Nove
9.
Così grazie a justin ero di nuovo in camera mia, sana e salva. Mio fratello e i miei ancora dormivano, per cui non avevo dovuto inventarmi nessuna scusa dell'ultimo minuto che poi mi avrebbe sicuramente smascherata. Camminavo avanti e indietro nervosamente, incapace di capire cosa avrei dovuto fare. C'era una parte di me, chissà dove nascosta e quanto rilevante, che continuava a ripetere quanto fossi stata stupida, che mi diceva che avrei dovuto provare solo disgusto per quel ragazzo al quale ero praticamente saltata addosso. Insomma, lui faceva parte degli Skulls, lui era un coglione capace di cambiare umore in tempo record, lui era colui che non si sarebbe fatto problemi ad uccidermi.
E allora perché mi aveva salvata?
E questa domanda dava quindi la ragione all'altra parte della mia mente, o forse dovrei dire del mio cuore, ma poi diventerei troppo sentimentale. Quest'ultima riviveva il momento in cui i suoi occhi e i miei si erano incontrati, il momento in cui mi era mancato il fiato e, soprattutto, quell'indimenticabile bacio che mi aveva letteralmente aperto le porte del Paradiso.
Peccato che non ci fossi entrata.
Perché se quello in cui stavo attualmente era il Paradiso, potevo concludere dicendo che era una bella merda, davvero.
La testa mi scoppiava, un po' per la stanchezza, e un po' per il fatto che i miei pensieri premevano in maniera estenuante nella mia mente, senza lasciarmi il tempo di far ordine e chiarezza. L'unica cosa che mi tranquillizzava in quei momenti era camminare, camminare, camminare, ma purtroppo per me ero talmente stanca da non riuscire a stare in piedi. Guardai velocemente l'orologio, sollevata di leggere che fossero solo le nove, e mi buttai a peso morto sul letto addormentandomi di sasso, trovando finalmente un attimo di pace.
Justin
Ero incazzato nero.
C'era mancato un soffio, era stata una questione di fottuti secondi, e poi l'avrebbero picchiata, uccisa, e probabilmente di lei non si sarebbe saputo più nulla. Se non fossi arrivato in quel momento...
non ci volevo nemmeno pensare.
Strinsi il volante cercando di mantenere la calma., cosa che mi riusciva alquanto difficile date le circostanze. Cosa avrei detto a Derek e agli altri quando mi avrebbero chiesto cosa ne avessi fatto di lei? Da me sicuramente si aspettavano qualcosa di meglio di quello che avevo combinato.
Non potevo mica raccontargli di quanto amassi il modo in cui quella ragazza arrossiva al minimo contatto, non potevo spiegargli cosa scatenasse in me il suo sorriso.
Mi avrebbero preso per matto, sarebbero scoppiati a ridere e quasi sicuramente avrebbero ammazzato sia me che lei.
Lei era zona vietata, in tutti i sensi. Non avrei dovuto nemmeno considerarla una persona, semplicemente non mi sarebbe dovuta interessare minimamente la sua vita, quando invece l'avevo salvata dal morire ammazzata.
Era come vedere un gatto e un cane girare allegramente insieme per le strade scambiandosi sorrisi amichevoli.
Tirai fuori una sigaretta, iniziando a fumare per calmarmi.
E poi,come se non bastasse, l'avevo baciata. Mi ero aspettato una reazione totalmente diversa da parte sua, un pugno in faccia, un'espressione disgustata o come minimo una fuga a gambe levate. Invece era stata proprio lei ad approfondire il bacio, era stata proprio lei a chiedere di più. E io l'avevo accontentata senza esitare.
Non ebbi il tempo di ripetermi quanto ero stato coglione, perché arrivai davanti casa. Ma molto probabilmente non l'avrei fatto nemmeno con tutto il tempo del mondo a disposizione, visto che non mi pentivo di ciò che avevo fatto, ed ero certo che non lo avrei mai fatto.
