Quarantotto
48.
Ellen
Rimanemmo a scrutarci per un tempo che mi parve infinito, quando lei si illuminò di un sorriso.
Mi irrigidii sentendo la folle voglia di prendere un coltello e piantarglielo dritto in gola, eppure mi trattenni limitandomi a fulminarla. Non capivo perché invece di essere terrorizzata stesse sorridendo. Pensava forse che non avrei avuto il coraggio di ucciderla? Se era così allora non mi conosceva per niente, non era consapevole di ciò che avrei potuto farle. Nella mia mente contorta si erano già presentati circa cinquanta modi diversi per ucciderla, uno più doloroso dell'altro.
Era un peccato doverne scegliere solo uno quando avrei voluto farglieli provare tutti, uno per uno.
-Hai un carattere molto simile a quello di Justin, ora capisco per quale motivo lui sia attratto da te- disse inclinando la testa da un lato, senza smettere di sorridere.
-Innamorato- la corressi sorridendo a mia volta, mentre incrociavo le braccia davanti al petto.
Lei annuì -E' lo stesso- mormorò infastidita, mentre io scuotevo la testa -Non è lo stesso. Essere attratti non comporta nessun coinvolgimento emotivo, a differenza dell'essere innamorati. Per farti un esempio potrei dirti che anni fa Justin era attratto da te, mentre ora è innamorato di me- dissi con cattiveria, mentre lei mi scrutava stringendo le mani in due pugni.
Sapevo di aver toccato il tasto giusto, come sapevo che tra noi due era appena nata una competizione che avevo già vinto in partenza.
-Si vede che il tuo posto è qui. Justin ti vedrà anche come una ragazza dolce, ma secondo me sei solo crudele e anche un pochino sadica. Sembra quasi che provi piacere nel veder soffrire me, o forse gli altri in generale- sputò fuori con rabbia, mentre io mi trattenevo dallo scoppiare a riderle in faccia.
Cos'era quella ragazza, un profeta? Sembrava che volesse cercare il mio punto debole, un tasto dolente, senza sapere che in quei sedici anni ne avevo passate talmente tante da non poter provare nessun tipo di dolore. Quel potere ce lo avevano solo le persone che amavo, loro solo potevano ferirmi e lei non sapeva nulla di me, ne tantomeno era mia amica.
Aveva detto bene dicendo che quello era il mio posto, dopo anni ero arrivata ai livelli di mio fratello e se fossi stata in lei avrei avuto paura nel trovarmi nella mia stessa stanza, da sola.
-Celine- pronunciai il suo nome per poi sospirare e sorridere -Io a differenza tua sono capace di portare testa a tutti qua dentro, partendo da Justin. So benissimo escludere i sentimenti dal lavoro e con i nemici, e fidati che quando questo accade non diventa un bello spettacolo avermi tra i piedi. Quindi ti auguro di non diventare mia nemica. - mi bloccai ammirando la sua espressione contrariata, prima di continuare
-Sai, ora capisco in pieno il motivo per il quale tu servivi qui. Sei bella, sei attraente- le girai intorno per poi fermarmi davanti a lei -Ma sei anche inutile. Non saresti capace di affrontare uno come mio fratello, uno come Justin. La differenza è questa Celine. Io non ho bisogno della protezione di nessuno e tu si. Tu sei debole e io sono forte, quindi non ti conviene insistere con me, sono decisamente fuori dalla tua portata- conclusi sorridendo soddisfatta di me stessa, mentre lei si irrigidiva -sei troppo convinta di te stessa. Scommetto che saprei affrontarti ad armi pari- ribadì lei, ma era palese che non credeva alle sue parole.
Il mio sorriso si allargò -Non vedo l'ora- mormorai mentre lei assottigliava gli occhi.
Rimanemmo a guardarci in cagnesco fino a quando non entrò Derek che ci guardò preoccupato.
-Tutto bene qui?- domandò soffermandosi su di me.
Annuii -Stavamo facendo amicizia.- risposi sorridendo affabilmente -Vero Celine?- chiesi conferma guardandola.
-Si- rispose duramente evitando il mio sguardo.
Derek mi guardò con aria interrogativa, ma potei vedere il sorriso che stava cercando di trattenere, segno che quella situazione lo divertiva -Dan ti aspetta in giardino, vuole parlarti- disse con una strana espressione. Annuii dirigendomi verso la porta di casa, dopo aver lanciato un'occhiataccia a Celine. Una volta fuori mi guardai intorno, trovando mio fratello poggiato alla fiancata della sua macchina.
-Ehi- lo salutai sorridendo.
-Buongiorno- ricambiò lui facendomi cenno di seguirlo -Capisco che tra due settimane è Natale e quindi la tua voglia di esercitarti è pari a zero, ma visto che la notte di Capodanno agiremo voglio assicurarmi che tu sia pronta- disse senza tanti giri di parole.
Aggrottai la fronte -perché, non lo sono?- domandai perplessa.
Lui sorrise divertito dalla mia reazione -Lo sei ma si può sempre migliorare- mormorò prima di cercare di colpirmi con un pugno.
