Due
2.
Ero rimasta piuttosto confusa ed irritata dalla raccomandazione di mio fratello.
Non capivo perché avesse fermato il suo sguardo su di me in quel modo, come se temesse che potessi frequentare uno degli Skulls. Per tutto il viaggio del ritorno rimasi in silenzio a braccia conserte, ignorando completamente mio fratello che fischiettava mentre spostava il suo sguardo dalla strada a me.
-Si può sapere che ti prende?- sbottò infastidito dopo dieci minuti in cui non avevo proferito parola, limitandomi a tenere lo sguardo fermo davanti a me, lasciando via libera ai miei pensieri.
-Niente- risposi freddamente, senza guardarlo, cosa che lo infastidì ulteriormente. Se c'era una cosa che mio fratello non sopportava, quella erano le persone che non ti guardano in faccia mentre parlano. Ma non mi importava nulla, visto che lì l'unica a dover essere arrabbiata ero io.
-Hai tre secondi per sputare il rospo, dopo ti lascio a piedi- mi minacciò con voce tagliente, fermando la macchina. Certe volte Dan si scordava che io fossi sua sorella, e non la sua schiavetta personale da poter trattare a pesci in faccia quando gli girava male.
-Fanculo, vado a piedi- risposi aprendo lo sportello e uscendo per chiuderlo con forza, cominciando a camminare ignorando il fatto che avrei dovuto farmi venti minuti a piedi, al buio e al freddo. Ma d'altra parte non sarei riuscita a sopportare mio fratello ancora per molto.
Scese dalla macchina raggiungendomi, strattonandomi per il braccio in modo tale da farmi girare dalla sua parte.
-Sei impazzita?- urlò arrabbiato, mentre i suoi occhi si incupivano.
Lo guardai incredula - sei proprio un ipocrita!- esclamai alzando gli occhi al cielo.
-Non- si fermò,tentando di calmarsi -...alzare gli occhi al cielo con me- continuò fulminandomi.
-non sei mio padre- gli ricordai spostando il peso sull'altra gamba.
Si prese la testa tra le mani, cosa che faceva ogni volta che stava per perdere il controllo, un fatto che accadeva abbastanza spesso e facilmente. E quando accadeva faceva venire davvero i brividi, diventava incontrollabile, capace di tutto.
Forse anche per questo era il capo tra noi The Cross.
-Va bene, va bene- si calmò, alzando le mani in segno di resa - mi dici che ti prende, per favore?- chiese, fingendo un tono amorevole.
Sospirai -Mi ha dato fastidio la tua allusione al magazzino.- risposi sinceramente, mentre lui inarcava le sopracciglia confuso.
-Quale allusione?- domandò perplesso.
-"E quando dico tutti, intendo tutti"- dissi imitando il tono della sua voce -senza contare il modo in cui mi hai guardato- continuai, facendogli capire quanto mi sentissi toccata da quel suo comportamento. Mi guardò comprensivo, dopo di che sospirò dandomi un buffetto sulla testa.
-La mia sorellina..- vezzeggiò con tono infantile.
Lo fulminai - smettila di fare il coglione, e rispondi seriamente- lo sgridai tornando a braccia conserte.
Si trattenne dal ridere,annuendo. -L'ho detto solo perché sono a conoscenza del fatto che alcuni di loro potrebbero sembrarti parecchio interessanti.. e non vorrei che ti succedesse qualcosa di male, tutto qui- spiegò alzando le spalle.
Meditai su ciò che aveva detto, capendo che aveva agito in buona fede.
-Va bene, ma non sono così stupida..- gli ricordai guardandolo, mentre abbassava la testa come un bambino sgridato dalla propria madre.
-Sono sempre tuo fratello, mi preoccupo per te- si giustificò, sorridendomi timidamente. Annuii ricambiando il sorriso -Giusto- concordai ridendo, mentre tornavamo alla macchina.
Mentre lui guidava ebbi tempo per pensare, e non capii per quale motivo i miei pensieri tornassero sul ragazzo con cui avevo incrociato il mio sguardo quella mattina.
Non riuscivo a levarmelo dalla testa, e ciò mi infastidiva parecchio dato che odiavo avere la mente occupata da qualsiasi pensiero che non fosse rilevante. Chiusi gli occhi massaggiandomi le tempie.
Sobbalzai quando sentii lo sportello aprirsi, mentre il vento gelido mi congelava il viso.
