Cinquantasette
57.
Frost
"non puoi amare colui che porta la tua morte"
- Ultimo capitolo -
Ellen
Era mezzanotte e mezza e non facevo altro che camminare avanti e indietro, affondando i miei piedi nella neve fresca. Derek era corso a svegliare tutti quanti, ordinando di andare in sala senza fare domande. Quando tutti fummo presenti nella stanza, ci comunicò della breve visita di Jaden e disse che dovevamo agire quella notte stessa, senza altre possibilità. Mio fratello e Justin avevano provato a convincerlo del fatto che attaccare così senza preavviso decidendo da un momento all'altro non era una cosa saggia, ma quando Derek disse che il giorno dopo avremmo altrimenti subito un attacco di Andson nel nostro territorio, avevano cambiato immediatamente idea. Tutto ciò era comprensibile, subire un attacco nella propria area è un qualcosa che ogni gang vuole evitare. Avrebbero potuto portare dell'esplosivo e far saltare l'intera casa in aria, e anche qualcuno di noi, per cui dovevamo attaccare quella notte sorprendendoli, anche se il rischio di perdite era notevolmente alto.
E questo mi faceva andare nel panico, era la prima volta che un attacco mi preoccupava in questa maniera, tutte le altre volte riuscivo a mantenere una calma che tutti invidiavano, e l'idea di uccidere gente che si era messa contro di noi mi esaltava parecchio, ma quella notte era tutto diverso.
Sapevo che Andson non doveva essere sottovalutato, io più di tutti gli altri avevo avuto il dispiacere di conoscerlo meglio e da vicino, e potevo dire che fosse bastardo quanto furbo. Tremavo al solo pensiero che potessi perdere uno dei miei amici, Fleur, mio fratello, o Justin. Il ricordo di Justin a terra senza coscienza mi tormentava, insieme a tutto il dolore che avevo provato quando avevo creduto che fosse morto. Se questa volta fosse successo davvero sapevo che non sarebbe potuto tornare mai, e non sarei riuscita ad andare avanti. Allo stesso tempo mi sentivo egoista nel notare che la mia intera ansia e preoccupazione era dovuta per la maggior parte a Justin, ma la verità era che sapevo che se avessi perso Fleur, Mike o Dan, Justin sarebbe riuscito a tirarmi su e a farmi andare avanti, sarebbe riuscito ad alleviare il mio dolore, ma se fosse morto lui nessuno di loro avrebbe potuto aiutarmi.
Mentre camminavo sentivo la neve entrare nei miei stivali neri, ma il freddo era l'ultimo dei miei problemi in quel momento. Io e le altre ragazze stavamo aspettando che i ragazzi scendessero con le armi e l'esplosivo, e il tempo sembrava passare con una lentezza capace di ucciderti, perché per me l'attesa che precede il momento che più si teme è peggio del momento stesso. Sapevo di dover scacciare via quei pensieri, mio fratello mi aveva insegnato ad isolare la mente dai problemi quando si deve svolgere un qualsiasi lavoro di una certa pericolosità, diceva sempre che pensare alle proprie debolezze aumenta la debolezza stessa, ma per quanto cercassi di non pensare non riuscivo a non farlo. Sobbalzai quando sentii una mano sulla spalla.
Mi girai per vedere Justin guardarmi con una strana espressione, la stessa con cui mi aveva guardato in bagno mentre medicavo le sue ferite. Era uno sguardo vuoto, ma celava dietro molte più cose di quanto potessi pensare, cose che a quanto pareva lui era determinato a nascondermi. Lo guardai stranita, ma prima che potessi fargli alcuna domanda mi interruppe -Tieni, Dan ha detto di dartela- disse porgendomi la mia pistola. Aprii bocca per rispondere, ma poi la richiusi.
Annuii prendendo in mano l'arma per poi infilarla nella tasca posteriore dei pantaloni. Distolsi lo sguardo iniziando a torturare le mie mani, e notai tristemente Justin allontanarsi, e ciò mi fece insospettire ulteriormente. Tutto ciò di cui avevo bisogno era un suo abbraccio, una sua rassicurazione, e lo aveva sempre fatto ogni volta che ero nervosa. Sapevo che avesse notato la mia agitazione, o meglio dire panico, eppure non aveva aperto bocca.
Mio fratello uscì di casa seguito da Mike e Alan, e poco dopo vidi spuntare fuori anche Ryan, Derek e Chaz seguiti da tutti gli altri. Avevano un'espressione così diversa da quella che aveva controllato il loro viso per tutto il giorno, in quei volti riconoscevo ciò che tutti gli abitanti di Stratford temevano. Una calma apparente, lo sguardo freddo, vuoto e concentrato, i muscoli tesi, sono tutte le cose che caratterizzano un criminale e un assassino nel momento in cui realizza di dover abbandonare la frivolezza dell'essere giovane e il divertimento, cosa che noi sapevamo fare molto bene oramai.
Cercai disperatamente Justin con lo sguardo, con l'intenzione di sedermi al suo fianco in macchina, ma era già salito sulla sua Range Rover dove i posti erano tutti occupati. Strinsi il bordo del mio maglione nero tra le mani, cercando di non farmi prendere dal panico e di scacciare le mille domande nella mia testa. Mi serviva concentrazione e distacco da tutti i pensieri, e quella situazione non mi stava di certo aiutando.
