Capitolo 30
Juno
Il silenzio riempiva la stanza come un veleno fastidioso. Nessuno dei presenti osava interrompere quel momento e Juno poteva sentire il suo corpo urlarle di scappare via.
Ma rimase ferma in mezzo a quella stanza così anonima e così mal tenuta, tra scartoffie ammuffite e mobili inutili a qualsiasi scopo.
Il tappeto steso sotto i suoi piedi le ricordava quello presente nel salotto dei nonni di Lyllian, però puzzolente e dai colori piuttosto grotteschi.
La scrivania a pochi passi da lei era in legno e aveva la base scorticata, come se un gatto avesse deciso di usarlo come tira graffi. Non aveva un bell’aspetto.
Ma Juno quella stanza la conosceva, c'era già stata un paio di volte.
Sapeva che, se avesse alzato la testa, avrebbe incontrato un vecchio lampadario adornato da miliardi di ragnatele che si collegavano ad alcuni dei mobili più alti.
Sapeva che la finestra aveva un difetto alle cerniere e che, se la si apriva, si rischiava di perdere un timpano.
Sapeva anche che Tiana le stava riservando una delle sue peggiori occhiatacce, una di quelle letali.
Ma non poteva dire niente in sua discolpa, sapeva di aver fallito la missione ed era consapevole di essere la causa principale della morte di Anakin, l'unico in grado di aiutarli.
Ma la cosa che, forse, le pesava di più era lo sguardo di Logan puntato addosso, lui stava leggendo tutto quello che le passava per la mente.
Non aveva il coraggio di guardarlo. Non aveva il coraggio di guardare nessuno.
Perché probabilmente se lo meritava, aveva deciso di non ascoltare nessuno e di andare dove l’avevano portata le sue visioni.
Ma aveva combinato un casino e, se non fosse stato per l’arrivo dei lupi, probabilmente anche i suoi amici, gli unici che si era trovata, sarebbero morti per mano di quel mostro dagli occhi di sangue e dai capelli di petrolio.
E ora Alyssa, Lyn, Donovan e Finnick erano fuori da quella porta, da qualche parte a rivivere tutte quelle immagini. Immersi nel più completo silenzio e con il cuore ancoora a mille.
E la colpa era tutta sua.
Fin dall’inizio aveva deciso di interpretare il ruolo del leader che porta tutti in salvo, ma non ne era stata capace e aveva quasi rischiato troppo.
Probabilmente loro se la sarebbero passata molto meglio se lei non fosse intervenuta nelle loro vite.
In quello stramaledetto incidente Finnick avrebbe portato via Lyn e avrebbe aiutato i feriti dentro il locale, Alyssa si sarebbe svegliata nel vicolo e avrebbe ringraziato la sua natura da lupo per averla salvata.
Probabilmente Donovan sarebbe riuscito ad allontanare il suo professore, durante la battaglia, e avrebbe continuato la sua vita con quel ragazzo che gli aveva soltanto distrutto la vita fino a quel momento.
E tutti avrebbero vissuto felici e contenti.
Juno sarebbe rimasta sola, nel suo appartamento spoglio e accerchiata soltanto da carte e biancheria sporca.
Ma se lo sarebbe meritato e non poteva negarlo.
«Mi spieghi come sono morti?» chiese nuovamente Tiana, cercando di non urlare.
Si poteva sentire la sua voce tremare e la veggente non ebbe bisogno di alzare lo sguardo per vedere i suoi pugni stretti sul piano della scrivania.
Mantenne gli occhi bassi.
«Non lo so» sussurrò, cercando di non far incrinare la voce.
Una sedia stridette e poi dei passi si avvicinarono a lei, pesanti e rabbiosi.
Lei aveva visto Anakin morire…
«Come puoi non saperlo?» tuonò la donna che, in quel momento, stava in piedi davanti a lei.
...e non aveva fatto niente.
«Non lo so e basta.» mormorò chiudendo gli occhi.
Era stata colpa sua, l’aveva previsto.
Le arrivò uno schiaffo così forte che sentì la guancia infilarsi tra i denti a tagliuzzarsi.
Rimase ferma.
«Questo rifugio non ha mai perso così tanta gente» sibillò Tiana fremente di rabbia.
Juno alzò leggermente la testa e incrociò lo sguardo della donna. La guancia le pizzicava e le doleva, se fosse stata sola ci avrebbe messo una mano sopra e avrebbe cercato di capire come evitare la formazione di un livido.