Forse era anche per questo che ce l'avevo con me stesso. Odiavo non avere scelta, ero abituato a dover scegliere ogni fottuto giorno, magari rischiando la vita, ma avevo comunque la possibilità di farlo. Invece in quella situazione era già tutto deciso, senza che io potessi oppormi.
Lei era come una specie di droga per me, e per quanto potesse essere fastidiosa, snervante e rompipalle, era e rimaneva comunque la persona che volevo al mio fianco anche in quel momento.
Sbuffai mentre aprivo la porta di casa, pronto all'interrogatorio. Appena entrato mi ritrovai i ragazzi davanti che mi guardavano con un'espressione divertita.
-Allora, ti sei divertito bro?- mi chiese Mike dandomi una pacca sulla spalla.
Mi trattenni dal prenderlo a calci. Pensava davvero che le avrei fatto del male?
La risposta però era ovvia, e in un certo senso era molto più logica di ciò che avevo realmente fatto. Perché se al posto di Ellen ci fosse stata un'altra persona qualunque, dubito che in quel momento sarebbe stata ancora in grado di respirare.
Mi sforzai per rivolgergli un sorriso -Più o meno- risposi distogliendo lo sguardo.
-Certo che sei proprio uno stronzo, l'avevamo presa noi.- commentò Ryan guardandomi dispiaciuto, mentre io usavo tutta la mia forza interiore per rivolgergli un sorriso sarcastico.
-spiacente amico- risposi facendo spallucce, mentre lui scuoteva la testa contrariato.
Mi girai per dirigermi in camera mia.
-Allora, che ne hai fatto?- domandò Derek sbarrandomi la strada, spuntando dal nulla come suo solito.
Gli lanciai un'occhiataccia, prima di rispondere -Ha imparato la lezione, questo è sicuro- risposi evasivo, mentre lui sgranava gli occhi.
-L'hai lasciata andare?- chiese incredulo e infuriato, urlando mentre tutti si avvicinavano a noi, preoccupati dalla mia reazione.
Rimasi calmo, impassibile -Si- risposi facendo spallucce.
-no dico, sei impazzito? Cazzo, lei sa' dove sta il nostro rifugio, pensi che non andrà a riferirlo a quel branco di bastardi?- diventò paonazzo per quanto era arrabbiato.
Lo ignorai completamente, rivolgendogli un sorriso sornione per poi continuare a camminare, sperando che si facesse i cazzi suoi lasciandomi in pace.
Invece mi fermò facendomi girare dalla sua parte, per poi spingermi con forza contro il muro prima di urlarmi contro, infuriato. -sei un coglione!-
Sapeva di essere nella merda, lo leggeva nei miei occhi. Non doveva neanche provare a mettermi le mani addosso.
Senza pensare gli diedi un calcio nello stomaco, mentre si piegava in due per il dolore. Mi godetti la scena con un sorriso stampato in faccia, ignorando completamente gli altri che ci guardavano ad occhi sbarrati.
Non gli diedi il tempo di rialzarsi, perché lo colpii con un pugno in faccia che gli fece uscire il sangue dal naso, ma non me ne fregava niente.
Gli rivolsi un'ultima occhiata sprezzante, prima di parlare -L'unico coglione qui sei tu- mi piegai per guardarlo bene in faccia -E occhio a come parli, altrimenti la prossima volta non mi limiterò a questo- dissi a denti stretti. Detto questo salii velocemente le scale, ignorando le occhiate perforanti che sentivo addosso.
Entrai in camera mia chiudendo la porta a chiave per evitare che qualcuno dei ragazzi salisse per cercate di farmi la morale. Ero troppo nervoso, sarebbe stato pericoloso sia per loro che per me, visto che quando ero arrabbiato ragionavo con il culo.
Non riuscivo a non chiedermi cosa stesse pensando lei, se si stesse pentendo di quello che aveva fatto, se stesse raccontando tutto ai suoi "amici".