-Tu vieni con me- disse mio fratello dirigendosi poi verso la macchina insieme a Fleur, Mike, Alan e Kayla. Li seguii senza proferir parola, per poi sedermi ai sedili dietro lasciando il posto davanti a Fleur che mi guardò perplessa. -Sicura di non volerti sedere qui?- chiese indicando il suo posto. Scossi la testa per poi guardare la neve dal finestrino. Era così bianca e morbida che ti faceva venire voglia di prenderla e stringerla, ma poi ti congelava le dita lasciandole doloranti. Era un po' come la vita, che sembra prima tanto bella e spensierata, e poi riserva le peggiori insidie. Conoscevo la strada che stavamo percorrendo, era la stessa identica che aveva fatto Andson quel giorno che mi aveva rapito portandomi a casa sua per poi costringermi a ferire Justin. Quello era uno dei ricordi che volevo evitare di riportare in mente, ma quella notte sembrava che tutto ciò che volessi tenere lontano tendesse invece a cadermi addosso senza poi scivolare via. Avevo uno strano presentimento, qualcosa che mi seccava la gola e che mi portava ad essere così ansiosa, e per quanto cercassi di non ascoltare la vocina nella mia testa che gridava pericolo, non potevo evitare di sentirla ugualmente.
Più ci avvicinavamo a quella casa, più sentivo la mia ansia crescere insieme alle domande nella mia testa, tutte con una risposta meno probabile dell'altra. Qualcuno di noi morirà? Riuscirò a proteggere Justin come mi ero promessa tempo fa? Perché lui era ora così freddo, distaccato proprio nel momento in cui avevamo più bisogno di stare vicini? E se avessi perso mio fratello? O Fleur, Mike? Più pensavo più sentivo la testa scoppiare, e la cosa peggiore era che non avevo la risposta a nessuna delle mie domande, potevo solo sperare in un miracolo anche se sapevo ormai che la fortuna e io andavamo in due direzioni opposte. Non sarei riuscita a guardare le spalle a Mike, Fleur, Dan e Justin allo stesso momento, e per quanto mi sentissi egoista avevo già deciso chi proteggere anche a costo della mia stessa vita. non avrei perso d'occhio Justin per nessuna ragione al mondo, e se un proiettile fosse stato sparato nella sua direzione sarei stata pronta a prenderlo al posto suo.
Quando Dan fermò la macchina mi guadai intorno, riconoscendo con grande disgusto il viale alberato che portava al casale dove abitava Andson. Strinsi i sedili di pelle conficcando le unghie all'interno, per evitare di mettermi ad urlare. Sentivo la voglia impellente di correre in quella casa e mettere fine alla vita di quel bastardo, che mi aveva portato via mia madre e mio padre, la mia casa, i soldi, e che se ne avesse avuto la possibilità avrebbe portato via da me anche Justin.
Scesi dalla macchina per poi girarmi e guardare gli altri fare lo stesso scendendo dalle altre macchine. Justin tenne lo sguardo fisso davanti a sé, senza neanche girarsi una volta verso di me. Sentii il mio cuore sprofondare nel petto, ma feci finta di niente seguendo mio fratello che camminava verso Derek e Justin. -Dobbiamo passare dal bosco, altrimenti ci vedranno- disse rivolto verso gli altri, che annuirono. Fleur raggiunse il fianco di Dan stringendogli un braccio e catturando la sua attenzione. Lui le sorrise forzatamente, conoscevo troppo bene mio fratello per non vedere la preoccupazione evidente sul suo volto. Dan l'abbracciò per poi darle un bacio sulla fronte. -Andrà tutto bene, non permetterò che ti facciano del male- mormorò al suo orecchio, ma data la vicinanza riuscii a sentire le sue parole, e dallo sguardo di Justin capii che anche lui le aveva sentite. Distolsi lo sguardo sentendo il mio stomaco stringersi.
Quando Dan iniziò a camminare prendendo per la mano Fleur tutti gli altri lo seguirono, e io feci lo stesso. Rimasi in disparte a guardare gli alberi mentre camminavamo, ma la mia mente era così affollata da pensieri e preoccupazioni che sapevo di risultare come un libro aperto anche agli altri. Era impossibile non vedere quanto fossi agitata, e Justin non faceva niente di niente, sembrava quasi che mi stesse evitando. E più pensavo a questo, più mi convincevo che fosse così e sentivo il mio cuore dolere. Quando sentii una pacca sulla spalla alzai lo sguardo, per poi rimanere delusa quando davanti a me vidi Mike, sorridente come sempre anche se riuscivo a percepire la sua preoccupazione. Tentai un sorriso che uscì un po' più come una smorfia. -Sei preoccupata- constatò annuendo mentre continuavamo a camminare in mezzo agli alberi, evitando di inciampare. Annuii - tu non lo sei?- domandai lanciandogli un rapido sguardo. Lui rimase in silenzio prima di sospirare -Non troppo, penso sia l'abitudine ormai- rispose con aria sconsolata. Sembrava stanco, e non solo per la giornata. Stanco di tutto, di quella vita, dell'uccidere e del fare del male alle persone, anche se lo meritavano, stanco di rubare, stanco e basta.
-Perché hai scelto questa vita?- chiesi prima di potermi rendere conto di aver dato parola ai miei pensieri. Lui mi guardò con uno sguardo leggermente sorpreso, il che era comprensibile. Ci conoscevamo da tantissimo tempo, eppure non gi avevo mai rivolto quella domanda che in fin dei conti era la più importante che avrei potuto porgli. Ora che ci pensavo Mike era la persona più buona ed altruista che io conoscessi, sempre solare e in vena di scherzare, non riuscivo a trovare un motivo per cui una persona così avesse dovuto scegliere di rovinarsi a tal punto.
