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Tw (la descrizione della raccolta parla da sé, ma lo specifico perché non si sa mai): smut!










*

Manuel non è sobrio.

Non è nemmeno ubriaco a pensarci bene, però si rende pure conto che se continua come sta facendo potrebbe benissimo diventarlo.

A quella festa si era anche ripromesso che non c'avrebbe messo piede, che gli sembravano tutti troppo euforici per uno stupido ricevimento aziendale e soprattutto troppo presi dalla necessità di far sapere agli altri di essere entrati anche solo per qualche giorno in un contesto esclusivo, salvo poi non riuscire a godersi nulla che non sia la loro stessa faccia sullo schermo del telefono.

In sua difesa comunque, aveva provato a non comportarsi da asociale e interagire con un paio di colleghi, trovare un punto in comune giusto per scambiare due chiacchiere e far passare il tempo.

Non voleva certo aprire discussioni sull'inutilità alla base di un weekend nelle tenute del proprietario – pronto a rendere disponibili sauna, piscina ed ogni altra scemenza potesse convincere 40 persone di star ricevendo dei premi al merito e non un misero contentino al posto del ben più necessario aumento di salario – ma almeno un minimo di interazioni umane, ecco, quella non gli sembrava pretesa eccessiva.

Eppure dopo un paio di ore di agonia, trascorse a parlare più con il tipo dell'open bar che con chiunque altro, deve assolutamente ricredersi.

In un momento di crisi estrema si era spinto pure a contattare Chicca "ricordami perché cazzo me so fatto convince a venire qua" le scriveva e quella, come sempre efficiente nelle comunicazioni epistolari, aveva tagliato il discorso con un brutale quanto sincero "Davvero Manu? Tu vuoi davvero che ti ricordi quanto sei disperato? 😃"

E no, Manuel non ne aveva alcun bisogno.

Lo sapeva benissimo da solo che presenziare all'evento più distante da lui possibile solo per sperare di vedere una determinata persona fosse una mossa patetica, grazie tante.

Soprattutto se con quella persona i contatti sono ai minimi storici da un sacco di tempo e buona parte della responsabilità di tale situazione è dovuta ai suoi comportamenti.

Non ha capito bene come sia successo, ma un giorno ha aperto gli occhi e si è ritrovato ad avere 30 anni, gli studi umanistici conclusi e buttati da qualche parte per inventarsi piuttosto addetto alle risorse umane in una stupida società che vorrebbe distruggere dall'interno, un bilocale con annesso mutuo sopra a testimoniare il desiderio mai sepolto di dividere la vita con qualcuno, e soprattutto, ancora e sempre, Simone Balestra come pensiero fisso.

Su questo ultimo punto però, proprio non può farsene una colpa, non quando pensava di aver superato qualsiasi cosa ci fosse mai stato con lui negli anni del liceo – un equilibrio costruito a fatica fra il desiderio di cercarlo di continuo e la necessità di contenersi ogni volta che eventi in comune, tra lauree e matrimoni degli amici, li avevano costretti nella stessa stanza – e trovandosi invece punto a capo il giorno in cui, dal reparto tech dell'azienda, lo informavano di aver assunto un nuovo ingegnere.

Gli piacerebbe dire che ne era uscito brillantemente da quel finto primo incontro con il collega appena arrivato, che aveva saputo metter su la miglior maschera di indifferenza, andare a stringergli la mano per augurargli buon inizio, non provare nulla per un misero contatto che solo 10 anni prima sarebbe sembrato così formale fra loro, e poi tornare senza altri pensieri nel proprio ufficio.

La verità però è che gli ha quasi pianto in faccia nel salutarlo, che se è riuscito a trattenersi è stato solo perché c'era gente attorno e non aveva alcuna intenzione di dare spettacolo delle sue nevrosi davanti ai colleghi.

Simone pure non pareva messo meglio, ma poi, ligio al dovere come sempre dai tempi della scuola, si era ricomposto, un sorriso di cortesia sul volto, è un piacere conoscerti Manuel, solo questo aveva detto, e lui non aveva mai creduto che delle presentazioni potessero sembrare così tanto una frase di commiato.