-Scendi o preferisci rimanere qui tutta la sera?- scherzò, mentre io mi guardavo intorno rendendomi conto che eravamo arrivati. Scesi senza rispondergli, aprendo il cancello di casa con le chiavi, attraversando il giardino con al fianco mio fratello che camminava silenziosamente.
Suonammo il campanello, aspettando che ci venissimo ad aprire.
-Ciao papà- lo salutò mio fratello, entrando in casa e dirigendosi a passo spedito verso le scale, diretto in camera sua. Mio padre non mi calcolò nemmeno, lasciò la porta aperta bloccandolo. Rientrai chiudendola silenziosamente, guardando l'orologio per scoprire che erano le otto passate.
-Dove siete stati tutto il pomeriggio?- domandò adirato, guardando prima Dan, poi me.
Lasciai a mio fratello l'onore di rispondere, come sempre, dato che era lui il re in queste cose.
-Al centro.. - mentì con nonchalance, poggiando la schiena al muro per lanciare una rapida occhiata a mio padre, che non ne sembrava troppo convinto.
-Ellen?- si voltò verso di me, confidante.
Lanciai un'occhiata di intesa a mio fratello, prima di rispondere -Quello che ha detto lui- dissi mantenendo il mio sguardo fermo su mio padre.
Sospirò -E i compiti?- chiese scrutandomi.
Alzai gli occhi al cielo -E' il primo giorno, non si fanno i compiti- gli ricordai sbuffando mentre mio fratello rideva.
-Non ci trovo nulla di divertente. Tu saresti dovuto andare all'università- lo rimproverò mio padre, prendendo l'argomento su cui avevano discusso per tutta l'estate.
-Ma non ho intenzione di andarci- rimbeccò mio fratello, sorridendogli sfacciatamente. Gli lanciai un'occhiata ammonitrice, per intimargli di andarci piano. Mi guardò esasperato, prima di tornare a guardare mio padre infuriato.
-Cosa pensi di fare nella vita? lo shampista? Il cassiere?- chiese sarcasticamente.
-Nah- rispose Dan alzando le spalle, guardandosi intorno annoiato.
-E allora pensi di vivere di rendita? Non puoi non fare un cazzo dalla mattina alla sera!-urlò mio padre, ormai al limite. Pensai dentro di me che in teoria io e mio fratello avremmo potuto tranquillamente vivere di rendita, dato che nostro padre era una carta vincente negli affari, e nostra madre un brillante avvocato.
-E chi ti ha detto che non faccio nulla dalla mattina alla sera?- ribadì, avvicinandosi con aria di sfida.
Fortunatamente arrivò mia madre ad interrompere quella conversazione che stava diventando un po' troppo animata.
Ogni volta che la guardavo non potevo non pensare a quanto non le somigliassi per niente. Lei dai lunghi capelli ramati, grandi occhi verdi e un sorriso sempre dipinto sulle labbra, determinata e scrupolosa nel lavoro. Io, sfaticata, nullafacente.
O almeno così mi vedeva mio padre.
Non ero di certo la sua figlia modello, anzi, forse ero proprio l'esatto opposto.
-E' pronta la cena- ci comunicò, guardando preoccupata mio padre, che le rivolse un rapido cenno di assenso. Mio fratello ne approfittò per dileguarsi, prima che quella conversazione potesse iniziare nuovamente.
-Io non ho fame- rispose distratto prima di salire le scale velocemente.
Lo guardi sparire, mentre mio padre rivolgeva a me la sua attenzione.
-Tu vieni?- mi chiese guardandomi speranzoso.
Annuii, seguendolo verso la cucina sentendomi stranamente in colpa. Sapevo che mio fratello era un tipo riservato, un duro, ma non era cattivo, e il fatto che i rapporti tra lui e mio padre fossero precipitati in questo modo mi metteva un inspiegabile senso di ansia. A volte mi chiedevo se i miei mi avessero mai cambiato con qualcun'altra, se ne avessero avuto la possibilità. Avrebbero potuto avere una figlia studiosa, talentuosa ed educata, la figlia che avevano sempre sognato.
Mi sedetti mentre Adelaide, la nostra domestica, ci serviva la cena nel piatto.
-Santo cielo, cosa hai fatto ai capelli?- esclamò incredula mia madre, alzandosi di scatto dalla sedia per prendere una ciocca tra le sue mani e studiarla accuratamente.
