. Per quanto la sedia dell'ospedale fosse scomoda, mi dava un senso di sicurezza sapere che Justin era lì con me, avrei potuto assicurarmi di persona che stesse bene.
Scacciando quei pensieri, sospirai rimanendo ad occhi chiusi fino a quando la macchina non si fermò.

Scesi guardandomi intorno, ormai dormivo in piedi.
-Buonanotte- dissi salutando i ragazzi, che ricambiarono con un cenno del capo ed un sorriso.
Raggiunsi le ragazze, che si stavano trascinando verso la porta di casa.

-Dio, sto morendo di sonno- si lamentò Jenna stiracchiandosi.
Annuii -Si, anche io- concordai mentre entravo dentro casa.
Salimmo le scale in silenzio, per poi darci la buonanotte.
-che palle, domani dobbiamo pure andare a scuola- imprecò Alex guardandomi sconsolata.
Sbuffai -Almeno tu stai all'ultimo anno, io mi devo sopportare altri due anni dopo la fine di questo. E' parecchio deprimente- risposi.
Lei ridacchiò -Giusto- disse annuendo, prima di entrare in camera.

Mi spogliai infilandomi una maglietta larga e bianca, prima di buttarmi a peso morto sul letto addormentandomi all'istante.

-Svegliati, dai Ellen!-

Erano dieci fottuti minuti che Alex e Jenna continuavano ad urlare come due galline isteriche, ignorando i miei tentativi di convincerle a lasciarmi dormire in santa pace.
-O ti alzi, o ti giuro che ti faccio alzare con la forza- mi minacciò Abby entrando in camera come una furia.

Per tutta risposta grugnii, girandomi dall'altra parte per poi nascondere la testa sotto il cuscino.
-Olivia!- urlarono tutte e tre in coro.

Dopo seguì il silenzio, e io sorrisi credendo che avessero finalmente deciso di lasciarmi dormire.
Lanciai un urlo quando qualcosa di gelido bagnò me e tutto il letto.

Mi alzai guardando quelle tre cretine che ridevano come delle matte, Olivia con in mano un secchio ormai vuoto. -Ma porca puttana!- gridai alzando le braccia al cielo.
Loro continuarono a ridere -Buongiorno Elly- mi salutò Alex saltellando intorno a me.
La fulminai -Non chiamarmi Elly- ribattei dirigendomi verso l'armadio per prendere un paio di jeans e una felpa.

Ignorandole del tutto mi chiusi in bagno, per farmi una doccia cercando di rilassare i muscoli del mio corpo.
La giornata iniziava bene.
Uscii dalla doccia asciugandomi i capelli e il corpo, mi vestii e scesi di sotto.

-Andiamo?- domandai spazientita mentre loro tre si ingozzavano di biscotti al cioccolato.
Loro mi guardarono come se avessi bestemmiato -Non mangi?- chiese Olivia con la bocca piena.
Scossi la testa -non ho fame- risposi scrollando le spalle.
Loro si guardarono per poi annuire, seguendomi mentre uscivo fuori casa.

Attraversai il giardino per bussare alla porta dei ragazzi, fino a quando Chris non mi venne ad aprire.
Era in boxer.

-Ma cazzo almeno copriti!-urlai portandomi le mani davanti agli occhi.
Lui ridacchiò -Scusa El. Aspetta un secondo- disse chiudendo la porta.
Aprii gli occhi aspettando un qualche cenno di vita.

La porta si riaprì -Ecco- disse indicando i pantaloni della tuta grigi che aveva appena messo.

Annuii -Dobbiamo andare- gli ricordai.
Lui aggrottò la fronte -Dove?- chiese spaesato.
Alzai gli occhi al cielo -A scuola, magari?- domandai sarcasticamente.
Vidi i suoi occhi sgranarsi -O merda- farfugliò prima di correre verso le scale lasciandomi lì come un'emerita cogliona.
Entrai dentro casa seguendolo, irritata.