Nel mese e più trascorso da quel giorno comunque può contare sulle dita di una mano le volte in cui ha avuto modo di interfacciarsi con l'altro.
Non direbbe che il più piccolo lo eviti, ma neanche che faccia i salti di gioia quando a causa di qualche bega lavorativa devono dividere spazio e ossigeno per più di cinque minuti.

Manuel, ad esser onesto, ha provato una volta a trattenerlo oltre il necessario, a rubargli del tempo che non fosse solo ristretto alle ore in ufficio, Simone però non gliene ha dato modo.

Lui per quel rifiuto si innervosiva, lo agganciava persino da un polso con forza, ma l'altro se ne liberava manco fosse un insetto fastidioso, prendeva le distanze, poi cambiava idea e gli andava contro a muso duro.

"Ma chi cazzo ti dà il diritto di fare così Manuel?" aveva detto e forse avrebbe dovuto spaventarsi del tono ricevuto, invece gli si scatenava qualcosa dentro, una sensazione viscerale assente da anni, la consapevolezza che con Simone non avrebbe mai saputo la quiete, non era il loro modo di comunicare e mai lo sarebbe stato.

"A te chi ti dà il diritto?" la spinta abbastanza forte da farlo indietreggiare "di tutti i posti in cui potevi andare con la tua laurea a pieni voti e i tuoi master del cazzo, scegli proprio questo schifo d'azienda dove la paga è una fame e sei dall'altra parte di Roma! Secondo te non l'ho capito perché stai qua?"

E si sentiva fuori di testa intanto che parlava, nemmeno nei suoi migliori sogni avrebbe osato credere qualcosa del genere, eppure provocare il piccolo in quel modo gli toglieva qualsiasi freno, ne acuiva il desiderio di vederlo impazzire a sua volta.

Non si turbava più Simone nel ricambiare il contatto, le mani grandi sulle spalle e un colpo diretto che lui già si sarebbe fatto bastare per mettere un punto alla pantomima in corso, saltargli addosso, sbatterlo sulla scrivania dietro e ficcargli la lingua in gola senza pietà.

Il tutto finiva invece con dei richiami dall'ufficio accanto, "Ferro, Balestra, che diavolo avete da scannarvi in questo modo? Vi faccio cacciare a calci se non la finite!" era il rimprovero feroce e tutti e due si ricomponevano, nessuna traccia più di astio sul viso, solo Manuel che "hai sempre avuto un problema tu a tenere la voce bassa, Simo'" chiosava con tanto di occhiolino provocatorio mentre l'altro usciva dalla stanza sbattendo la porta, un vaffanculo, stronzo! stretto tra i denti e le guance scarlatte.

Si accasciava poi sulla sedia, il cuore a mille e, sotto quella adrenalina ancora in circolo, un minuscolo senso di sollievo ad ammantarlo, che Dio solo sa cosa avrebbe combinato nel caso in cui Simone fosse rimasto nel suo ufficio per un minuto di più.

Ci pensava subito dopo al fatto che non sapeva nemmeno se il collega al momento fosse impegnato e la sola idea gli mandava una scarica di tensione dal cervello allo stomaco, che già vederlo l'ultimo anno di liceo accompagnarsi con quello che è abbastanza certo sia ormai un ex lo turbava profondamente, pur essendo troppo stupido per capirne il motivo.

Aveva avuto Simone sotto gli occhi per cinque anni di scuola e non se ne era mai reso conto, ma gli era bastato affrontare i primi mesi di distanza post diploma e il disastro che la sua vita era diventata senza di lui, per accorgersi di essersene innamorato come un fesso e comunque non trovare il coraggio di fare niente a riguardo.

Adesso però, mentre in questo schifo di serata lo guarda ridere con altri colleghi, fasciato in un completo scuro che lo rende bello da impazzire, si chiede a cosa serva comportarsi così, quale senso abbia continuare a illudersi di poter andare avanti se è stato sufficiente rivederlo anche solo mezza volta per ripiombare nelle stesse sensazioni vissute da ragazzino.

