Quattro
4.
Andava contro tutto ciò che mio fratello aveva sempre detto, ovvero che io dovevo stare lontana dai pericoli, e tutte le solite cazzate da fratello maggiore che aveva ostinatamente ripetuto per anni.
Per questo rimasi incredula davanti alle sue parole, che erano totalmente contraddittorie.
-Come scusa?- per poco non mi strozzai con l'aria, se questo è possibile.
Mi guardò divertito -Che c'è, hai paura?- mi prese in giro, mentre l'attenzione di tutti si spostava su di me. Risi nervosamente -Io?- mi indicai -Assolutamente no- risposi scuotendo la testa. Se mi avesse comunicato una cosa del genere un giorno prima avrei fatto i salti di gioia, e a quest'ora starei già facendo il conto alla rovescia.. ma non quel giorno. Insomma, l'idea di andare nella terra di quel coglione psicopatico non era proprio in cima nella mia lista dei sogni nel cassetto. Tuttavia non potevo spiegare questo a mio fratello, altrimenti sarebbe stato direttamente lui ad uccidermi.
-Allora dov'è il problema?- mi chiese perplesso, mentre tirava fuori una sigaretta.
Lo squadrai, visto che sapeva benissimo quanto mi desse fastidio vederlo fumare.
Alzò gli occhi al cielo esasperato, facendomi cenno di darci un taglio e continuare.
-Nessun problema, solo non credevo che avresti dato un compito del genere a me e Fleur- dissi innocentemente facendo spallucce, mentre la mia amica annuiva in accordo con ciò che avevo detto.
-In effetti neanche io- commentò Kayla, assumendo un'espressione corrucciata.
Dan si voltò verso di lei, guardandola scettico.
-Insomma, sono giovani Dan, secondo me è un po' pericoloso mandarle dritte nel covo degli Skulls- confessò abbassando lo sguardo, intimorita. Dovevo dire a mio fratello di smetterla di terrorizzare tutti, era davvero una spina nel fianco.
-Anche io ci avevo pensato.- concordò annuendo, lasciando tutti stupiti -Ma ora sono giunto alla conclusione che queste due sono due toste, ce la possono fare- disse buttando fuori il fumo, per poi fare l'occhiolino e me e Fleur, che arrossì violentemente. Mi girai per guardarla irritata e confusa, dandogli una gomitata. Alzò lo sguardo, tornando tra noi nel pianeta Terra. Scosse la testa ridendo nervosamente.
Quella me l'avrebbe spiegata prima o poi.
-Ovviamente se voi ve la sentite- disse Mike, saltando giù dal tavolo sul quale era seduto, per prendere posto vicino a mio fratello. Guardai Fleur, pregando che dicesse di non sentirsela, così avrei avuto una scusa per rifiutarmi. Sfortunatamente lei annuì decisa, fulminando Mike - Con chi pensi di star a parlare, pivello?- lo prese in giro, inarcando un sopracciglio. Per tutta risposta lui alzò le mani in segno di resa.
-Perfetto, allora è deciso. Decideremo presto quando e come agire- decretò mio fratello, mentre gli altri si alzavano per tornare ai loro affari.
Andai vicino a lui, cercando di sembrare il più calma possibile -Torniamo a casa? Papà altrimenti si arrabbia..- dissi timidamente, guardandolo. Mi fulminò -E da quando ti interessa?- chiese freddamente, riponendo vari fogli nel cassetto della vecchia scrivania poggiata al muro. Lo seguii senza spostare il mio sguardo dal suo viso -Da quando non è quasi scoppiata una rissa tra voi due- risposi con il suo stesso tono. Grugnì in disaccordo, scuotendo la testa -Stasera non torno, esco con Alan, Mike e gli altri- mi avvisò.
Oh certo, e io cosa facevo, andavo sotto i ponti?
Continuò, Come se mi avesse letto nel pensiero.
-Ben ti darà un passaggio a casa- disse facendo un cenno del capo in direzione di Ben che stava poggiato allo sportello della sua macchina, mentre giocava con il cellulare.
-Non se ne parla neanche- rifiutai fermamente, scuotendo la testa.
-Come scusa?- domandò incredulo e infastidito, smettendo di fare qualsiasi cosa stesse facendo per portare la sua attenzione su di me.
Lo avevo davvero detto? Oh merda.