-Si può sapere cosa diavolo state combinando tutti voi?- urlai bussando alle porte chiuse delle camere dei ragazzi, che si aprirono una per una.
Uscirono tutti, mentre Ryan sbadigliava guardandomi come se fossi stata un fantasma -Non è domenica?- chiese sbadigliando nuovamente.
Lo guardai incredula -Ieri era domenica, oggi è lunedì e noi siamo in fottuto ritardo!- gridai in risposta.

-Qualcuno è nervoso- commentò Stive dandomi una pacca sulla spalla.
Lo fulminai per poi notare che non indossava i pantaloni -Quale razza di problema avete con i pantaloni? Vestitevi, tra dieci minuti vi voglio qui sotto altrimenti vi giuro che rimpiangerete di essere nati- dissi sbattendo i piedi a terra, per poi andarmene via lasciandoli increduli in corridoio.

Non mi sentivo tanto bene, ero nervosa come non mai ed avevo un dolore assurdo alla pancia.

Uscii di casa trovando le ragazze sedute sulla veranda.
-Allora?- domandò Abby alzandosi.
Sbuffai -Quei deficienti pensavano fosse domenica, dobbiamo aspettare che si vestano. Possibile che nessuna di voi due sappia guidare?- domandai guardando Olivia e Alex.
Loro si guardarono per poi scuotere la testa -Nei casi estremi guidiamo lo stesso, ma non abbiamo la patente- rispose Olivia.
Annuii, anche io facevo sempre così.

-Non pensate che questo sia un caso estremo?- domandai sperando in un si.
-No- dissero loro due in coro, tornando a sedersi.

Sbuffai incrociando le braccia davanti al petto.
Dovevo comprarmi una macchina, e magari prendere anche la patente, ormai avevo quasi diciassette anni.

Dopo circa un quarto d'ora i ragazzi arrivarono, sorridendo sornioni -Andiamo- annunciò Ryan.
Io e le ragazze salimmo in macchina con lui, mentre i ragazzi andarono con Chris.
Quando arrivammo a scuola era appena finita la prima ora, quindi i corridoi erano affollati dagli studenti che correvano da una classe all'altra.

Appena entrammo sentii tutti gli sguardi puntati su di noi, mentre la gente si scansava per lasciarci passare quasi come se temessero che altrimenti gli avremmo sparato.
Un po' mi era mancato tutto quello.
Trattenni il fiato quando scorsi Fleur appoggiata al muro, mentre mi guardava con un'espressione indecifrabile.
Cercai di ignorarla, mentre salutavo gli altri per entrare nell'aula di chimica.

Le ore passarono lentamente come al solito, e tirai un sospiro di sollievo quando sentii l'ultima campanella suonare.
Uscii di corsa andando a sbattere addosso a qualcuno.
Alzai lo sguardo notando con orrore che si trattava di Fleur.

-Ellen, ti posso parlare?- domandò mordendosi il labbro inferiore.
-Non ho niente da dirti- ribattei duramente.
Lei sospirò -lo so che mi odi, però ti prego, mi dispiace davvero e vorrei che chiarissimo- insistette.
Risi asciugandomi delle lacrime immaginarie -Commovente, davvero. Scusa ora ho da fare, ci si vede in giro- la salutai con un cenno del capo, per poi spingerla da una parte e uscire da quel maledetto edificio comunemente chiamato scuola.

Corsi verso la macchina di Ryan, impaziente di rivedere Justin.
Mentre guidava le ragazze parlavano del più e del meno, di quanto fossero irritanti tutti quei pettegolezzi su di noi, eccetera eccetera.
Quando arrivammo scesi camminando velocemente verso l'entrata. Camminai verso il corridoio principale, per poi svoltare a destra fino a quando non vidi Chaz e Derek seduti sulle sedie dell'ospedale.

Quando mi videro si alzarono -Com'è andata a scuola?- domandò Derek sorridendomi.
Alzai le spalle -E' andata. Justin?- chiesi preoccupata.
Lui sospirò -Sta bene, non ha smesso di rompere le palle per tutta la mattina, direi che è tornato in sé- rispose alzando gli occhi al cielo.
Ridacchiai annuendo, mentre aprivo la porta della sua stanza per entrare.