E a Manuel proprio un ragazzino sembra di essere, specialmente al pensiero della camicia bianca che ha indossato per l'occasione al posto dei solito jeans e maglietta, beccandosi occhiate stupite da qualcuno, persino maliziose da altri.

Anche Chicca gliel'aveva detto prima di uscire: "stasera sei illegale, Manu... e se quel cretino non ti guarda vuol dire che o è diventato cieco o è tornato etero!"

Dopo due ore però senza nemmeno un'occhiata nella sua direzione, il dubbio che lo assale non è tanto che il più piccolo si sia scoperto gravemente miope o, peggio, di nuovo amante del genere femminile, ma – stando a come ha preso a strusciarsi con un collega a ritmo di musica – quanto più che non sia attratto da lui.

Vorrebbe allora allontanarsi, andare verso l'uscita, prendere un po' d'aria, poi direttamente la macchina e tornare a casa, lasciar perdere il pernottamento offerto e tutto il resto che "chi cazzo me l'ha fatta fare di venire qua" borbotta da solo, ma non riesce a smettere di guardare la scena che gli si para davanti, le braccia di Simone attorno al collo di un uomo che non è Manuel, le mani di quello contro i suoi fianchi in modo debole, sgraziato, niente a che vedere con la stretta asfissiante che imprimerebbe se fosse al suo posto.

E' consapevole che siano passati anni da quando hanno messo in pratica tutt'una serie di pensieri indecenti – sebbene ai tempi fossero entrambi inesperti e pure l'ambiente attorno non fosse favorevole – ed è pure piuttosto sicuro che adesso sarebbe diverso proprio perché sono diversi loro, più adulti e per questo più consapevoli di quello che fanno.

E magari ci vorrebbe un attimo per ritrovarsi, ma Manuel è pronto a giurare che nessuno più di lui sa quello che davvero piace a Simone: il modo in cui chiede di essere baciato senza dirlo, solo con gli occhi che si spalancano e in silenzio implorano, le mani che pretende sul viso, come se a lasciarlo libero gli potesse volare via la testa dal corpo per il troppo trasporto, poi sul collo, sui fianchi, l'impazienza che lo travolge dopo poco, un bisogno di sentirsi amato, visto, posseduto.

Gliel'ha detto ai tempi mentre ne guardava lo stomaco gonfiarsi ad ogni spinta che "sei mio, sempre Simo'", ha marchiato la pelle in punti che scioccamente spera ancora sia stato il solo a conoscere, pazzo come si sente vorrebbe farlo ancora adesso, in mezzo a tutti, fregarsene degli sguardi sconvolti degli altri, forse di Simone stesso che ha smesso da anni di aspettare una sua reazione, andare lì, staccarlo dalle mani di quel porco che ancora lo tocca, tenerlo poi dai capelli mentre gli dice che basta una sua parola e per lui mette a repentaglio tutto.

Se ne rende conto un attimo dopo della follia che lo attraversa, la vergogna per questi modi barbari di ragionare così forte da togliergli il fiato.

Libera in fretta due bottoni della camicia, ne arrotola pure le maniche, un caldo del genere non ricordava ci fosse prima, e fa per levarsi di torno che stare là a logorarsi per uno che nemmeno lo guarda ha davvero poco senso.

L'ha detto prima, non è sobrio, e la conferma gli arriva quando si alza in piedi dal tavolo a cui è recluso e nei pochi passi sull'erba che compie finisce per sbandare e andare diretto contro qualcuno, portandosi dietro pure il bicchiere che ancora stringeva fra le mani.

Non è arrabbiata, o almeno così gli pare, la biondina a cui ha chiaramente rovinato l'abito rovesciandoci sopra un cocktail di dubbio gusto, anzi ride appena e "beh, almeno adesso sono sicura che mi hai vista" dice convinta "da quando ti conosco ho sempre sperato mi notassi."