Se fosse stato così avrei potuto anche dichiararmi morto senza molti giri di parole.
Sbuffai dando un pugno alla porta del bagno, per poi rimanere immobile a fissarla come in attesa che parlasse per darmi un consiglio, o anche semplicemente per dirmi quanto ero coglione e senza speranza.
Girai per un po' nella mia camera, indeciso sul da farsi, quando non resistetti più in quel clima di ansia e tensione.
Presi il telefono e mi precipitai di corsa di sotto, dove vidi i ragazzi che parlavano tra loro mentre Derek si teneva la testa. Quando mi videro rimasero in silenzio senza smettere di fissarmi, cosa che mi fece irritare, e non poco. Odiavo essere guardato in quel modo, come qualcuno di pericoloso pronto ad esplodere.
Ma in effetti ero qualcuno di pericoloso pronto ad esplodere.
Non dissi nulla, non gli dovevo spiegazioni, uscii semplicemente di casa sbattendo la porta.
Mi diressi a passo spedito nel garage salendo nella mia macchina, prima di rivolgere una rapida occhiata al cellulare.
Dovevo levarmi quel dubbio assillante che minacciava di farmi esplodere la testa, dovevo sapere cosa pensava, se si era pentita o no e, soprattutto, dovevo sapere una volta per tutte se quella ragazza mi odiava davvero.
Ellen
Sentii un colpo, come un oggetto che si schianta, tuttavia non mi alzai per verificare visto che molto probabilmente era stato il vento, un ramo o qualcosa del genere.
Tornai a chiudere gli occhi, sospirando mentre mi rilassavo nuovamente sotto le coperte.
Colpo.
Sbuffai tirando il piumone sopra la mia testa, girandomi dall'altra parte sperando di riuscire a riaddormentarmi senza altre interruzioni.
Colpo.
Colpo.
Mi alzai snervata, pronta a fare la ramanzina a quei bambini rompipalle che la domenica mattina non avevano niente di meglio da fare che venire a rompere alle povere ragazze innocenti.
Io innocente non tanto, ma questo era solo un dettaglio trascurabile.
Aprii la finestra affacciandomi dal balcone.
Rimasi a bocca aperta quando scorsi la sua figura poggiata ad un albero al di là della recinzione che circondava il giardino di casa mia. No, non era un ragazzino rompipalle che la domenica mattina non aveva niente di meglio da fare che venire a rompere alle povere ragazze innocenti, non lo era senz'altro.
Mi morsi il labbro indecisa sul da farsi, quando il cellulare ancora nella mia tasca vibrò.
Lo tirai fuori guardando lo schermo illuminarsi.
Da:coglione
I tuoi piano per questa mattina?
Mi trattenni dal sorridere o mettermi ad urlare come una ragazzina con gli ormoni in subbuglio, visto che era a pochi metri da me che mi fissava in attesa di una mia risposta. Prima di farlo però cambiai il nome con cui avevo salvato il suo numero in rubrica, visto che non pensavo gli si addicesse ancora.
A: justin
In teoria dovrei andare con gli altri.. sai com'è.
Risposi spostando il peso da una gamba all'altra, con la paura che si arrabbiasse, o qualcosa del genere.
Il fatto che invece di parlare usassimo il telefono era qualcosa di buffo e infantile, dato che avremmo potuto semplicemente comunicare a voce. Se fosse stato un mio amico qualsiasi lo avrei fatto, ma non con lui, e soprattutto non con mio fratello che sarebbe potuto arrivare da un momento all'altro cogliendomi in flagrante.
Da: Justin
E in pratica?
Risi leggendo il suo messaggio.
A: Justin
Anche in pratica.
Risposi alzando lo sguardo su di lui, che aveva assunto un'espressione imbronciata che lo faceva tanto sembrare un bambino appena sgridato dalla mamma.
Sospirai facendogli cenno di aspettare, mentre tornavo in camera mia.