Sbuffai -Ho tinto le punte di nero- risposi concentrando la mia attenzione sulla bottiglia di vino che avevo di fronte.
Mia madre si portò una mano davanti alla bocca, girandosi verso mio padre che mi guardava deluso -George?- lo chiamò per avere conferma che quello che stava vedendo non fosse tutto un sogno.
-Si Mar, e noi non ne sapevamo nulla.- disse freddo.
Lo guardai scettica - te lo avevo detto che mi sarebbe piaciuto farlo- gli ricordai.
-Hai detto bene, che ti sarebbe piaciuto farlo. Non mi pare di averti mai dato il permesso- ribadì alzando il tono della voce.
-Sono i miei capelli, ci faccio quello che voglio- risposi abbassando lo sguardo.
Fu mia madre ad intervenire -Smettila di essere così maleducata, dovresti ringraziarci invece di fare la bambina capricciosa.- mi sgridò.
-E fino a quando starai in questa casa, farai quello che ti diciamo io e tua madre- continuò imperterrito mio padre, alzandosi dalla sedia.
Mi trattenni dall'urlargli in faccia la verità, cioè che se ne avessi avuto la possibilità me ne sarei andata da tempo, insieme a Dan, perché noi una famiglia vera l'avevamo.
Tuttavia non dissi niente, rimasi a fissare il vuoto davanti a me mentre mangiavo la cena, non curandomi dei miei genitori che avevano cominciato a parlare di quanto li deludessimo io e mio fratello.
Finii rapidamente, e mi alzai diretta in camera mia.
Mia madre si schiarì la voce.
Mi girai, trattenendomi dal non sbuffare o alzare gli occhi al cielo. -Posso andare, per favore?- domandai sarcasticamente, mentre mia madre annuiva senza smettere di guardarmi.
Abbandonai la sala sospirando, salendo le scale di corsa per chiudermi in camera mia, buttandomi sul letto.
Presi il cellulare, componendo il numero di Fleur, che rispose dopo pochi squilli.
-Ehi...- rispose con voce affannata, il che era abbastanza compromettente.
-Non sapevo avessi ospiti stanotte- scherzai girandomi a pancia in sotto, ridendo.
-Fanculo, sto correndo sul tapirulan..- rispose ridendo -tu che fai?- chiese.
-Oh niente, ho appena finito di litigare con i miei, il solito quindi..- risposi sarcasticamente.
-Dai, non te la prendere, in fondo ti vogliono bene- disse, e sapevo che aveva ragione.
Forse era proprio questo il problema, mi sentivo in colpa perché non solo non ero la figlia modello, ma frequentavo pure una delle due bande della città. E, oh, aspetta, il capo era niente meno che mio fratello.
-Si, lo so- risposi tagliando corto il discorso, decisa a non parlarne.
-Sabato andiamo alla festa di Sophie o facciamo qualcos'altro?- domandò improvvisamente entusiasta.
Ci pensai per un po' prima di rispondere -Odio Sophie, e poi alle sue feste ci vanno solo gli idioti. Che ne dici del pub vicino a Boover street?- le chiesi sperando in un si.
-Perfetto, lo diciamo anche agli altri?- chiese, mentre io storcevo il naso.
Per una sera non volevo mio fratello a controllarmi, e l'idea di non vedere Ben appiccicarsi a Fleur mi allettava parecchio.
-No. Ho bisogno di una serata tra noi, è da tanto che non lo facciamo- mi giustificai.
-Già, da troppo. Ora io vado, mia madre mi sta chiamando. A domani, notte El- mi salutò.
-Notte- risposi prima di attaccare.
Ero stanca morta, e non avevo assolutamente voglia di alzarmi per prendere il pigiama e piegare i vestiti nell'armadio, così mi limitai a slacciare il bottone dei jeans sfilandomeli a fatica.
Mi rigirai nel letto levandomi la giacca e gli orecchini, prima di addormentarmi di sasso.
Non c'erano parole per esprimere la mia voglia di fiondare quella maledetta sveglia fuori dalla finestra. Mi alzai grugnendo, dirigendomi nel bagno della mia camera per esaminarmi allo specchio.
Ammirai soddisfatta i miei capelli, felice del fatto che i miei non mi avessero detto di tagliare le punte nere. Raccolsi i capelli in una crocchia, fermandoli con un mollettone per evitare che si
bagnassero.