Rimane colpito da tanta intraprendenza Manuel, finisce poi per scusarsi subito, sia per il vestito sporco, sia per non averla considerata, che magari, è vero, al momento non è interessato, ma comunque un'educazione l'ha ricevuta e passare per stronzo non è proprio il suo desiderio più grande.

Le chiede allora da quando lavora nella stessa ditta, "sembri così giovane" attesta guardandola meglio "sei sicura di non essere la figlia di qualche collega?"
Quella ride un po' civettuola, conferma di avere a malapena ventidue anni e che il primo colloquio di lavoro l'ha fatto pochi mesi prima proprio con lui che l'ha poi inserita nell'organico aziendale.
"Dicono sempre che gli HR sono dei bastardi" spiega "invece tu sei stato gentile e comprensivo con me che non sapevo nemmeno cosa stavo combinando."

Sorride contento Manuel, nemmeno finge che non gli facciano piacere tali parole, più che altro perché negli ultimi tempi riesce per un motivo o per l'altro a sentirsi sempre il peggior stronzo sulla faccia della terra e una minima opinione contraria in merito è un balsamo per il suo ego ammaccato.

Intanto che parla comunque, vede che la ragazza si stringe nelle spalle come se tremasse e, ricordandosi dell'abito umido ad avvolgerla, capisce che sta probabilmente morendo di freddo.
Non si premura di chiederglielo, piuttosto con un movimento fluido sfila la giacca e gliela poggia delicatamente sulle spalle.

"Mi dispiace ancora per il vestito" dice "se mi lasci il numero ci accordiamo per la lavanderia, ci tengo a rimediare..."
Lei mette su un sorriso furbo, poi scuote il capo, "se non sapessi quello che so su di te, penserei che ci stai provando..."
"Cosa- cosa sai tu su di me?" chiede più spaventato che curioso.
"Beh ma mica solo io... in realtà lo sa tutto l'ufficio che stai sotto un treno per l'ingegner Balestra."

E di tutti i segreti più oscuri che temeva potessero essere arrivati all'orecchio di una perfetta estranea, quello risulta in assoluto il più inatteso.

Sgrana gli occhi intanto che si affoga con la saliva e tossisce come un cretino, tanto che la tipa deve battergli più volte un palmo sulla spalla per farlo riprendere.

"Ma dove cazzo le prendete ste notizie?" sbotta poi con voce innaturalmente acuta.
"Oh, ma guarda che non devi mica agitarti così, tanto sappiamo pure che l'ingegnere ricambia! Anzi" aggiunge come se quanto si appresta a dire potesse rincuorarlo "c'è una scommessa aperta nel reparto marketing su chi si dichiarerà per primo!... io ho puntato su Simone!"

Si porta le mani nei capelli Manuel, di colpo più sobrio di quanto sia stato per tutta la sera, "hai puntato su Sim– Ma cosa siamo dei cavalli da corsa? Io vi segnalo alle risorse umane!"
"Guarda che sei tu le risorse umane..."

Ah.

Cerca allora di ricomporsi, fare qualcosa di più intelligente dello stare lì a boccheggiare, ma la ragazza lo precede, con un sorriso a trentadue denti, "mi sa che stasera vinco la scommessa" dice e "buona fortuna" aggiunge lasciandogli un assolutamente non previsto e poco professionale bacio sulla guancia, prima di sparire con ancora la sua giacca addosso.

Manuel, sconvolto dalla conversazione, non riesce nemmeno a verbalizzare il furto subito, tanto più che, mentre ancora cerca di raggiungerla zigzagando fra gli altri invitati, uno spintone arriva a ridestarlo.

Non sa perché gli stia montando dentro una rabbia così furente – potrebbe forse c'entrare l'aver appena scoperto che tutto un intero ufficio stia lì a guardare l'evoluzione dei suoi sentimenti e le figure di merda annesse – fatto sta che pure quel misero contatto lo manda ai pazzi, gli fa ribollire il sangue.