Quando lo vidi sorrisi automaticamente, mentre il mio cuore faceva una capriola.
-Buongiorno- mi salutò tirandosi su per poggiare la schiena al cuscino.
Mi avvicinai a lui per stampargli un rapido bacio sulle labbra -buongiorno- risposi senza smettere di sorridere.
-sbaglio o qualcuno è di buon umore?- chiese ridendo.
Il mio sorriso si allargò -Forse non ti sbagli- risposi lasciando che mi perdessi nei suoi occhi, quel giorno particolarmente accesi. Nonostante fosse passato tanto tempo, non mi ero ancora abituata alla sua perfezione. Il naso dritto e leggermente all'insù, le labbra carnose e a forma di cuore, gli zigomi perfetti e poi il suo corpo, tutto di lui gridava "perfezione".

-Quando hai finito di scoparmi con gli occhi dimmelo, piccola- disse guardandomi con aria divertita.
Arrossii distogliendo lo sguardo -stai zitto- mormorai lasciando che i capelli coprissero il mio viso ormai completamente rosso.
Lui ridacchiò -Tanto stasera potrai passare ai fatti- continuò accarezzando il dorso della mia mano.
Lo guardai nuovamente -stasera?- chiesi inarcando un sopracciglio.
Lui annuì -Oggi pomeriggio mi lasciano andare, finalmente. Qui il cibo fa letteralmente schifo- si lamentò con una smorfia.

Rimasi in silenzio senza dire nulla, improvvisamente il lenzuolo bianco era diventato molto interessante.
-Piccola, si può sapere cosa succede?- domandò alzando il mio viso per far incontrare i nostri sguardi.
-niente- mentii mordendomi il labbro.
Lo vidi irrigidirsi -Ellen, cosa avevamo detto riguardo al mentirmi?- mi ricordò intensificando il suo sguardo.
Sospirai -E' che sapere che stai qui mi da' sicurezza, stai al sicuro e sono certa che nessuno ti può fare del male. Ho paura di quello che potrebbe succedere quando uscirai- spiegai incrociando le mie mani.

Per un po' rimanemmo in silenzio.
-Che dolce che sei quando ti preoccupi per me- disse alla fine tirandomi verso di lui.
Mi abbassai al suo livello, lasciando che posasse le sue labbra sulle mie.

Subito il loro sapore dolce mi invase, facendomi sentire meglio.
-Lo sai che siamo continuamente in pericolo, anche io vorrei tenerti al sicuro da tutto ma sappiamo entrambi che non è possibile. L'unica cosa che possiamo fare è affrontare tutto quello che succederà insieme- disse poggiando la sua fronte sulla mia, guardandomi negli occhi.
Annuii sorridendo, quando la porta si aprì.

Entrò un'infermiera dal rossetto rosso fuoco, stesso colore dei suoi capelli raccolti ordinatamente in uno chignon.
La sua divisa era impeccabilmente stirata, cadeva nei punti giusto e metteva in risalto le sue forme.
Un sottile strato di matita nera contornava i suoi occhi chiari, rendendo il suo sguardo decisamente provocante.
Mi girai verso Justin, notando il modo in cui la squadrava.

Gli rifilai una gomitata nel fianco, facendolo gemere di dolore.
-Come si sente, signor Bieber?- domandò lei sorridendogli e ignorandomi completamente.
Lui ricambiò il sorriso -molto meglio. Chiamami Justin, puoi anche darmi del tu- rispose lui.
Sgranai gli occhi guardandolo arrabbiata mentre continuava a sorriderle.

Lei fece svolazzare le ciglia con aria ingenua -Oh, va bene Justin. Tra qualche ora il dottore verrà a farti un'ultima visita di controllo, dopo sarai libero di andare- disse rimettendo a posto alcuni fogli nella cartellina che teneva stretta al petto.
-Grazie mille- rispose Justin con un cenno del capo, mentre lei usciva nuovamente dalla stanza.

Solo in quel momento mi resi conto di quanto avessi stretto il mio pugno, le dita mi facevano male.
Quando Justin si girò verso di me lo fulminai, facendo un passo indietro.
-Ehi, che ti prende?- domandò sollevando un sopracciglio.
Ridacchiai -Chiamami Justin, e dammi del tu- dissi imitando la sua voce.
Lui mi guardò senza capire.