Se solo mio fratello avesse saputo quanto non sopportassi Ben, mi avrebbe conciato per le feste con il suo discorsetto sula famiglia, sul rispetto reciproco e il resto della messa, cosa che possibilmente avrei preferito evitare.
-Ehm.. perché non voglio che tu e papà litighiate di nuovo- mentii mordendomi il labbro inferiore, come sempre nelle situazioni in cui ero nervosa o imbarazzata.
Sbuffò -Apprezzo le tue preoccupazioni, ma sono grande e penso di poter decidere da solo ciò che devo fare. Ora puoi anche andare..- mi congedò irritato.
Gli lanciai un'occhiataccia -Senti smettila di..- iniziai pronta a fargli la morale, ma mi bloccò con un gesto della mano -Ti prego, no. Ora vai altrimenti giuro che ti prendo in braccio e ti carico a forza nella macchina di Ben- mi minacciò, e sapevo che ne era capace.
Gli lanciai un'ultima occhiata assassina, prima di andarmene infuriata verso la macchina del piacione.
Mi schiarii la voce, in modo tale che si accorgesse della mia presenza smettendo di giocare con quello stupido coso, il che mi fece ricordare del mio cellulare ormai disperso chissà dove per colpa di quel coglione. Improvvisamente i ricordi di quella mattina mi riempirono di voglia di mettermi all'opera, installando quei miracolosi microchip all'interno della loro bettola.
-Oh vero, ti devo accompagnare. Sali- disse velocemente, ravvivandosi i capelli biondi prima di salire al posto di guida. Sospirai rassegnata, girandomi un'ultima volta verso il magazzino, sperando che mio fratello cambiasse idea. Peccato fosse troppo impegnato a darmi le spalle.
Salii in macchina, arrendendomi al mio crudele destino.
Mise in moto fischiettando allegramente, cosa che aumentò la mia voglia di mandarcelo.
-Posso accendere?- chiesi, indicando la radio.
Scosse la testa -odio la musica, quindi direi di no- rispose lanciandomi uno sguardo che mi fece capire che non avrebbe ammesso alcuna replica. Annuii diffidente, poggiando pesantemente la schiena al sedile, rivolgendo la mia attenzione alla strada che sfrecciava davanti ai miei occhi.
Ben mi sarebbe potuto stare anche simpatico, se solo avesse perso la capacità di parlare. Era carino, con i capelli chiari e gli occhi verdi, ma era un totale sbaglio della natura. Non avevo mai conosciuto qualcuno di così coglione.
A parte Justin.
Grugnii disgustata al solo pensiero di quel ragazzo con cui avevo avuto il dispiacere di parlare, e non solo, quella mattina.
-che c'è?- chiese Ben girandosi verso di me, perplesso.
-Non ho detto nulla- gli feci notare senza guardarlo.
Non rispose, si limitò ad annuire tornando a guardare la strada.
Dopo circa cinque minuti di imbarazzante silenzio, parlò.
-El?- mi chiamò, facendomi girare mentre cercavo di trattenermi dal fare una smorfia. Cosa del "per gli amici El" non riusciva a capire? Lui non era mio amico, e in genere mi chiamava Jenksey, o al massimo Ellen, mai El.
Avrebbe fatto meglio a levarsi quella abitudine.
-Si?-domandai girandomi verso di lui.
-Sai se a Fleur interessa qualcuno?- chiese.
Pessima domanda amico, pessima domanda.
-Ti interessa?- ribattei più acida del dovuto.
Scosse la testa -No.. vabbè lasciamo stare- farfugliò scuotendo la testa.
Bravo stronzo, lascia stare.
Forse sto facendo la figura dell'ipocrita, ma ero solo realista. Ben era un deficiente, e tale sarebbe rimasto. Mi ricordo ancora i tempi in cui lui e mio fratello frequentavano il nostro liceo, e Ben si era messo con una ragazza di periferia di nome Mary. Sembrava vero amore, o almeno lo era stato fino a quando lei non venne a sapere che lui aveva scommesso con Scott Triver, il capitano della squadra di rugby della scuola, di riuscire a portarla a letto entro due settimane. E c'era pure riuscito.
Bhè, nessuno seppe più nulla di Mary da quella volta, anche se molti dicono che avesse cambiato scuola, iscrivendosi a un corso di yoga e di gestione della rabbia. Secondo me solo voci, l'unica cosa certa era che aveva passato mesi a piangere, mentre Ben era andato a rimorchiare e divertirsi con mio fratello e tutti gli altri.