Ma strinse la mascella e rimase immobile, mentre le lacrime le bagnavano gli occhi.
«Tu sei venuta qui, con il tuo gruppetto di stupidi e mi hai chiesto riparo. Come potevo dirti di no dopo quello che i tuoi genitori hanno fatto per la mia famiglia?»
Il respiro di Juno si mozzò e il suo sguardo si perse nei ricordi della sua famiglia.
«Ma tu non sei come loro. Tu sei una brutta copia di quella che sarebbe stata la loro figlia perfetta. Loro erano degli angeli e tu sei solo uno scarto infimo e da evitare.»
La veggente chiuse gli occhi e cercò di ignorare la le lacrime che, ormai stavano gocciolando sul pavimento.
«I tuoi amici possono restare, ma tu devi lasciare questa villa entro domani mattina.»
Logan fece un passo in avanti e la sua bocca si aprì per protestare, ma Tiana lo fermò con una mano e lui tornò in un angolo della stanza. Juno quasi gli sorrise.
«Ora sparisci dalla mia vista.»
E lei girò i tacchi e si avviò alla porta con passo fermo, nonostante la sua testa gli urlasse di iniziare a correre e non fermarsi mai.
Quando la porta si chiuse alle sue spalle lei scoppiò a piangere, sicura che nessuno l’avrebbe vista, e iniziò a correre.
Mentre i suoi passi si facevano sempre più veloci sentì una porta aprirsi alle sue spalle e qualcuno inseguirla, ma lei non si fermò.
«Juno!» la chiamò la voce di Logan.
Arrivata alle scale riuscì a capire in quale parte della villa fosse e iniziò a riacquistare il senso dell’orientamento, capendo quale strada prendere per arrivare a destinazione senza perdersi.
«Juno, aspetta!»
Salì di corsa le scale e svoltò un paio di volte, finché la porta della sua stanza, la 459, non le apparve in lontananza.
Quando la raggiunse abbassò la maniglia e entrò.
Alyssa
Quei corridoi le sembravano tutti gli stessi, sperava che avrebbe riconosciuto la strada per arrivare alla sala dei licantropi, ma si rese conto di non riuscire a ricostruirla nella sua mente.
Perciò aveva iniziato a fiutare l’aria, alla ricerca di qualche indizio che la portasse da Gideon.
Era riuscita a superare la porta che conduceva al centro d’addestramento unendosi ad altri ragazzi che stavano entrando, poi aveva iniziato a vagare tra i corridoi, incontrando stanze dall’aria sospetta e aree completamente in vetro.
Aveva deciso di staccarsi dal resto del suo gruppo e provare a far qualcosa. Anakin le aveva detto che non era del tutto un licantropo, ma che voleva dire?
Gideon doveva avere la risposta, e se non l’avesse avuta avrebbe continuato a cercarla.
Justice aveva detto che avevano solo una settimana e nessuno di loro poteva permettersi di aspettare che il tempo passasse davanti ai loro occhi.
Quando l’odore di un lupo le arrivò alle narici si bloccò di colpo, c’era vicina!
Così svoltò a destra e si ritrovò davanti alla sua stanza d’addestramento, quella per cani, e svoltò nuovamente, seguendo la scia.
In breve tempo il vetro si trasformò in cemento e l’ambiente tornò meno surreale di prima.
Lasciò che le porte di legno le scorressero accanto e poi si fermò quando raggiunse il punto esatto.
L’aria odorava di cane bagnato e anche di Gideon.
Alzò la testa verso la targhetta dorata sulla sua testa e rilesse nuovamente l’incisione: “Sala riservata n.18”.
Si prese il tempo anche per guardare i graffi al lato e poi scosse la testa contrariata.
Stupido ragazzino…
Bussò e aspettò che qualcuno le diede il permesso per entrare, ma non ci volle molto prima che una voce a lei molto familiare gridasse “avanti” da dietro la porta.
Quando entrò si ritrovò con gli occhi di trenta lupi puntati addosso, tutti ragazzi e ragazze che avevano salvato la vita a lei e ai suoi amici.
Cercò di allontanare il fastidio che provava ogni volta che si ritrovava con così tanta gente e cercò attentamente gli occhi del suo obbiettivo.