"Guarda dove cazzo vai" ringhia alla volta di chiunque lo abbia importunato e non se l'aspetta il pronto "ma guarda dove cazzo vai tu e vergognati che corri appresso alle ragazzine" in risposta.

Solleva gli occhi di scatto e incontra quelli di Simone che già lo fissano di rimando con un'espressione contrita sul viso a pochi centimetri dal suo.

E lo sa Manuel che se fosse stato un bastardo a caso a parlare, non avrebbe perso tempo nel piantargli un pugno in bocca lì davanti a tutta la direzione dell'azienda rischiando pure di essere licenziato, ma, poiché non è questo il caso, può solo bloccarsi sul posto e raggiungere in un attimo la consapevolezza che, per tutto il tempo in cui ha creduto di non essere considerato di pezza, Simone invece non l'ha perso di vista.

Se ne rende poi conto prima ancora di parlare che il più piccolo è lì da solo, il bellimbusto ad accompagnarlo perso chissà dove – spera di cuore nelle viscere dell'inferno – e ciò lo porta a fremere più di quanto gia stesse facendo.
E' impertinente il sorriso che mette su, salda la presa che impone sul braccio dell'altro per non farlo allontanare mentre "t'è piaciuto guarda', mh?" indaga "Me pare de capi' che non te sei perso niente dei fatti miei stasera..."

Cerca di allontanarsi Simone, "ma chi cazzo ti ha pensato pure", ribatte a denti stretti, il chiaro intento di non dare spettacolo, ma nessuna voglia di rimanere là con uno che a quanto pare di prenderlo in giro non si è ancora stancato.

Lo trattiene ancora l'altro, evidentemente non interessato ad assecondare il bisogno del più piccolo di mettere spazio fra loro e "no?" insiste con gli occhi puntati nei suoi "tu non lo volevi sapere che stavo facendo?"

E non lo sa se sia solo un'impressione o davvero Manuel è sempre più vicino, fatto sta che gli pare di colpo di avvertirne il respiro caldo ad un palmo dal viso e la stretta addosso sempre più ferma.
"Non volevi Simo'?" chiede con la bocca praticamente poggiata contro il suo orecchio "non lo volevi sapere come finiva la serata mia? Eppure me parevi interessato... Che ne sai, magari salivo in camera con la biondina, ce combinavo pure qualcosa stasera..."

Simone si stacca con violenza, la faccia sconvolta come se avesse appena ricevuto una sberla, come se di nuovo, nonostante con fatica abbia cercato di andare avanti, si fosse fatto fregare dallo stesso stronzo che l'ha incasinato da ragazzino.

Si odia per questo, stupido com'è ha pure osato sperarci stavolta: nonostante i soliti atteggiamenti poco chiari di Manuel, si è permesso il lusso di credere che magari lavorare assieme li avrebbe riavvicinati, questa volta in modo definitivo, che il tempo lontano, l'età adulta e, perché no, pure quella che ha, a questo punto, mal interpretato come gelosia, fossero tutti segnali destinati a dare un altro esito.

Quanto cazzo sono ridicolo – realizza – io stavo qui a dannarmi per lui e lui invece pensava solo a quando avrebbe scopato con quella.

Non può comunque dargliela la soddisfazione di farsi vedere così distrutto, non la merita.
Allora si raddrizza con tutto il corpo, una dignità reinventata al momento che non sa manco dove trovi la forza di tirare fuori e "fattene una ragione Manuel" sibila più duro che può "non me ne frega niente di cosa avresti fatto stasera, hai capito?"

Manco perde tempo a guardarsi attorno un'ultima volta, ma, già avviato dalla parte opposta della tenuta, immagina solo il momento in cui sarà a casa sua e potrà piangere in pace, magari attaccato al telefono con quei poveri martiri di Giulio e Monica.

Ed è forse per questo che sulle prime non si accorge di Manuel che non ha smesso di andargli dietro, ma che anzi lo raggiunge e poi supera, solo per pararsi davanti e fermarne i movimenti.
"Ma che cazzo fai Simo'?! Stavamo parlando!"