Si, bella roba.
E così, dopo i dieci minuti più lunghi della mia vita, arrivammo davanti casa mia.
-Ecco, siamo arrivati- mi informò.
Wow, ma che genio.
-Si.. grazie- lo salutai, mentre lui rimetteva in moto la macchina con un cenno del capo.
Aprii il cancello, attraversando rapidamente il giardino aprendo poi anche la porta, facendo piano per riuscire a sgattaiolare in camera mia senza imbattermi nei miei genitori.
-Ellen?- chiamò mio padre.
Grazie fortuna, ancora una volta sei dalla mia parte. Mi trascinai in sala rassegnata, dove trovai mio padre intento a leggere un giornale.
-Si papà?-
-Dov'è tuo fratello?- chiese subito, chiudendo il quotidiano per guardarmi mentre si sfilava gli occhiali da lettura.
-E' uscito con Alan e Mike.. ha detto che stasera non torna- lo informai guardandolo per cercare di interpretare la sua reazione.
Annuì mentre stringeva le mani in due pugni, abitudine che avevo ereditato proprio da lui. Sorrisi lievemente a quella constatazione -Mi sa' che quando torna ci devo fare quattro chiacchiere.- disse duramente.
Pericolo in arrivo, pericolo in arrivo. Dovevo inventarmi qualcosa alla svelta, un modo per calmare mio padre.
-Si è andato solo a divertire, tutto qui- lo difesi facendo spallucce.
Mio padre mi squadrò -Non metterti a difenderlo!- mi sgridò alzando il tono della voce.
Non avevo voglia di litigare dopo quella giornata stressante -Come vuoi- borbottai, facendo dietro front pronta a chiudermi in camera mia.
-Non ho finito, ho delle domande da farti- mi richiamò tagliente.
Sospirai, girandomi per tornare davanti a lui, che mi guardò circospetto.
-Si può sapere dove passate tutti i pomeriggi tu e tuo fratello?- mi chiese, questa volta mantenendo un tono calmo e distaccato, ma sapevo che era solo un inganno. Una volta risposto, avrebbe usato le mie parole contro di me.
-Io in genere lo passo con Fleur, andiamo a prendere un gelato al pub di Tom, ci facciamo un giro, roba così. Per quanto riguarda Dan chiedilo a lui, anche se so' già che passano la maggior parte dei pomeriggi a casa di Alan, sai com'è, "cose da ragazzi"- mentii fingendo noncuranza. Stavo diventando davvero abile in quel campo, non c'è che dire.
Annuì sollevato -Bene, perché girano varie voci su dei gruppi di delinquentelli che girano in città, non so' se sia vero o se sono solo voci, ma preferirei che voi due stesse in guardia- si bloccò guardandomi - lo dico per il vostro bene, sono vostro padre in fondo- continuò addolcendo il tono della voce.
Annuii, deglutendo rumorosamente in preda al panico.
-Posso andare ora?- chiesi pregando silenziosamente che la risposta fosse si, e che soprattutto non avrebbe insistito con quella storia.
Che situazione assurda, da barzelletta.
-Un'ultima cosa- rispose tornando serio -Ho trovato il tuo cellulare nel cassetto della posta, c'è niente che vorresti dirmi?- mi chiese guardandomi ironicamente.
Il mio cellulare. Cassetta della posta.
Solo una persona ce lo avrebbe potuto mettere.
Tentai di rimanere calma, ma ormai mi riusciva difficile anche solo parlare. Come diavolo aveva fatto a sapere dove abitavo? Merda.
-Lo avevo perso..- farfugliai mentendo meccanicamente, con la mente che vagava ormai in modo irrecuperabile.
-Lo avevi perso?- ripetè mio padre squadrandomi.
Annuii -Si, lo avevo perso. Ora se non ti dispiace, dovrei studiare- risposi sarcasticamente, mentre lui mi fulminava.
-Certo, vai pure- mi congedò tornando alla lettura del giornale.
-Dov'è il mio cellulare?- domandai prima di andarmene.
-Sulla tua scrivania- rispose distrattamente.
Mi precipitai su per le scale di corsa, rimanendo a bocca aperta alla vista del mio telefono perfettamente posato su un blocco per appunti. Mi avvinai circospetta, come se avessi il timore che potesse contenere una bomba. Rimasi lì a guardarlo con terrore, sobbalzando al suono del trillo che segnalava l'arrivo dei messaggi, mentre lo schermo si illuminava.