Non mi guardai neanche allo specchio, consapevole del fatto che sarei stata un totale disastro, prima di scendere furtivamente le scale di casa come avevo fatto poche ore prima, aprendo la porta per arrivare alla strada dove trovai Justin che mi sorrideva sfacciatamente.
Non era possibile che una persona reale fosse così bella, dovrebbe essere illegale usare il proprio sorriso per stordire le persone. Rimasi immobile ammirandolo, fino a quando non notai che lui ovviamente se ne era accorto.
-Quando hai finito di spogliarmi con gli occhi fammi un fischio- commentò ridendo mentre io arrossivo.
-Io non.. - farfugliai, ma mi bloccai per alzare gli occhi al cielo arrossendo ulteriormente.
-certo,certo- disse sarcasticamente prendendomi in giro.
Gli lanciai un'occhiataccia.
-Allora, che vuoi?- domandai più acida del dovuto.
Fortunatamente non se la prese, anzi, il suo sorriso si allargò ancora di più rivelando una schiera di denti perfetti e bianchissimi.
-Nervosa, piccola? Perché se è così ci penso io a farti rilassare- mormorò avvicinandosi a me.
Una parte di me era curiosa di scoprire cosa avesse in mente, ma quella più ragionevole mi indusse a spingerlo via.
-No, grazie tante.- tagliai corto, sorridendogli per fargli capire che non ero arrabbiata. Mi sentivo solo un po' stordita, e in imbarazzo.
Era incredibile il modo in cui riuscisse a ritorcere ogni mia parola contro di me.
Fece spallucce mentre distoglieva lo sguardo per rivolgerlo al balcone della mia camera.
Gli passai una mano davanti alla faccia per fargli presente che dovesse spiegare la sua presenza lì, sotto casa mia.
Si risvegliò dalla trance per rivolgermi un'occhiata divertita.
-ti devo fare una domanda- disse improvvisamente serio
Mi morsi il labbro tentando di non cadere nel panico.
-Spara- dissi prima di deglutire tentando di far sparire la mia agitazione.
Si passò una mano tra i capelli, gesto che la mia mente registrò ammaliata come accadeva per ogni suo fottuto movimento.
Tornò a guardarmi mentre cercava le parole giuste per parlare.
-Te ne sei pentita?- domandò avvicinando il suo viso al mio.
Digrignai i denti -Smettila- sputai le parole chiudendo gli occhi.
Quando li riaprii mi ritrovai davanti un Justin che mi guardava confuso e ad occhi sgranati.
-Di fare cosa?- chiese perplesso.
-Di avvicinarti in quel modo sapendo che mi mandi in confusione, mi metti in imbarazzo e comincio a sputare fuori la verità senza pensare- ammisi sinceramente mentre lui si illuminava di un sorriso raggiante.
Faceva invidia al sole, sul serio.
Sbuffai quando mi resi conto di essermi incantata a guardarlo per l'ennesima volta.
-La prossima volta ti porto una mia foto, così quando non ci sono puoi rimanere ad ammirarla quanto ti pare- disse facendomi l'occhiolino.
-Sei un coglione- risposi arrossendo mentre portavo una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-Sarà, ma tu non hai risposto alla mia domanda- mi fece notare riportandomi alla realtà.
Feci la vaga -sarebbe?- chiesi fingendomi confusa.
Sbuffò prima di ripeterla.
-Ti sei pentita? e non chiedermi di cosa perché lo sai benissimo- disse guardandomi intensamente.
Presi un respiro profondo prima di rispondere -No-
Annuì cercando di trattenere un sorriso, che però non riuscì a mascherare.
-E'..tutto?- domandai in imbarazzo.
Scosse la testa -Mi odi ancora?- chiese piantando i suoi occhi nei miei, scatenando in me proprio l'effetto che voleva ottenere.
-No- risposi prima di riuscire pensare.
Si allontanò sorridendo soddisfatto, prima di tornare a pochi centimetri dal mio viso.
-Allora è tutto- sussurrò al mio orecchio, per poi stamparmi un bacio vicino alle mie labbra.