Mi feci velocemente la doccia, rilassandomi sotto l'acqua calda che scorreva giù per il mio corpo.
Afferrai un asciugamano nel quale mi avvolsi, prima di tornare lentamente in camera mia. Presi un paio di pantaloni neri e una maglietta larga bianca, con la scritta NY.
Mi feci una treccia, infilando distrattamente qualche libro nello zaino di scuola prima di infilarmi le scarpe e sfrecciare al piano di sotto, dove trovai mio fratello alle prese con la caffettiera.
-Dammi, faccio io- gli dissi ridendo, prendendogliela dalle mani.
-Grazie- rispose andandosi a sedere sullo sgabello vicino al bancone.
-Come mai già sveglio? Senti la mancanza della scuola?- lo presi in giro, voltandomi verso di lui che mi guardò divertito.
-Assolutamente no, ma io, Ben,Alan e Mike abbiamo da fare- rispose facendomi l'occhiolino.
-Cosa?- mi informai.
-Il solito, qualche piano diabolico contro quei bastardi- rispose con nonchalance mentre sgranocchiava un biscotto dalla forma bizzarra. Mi guardò schifato, prima di alzarsi di scatto sputando tutto nel secchio.
-Ma che schifo!- esclamò bevendo l'acqua direttamente dal lavandino. Mi avvicinai incuriosita alla scatola dei biscotti.
Non mi trattenni dal ridergli in faccia -Sei proprio un coglione!- esclamai tra una risata e l'altra, mentre lui si avvicinava circospetto prendendo la scatola tra le mani e leggendo ad alta voce. -"Fancy, i migliori biscotti per cani"- recitò prima di sgranare gli occhi e assumere un'espressione disgustata.
Continuai a ridere, fino a quando il caffè non fu pronto. Lo versai nella tazza di mio fratello.
Io non facevo mai colazione, la mattina non riuscivo proprio ad avere il concetto di cibo, a differenza di mio fratello che mangiava come un affamato.
-Allora, il piano?- insistetti mentre lui alzava lo sguardo su di me.
-Oggi vi diremo tutto, adesso fammi mangiare- rispose, troppo concentrato sul cibo per darmi una risposta esauriente.
Uscii di casa, dirigendomi a passo spedito verso scuola, maledicendo me e la mia stupidità quando iniziò a piovere. Io ovviamente non avevo un ombrello, così sarei arrivata a scuola bagnata fradicia e in condizioni pietose. Mi alzai il cappuccio della felpa, aumentando la velocità del passo.
Una macchina si fermò -Serve un passaggio?- mi chiese una voce bassa e, in un certo senso, confortante.
Mi girai di scatto, rimanendo a bocca aperta.
Riconobbi subito quegli occhi furbi e attenti, quella chioma biondo scuro e quel sorriso meraviglioso.
Era il diavolo in persona.
La mia mente procedeva venti volte più veloce del normale, mentre il mio cervello si spremeva per trovare una scusa che non mi avrebbe fatto sembrare una matta per l'aver rifiutato quel passaggio. Perché solo una pazza lo avrebbe rifiutato nella mia stessa situazione.
-non penso sia il caso- risposi freddamente, continuando a camminare seguita dalla macchina.
-Io penso che lo sia- rispose sfacciatamente il ragazzo, sporgendosi dal finestrino per guardare il cielo nero.
Sbuffai -Grazie tante, ma no - tagliai corto, sperando che mi avrebbe finalmente lasciato stare. Peccato che non fossero le sue intenzioni.
Continuò a guidare al mio passo, canticchiando a bassa voce per lanciarmi qualche occhiata divertita di tanto in tanto, mentre io continuavo a bagnarmi sempre di più.
-Qui dentro si sta così al caldo..- commentò tentandomi.
Sbuffai, cedendo prima di fare il giro e salire dalla parte del passeggero.
Mi guardò soddisfatto -Ottima scelta- si congratulò annuendo in segno di approvazione. Risi, pentendomene subito.
Perché ero salita su quella dannata macchina? Improvvisamente i dubbi mi assalirono. Era ovvio che adesso mi avrebbe portato nel loro rifugio, e magari mi avrebbero fatto fuori. Era così che funzionava tra di noi.
Eppure era stranamente gentile, cosa incomprensibile tra uno di noi e uno di loro.
-Io sono Justin- si presentò lanciandomi un rapido sguardo sorridendomi -Bieber- precisò portando nuovamente lo sguardo sulla strada.