-Mio padre era ricco, la mia vita era apparentemente perfetta. Avevo un sacco di amici che non vedevano l'ora di venire a casa mia per usare la piscina e l'impianto stereo, e io cominciai a chiedermi se fossero amici miei o dei miei soldi. Mia madre veniva da una famiglia povera, il padre era un panettiere e sua madre una sarta. Lei si era sposata per amore, dopo tutti gli anni insieme riuscivo a vedere ancora il calore nei suoi sguardi, ma mio padre era diverso. Avevo sempre sospettato che avesse scelto mio madre solo per la sua bellezza, e infatti quando cominciò ad invecchiare mio padre smise di rivolgerle qualsiasi attenzione, davanti a lei guardava le altre donne senza pudore, e lei cadde in depressione. Non riuscivo a vederla in quello stato, e più passava tempo più mi sembrava che stesse peggiorando. A volte iniziava a parlare da sola, non mangiava e per quanto insistessi con mio padre di farla vedere da un medico, lui non voleva saperne. Non voleva che la gente pensasse che avesse una moglie matta, quando la situazione stava diventando proprio quella. Non potevo fare niente, e vidi mia madre perdere le forze piano piano, insieme al calore del suo sguardo, per poi morire.- si fermò qualche minuto, i suoi occhi neri lontani. Aspettai che riordinasse le idee, rimasi in silenzio senza dire niente per non fargli perdere il filo del discorso, ma anche perché ero a corto di parole.
-Ero sempre stato il figlio perfetto per mio padre. Avevo sedici anni e non andavo mai ad una festa, non bevevo e non fumavo, prendevo ottimi voti e il preside aveva riferito a mio padre che se avessi continuato così avrei ottenuto sicuramente una borsa di studio per Oxford o Cambridge, ma quando mio padre lasciò morire mia madre, decisi di diventare l'esatto opposto. Iniziai tutto per ripicca, la sera uscivo e mi ubriacavo per tornare la mattina dopo, facevo molte assenze a scuola, saltavo le lezioni di violino e di francese, e vedevo mio padre sempre più scontento, ma non era abbastanza. Un giorno mi spinsi oltre. Andai nella periferia di Stratford, e vidi un gruppo di ragazzi. Avevano all'incirca la mia età. Mi avvicinai e loro si girarono, guardandomi quasi divertiti. Uno di loro si presentò, dicendo di chiamarsi Dan. Si vedeva che tuo fratello ci sapeva fare, aveva uno sguardo attento e non scherzo dicendo che chiunque sarebbe stato terrorizzato solo dall'idea di provare a farsi beffe di lui. mi chiese se mi serviva qualcosa, e io gli risposi che non ero venuto per la droga, ma per entrare nel giro. Lui si mise a ridere, ma quando vide che ero serio e determinato decise di mettermi alla prova. Se in una settimana avessi venduto tutto ciò che mi aveva dato sarei stato dentro, e così fu. Lì le cose iniziarono a farsi serie. Persi tutte le mie amicizie, i genitori dei miei amici cominciarono a sospettare qualcosa e proibirono ai loro figli di vedermi, di chiamarmi, di parlarmi. Mio padre sembrava diventare sempre più scontento, la sera lo vedevo piangere, ed io ne ero felice. Ero felice perché stava provando lo stesso dolore che aveva dovuto sopportare mia madre per colpa sua. Un giorno arrivò però al limite, e si tolse la vita. ero rimasto da solo, non avevo nessun amico e in quel momento cominciai a realizzare di aver sbagliato. Probabilmente avrei raggiunto mio padre se tuo fratello non mi avesse aiutato. Lui era il tipo che sembrava essere nato stronzo, quello che se ne fregava e che pensava solo ai soldi che gli facevo guadagnare, non a me, invece dovetti ricredermi. Mi raccontò della situazione a casa vostra, e mi aiutò più di quanto avesse fatto chiunque altro nella mia vita. questa è la mia storia, e lo so, fa davvero schifo- concluse calciando un sasso.
Mi fermai rimanendo a guardarlo -Tu non vuoi tutto questo. Sei entrato per sbaglio e ti sei ritrovato in qualcosa più grande di te. Sei ancora in tempo per cambiare le cose. Sei una persona meravigliosa, pensi sempre agli altri e riesci a contagiare tutti con il tuo buon umore. Sei sprecato qui, hai un futuro davanti che noi non abbiamo, non è giusto sprecarlo così- dissi tornando a camminare.
Lui sorrise scuotendo la testa -Vedi troppe qualità in me che non ci sono, Ellen. sei sempre stata così, vedi la parte buona in tutti, anche in coloro che di buono non hanno proprio nulla. Mi piacerebbe ricominciare tutto da capo, ci ho pensato molte volte, ma questo significherebbe allontanarmi da tutti voi, gli unici amici che io abbia mai avuto. Sei troppo rassegnata alla tua vita El, tu sei la ragazza più intelligente che conosca, potresti fare molto di più se lo volessi, eppure non lasceresti mai tuo fratello o Justin, che sappiamo tutte e due non abbandonerebbero mai questa vita. loro la temono ma la adorano allo stesso tempo, sono nati per questo in un certo senso, e forse è proprio questo il motivo per il quale tutti li temono. E la stessa cosa vale per me, non lascerei mai Dan, te e tutti gli altri. - rispose per poi bloccarsi quando Dan si fermò.