Lo presi lentamente, guardando lo sfondo per trovare il simbolo di un messaggio in arrivo, da un numero non di mia conoscenza.
Da: anonimo
Felice della sorpresa?
Aggrottai la fronte, mentre digitavo rapidamente la risposta.
A: anonimo
Chi sei?
Non dovetti aspettare molto per ricevere la risposta.
Da: anonimo
Ti facevo più intelligente, El.
Scossi la testa, buttandomi a peso morto sul letto.
A: anonimo
Forse ti sbagliavi.
Premetti il tasto invio, aspettando di sentire nuovamente il trillo del telefono.
Da: anonimo
Sono Bieber, non posso sbagliarmi. Io ho sempre ragione, piccola.
Increspai le labbra leggendo quel nome. Salvai il numero nella rubrica, sorridendo malignamente e soddisfatta dal nome attribuitogli.
A: coglione
Muori.
Aspettai per qualche minuto, quando pensai che non mi avrebbe risposto.
Ma tadam, sorpresa.
Da: coglione
Arrabbiata?
Ma era davvero così stupido o lo faceva apposta?Si era forse dimenticato di quello che era successo quella mattina? Bè, io no.
Decisi di non rispondergli, e misi il cellulare in silenzioso mettendolo in tasca. Mi alzai dal letto, dirigendomi verso l'armadio per metterlo un po' in ordine. rimasi per un po' a rimirare il vestito di pizzo blu che tenevo tra le mani, comprato in Francia quell'estate.
Il cellulare vibrò, mentre io sospiravo tirandolo fuori.
Da: coglione
Quel vestito mi piace.
Rilessi più volte il messaggio, incredula. Cosa diavolo stava succedendo?
Mi guardai intorno impaurita, chiedendomi se non stessi diventando paranoica. Non ebbi tempo di farmi prendere dal panico, che il cellulare si illuminò nuovamente.
Lo presi rapidamente, aprendo il nuovo messaggio.
Da: coglione
Affacciati alla finestra.
Aggrottai la fronte perplessa, avvicinandomi circospetta al vetro, scostando la tenda sottile e guardando fuori.
Lo vidi, poggiato allo sportello della sua macchina, mentre mi sorrideva sfacciatamente.
Scossi la testa scioccata, tornando al cellulare.
A: coglione
Bene. Che cazzo vuoi?
Lo inviai, senza preoccuparmi di essere gentile. Solo poche ore fa ci eravamo scambiati minacce di morte, mi aveva quasi picchiato, e ora veniva sotto la mia finestra a fare il coglione? Nossignore, non aveva capito proprio niente.
Da: coglione
Voglio che scendi e che vieni con me, ti porto in un posto.
Rimasi incredula a rileggere il suo messaggio, scuotendo la testa irritata prima di rispondergli.
A: coglione
Preferirei essere schiacciata da una mandria di tori impazziti piuttosto che uscire con te.
Inviai il messaggio soddisfatta.
Da: coglione
Mi devo far perdonare per oggi.
Se il suo scopo era lasciarmi ogni volta sempre più sorpresa e scioccata, ci stava riuscendo alla grande.
Avrei dovuto rispondergli di no, che non doveva neanche provare a guardarmi, che lo odiavo e mi faceva schifo, invece mi ritrovai a fiondarmi giù per le scale, con una scusa pronta per mio padre.
-Dove stai andando?- mi chiese affacciandosi dalla porta dello studio.
-Io e Fleur dobbiamo fare una relazione di scienze, non te l'avevo detto?- chiesi falsamente innocente.
Mi guardò sorpreso dalla mia risposta -Oh, se è così allora vai- mi autorizzò sorridendo soddisfatto.
Se avessero dato dei mattoni per i sensi di colpa, ci avrei potuto costruire la muraglia cinese.
Aprii la porta di casa, aprendo velocemente il cancello prima di fare il giro dell'edificio per arrivare sulla strada sotto la finestra della mia camera. Mi morsi il labbro per trattenere un sorriso, quando lo vidi poggiato alla sua macchina lì fermo, ad aspettare me.
" continua così Ellen, tuo fratello sarebbe fiero"
Stupida coscienza ipocrita.
La ignorai, avvicinandomi cautamente a lui, fermandomi a poca distanza, incrociando le braccia davanti al petto.
-Quale onore- commentò Justin, fingendosi lusingato dalla mia presenza.