Lo spinge con forza Simone, nervoso com'è nemmeno se ne frega se qualche collega li vede e fa rapporto al titolare.
E' stata una brutta idea accettare quel lavoro, ancora più brutta se pensa che poteva averne un altro più vicino e meglio retribuito, ma lo stupido cuore che si ritrova ha deciso al posto suo.

"Noi non stavamo parlando Manuel!" bercia furioso "tu mi stavi provocando con uno dei tuoi soliti giochetti... è diverso!"
"E tu no?" rimbecca l'altro "tu invece non hai giocato a farmi impazzire mentre ballavi con quello, mh? Tu non hai mai colpe! So' solo io lo stronzo, è vero?"

Ed è feroce l'attacco per quanto Simone sappia vi sia un fondo di verità dietro. Se Manuel ha fatto il cretino stasera, lui non è stato da meno, però allo stesso tempo è consapevole che loro non sono nulla e che nessuno dei due ha diritto di reagire come sta facendo.

Più di tutto poi è stanco di continuare cosi: di fare la parte di quello che attacca o che si difende a seconda dei casi e senza mai una tregua in vista, di provare ad essere una persona migliore e invece riuscire a mostrare solo la versione peggiore di sé quando si tratta di Manuel.

Glielo ripete allora, con maggiore convinzione: "noi non stavamo parlando Manuel! Le persone normali parlano... noi o litighiamo o aspettiamo di litigare! Sappiamo fare solo questo!"

L'altro lo guarda come fosse pazzo.
"Sei scorretto" dice scuotendo il capo "è vero litighiamo spesso, e quindi? Forse non te ne sei accorto che facciamo così perché abbiamo scelto di farlo! E lo sai pure tu che potrebbe essere diverso!"

E Simone lì non ci sta più.

Va bene fare provocazioni gratuite in ogni momento, va bene pure mettersi ad inseguirlo davanti all'intero gruppo di lavoro che li guarda e chissà che pensa, ma che adesso Manuel possa permettersi di parlare del loro rapporto dall'alto di una presunta consapevolezza improvvisamente acquisita, quello proprio non può accettarlo.

"Senti, lo vuoi capire che ti devi levare di torno?" sibila "vai dalla biondina, visto che tanto ci tenevi!"
"Non me ne frega un cazzo della biondina!" replica l'altro afferrandone i polsi.

Prova a divincolarsi il più piccolo, ma scopre sorpreso di non riuscirci.
Aveva lasciato un ragazzino molto più esile al liceo e adesso invece si rende conto che, se solo volesse, quello potrebbe ribaltarlo con una semplice spinta.

"E da me cosa vuoi?" chiede esausto "te l'ho già detto, non me ne frega niente della tua serata"
"Ma a me si, Simo'"
"A te si, cosa?"
"A me interessa della tua" sibila l'altro tirandolo ancora di più verso di sé "ho passato le ultime tre ore ad interessarmi, a farmi verde dalla gelosia al pensiero che una persona che non sono io ti stesse così vicino, ti toccasse dappertutto... volevo solo venire lì, tirarti via con la forza, spaccare la faccia a quel coglione e portarti via. E' possibile che non lo capisci?"

In effetti, a pensarci, Simone non è più sicuro di star capendo molto, che dieci minuti prima Manuel sembrava doversi appartare con una tipa mai vista prima e adesso invece è lì, ad un soffio dal suo viso, a fargli una scenata per la quale da adolescente avrebbe venduto un rene pur di riceverla.

"Tu sei ubriaco, non sai cosa stai dicendo" prova comunque a protestare, giusto per mantenere un minimo di fermezza, che fammelo vedere – vorrebbe implorarlo – se sei geloso come dici, dimostramelo, prendimi per i capelli, spingimi la lingua in gola.