Mi girai, riconoscendo con dispiacere il casale di Andson. Le luci erano spente, il che significava stessero dormendo. Sarebbe stato facile, o almeno lo speravo. Mio fratello si girò verso di noi -Dobbiamo forzare la porta per entrare, probabilmente il rumore li sveglierà e qualcuno di loro riuscirà ad armarsi. Al primo sparo correte e riparatevi dietro agli alberi, sapete come si fa durante una sparatoria quindi non c'è molto da spiegare- disse. Derek annuì -State attenti, non fermatevi davanti a niente e se vedete uno di loro spuntare fuori sparategli prima che abbia la possibilità di colpirvi.- aggiunse. Sospirai mentre Dan e Derek si avviavano verso l'ingresso della casa. Poco dopo iniziai seguirli fino a raggiungere la porta della casa. Derek tirò fuori una specie di cacciavite, e iniziò a forzare la serratura. Aveva ragione mio fratello, il rumore era alto e sarebbe stato un miracolo riuscire a non svegliare nessuno di quei bastardi.
Quando Dan spalancò la porta ormai aperta vidi un ragazzo impietrito nell'ingresso, che dopo pochi secondi iniziò a correre verso le scale probabilmente per avvertire gli altri. Sentii uno sparo e il ragazzo cadde a terra privo di vita. mi girai trovando Justin con la pistola in mano, senza alcuna emozione sul volto. Mi morsi il labbro inferiore mentre sentivo un trambusto dal piano di sopra. Il rumore del colpo aveva svegliato tutti gli altri, e sapevo che stessero facendo di tutto per armarsi al meglio, dopo poco vidi una decina di ragazzi affacciarsi dalle scale, per poi nascondersi quando iniziammo a sparare dei colpi in loro direzione. Uno di loro sporse il braccio sparando verso di noi, mancando di poco Ryan.
-Correte- urlò mio fratello per poi prendere Fleur per un braccio e tirarla verso di sé. Senza aspettare raggiunsi gli alberi inoltrandomi nel bosco, quando sentii qualcuno afferrare la mia mano.
Mi dimenai istintivamente fino a quando non riconobbi la sua voce.
-Stai attenta, pensa lucidamente e non preoccuparti per me. E' la preoccupazione che rende deboli e fotte la gente, rimani concentrata- mormorò al mio orecchio. Bastò la sua voce a calmarmi. Mi girai verso di lui, fissando i miei occhi nei suoi color caramello, contornati da folte ciglia scure. Gli mancavano le ali, e poi sarebbe stato un angelo perfetto. -Lo sai che non riuscirò a non preoccuparmi. Tutto quello che voglio è che non facciano del male a te- risposi aggrappandomi alla sua felpa, con la paura che se ne andasse lasciandomi sola. Il suo sguardo era troppo vuoto e freddo, non faceva altro che aumentare la mia paura.
Lui fece una smorfia -Pensa a te Ellen, io so come difendermi- rispose con una punta di acidità. Mi bloccai rimanendo immobile, per poi lasciar cadere le braccia lungo i miei fianchi. Mi aspettavo una risposta diversa, qualcosa che mi avrebbe fatto capire che anche lui era preoccupato per me, che ci saremmo protetti a vicenda restando uniti come qualsiasi altra volta, invece avevo ricevuto l'esatto contrario.
Feci un passo indietro -Perché ti comporti così?- chiesi sentendo io stessa la disperazione nella mia voce. Prima che potesse rispondere vidi spuntare fuori un ragazzo alle sue spalle, con una pistola in mano. Spinsi via Justin con tutta la forza che avevo prima di sparare nella sua direzione, facendolo cadere a terra in una pozza di sangue. Sentii qualcuno afferrarmi da dietro e puntarmi la pistola alla testa, ma Justin gli sparò ad un braccio per poi avvicinarsi a lui e sparargli un colpo al petto.
Guardai Justin mentre sparava il colpo, e vidi nei suoi occhi lo sguardo di un assassino. Calmo, freddo, e allo stesso tempo terrorizzante. Lo stesso che aveva mio fratello, e ora capivo benissimo ciò che intendeva Mike. C'era chi cambiava il mondo in cui vivevamo, e c'era chi veniva cambiato da questo stesso.
Io non ero sicura di appartenere al primo gruppo, eppure non mi ero mai posta quella domanda.
-Ti guarderò le spalle Ellen, sempre, anche se tu non mi vedrai- disse Justin prendendo le mie mani nelle sue. Lo guardai leggermente confusa. I suoi occhi ora emanavano calore, e le sue parole non riuscivano a prendere un senso nella mia mente. Cosa significava anche se tu non mi vedrai? Prima che potessi chiedere spiegazioni lui si avvicinò premendo le sue labbra morbide sulle mie. Approfondì il braccio stringendomi a sé, con una disperazione mai usata prima. Sembrava fosse l'ultimo bacio che avrebbe mai dato, sembrava un addio. Scacciai l'idea dalla mia mente, era una cosa assurda da pensare.