-Visto che c'eravate potevo andarmene e lasciarvi soli, così avresti potuto ammirarla da vicino- continuai incrociando le braccia davanti al petto.
Lui sorrise sornione -Qualcuno è geloso- mormorò guardandomi con l'aria di chi la sa lunga.
Sgranai gli occhi -io? Gelosa?- mi indicai cercando di sembrare sorpresa -No- continuai scuotendo la testa.
Il suo sorriso si allargò -Dovrei farti ingelosire più spesso, quando sei gelosa sei davvero sexy- disse a voce bassa, guardandomi divertito.

Sbuffai -beh allora adesso devo essere uno schianto, visto che mi sto trattenendo dallo staccare la testa a quella gallina- dissi per poi pentirmene subito.
-Ecco, sei gelosa- disse sdraiandosi comodamente.

Gli lanciai un'occhiataccia -E ho tutti i motivi per esserlo, avresti dovuto vedere il modo in cui la guardavi- ribattei sentendo una sensazione famigliare inondarmi il corpo.
Lui mi guardò serio -invece non ne hai motivo. Io voglio solo te, delle altre non mi interessa- disse facendomi sorridere.

Mi riavvicinai al suo letto lasciando che prendesse le mie mani tra le sue -Anche se devo dire che quella lì non era niente male- aggiunse inclinando il capo da un lato.
Mi ritrassi guardandolo incredula -Sei un deficiente- ringhiai.

Lui ridacchiò -Stavo solo scherzando, piccola- disse in fretta alzando le mani in segno di resa.
Sbuffai -Stasera prenderò la mia vendetta- lo avvisai sorridendogli maliziosamente.
Vidi la sua pupilla dilatarsi -In che modo?- chiese fingendosi ingenuo.
-Oh tranquillo, lo scoprirai - risposi mordendomi il labbro, mentre lui si irrigidiva.
-Non vedo l'ora- rispose a bassa voce, con uno sguardo che mandò letteralmente a fuoco il mio corpo.

Dovetti piegarmi in due quando sentii una fitta acuta alla pancia.
-Merda- farfugliai mentre Justin scattava, allarmato.
-Stai bene?- domandò preoccupato.

Mi morsi il labbro tirandomi su, mentre mi avvicinavo al calendario.
Era il 28 novembre, ora si spiegava tutto.
-Ellen?- mi richiamò leggermente spazientito.
Mi girai verso di lui.
-Dammi un secondo- farfugliai avvicinandomi allo zaino di scuola per tirare fuori un assorbente.

Mi diressi verso il bagno chiudendo la porta a chiave.
Abbassai i miei pantaloni e le mutande.
Come pensavo.

Grugnii imprecando tra me e me, mentre mi cambiavo per poi uscire dal bagno.
Justin mi guardò preoccupato -Cosa succede? Stai bene?- domandò senza battere ciglio.
Annuii sospirando -Dovrò rimandare la mia vendetta ad un'altra volta- dissi sconsolata.
Lui aggrottò la fronte -Perché?- chiese senza capire.
-Perché non penso che potrò fare gran che per i prossimi quattro giorni- risposi notando il suo sguardo illuminarsi.
Si, aveva capito.

Ridacchiò facendomi cenno di sedermi vicino a lui.
Fece poggiare la mia schiena al cuscino, guardandomi dolcemente -Ti fa male la pancia?- mi chiese.
Mi morsi il labbro -Un pochino- mentii.

A dir la verità sembrava che nel mio stomaco stessero correndo delle marmotte, mi stavo sforzando per non piegarmi in due e lagnarmi come una bambina.
Lui capì che stavo mentendo, e portò le sue mani sul mio stomaco iniziando a massaggiarlo.
Chiusi gli occhi sorridendo.

-Dio- mormorai poggiando la testa sul suo petto.

Lui mi strinse a sé continuando la sua opera di bene, mentre io mi addormentavo senza neanche rendermene conto.

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