Mi scansai evitandolo, per poi guardarlo scettica -Ma sei forse rincoglionito?- urlai alzando le braccia al cielo.
Lui annuì -Hai dei buoni riflessi- osservò sorridente ignorando la mia domanda.
Sbuffai -Avresti potuto colpirmi- borbottai lanciandogli un'occhiataccia.
Lui ridacchiò -Sapevo che l'avresti schivato- ribadì prima di fermarsi.
Rimase a fissarmi, fino a quando con un movimento fluido non mi bloccò stretta al suo corpo, impedendomi il movimento -Mai perdere la concentrazione davanti al nemico- sussurrò al mio orecchio lasciandomi andare.
Lo fulminai -e tu saresti il nemico?- domandai divertita e irritata allo stesso tempo.
Lui annuì -In questo caso si- rispose prima di cercare nuovamente di colpirmi.
Lo schivai senza molti problemi, ma persi l'equilibrio e caddi a terra.
Senza esitare lui mi bloccò posando le sue mani sulle mie spalle, ma avendo le gambe libere riuscii a dargli una ginocchiata in pancia ed alzarmi.
-Mai abbassare la guardia- lo rimproverai indicandolo, usando le stesse parole che aveva usato lui anni prima,quando per la prima volta mi insegnò a combattere. Lui si alzò scuotendo la testa e ridendo, per poi pulirsi le mani sui jeans.
-Ho creato un mostro- mormorò fingendosi terrorizzato.
Feci spallucce -Hai creato un mostro carino però- scherzai dandomi delle arie, mentre lui alzava gli occhi al cielo -Con un fratello come me non potevi uscire diversamente- disse ravvivandosi i capelli con la mano.
Si avvicinò a me mentre io indietreggiavo, prima di cercare nuovamente di colpirmi senza successo. Ritentò diverse volte prima di arrendersi -Vabbene, direi che per questo posso stare tranquillo- ansimò senza fiato.
Ridacchiai -Yo fratello- confermai ondeggiando mentre lui mi guardava scandalizzato. -Okkey- mormorò fissandomi poco convinto, mentre io ridevo della sua espressione contrariata.
Si avvicinò alla macchina per poi tirare fuori una pistola a piombini. Me la porse mentre io l'afferravo rigirandomela tra le mani.
-Prova a colpire quella mela- disse indicandone una sul ramo di un albero.
Annuii concentrandomi, prima di sparare il colpo che però la mancò di poco.
Lui ridacchiò mentre io lo fulminavo -Stai zitto- gli ordinai puntando la pistola verso la mela. Respirai piano cercando di rilassare i muscoli del corpo, usando i consigli che mio fratello mi aveva dato anni fa.
"Devi essere tutt'uno con l'arma, non maneggiarla come se fosse un oggetto pesante o pericoloso. Devi premere il grilletto come se fosse lo scatto di una penna, non devi smettere di respirare, il tuo corpo deve essere rilassato, solo i muscoli del braccio devono essere tesi. Mentre spari non pensare a chi o a cosa stai colpendo, pensa solo al fatto che lì c'è il punto che devi colpire, che quello è il tuo obbiettivo. E dopo corri, corri e non pensare a quello che hai appena fatto"
Premetti il grilletto con un gesto deciso, per poi osservare la mela cadere a terra. Mi girai verso mio fratello che sorrideva, orgoglioso -ben fatto- disse con un cenno di approvazione mentre io lo guardavo in attesa di nuovi compiti.
Lui sembrò pensarci su prima di fare spallucce -Direi che è tutto almeno per ora- disse prima di sorridere, mentre io facevo lo stesso riconsegnando la pistola a mio fratello, che la ripose al suo posto.
Ero stanca morta e volevo solo tornare da Justin a dormire, così salutai mio fratello per poi bussare alla porta di casa. Mi venne ad aprire Chris, fortunatamente con i pantaloni addosso. Salii le scale entrando nella stanza di Justin, trovandolo ancora addormentato. Ammirai la sua espressione pacifica, almeno nel sonno sembrava sereno e io non volevo svegliarlo per nessuna ragione al mondo. Presi posto vicino a lui con cautela, prima di chiudere gli occhi ed addormentarmi.
Justin
Quando aprii gli occhi e non vidi Ellen mi avvolse un'ondata di panico. Mi guardai intorno più volte sentendo il respiro mancare mentre realizzavo che lei non era più lì con me. Avevo paura che se ne fosse andata, mi alzai di scatto iniziando a camminare avanti indietro, fino a quando qualcosa non attirò la mia attenzione.
Aggrottai la fronte confuso quando trovai un vassoio con una tazza di caffè ed un cornetto sul comodino, accanto alla quale si trovava un biglietto ripiegato. Lo afferrai aprendolo per leggere ciò che vi era scritto, per poi illuminarmi di un sorriso.
"Buongiorno, mi sono svegliata e non riuscivo a riaddormentarmi. Tu dormivi e non volevo svegliarti, sei adorabile mentre dormi. Ti ho portato la colazione, a dopo.