Quando si staccò mi sorrise, per poi girarsi e correre via. Le mie gambe si mossero automaticamente verso la sua direzione, ma la strada mi venne sbarrata da un ragazzo corpulento, senza armi nelle mani. Probabilmente si era già scontrato con qualcuno di noi che gli aveva tolto la pistola, tuttavia non sembrava scoraggiato. Si avvicinò velocemente a me per poi buttarmi violentemente a terra. Sbattei la testa per terra, e sentii qualcosa di caldo scivolare lungo la mia nuca. Portai una mano nel punto in cui sentivo il dolore per poi osservare la mia pelle tinta di rosso. Stavo sanguinando dalla testa, e non era una bella cosa. Sperai di non perdere i sensi, altrimenti sarei morta sicuramente.
Tastai il terreno in cerca della pistola, ma quando stavo per afferrarla il ragazzo la calciò mandandola alcuni metri lontano da me. Imprecai sottovoce rotolando su me stessa per evitare il calcio che aveva indirizzato nel mio stomaco. Tentai di alzarmi ma la testa mi girava. Il ragazzo mi prese per i capelli, ma gli rifilai un calcio in mezzo alle gambe che lo fece piegare in due dandomi il tempo necessario per recuperare la pistola. Prima che potesse riprendersi premetti il grilletto, lasciando che il suo corpo senza vita cadesse a terra. Mi avvicinai a lui per poi levargli la maglietta. Presi una pietra affilata li vicino per poi strapparne una striscia che avvolsi stretta intorno alla testa, in modo tale da fermare il sangue. Chiusi gli occhi per poi portare la mia mano nella tasca della giacca. Tirai fuori la barretta di cioccolata che scartai velocemente per poi mangiarla. Era la cosa migliore per riavere indietro energia, e a me in quel momento serviva parecchio.
Quando la mia testa smise di girare tornai a camminare velocemente nella direzione in cui era corso Justin, con l'intenzione di trovarlo e stare al suo fianco fino a quando non ce ne saremmo andati da quel posto. Non sopportavo l'idea di non sapere dove si trovasse, se stava bene o male, ma lui era corso via senza nemmeno voltarsi, e questo bastava per farmi venire i crampi allo stomaco. Nelle ultime ore aveva avuto un comportamento molto strano e distaccato nei miei confronti, e per quanto la mia mente vagasse alla ricerca di un mio sbaglio non riusciva a trovare niente. Mi avvicinai alla fine degli alberi, in modo tale da vedere il cortile davanti al casale.
Mio fratello teneva Fleur per il braccio, mentre lei sparava ad una ragazza che stava puntando la propria pistola su Dan. Quando vidi un ragazzo fare lo stesso, mentre sia Fleur che mio fratello erano distratti, scattai in avanti uscendo allo scoperto per poi premere il grilletto della pistola. Dopo aver sparato il colpo corsi di nuovo tra gli alberi, attenta a fare il meno rumore possibile. Dovevo trovare Andson, ero venuta lì solo per uccidere quel bastardo che ora si nascondeva chissà dove. Mi sembrava strano che non si fosse già fatto vedere, e più passava il tempo più sentivo la frustrazione crescere. Mi fermai quando sentii un ramo spezzarsi.
Girai più volte su me stessa in cerca della persona che aveva causato quel rumore, ma il buio non mi permetteva di vedere a grandi distanze. Mossi un passo in avanti e mi fermai, rimanendo in ascolto, ma tutto rimase silenzioso. Dopo qualche minuto tornai a camminare, supponendo che fosse stato il vento o qualche animale a spezzare quel ramo. Mossi ancora qualche passo quando qualcuno mi buttò a terra con una spinta. Mi girai sul fianco immediatamente, riconoscendo la ragazza bionda davanti a me. Gli occhi azzurri emanavano una luce sadica e soddisfatta, e sulle labbra rosa era dipinto un sorriso. Avrei riconosciuto quel volto tra mille.
Celine mosse qualche passo verso di me, per poi tirare fuori la sua pistola. Automaticamente la mia mano si strinse, ma sgranai gli occhi quando mi resi conto di non averla più. mi guardai intorno velocemente, notando con orrore che si trovava a terra ai piedi di un albero, a più di due metri da me.
Alzai nuovamente lo sguardo su Celine che non si era mossa di un millimetro -Buona sera, o forse dovrei dire buona notte- mi salutò facendo un passo avanti. Strinsi le mani in due pugni tentando di stare al gioco -Si, anche a te. Passato un buon Natale?- chiesi sorridendo affabilmente. Dovevo cercare di perdere più tempo possibile. Mentre lei ridacchiava ne approfittai per strisciare di qualche centimetro verso la pistola, ma mi dovetti bloccare quando riportò la sua attenzione su di me.
-Stupendo direi. Ho sempre amato il Natale, con le luci e i regali. Mi dispiace pensare che per te questo sarà l'ultimo- disse fingendosi dispiaciuta. Sorrisi facendo un gesto di noncuranza con la mano -Fossero questi i problemi della vita- ribattei con sarcasmo, per poi allungare un calcio sulla gamba della ragazza che si piegò in due. Scattai in piedi per poi correre verso la pistola, ma lei mi riprese facendomi cadere nuovamente a terra. Se fossi stata nel pieno delle mie forze l'avrei facilmente messa al tappeto, non era così agile e forte come credeva, ma il taglio profondo alla testa influiva drasticamente sui miei movimenti. Prima che potessi rendermene conto sentii la pistola venire caricata. -Questo non avresti dovuto farlo Ellen. - mormorò prima di prepararsi al colpo. Chiusi gli occhi aspettando un rumore che arrivò presto, più forte di quanto avevo immaginato.