Alzai gli occhi al cielo -Non ti fare strane idee- chiarii, mentre mi avvicinavo.
Scosse la testa, aprendo gentilmente lo sportello per farmi salire in macchina.
Lo richiuse, facendo velocemente il giro per sedersi al posto di guida.
-Non sono il tipo- mi assicurò facendo finta di essere serio.
-Non lo so nemmeno io perché ho accettato di venire con te.- pensai ad alta voce scuotendo la testa incredula.
-Qualche idea ce l'avrei- scherzò, sorridendomi maliziosamente.
Avvampai, maledicendo la mia facilità di arrossire, cosa che mi aveva smascherato nelle situazioni più critiche. Prima che potesse sparare qualche altra cavolata, parlai per chiarire la situazione.
-Penso che tu sia un coglione- dissi sinceramente -E che non dovrei assolutamente stare qui con te, soprattutto dopo questa mattina- continuai, senza evitare l'incrinarsi della mia voce, mentre abbassavo lo sguardo al ricordo del modo in cui mi aveva minacciato, al modo in cui mi avrebbe facilmente ucciso, senza rimorso. Mi ero ripetuta mentalmente di non mostrargli la mia debolezza, la mia paura, eppure non riuscivo a non reagire in quel modo al pensiero dei fatti accaduti quella matina.
-Mi dispiace- disse piano, e dal tono della sua voce capii che era sincero.
O forse era solo un bravo attore, cosa molto più probabile.
Annuii senza dire niente.
Sospirò -El?- mi chiamò.
Scossi la testa senza rispondergli.
-Ti prego, guardami- mi implorò, fermando la macchina e girandomi il viso in modo tale da poterlo guardare in faccia. Sussultai al suo tocco, arrossendo ulteriormente.
Chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo.
Quando li riaprì rimasi senza fiato.
Sembrava quasi che ci fosse dell'oro liquido nel loro interno, fuso con del miele, mentre delle sfumature di nero e caramello contribuivano al rendere meravigliosi i suoi occhi, improvvisamente ardenti di sincerità, dolci, innocenti, senza traccia della violenza di cui erano stati pieni quella mattina.
-Sono stato un coglione.- ammise sospirando -Anche se tu ci hai messo del tuo, non puoi negarlo- continuò guardandomi, mentre io annuivo.
Bè, era vero, ognuno deve prendersi le proprie responsabilità.
-comunque ho intenzione di farmi perdonare, è per questo che ti sto portando a cena fuori- mi comunicò, facendomi l'occhiolino e regalandomi uno dei suoi sorrisi mozzafiato, capaci di levarti il respiro.
Ci misi un po' per digerire ciò che aveva detto.
Io e lui, da soli, a cena fuori. Era, come si dice, un.. appuntamento? Prima che potessi rendermene conto diedi parola ai miei pensieri.
-E' un appuntamento?- domandai.
Quando mi resi conto di ciò che avevo detto pregai che una valanga mi sotterrasse viva, o che mi prendesse un colpo.
-Vuoi che lo sia?- chiese invece, avvicinandosi, in modo tale da catturare la mia mente con il suo sguardo. Rimasi per un po' a contemplare le sfumature dei suoi occhi, lanciando un rapido sguardo alle sue labbra prima di maledirmi mentalmente. Abbassai lo sguardo imbarazzata.
-Io.. ehm.. - farfugliai -Cioè.. non..- continuai, incapace di parlare.
Che figura, chissà quanto ero potuta risultare patetica ai suoi occhi.
-Si- disse poi a sorpresa, facendomi sussultare.
Lo guardai confusa -Si cosa?- domandai perplessa.
-Si, è un appuntamento- affermò sorridendomi
Oº°'¨ ¨'°ºOOº°'¨ ¨'°ºOOº°'¨ ¨'°ºOOº°'¨ ¨'°ºOOº°'¨ ¨'°ºOOº°'¨ ¨'°ºOOº°'¨ ¨'°ºOOº°'¨ ¨'°ºOOº°'¨ ¨'°ºOOº°'¨ ¨'°ºOOº°'¨ ¨'°ºO
"Sembrava quasi che ci fosse dell'oro liquido nel loro interno, fuso con del miele, mentre delle sfumature di nero e caramello contribuivano al rendere meravigliosi i suoi occhi, improvvisamente ardenti di sincerità, dolci, innocenti, senza traccia della violenza di cui erano stati pieni quella mattina."
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