«Alyssa, che piacere averti qui. Sei venuta a chiederci di unirci in qualche altra missione suicida ideata dalla tua amichetta Oracolo?»
Il gruppetto rise divertito, ma nessuno era veramente allegro.
A parlare non era stato l’Alpha, ma una ragazzina di qualche anno più piccola di lei e dall’aria sicura e beffarda.
Si guardò intorno, fiera della sua frase e poi fissò Alyssa come se fosse la sua acerrima nemica.
Ma la ragazza non la guardò neanche e proseguì con la sua ricerca, finché gli occhi color caramello di Gideon non incontrarono i suoi.
La stava osservando in silenzio, seduto comodamente su una sedia e con le gambe incrociate.
«Gideon, devo parlarti» disse poi, sperando che lui annuisse e la seguisse senza fare troppe lamentele.
Ma ovviamente la ragazzina di poco prima prese la parola prima di lui.
«Gideon non vuole parlare con te, sparisci tesoro»
Alyssa la fulminò con gli occhi e strinse la mascella, cercando di frenare la lingua.
«So che sei occupata a farti notare da tutto il gruppo, ma io ho bisogno di parlare con Gideon non con l’ultima gallina stupida di questa villa»
La ragazzina fece per ribattere, provando ad ignorare le risatine degli altri, ma l’Alpha si alzò e la bloccò con una mano.
«Basta.» ordinò poi.
Il ragazzo le venne incontro sotto lo sguardo di tutti e, una volta raggiunta, la superò senza esitazione e riaprì la porta alle sue spalle, invitandola a spostarsi in corridoio.
Alyssa lanciò un’ultima occhiata al branco e poi lo seguì in silenzio, cercando di prepararsi il discorso da fargli.
Quando il corridoio vuoto fu l’unica cosa a circondarli la ragazza prese fiato.
«Ho bisogno del tuo aiuto» disse, ingoiando il suo orgoglio e sperando che lui non glielo rinfacciasse.
«No, Alyssa, ascoltami. Sei arrivata con la chiara intenzione di non voler essere d’aiuto a nessuno, ci hai chiamati per venire a salvarvi e poi ti presenti qui e inizi a litigare con una dei miei. Che cosa vuoi ancora?»
La ragazza aggrottò le sopracciaglia «Stai scherzando? Quella bambina non è stata poi tanto simpatica, non potevo starmen-»
«Alyssa, che cosa vuoi?» insistette Gideon, troncando le sue proteste.
«Come avete fatto a sentire la mia richiesta d’aiuto a casa di Anakin?»
Era rimasta sorpresa da quel legame così forte che aveva sentito mentre Justice li stava trattenendo. Aveva sentito una corda legarla a qualcuno a lei familiare e aveva gridato aiuto più forte che poteva, sperando che le urla nella sua testa potessero arrivare anche a quella persona. Poco dopo i lupi avevano fatto il loro ingresso e Justice era andata via.
«Perché lei è scappata dopo che siete arrivati voi?»
Aveva troppe domande che le frullavano in testa e Gideon sembrava troppo stufo di lei per rispondere a tutte.
«Anakin ha detto che non sono semplicemente un lupo, che significa?»
Quelle parole fecero drizzare le orecchie al ragazzo davanti a lei. Le sembrò di aver appena detto una formula magica a lei sconosciuta fino a quel momento.
«Che hai detto?» chiese Gideon, accertandosi di ciò che aveva appena sentito.
«Anakin ha detto che non sono un semplice lupo, cosa sono allora?»
Il ragazzo scosse la testa e sventolò una mano.
«No, ho capito che hai detto, ma… non può essere...»
Alyssa si spazientì e le venne voglia di prenderlo per la gola e obbligarlo a dirle tutto il prima possibile.
«Puoi semplicemente dirmi che significa?» grugnì nervosa.
Gideon la guardò per qualche istante e poi le afferrò un polso.
«Vieni con me.»
E la trascinò lungo il corridoio
•••Angolo Autrice
Ciao ragazzi, come va?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, sto cerchi di rallentare la successione degli eventi per dare più spazio alle descrizioni, spero che il cambiamento vi stia piacendo :)
Mi scuso per la mia continua assenza e spero che le vacanze di Natale possano arrivare in fretta per tutti noi...
Ragazzi, che dire? A voi i commenti!
Ma Juno?
Ma Alyssa?
Ma Barb? (Lol)
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