Quel colpo venne però sparato da un'altra pistola. Aprii gli occhi, trovando Justin in piedi davanti a Celine che si teneva una mano sul petto sanguinante.
-Non avresti dovuto attaccarti così tanto al passato, e venire a cercare di distruggere il mio presente. Avresti dovuto accettare il fatto che amo una ragazza che non sei tu, ma è troppo tardi. Addio Celine- disse prima di spararle un altro colpo, mettendo fine alla sua agonia. Mi rialzai in piedi un po' barcollante. Mossi qualche passo verso Justin, che però sembrava pensare a tutt'altro. Non mi rivolse il minimo sguardo, rimase concentrati sul corpo senza vita della ragazza.
Continuai a camminare nella sua direzione, mi fermai solo quando non sentii un urlo straziato proveniente da poco lontano. Riconobbi immediatamente la voce di Mike, e mi si congelò il sangue nelle vene quando compresi che stava in qualche modo soffrendo. Senza aggiungere altro iniziai a correre verso la direzione del suono, dovevo trovarlo al più presto. Avevo paura che quello che avrei trovato non mi sarebbe piaciuto, l'idea di perdere il mio amico mi stava terrorizzando. Continuai a correre il più veloce possibile, ignorando il dolore lancinante alla testa. Dovevo arrivare da Mike, dovevo arrivare subito.
Dopo altri attimi che mi parvero secoli lo trovai poggiato ad un albero, con la lama di un coltello nel braccio. Mi avvicinai di corsa fino a ritrovarmi davanti a lui, il viso mutato in una smorfia di dolore.
-Stai bene?- chiesi con voce affannata, prendendo delicatamente il suo braccio tra le mie mani. La lama non era stata affondata in profondità, ma il sangue usciva troppo velocemente. Lui annuì stringendo i denti, il che mi fece capire che stesse trattenendo un urlo di dolore. -Ti farà un po' male, chiudi gli occhi e stringi la mia mano- mormorai prima di estrarre lentamente la lama del coltello. Lui strinse la presa sul mio braccio, bloccandomi quasi la circolazione. Con il coltello sporco di sangue tagliai un lembo della mia maglietta, per poi avvolgerlo intorno al suo braccio come una fasciatura.
-Tu stai bene?- chiese poi lui quando il dolore si alleviò. Annuii -Si, sto bene- risposi sorridendo timidamente. Lui sembrò contrariato -Che hai fatto alla testa?- domandò alludendo alla fascia che la circondava. -E' solo un taglio- spiegai facendogli capire che andava tutto bene. Lui inclinò la testa da un lato, quando la sua attenzione fu catturata da qualcosa alle mie spalle. mi spinse via tirando fuori la sua pistola, per poi sparare un colpo nella direzione di un ragazzo che stava facendo la stessa cosa con me.
Trattenni il fiato per poi tornare a respirare -Grazie- mormorai con un filo di voce. Lui ridacchiò, ma la sua risata fu interrotta dal suono di un altro colpo.
Accadde tutto così velocemente che non me ne resi conto.
Ero concentrata sul viso di Mike, sul suono della sua risata e sui suoi occhi scuri che emanavano il solito calore, ma che tutto ad un tratto persero la loro lucidità diventando sempre più freddi e cupi. Il suo corpo cadde a terra, il sangue che usciva dalla ferita che si era aperta sul petto.
Cadde a terra con un tonfo sordo, che rimbombò nelle mie orecchie come se volesse svegliarmi dalla trance e farmi rendere conto di ciò che stava accadendo, uno dei miei più grandi incubi che si avverava. Voltai la mia testa di scatto, riconoscendo il ragazzo corpulento che mi guardava senza alcuna emozione sul volto, come se non avesse appena ucciso il mio migliore amico. Gli occhi gelidi erano fissi nei miei, così chiari che risaltavano inevitabilmente con il colore scuro dei suoi capelli.
Andson aveva portato via da me la mia famiglia, la mia casa, i miei soldi, e usando Celine stava riuscendo a levarmi anche Justin. Adesso aveva strappato da me Mike, la persona più buona e meravigliosa che io conoscessi.
Presto sparì nuovamente tra gli alberi, venendo avvolto dal buio mentre io sentivo gli occhi pizzicare. Le mie ginocchia cedettero, caddi al fianco di Mike che sembrava ancora respirare, seppur con molta fatica.
-Non puoi lasciarmi, ti prego- singhiozzai lasciando uscire le lacrime. Lui spostò con lentezza il braccio, fino a prendere la mia mano tra la sua, fredda e pallida. La sua carnagione olivastra sembrava aver perso la sua brillantezza, insieme ai suoi occhi. -Io non ti lascio- rispose con un filo di voce roca. Scossi la testa continuando a piangere e stringendo la sua mano tra le mie.
Le mie lacrime bagnavano il suo petto, mescolandosi con il sangue che non la smetteva di uscire. Sapevo che la morte non guardava in faccia nessuno, sapevo che tra qualche minuto si sarebbe portata via con sé anche Mike, e io non potevo fare niente per impedirlo. -Ellen- mi richiamò cercando la mia attenzione.