Dovetti aggrapparmi alla sua macchina per evitare di svenire o crollare a terra.
Rise vedendo la mia reazione, prima di salire in macchina. Abbassò il finestrino per lanciarmi una rapida occhiata.
-A domani- disse con un sorriso sghembo , dopo di che mise in moto e sparì dalla mia vista.
Rimasi immobile sul marciapiede incapace di elaborare un pensiero con un minimo di logica e razionalità.
Fui risvegliata dalla voce di mio fratello che si affacciò dal balcone della mia camera trovandomi assorta nei miei pensieri immobile come un'emerita deficiente, cosa che sarei diventata a forza di frequentare Justin che usava ogni mezzo a lui disponibile per farmi impazzire.
-Che cazzo ci fai lì?- domandò guardandomi tra il divertito e il preoccupato.
Lo guardai senza capire. Aprii bocca per parlare ma la richiusi di colpo realizzando di non avere nulla di normale da dire.
Fece spallucce ridendo -Vabbene, non mi interessa, basta che ti muovi visto che tra dieci minuti dobbiamo andare- mi avvertì per poi richiudere la porta-finestra.
Camminai automaticamente verso il cancello, per poi aprirlo e fare la stessa cosa con la porta di casa. I miei erano gesti meccanici, ma la mia mente non era più sul pianeta Terra, ma sul pianeta Justin.
Mi diedi uno schiaffo in faccia a quel mio ultimo pensiero. Dovevo darmi una calmata, seriamente, era impossibile che rimanessi così coinvolta da quel ragazzo.
Entrai in bagno per lanciare un rapido sguardo allo specchio, sospirando rassegnata.
Presi la spazzola cercando di mettere in ordine i miei capelli accontentandomi, visto che non avevo tempo di passare la piastra.
Mi lavai il viso con dell'acqua gelida, sperando che mi risvegliassi dal coma profondo in cui ero caduta negli ultimi dieci minuti.
Passai velocemente mascara e lucidalabbra prima di scendere al piano di sotto dove mio fratello stava animatamente discutendo con i miei, per motivi a me ancora sconosciuti. Mi avvicinai furtivamente cercando di captare il senso del discorso.
-Ho venti anni, posso badare benissimo a Ellen senza il bisogno di Zia Marge qui a rompere le palle- disse deciso mentre mio padre si infuriava ancora di più.
-Non parlare così di tua zia, Dan- lo rimproverò mia madre con il solito tono da suora di clausura.
Dio, eravamo così diverse. Lei precisa, composta, posata e con un sorriso amichevole sempre stampato in faccia. Io, un disastro, ribelle e, come dicevano loro, scansafatiche. Peccato che non sapessero di quanto invece ero abile, anche se non in ciò che loro volevano.
Mio fratello quella volta aveva ragione, nostra Zia Marge era peggio di un elettroshock. Ogni volta che ci veniva a trovare passavamo le giornate ad ascoltare i suoi racconti sulla sua infanzia, mentre si lamentava di quanto fossero pigri e svogliati i ragazzi di oggi. Da lì iniziava a lamentarsi di noi, sgridandoci e facendoci presente di essere una delusione per i nostri genitori.
Se poi avesse visto le punte nere dei miei capelli, avrebbe attaccato con il suo discorso sulla semplicità e la purezza che dovrebbe appartenere ad ogni ragazza, e da lì avrebbe sicuramente preso uno dei suoi discorsi imbarazzanti tirati fuori chissà da dove. Mi ricordo ancora quando all'età di tredici anni era venuta a sapere della mia prima mestruazione, ed era piombata a casa mia facendomi un discorsetto, davanti a mio fratello che all'epoca aveva diciassette anni e sa la rideva mentre guardava la mia faccia imbarazzata.
Quella volta avrebbe potuto farmi un discorso sulle malattie sessualmente trasmissibile, e non lo avrei potuto sopportare. Mi unii a mio fratello nella protesta.