"Vuoi litigare Simo'?" domanda Manuel interrompendone il flusso di pensieri "forse non ti piace così e preferisci quando ci mettiamo le mani addosso come dei ragazzini?"
"Manuel non–"
"Ti giuro che lo facciamo" continua mentre ne stringe i palmi e li porta poi a legarsi al proprio collo "vedi? Vedi che lo facciamo lo stesso?"

Annuisce a bocca aperta il più piccolo, la testa sempre più vuota e le resistenze sempre più deboli, poi si blocca di colpo e "ma tu a me?" chiede prima di riuscire a evitarlo "tu a me Manu non le metti?"

E' evidente che Manu non aspettasse altro, stando almeno al modo in cui gli si preme addosso, il naso che accarezza il suo, "su di te? Devo metterle su di te?" ribatte con voce roca, ma non attende nemmeno replica che già sta cingendo i fianchi morbidi in una morsa.

A Simone basta quel misero contatto per vivere un'epifania lunga più di dieci anni, la prima volta che ha sentito le mani dell'altro su di sé e qualsiasi altro pensiero che non fosse fammi tuo, fammi tuo qui e adesso, completamente cancellato.

Manuel pare leggerglielo negli occhi quanto gli passa per la testa, sale a carezzare una guancia, il pollice che sosta appena prima delle labbra schiuse, poi lo strofina sopra con forza, si blocca su quello inferiore e ascolta rapito i sospiri che Simone gli regala.

"Non pensare che sia cambiato qualcosa" dice senza smettere di guardarlo "non pensare che non avrei la voglia di fare mo quello che abbiamo fatto da ragazzini, che non ti prenderei di forza per calarti la la lingua in bocca e il cazzo pure... io per te perdo la testa ovunque Simo'"

E se lo aspetta il più piccolo che Manuel lo prenda davvero lì e ci rimane male quando non succede che anzi sta mettendo un leggero spazio fra i loro corpi, lo sguardo concentrato non più su di lui e una mano sparita nella tasca dei suoi stessi pantaloni per tirare poi fuori una piccola chiave.

"Pensavo però che stavolta potremmo prova' qualcosa di diverso?" sussurra con la testa volta alla bella villa che dovrebbe ospitarli per un paio di notti.
Sgrana gli occhi Simone e – se fosse un attimo più presente e non già andato con la testa ad immagini oscene – riderebbe pure del fatto che tutta la novità della proposta sta nell'andare a scopare finalmente su un comodo materasso.

Gli sottrae poi la chiave di mano ad una velocità che non credeva possedere sul momento e, sorprendendolo, inizia pure ad avviarsi verso l'interno, l'altro subito dietro ad acchiapparne i fianchi e lui che si sente ubriaco di felicità.

Nei limiti delle capacità di eloquio rimaste, prova pure a dirgliela la storia del letto, ma Manuel lo interrompe, lo preme contro il muro vicino "ce ne sta uno molto comodo, è vero" sussurra "ma c'è pure un tavolo di marmo, una vasca enorme e una poltroncina sul balcone esterno... io ho intenzione di scopare con te su tutti quanti."

Il clang della chiave che gli scivola dalle mani è l'unica risposta che Simone riesce a offrire.

Non ha molto tempo di farci caso il piccolo, ma a quanto pare questo Manuel adulto è uno che tiene fede alla parola data, non fosse altro perché a stento sono entrati nella camera e già è riuscito a sbatterlo su ogni superficie si sia trovato davanti.
Se lo avvinghia addosso contro la porta chiusa, le sue gambe strette ai fianchi e le spinte inferte a cadenza regolare mentre ne preme la lingua in gola.

"Sul letto Manu– voglio andare sul letto" protesta ad un tratto Simone e quello per accontentarlo in fretta travolge una sedia lasciata in giro, la valigia rimasta a terra dal pomeriggio e persino l'abat-hour sul comodino non sopravvive alla sua furia.

Lo bacia con l'impazienza di chi ha aspettato una vita per farlo, glielo dice anzi che "so' più di dieci anni che me la sogno sta bocca tua Simo', pensavo sarei morto se non t'avessi avuto più."
Il piccolo conferma, gli geme sulle labbra, "mi hai... mi hai se mi vuoi" e Manuel crede di poter impazzire di lì a poco.