Lo guardai in attesa che parlasse, anche se fissare il suo sguardo vacuo e spento mi causavo un orribile dolore al petto. Ero abituata a vedere Mike come la persona più indistruttibile sulla faccia della Terra, qualcuno che non crolla mai, con il sorriso sempre sulle labbra e la battuta pronta a risollevare l'umore di chiunque. Adesso invece giaceva a terra, tra la vita e la morte.
-Non lasciare che tutto questo ti cambi. Sei una persona buona El, lascia che quello che nascondi esca fuori. Ti voglio bene e mi dispiace lasciarti quando ti avevo promesso che non l'avrei mai fatto- disse con le ultime forze che gli rimanevano. Poco dopo chiuse gli occhi e sorrise -Sei la mia migliore amica- mormorò prima di addormentarsi, questa volta per sempre.
Automaticamente mi sporsi in avanti verso il suo viso, aspettando che aprisse gli occhi. Portai la mia mano sul suo polso, che però non pulsava più. le lacrime iniziarono a sgorgare, mentre sentivo il dolore distruggermi piano piano, con una lentezza che sembrava essere una tortura.
-Non puoi lasciarmi- piansi posando la mia testa sul suo petto. Continuai a stringere la sua mano tra le mie, lasciando che le lacrime continuassero a scendere, fino a quando non le avrei esaurite.
-Mike..- comincia a mormorare il suo nome, mentre gli accarezzavo i capelli, in attesa che parlasse o che ridesse. Ma non sarebbe mai accaduto. Mi sembrava già di non sentire il suono della sua risata da troppo tempo, i ricordi mi annebbiavano la mente aumentando il mio dolore. Era come se qualcuno avesse infilato una lama infuocata nel mio petto, dritta nel cuore che adesso stava bruciando. Non trovavo la forza di alzarmi, non riuscivo a pensare alla mia vita senza il mio migliore amico, la persona che era stata sempre al mio fianco anche quando tutti gli altri mi avevano voltato le spalle, inclusi mio fratello e Fleur.
Mike rendeva felice tantissime persone, meritava di vivere più di quanto lo meritassi io o qualsiasi altra persona, non era giusto che per tutto questo fosse morto proprio lui.
Quando le mie lacrime furono finite alzai la mia testa fissando il suo volto privo di vita, che sembrava felice come al solito. Mi asciugai gli occhi per poi alzarmi in piedi -Ti vendicherò Mike, lui morirà.- mormorai prima di girarmi in direzione del bosco.
Iniziai a camminare velocemente in cerca di quell'essere che non meritava neanche di essere chiamato uomo. Continuai a camminare per quelle che mi parvero ore, i miei gesti sembravano quasi meccanici. Dovevo trovarlo, non me ne sarei andata da lì fino a quando non avrei messo fine io stessa alla sua vita. quando vidi qualcuno muoversi tra gli alberi aumentai il passo, fino a quando gli alberi non cedettero il passo ad una radura, di cui l'ebra era ricoperta dalla neve fresca e candida.
Dall'altra parte di essa vi era proprio colui che cercavo, dritto sul posto con la pistola tra le mani. Mi avvicinai di qualche passo sentendo la rabbia e l'adrenalina crescere nel mio corpo.
-E' stato un peccato per quel ragazzo. Com'è che si chiamava, Mike?- chiese falsamente dispiaciuto.
Digrignai i denti stringendo la pistola tra le mie mani -Non devi neanche pronunciare il suo nome. Sei stato tu ad ucciderlo, bastardo!- urlai in preda alla rabbia.
Lui sorrise di sbieco -tenace come al solito. Sei una ragazza molto speciale Ellen, anche se dovresti tenere a freno la lingua- disse camminando intorno a me.
Lo seguii con lo sguardo tenendo sempre la pistola puntata su di lui -E tu dovresti semplicemente morire- ribattei sparando un colpo sulla sua gamba destra. Lui lanciò un urlo di dolore, portando automaticamente la mano sulla ferita.
Si riprese subito, e puntò la pistola verso me prima di premere il grilletto. Mi buttai a terra, affondando tra la neve ed evitando il colpo.
Seguì il silenzio mentre entrambi riprendevamo fiato. Fui la prima a rialzarsi, ignorando il dolore alla testa. Lui si reggeva in piedi a fatica, a causa delle ferita sulla gamba causata dal mio colpo. Ucciderlo sarebbe stato facile, mi sarebbe bastato premere il grilletto, e avrei visto il suo corpo cadere a terra senza vita. ma sarebbe stato poco doloroso, troppo veloce, doveva soffrire per tutto quello che aveva fatto, e volevo fissare i suoi occhi mentre la vita lo lasciava.
Lui puntò la pistola verso di me, ma prima che potesse sparare un altro colpo lo precedetti colpendo il suo braccio. La mano lasciò cadere la pistola sulla neve, e io ne approfittai per avvicinarmi e prenderla. La gettai il più lontano possibile, per poi avvinarmi nuovamente a lui e farlo cadere con un calcio. Lo guardai con rabbia e disgusto, tenendo la pistola puntata sul suo petto.
Lui sembrava quasi divertito dalla situazione, come se la morte non lo spaventasse. La morte però spaventa tutti, solo chi è senza alcun peccato non la teme, e di certo non era il suo caso. Mi avvicinai a lui, per poi pestargli il naso con un piede che si ruppe mentre lui urlava per il dolore. Chiusi gli occhi assaporando l'agonia di quell'urlo, mi sembrava già che una parte della vendetta fosse stata riscattata.