-Papà ti prego, Zia Marge no!- esclamai pregandolo mentre guardava prima me, poi mio fratello.
Mi resi conto di non sapere nemmeno per quale motivo dovessero invitarla.
Li guardai confusa, e mia madre sospirò.
-Abbiamo ricevuto la proposta di un viaggio a scopo lavorativo in Russia, un paio di settimane, e abbiamo accettato. Io e tuo padre stavamo discutendo su cosa fare con voi due.- spiegò gesticolando delicatamente per poi tornare ad accavallare le gambe in modo perfettamente femminile e posato.
Mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo -Ma Dan ha venti anni, e io ne ho sedici. Penso che siamo abbastanza grandi per poter sopravvivere qualche settimana da soli- dissi incrociando le braccia davanti al petto, con mio fratello che annuì d'accordo con ciò che avevo appena detto.
I miei si scambiarono un rapido sguardo, poi mio padre parlò -E va bene, mi fiderò questa volta. E non fatemene pentire- constatò con un cenno del capo mentre io e mio fratello saltavamo ridendo come due bambini. Notando lo sguardo scioccato di mia madre tornammo seri, dopo un momento di imbarazzo.
-Okkey, noi usciamo- dichiarò mio fratello, mentre mio padre lo fermava.
-Tu esci- lo corresse sotto il mio sguardo incredulo -Tua sorella deve studiare- concluse guardandomi.
Gli lanciai un'occhiataccia -Ho finito i compiti ieri sera- mentii sorridendo a mio padre, che sbuffò facendomi cenno che potevo andare.
Raggiunsi mio fratello trionfante, salendo in macchina.
Arrivati al magazzino bussò per ricevere la solita risposta di Mike, che dopo aver udito la parola d'ordine ci aprì.
Trovammo tutti già seduti e io, con disgusto, notai Ben vicino a Fleur, un braccio intorno alle sue spalle. se gli sguardi avessero potuto incenerire di quel ragazzo sarebbe rimasto solo un minuscolo mucchietto di cenere. Anche se non ero proprio nella posizione giusta per parlare in fatto di ragazzi. Fleur mi fece cenno di raggiungerla, così mi avvicinai riluttante prendendo posto accanto a lei.
-Allora, che hai fatto di bello sabato sera? Non mi hai chiamato..- chiese leggermente offesa.
Mi morsi il labbro nervosamente, ricordando quella sera in cui ero andata con Justin fuori città, in un prato stellato, la tipica scena da film.
-Non ho fatto nulla di che..- volevo continuare con la mia bugia, aggiungendo una scusa plausibile, ma fui interrotta da mio fratello che si avvicinò a noi.
-Vi siete divertite sabato sera con il festeggiamento?- chiese a Fleur alludendo alla mia scusa inventata quel giorno prima di uscire.
Lei si girò confusa verso di me -In realtà non abbiamo proprio..- la bloccai dandole una gomitata nel fianco.
Mi lanciò un'occhiataccia -Ah si.. ehm, ci siamo divertite.. alla grande..- rispose a mio fratello sorridendogli falsamente. Lui annuì ricambiando il sorriso prima di girarsi e dirigersi verso Alan e Mike che imprecavano tra loro.
-io e te dobbiamo parlare- disse minacciosamente.
Annuii, constatando che avrei dovuto preparare una scusa perfetta, e alla svelta. Potevo mentire senza problemi alla maggior parte delle persone, ma non a Fleur che era la mia migliore amica. Mi ci sarebbe voluta tutta la forza possibile. Non ebbi tempo di pensare ulteriormente, poiché fui interrotta dall'urlo di mio fratello.
-Cosa cazzo significa che i microchip sono stati distrutti?-
O merda.
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"-La prossima volta ti porto una mia foto, così quando non ci sono puoi rimanere ad ammirarla quanto ti pare- disse facendomi l'occhiolino.
-Sei un coglione- risposi arrossendo mentre portavo una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "
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