Tua Ellen"
Rilessi il biglietto più volte, soffermandomi sulle parole scritte in corsivo. Quella non era la calligrafia di Ellen, ma forse ero io che mi stavo facendo troppe paranoie.
Divorai il cornetto in pochi morsi, accorgendomi di quanto fossi affamato, il che era comprensibile visto che la sera prima avevo saltato il pranzo e anche la cena. Bevvi il mio caffè, per poi guardare il fondo della tazza quando realizzi che aveva un sapore strano, ma piacevole.
Rimasi per un po' confuso, chiedendomi cosa ci avesse messo dentro Ellen, ma alla fine smisi di pensarci su. Ogni volta che pensavo succedeva sempre qualcosa, quindi era meglio che non mi soffermassi su alcuni dettagli decisamente trascurabili. Mi alzai pigramente dirigendomi verso il bagno, mentre sentivo la testa girare. Inizialmente mi pervase un'ondata di terrore, credendo che fosse una delle mie crisi arrivata a tormentarmi, ma dovetti ricredermi quando non successe nulla.
La testa continuava a girarmi e vedevo tutto sfocato, dovetti aggrapparmi al lavandino per non cadere. A fatica mi lavai, per poi afferrare un asciugamano avvolgendolo intorno ai miei fianchi.
Mi guardai allo specchio iniziando a ridere senza alcun motivo, ma in quel momento non mi sembrò strano perché ero troppo impegnato ad osservare la parete che girava intorno al mio corpo. O forse ero io che stavo girando su me stesso. Infilai con molta calma i boxer, per poi aggrapparmi alla maniglia della porta.
Quando smisi di ridere tornai in camera mia, notando la presenza di qualcuno nella stanza, precisamente sdraiata sul mio letto.
Cercai di mettere a fuoco a fatica, ma tutto ciò che riuscii a vedere fu un reggiseno in pizzo nero addosso ad una ragazza dal corpo perfetto.
Sentii subito la mia gola farsi secca, mente mi avvicinavo al letto per sdraiarmi, visto che la mia testa girava talmente forte da rendermi difficile anche distinguere il pavimento dal soffitto. Chiusi gli occhi cercando di rilassarmi, ma tutto ciò che ottenni fu avere la sensazione di star cadendo nel vuoto. Aprii gli occhi di scatto quando sentii il peso di un corpo sopra di me.
Non capii bene cosa stesse succedendo, fino a quando non sentii delle labbra posarsi sulle mie. Senza neanche capire ricambiai il bacio, combattendo contro l'impulso di pensare a cosa stessi facendo. Era come se ci fosse una forza nel mio corpo che mi costringeva a fare ciò che quella persona volesse, mentre la mia mente veniva offuscata per impedirle di ricordare.
Posai le mie mani sui fianchi di quella ragazza, stringendo il suo corpo al mio mentre approfondivo il bacio. Come risposta dalle sue labbra uscì un gemito di approvazione, il che mi fece capire che il mio gesto era stato apprezzato.
Ribaltai la posizione facendo in modo che il corpo della ragazza si trovasse sotto al mio, mentre le sue mani accarezzavano il mio petto, l'addome fino ad arrivare a toccare il tessuto dei miei boxer. Prima che potesse liberarsene però caddi a terra, o meglio, qualcuno mi strattonò facendomi finire sul pavimento.
Urlai dal dolore quando quel qualcuno mi colpì con un pugno in faccia, facendomi piegare in due dal dolore. Non stavo capendo nulla di ciò che stesse succedendo, sapevo solo che il mio labbro stava sanguinando visto che sentivo il sapore metallico del sangue.
-Io ti ammazzo!- urlò la figura in piedi davanti a me prima di darmi un pugno in pancia.
Non riuscivo a respirare,avevo dolore dappertutto e la cosa più frustrante era che non riuscivo a reagire ne a mettere a fuoco la stanza e la persona che mi stava colpendo.
Subito dopo mi colpì di nuovo con un calcio, facendomi urlare dal dolore.
Cosa stava succedendo?
Non trovavo nemmeno la voce per porre quella domanda, riuscivo solo a spostare lo sguardo da un punto all'altro della stanza, anche se mi sembrava tutto un unico grande groviglio di colori che vorticavano intorno a me.
-Sarà meglio che Ellen non venga a sapere di tutto questo, altrimenti potrai dirle addio, fottuto coglione- urlò ancora il ragazzo.
Elaborai quelle parole per poi irrigidirmi di colpo quando realizzai ciò che questo significasse.
Avrei potuto scommettere sul fatto che quello che mi aveva colpito fosse Dan, e che le ragazza ancora sdraiata sul mio letto non fosse Ellen.
Prima che potessi spiegare, o che potessi anche solo cercare di capire qualcosa di più riguardo a quella situazione sentii la sua voce.
-Non ce ne sarà bisogno. Ho visto tutto- disse lei con voce tremante, il che mi fece capire che stesse piangendo.
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