"Non lo vedi? Non lo vedi che ti voglio sempre" annaspa intanto che cerca di denudare entrambi: i movimenti brutali per strapparsi la camicia di dosso con i bottoni a saltare ovunque, più delicati invece quando arriva a Simone, il quale però impenna i fianchi e mugola per manifestare la sua identica smania.

Si accascia poi sulla spalla dell'altro che vederne la pelle bianca e immacolata dopo tutto questo tempo rischia di fargli esplodere la testa, poi ci ripensa, si alza quel che basta per arrivare con la bocca al suo collo, lo morde piano, arriva più giù, prende un capezzolo fra le labbra e lo stringe fra i denti.

Glielo dice mentre scende fino al membro turgido che quella che ha davanti è una visione celestiale, che vorrebbe fare questo ogni giorno se lui glielo permettesse.
"Che ci vivrei Simo' col cazzo tuo nella mia gola" giura prima di tornare ad accoglierlo fra le labbra.

Nemmeno ci prova Simone a trattenersi e nella bocca di Manuel viene in poco tempo e con lunghi fiotti che l'altro accoglie senza fare una piega, ma anzi inizia pure a stimolarsi a sua volta con i fianchi che sfregano sul materasso.

Nei deliri dell'orgasmo appena consumato il piccolo però pare accorgersi di quanto accade e "non ti va? Non ti va di venire dentro di me?" pigola mettendo su un'espressione di disappunto degna di un premio oscar che Manuel, ancora con il suo sapore in bocca, può solo precipitarsi a divorare.

Nel frattempo stringe una natica con foga, "mia" attesta, passa dopo a scavarne la carne morbida con due dita incurvate, ne aggiunge un terzo fino a che "ce la faccio– ti prego, ti voglio" sente e allora può solo obbedire.
"Sei strettissimo" ansima spingendo più a fondo che può "sei strettissimo e sei mio... tutto mio."

"Tuo- solo tuo, Manu" promette delirante Simone, come delirante si sente Manuel intanto che gli scende nello stomaco e "ti avrei scopato pure su quello schifo di prato in mezzo al nulla" confessa ormai completamente fuori di testa "mentre gli stronzi imbellettati giù si chiedevano che fine avevamo fatto, io ti avrei preso pure là davanti a tutti, davanti a quel coglione che ti toccava... e tu ti saresti fatto sentire, si? Tu avresti urlato il mio nome come adesso?"

Non risponde Simone, ma continua ad invocarlo disperato, le lacrime agli occhi intanto che "bravo amore, sei così bravo, così dolce per me" gli viene detto tra un bacio e l'altro e tanto gli basta, appena appena una mano arrivata a stimolarlo di nuovo, per essere travolto dal secondo orgasmo nello stesso momento in cui Manuel, con un'ultima spinta erratica, ne riscalda lo stomaco dall'interno.

Gli sposta poi i ricci sudati dalla fronte, "sei stato bravissimo" ripete ancora e lui non riesce a nascondere il sospiro di sollievo che gli viene su, terrorizzato com'era dall'idea che a rapporto finito si sarebbe ritrovato da solo su quel letto estraneo.

Manuel ancora una volta pare intercettare la linea di pensieri.
Ne bacia piano la bocca, poi sale alle guance, alla fronte, agli occhi ancora chiusi, "hai visto che cose belle combiniamo quando non litighiamo?" sussurra.

"...solo queste?"
"Per adesso si" replica facendo incupire l'altro fino a quando "ma se tu me lo permetti" aggiunge "da domani ti faccio vedere tutte le altre che dobbiamo ancora fare insieme."

E' immenso il sorriso che esplode sul viso di Simone.
"Insieme Manu? Facciamo tutto insieme?"
"Ogni cosa con te, amore mio."






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nota dell'autrice:
ho visto Damiano Gavino con una camicia da porco ed è successo questo.

Ciao! 🧚‍♀️

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