Senza dargli il tempo di riprendere fiato sparai un colpo alla sua gamba sinistra, e poi all'altro braccio mentre lui continuava ad urlare disperatamente. Aspettai che il suo respiro si calmasse per poi tornare a guardare il suo volto, adesso non più velato da un sorriso. Tirai fuori dalla tasca un coltellino, per poi farlo scattare godendomi il terrore farsi strada nei suoi occhi.
Presi il suo braccio stendendolo contro la neve, per poi affondare la lama nella sua carne incidendo il nome di mia madre e di mio padre, mentre lui continuava ad urlare, con sempre più agonia. Quando finii passai all'altro braccio, affondando nuovamente la lama per poi scrivere il nome di Justin, lasciando poi che il sangue continuasse ad uscire. Fissai il suo volto rosso e sudato, per poi sorridere automaticamente. Stava soffrendo, finalmente dopo tutto quello che aveva fatto era lui a pagare.
Scoprii la sua gamba coperta dai pantaloni, per poi scrivere il nome del mio migliore amico ormai morto per mano sua, e infine scrissi il mio nome sull'altra gamba, impiegando più tempo possibile in modo tale da prolungare il suo dolore.
Quando finii mi alzai in piedi, puntando la pistola contro il suo petto.
-Tu sei come me, per quanto cerchi di sembrare diversa- disse tra un gemito di dolore e l'altro.
Scossi la testa ridendo -No. io non uccido persone innocenti per colpire i miei nemici. Io affronto i miei nemici stessi, da pari a pari, e poi vince chi è più forte e furbo. Tu sei un vigliacco e lo sei sempre stato, e io non sarò mai come te, mai- risposi quasi urlando, in preda alla rabbia. Premetti il piede sul suo braccio ferito, facendolo urlare. Lo avrei ucciso solo quando me l'avrebbe implorato lui, sull'orlo delle lacrime. Fino a quel momento avrebbe sofferto.
Continuai a stuzzicare le sue ferite, facendolo urlare sempre più forte. Mi fermai solo quando tentò di parlare.
-Uccidimi- mormorò stringendo la neve con le sue mani -Ti prego- aggiunse per poi chiudere gli occhi.
Annuii cancellando qualsiasi emozione dal mio volto. -Apri gli occhi- dissi gentilmente aspettando che lo facesse.
Quando i suoi occhi chiari furono fissi nei miei premetti il grilletto, aspettando che la vita lasciasse il suo corpo. quando chiuse gli occhi smettendo di respirare riposi la mia pistola nella tasca inferiore dei jeans. Finalmente era morto, aveva avuto quello che si meritava e non avrebbe mai più ucciso nessun innocente.
Ero stanca e mi faceva male tutto, avevo perso il mio migliore amico e il dolore che provavo era qualcosa di indescrivibile. Iniziai a camminare verso il bosco, volevo raggiungere gli altri e assicurarmi che stessero bene, ma la paura che qualcun altro fosse morto mi divorava. Continuai a camminare sempre più velocemente, fino a quando non vidi mio fratello poggiato al muro della casa, con Fleur al suo fianco.
Corsi verso di lui che non appena mi vide si illuminò -Ellen- urlò il mio nome, correndo a sua volta verso di me. Mi fiondai tra le sue braccia iniziando a piangere -Mike è morto, non ho potuto fare niente- dissi tutto di un fiato. Sentii mio fratello irrigidirsi, per poi stringermi più forte tra le sue braccia. Affondò il suo viso nel mio collo, e sentii le sue lacrime bagnarmi la pelle. Tutti gli altri rimasero in silenzio, ma riuscivo a sentire i loro singhiozzi.
Sciolsi l'abbraccio quando sentii l'urlo di Jenna che si buttò a terra iniziando a piangere e a prendere a pugni la neve. Mi piegai al suo fianco tentando di farla calmare, ma per quanto provassi lei sembrava non ascoltarmi.
Girai la testa verso gli altri, vedendo che erano tutti vivi, anche se con qualche ferita. Mi alzai di scatto quando notai l'assenza di Justin. Il mio cuore perse un battito mentre continuavo a guardami intorno -Dov'è Justin?- chiesi velocemente a Derek che scosse la testa. -Non lo so, abbiamo provato a cercarlo ma non lo troviamo da nessuna parte- rispose lasciando trapelare tutta la sua preoccupazione. Sentii la testa girare vorticosamente.
Corsi verso gli alberi con l'intenzione di trovarlo, ma Chaz mi richiamò seguendomi di corsa. Mi girai verso di lui guardandolo in attesa che parlasse. -Justin mi ha appena mandato un messaggio. Ha detto di andare nella sua macchina- disse passandomi il suo cellulare in modo tale che leggessi ciò che aveva scritto. Annuii anche se un po' confusa, iniziando a camminare verso il luogo dove avevamo lasciato le macchine seguita da tutti gli altri.
Forse era ferito e si era rifugiato nella macchina perché non riusciva a camminare, o magari ci stava solo aspettando. Più provavo a convincermi di quelle ipotesi, più comprendevo quanto fossero improbabili. Dopo circa venti minuti di cammino scorsi la Range Rover di Justin. Corsi verso di essa, ma notai tristemente che fosse vuota. Aprii lo sportello del guidatore, quando la mia attenzione fu catturata da un biglietto ripiegato sul sedile.
Lo presi con mano tremante, per poi iniziare a leggere quello che aveva scritto.
"Cara Ellen...
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