-Ellen Jenksey- mi presentai di rimando, mantenendo lo sguardo basso.
Annuì -Ma preferisci che ti chiamino El- affermò, con l'aria di chi la sa lunga.
Lo guardai incredulo -Wow, vi mantenete informati- dissi sarcasticamente, pentendomene subito. Se mio fratello mi avesse visto in quel momento mi avrebbe come minimo picchiato a sangue. Come mi era venuto in mente di dire una cosa simile?
Stavo lì, a pregare che mi risparmiasse quando lo sentii ridere
.
Alzai lo sguardo incredula, guardandolo scuotere la testa mentre continuava a ridere divertito.
Mi concentrai sul suono della sua risata, per conservarne il ricordo.
-Perché ridi?- chiesi cercando di non farlo a mia volta.
Tornò serio -Hai ragione, in effetti non c'è molto da ridere dato la circostanza che sei nella mia macchina. Fossi in te me la starei facendo sotto- disse minaccioso.
Non sapevo se prenderla come uno scherzo o se darmi al panico. Optai per la prima.
-Devo mettermi ad urlare?- chiesi fingendomi indecisa.
Rise guardandomi -Come vuoi. Allora, tu credi nel fatto che tra noi ci dobbiamo odiare?- mi chiese.
Ci pensai per un po', prima di rispondere decisa -Si, ci credo. E tu?- domandai a mia volta.
Inclinò la testa da un lato, sovrappensiero.
-Immagino di si- concordò sospirando.
-Allora perché?- chiesi, alludendo a tutto quella gentilezza, alle risate, e al fatto che non mi avesse ancora fatto fuori.
-Mai parlare troppo presto- mi rimproverò guardandomi severamente.
Anche mio fratello lo diceva sempre.
La macchina si fermò, così mi guardai intorno, girandomi poi di scatto verso di lui impaurita e arrabbiata.
-Questa non è la scuola!- gli feci notare trattenendomi dall'urlare.
Mi fece l'occhiolino -Ti avevo offerto un passaggio, ma non ho mai detto che ti avrei portato a scuola- ribadì ridacchiando.
-Non è divertente- risposi fredda, sperando che smettesse di fare il coglione e che mi avrebbe portato immediatamente a scuola. Scese dalla macchina ignorandomi.
Lo seguii -Mi vuoi rispondere?!- chiesi irritata.
-A dire la verità no- scherzò chiudendo gli occhi e inspirando.
Solo allora mi guardai intorno, realizzando che ci trovavamo in un prato circondato da alberi, tranquillo e piacevole. L'erba era curata, eppure non vi era alcuna traccia della presenza dell'uomo. Era tutto così naturale, tutto così bello.
-Dove siamo?- chiesi avvicinandomi a lui, incantata.
Rispose senza guardarmi -Non molto fuori dalla città- disse, facendomi notare che si era avvicinato pericolosamente a me.
Mi girai, trovando il suo viso a poca distanza dal mio.
-Non ti farò del male- mormorò con voce rassicurante, inchiodando i suoi occhi nei miei.
Se quella volta avevo pensato che i suoi occhi fossero bellissimi, adesso mi sarei dovuta ricredere.
Erano meravigliosi.
Annuii incapace di parlare.
-Mi credi?- chiese con voce bassa, gli occhi pieni di innocenza, un' innocenza che forse mi avrebbe dovuto mettere in guardia.
-Si- risposi prima di rendermene conto.
-Bene- sussurrò prima di riallontanarsi, mentre il mio cuore tornava lentamente a battere in modo regolare.
.:。✿*゚'゚・✿.。.:* *.:。✿*゚'゚・✿.。.:* *.:。✿*゚¨゚✎・ ✿.。.:* *.:。✿*゚¨゚✎・✿.:。✿*゚'゚・✿.。.:* *.:。✿*゚'゚・✿.。.:* *.:。✿*゚¨゚✎・ ✿.。.:* *.:。✿*゚¨゚✎・✿.:。✿*゚'゚・✿.。.:* *.:。✿*゚'゚・
"Rise guardandomi -Come vuoi. Allora, tu credi nel fatto che tra noi ci dobbiamo odiare?- mi chiese.
Ci pensai per un po', prima di rispondere decisa -Si, ci credo. E tu?- domandai a mia volta.
Inclinò la testa da un lato, sovrappensiero.
-Immagino di si- concordò sospirando."
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro