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tw: smut, ma sono 4k parole e questi sc0pano solo alla fine 👍🏼
Suo malgrado, Simone non riesce a pensare ad altro.
Ci ha provato a distarsi, a cercare argomenti di cui parlare, ad ascoltare quelli di cui gli amici parlano, ma la testa va sempre lì.
Non lo fa apposta, ma ad un certo punto non lo evita neppure, e quasi si arrende piacevolmente all'idea che il suo cervello non riesca ad elaborare nulla che non sia l'immagine che gli si è parata davanti da quando è arrivato.
Non lo sapeva nemmeno che Manuel possedesse pantaloni diversi dalle solite tutte sformate che portava sempre a scuola e averlo scoperto così, all'ingresso di un locale circondato da decine di persone, pare allora essere una tortura che quello stronzo ha scelto di infliggergli.
Si guarda attorno spaesato, scruta tutti con la stessa curiosità, come a capire se è l'unico ad essersene accorto o se pure loro sanno, o forse già sapevano, e sono solo più bravi a far finta di nulla.
Ha borbottato qualcosa nell'orecchio di Chicca ad inizio serata mentre lei gli rideva in faccia, ma poi si è avvicinato Manuel e il discorso è per forza di cose morto lì.
Attorno al tavolo intanto, pieno di bicchieri semi vuoti - segno evidente che la serata si sta protraendo da diverse ore - si discute di lezioni ed esami, mentre qualcuno lamenta i costi esorbitanti delle rette e i pochi servizi disponibili.
Oppure no, non è nemmeno quello il fulcro della conversazione, che adesso gli pare di sentire che il problema sia il reddito di cittadinanza, no forse i consumi dei jet privati, o le tasse in generale e i loro meccanismi complessi che Simone non ha mai capito.
Beve un goccio di birra per ridestarsi.
E' amara.
Non gli piace e lo sa, lo ha sempre saputo da quando a 14 anni gli hanno messo in mano una Becks e ha dato un sorso solo per sputarlo nella bottiglia fra i versi di disgusto dei compagni.
Eppure stasera nemmeno una richiesta decente al cameriere è riuscito a fare, che quando quello si è presentato con il taccuino per le ordinazioni lui stava ancora pensando a Manuel, al modo in cui la stoffa del pantalone gli avvolge perfettamente la sagoma del c-
"Che ne pensi tu Simò?"
Uh?
"Uh? Di cosa?"
Ci sono almeno 5 paia di occhi puntati nella sua direzione e uno in particolare lo guarda con un certo interesse.
La voce di Monica che ripete la domanda appena posta gli arriva lontana come se non fosse neanche li con lui o parlasse da dietro un vetro.
"Ne stiamo parlando da tutta la sera Simo" lo ammonisce bonariamente "è un problema abbastanza grande, evidente io direi- no raga?"
E mentre tutti concordano e Chicca sibila un "enorme" prima di trangugiare altra birra, Simone si chiede se stiano pensando a quello che pensa lui, se gli abbiano aperto il cranio e sbirciato dentro e diventa rosso, rossissimo, cercando però di dissimulare con una mano passata sul viso a simboleggiare una stanchezza che non c'è.
"Io- io ero distratto" bofonchia petulante nella speranza di risultare credibile "sono un po' stanco stasera..."
Monica lo guarda apprensiva, poi gli sorride e "l'ha posto Manuel in realtà" dice e Simone commette il grande - grandissimo - errore di sollevare gli occhi verso l'amico che li tiene già puntati nei suoi in un modo che crede non aver mai visto così intenso.
Il maglioncino nero che veste sembra gli sia stato dipinto addosso per quanto aderisce al petto e già quello da solo bastava a bruciargli le sinapsi, ma poi scosta i capelli che erano ricaduti sul viso e prende a parlare, a parlare con lui.
"Il voto ai fuorisede" scandisce e dal bicchiere che agita tra le mani scivolano alcune gocce di birra "questo è il problema Simo'... che se uno vuole esercitare un suo diritto deve per forza stare nel paese di residenza o tornare a casa e spendere un sacco di soldi."
Simone vorrebbe tanto replicare con un'osservazione intelligente, fare altro che non sia pensare di continuo "dio quanto sei bello, sei bellissimo, prendimi su questo tavolo lurido mentre mi parli di politica interna" ma proprio non ci riesce e si limita ad annuire piano, che nel frattempo Manuel ha pure scoperto di non sopportare le sue stesse maniche, cominciando ad alzarle fin sotto i gomiti, e lui quelle braccia non se le ricordava mica così grosse durante l'estate e ora un po' si sente morire.
"Se noi giovani potessimo votare anche da remoto ad esempio" continua guardandolo fisso come se in tutto il locale fossero rimasti solo loro "tante nostre istanze verrebbero ascoltate e considerate!"
E gli sembra di rivedere, ora che pian piano, tra l'alcol bevuto e il discorso intrapreso, si lascia infervorare, il Manuel dello scorso anno, quando, senza sorprese di nessuno, decideva di candidarsi come rappresentante d'istituto e dare inizio così ad una tornata elettorale durissima contro il fascistello dell'altra quinta con cui era riuscito pure a finire a mani in faccia solo dopo le elezioni.
Simone se le ricorda come un sogno quelle assemblee che il compagno organizzava con tanta cura, l'interesse mostrato verso eventi storici e questioni sociali che esulavano dalle classiche lezioncine studiate a scuola, i dibattiti accorati e le discussioni accese alle quali talvolta anche lui partecipava perché se ne scopriva piacevolmente interessato.
Vederlo perciò dopo la maturità iscriversi a scienze politiche era solo la naturale conseguenza di un impeto che in Manuel si agitava da sempre e che avrebbe trovato in quella facoltà la sua più degna realizzazione.
Non si accorge Simone di essersi di nuovo dissociato dalla realtà finché un tocco sul braccio arriva a richiamarlo delicatamente e allora sgrana gli occhi, segue la traiettoria che dalla mano sale al suo legittimo proprietario e vede Manuel che col capo appena piegato di lato lo scruta curioso.
"Tutto bene?" chiede circondandogli il polso "Stasera me pari tra le nuvole..."
"Si- no, si... qual era la domanda?" e tra il lembo di pelle a contatto con le sue dita e le guance imporporate per l'imbarazzo Simone davvero non sa cosa bruci di più.
Manuel scuote ancora la testa con i ricci che di stare al loro posto non ne vogliono sapere e "sempre il voto Simò... tu non pensi sia meglio poter votare anche a distanza?"
Simone non lo sa perché, forse è l'eccessiva vicinanza con l'altro o quella maledetta birra troppo forte che già gli ha dato alla testa, ma a mezza bocca mormora un "non ci ho mai pensato... non è mai stato un mio problema" e gli basta un'occhiata rapida a Manuel per capire che non era la risposta che si aspettava.
Il polso glielo lascia con tale velocità che il più piccolo ne rimane spaesato e il cambio repentino di espressione sul suo viso - prima dolce e ora tanto severo - gli mette addosso un'ansia e malinconia tipica dei loro inizi, quando ancora non sapeva come approcciarsi a questo ragazzo così scontroso, ma tanto, tanto bello e interessante.
Non pensava avrebbe mai riprovato quelle stesse sensazioni sgradevoli che lo tormentavano all'epoca, né che le avrebbe vissute durante quella che doveva essere una semplice rimpatriata tra ex compagni di scuola, eppure a guardare Manuel adesso, è costretto a ricredersi.
Lo vede chiaramente che è deluso e vorrebbe solo tornare indietro di qualche secondo, prestare più attenzione al discorso fatto e correggere la frase proferita con leggerezza, ma non gliene viene dato tempo.
Sa bene come reagisce l'amico quando parte di testa per una determinata questione - il modo in cui nel difendere la libertà altrui finisce paradossalmente per diventare un po' dittatoriale nei modi, alzando la voce e impendendo all'interlocutore di replicare con calma - però non è mai stai lui il destinatario di quelle reazioni.
Fino a quel momento.
"Ma che risposta di merda è" e a Simone pare di sentire il primo colpo venire sferrato con precisione meccanica al centro del suo petto "come fai a parlare così?! Ad essere così fuori dal mondo da pensare che 'na cosa del genere possa non riguardarti?"
"Non ho detto che non mi riguarda!" insorge allora o almeno ci prova, che sono davanti agli altri e l'ultima cosa che vuole e fare una scenata, ma neanche può farsi mettere i piedi in testa in questo modo "Non mettermi in bocca altre parole, Manuel! Stavo solo dicendo che non ci ho mai pensato!"
Avverte una mano sulla spalla e con la coda dell'occhio vede Giulio farsi più vicino, accostare la sedia alla sua e cercare di placare gli animi.
Se non fosse impantanato in una discussione cui manco voleva prendere parte, la scena lo farebbe anche sorridere.
Lui ha sempre avuto un atteggiamento protettivo nei suoi confronti e Simone ne è grato, che soprattutto i primi periodi dopo il coming out aveva bisogno di qualcuno con cui poter parlare del suo amore tanto forte quanto non corrisposto e ancora adesso, tra un'esame di matematica e uno di legge, trovano il tempo per stare assieme e mantenere un rapporto che a pensarci solo quattro anni fa non l'avrebbe mai immaginato.
"Non cominciare Manuel " dice infatti mettendosi in mezzo "proprio Simo è l'ultimo a cui può fare un discorso del genere!"
"Che c'ha l'avvocato difensore mo? Non sa parlare per sé? Eh Simo?"
E Simo - intanto che lo ascolta ribadire che se tutti ragionassero così il mondo sarebbe finito e sciorinare percentuali e dati sui giovani che non pensano alla politica come un fatto serio - se lo chiede perché debba esagerare a questo modo, perché debba prendere una semplice frase che poteva essere interpretata per quello che è e trasformarla in una polemica senza fine.
Voleva solo passare una serata tranquilla con gli amici, magari sentire i progetti futuri di ognuno di loro e raccontare i suoi se qualcuno glielo avesse chiesto e invece si ritrova a subire un cazziatone smisurato per qualcosa che nemmeno pensa.
Tenta di placare Manuel con garbo, lasciandosi aiutare da Giulio che ha capito il suo malessere crescente e ha preso a carezzargli dolcemente un braccio, ma tutto ciò che ottiene sono sguardi di fuoco dall'altro che, dopo l'ennesimo botta e risposta "un privilegiato del cazzo, questo sei!", conclude sprezzante.
Il tavolo si ammutolisce di colpo, pure Giulio che stava replicando smette di parlare e Manuel stesso sembra pentito delle parole dette, lasciando la bocca semiaperta e la mano sospesa in aria.
Guarda Simone ad occhi sgranati e aspetta una qualsiasi reazione, probabilmente immagina già una sfuriata, in ricordo di quelle che si susseguivano al liceo quando ancora non riuscivano a capirsi e per comunicare adoperavano solo le mani.
Ma il più piccolo non proferisce parola.
Si alza con una calma terrificante dalla sedia, facendola stridere nel mentre e si prende poi tutto il tempo per stendere le pieghe formatesi sulla bella camicia che aveva messo.
Che aveva messo per Manuel.
Non si è mai sentito più coglione di così soprattutto riflettendo sul fatto che proprio quello ha contribuito enormemente a fargli provare un'inadeguatezza che non sentiva da molto.
C'è però la mano di Giulio a consolarlo, adesso stretta alla sua e Simone quella presa la ricambia senza pensarci due volte.
"Non mi hai fatto nemmeno dire che ho firmato una petizione per lo ius scholae" proferisce rivolgendosi a Manuel che sembra rimpicciolirsi sulla sedia "o una per smetterla con le arcaiche divisioni di genere alle urne, o che ho votato l'unico partito che mi faceva sperare che le cose potessero cambiare... non mi hai fatto dire un cazzo, perché a te fondamentalmente interessava solo fare lo splendido che sa un sacco di cose, ma poi di tutto sto sapere un giorno ci spiegherai che cazzo te ne fai."
"Simo-"
"Io sarò pure un privilegiato del cazzo, ma almeno non mi comporto da stronzo con ogni essere umano che prova ad avvicinarmi." lo interrompe lui questa volta, lasciando poi la mano dell'amico e il tavolo per rifugiarsi in bagno.
Il cunicolo in cui si è chiuso è disgustoso.
Ci sono cicche attaccate ovunque e epiteti irripetibili scritti sulle mura.
Simone voleva fare un'uscita di scena impattante e si ritrova invece bloccato in un cesso che puzza di morte e senza neanche potersi sedere che rischia la sifilide anche solo a guardare troppo quella tavoletta in putrefazione.
Il lavandino non pare messo meglio, ma perlomeno c'è dell'acqua e può sciacquarsi la faccia, stringere occhi e denti cercando di ricacciare indietro le lacrime che gli vengono su.
Odia litigare, lo odia perché poi finisce che a sentirsi in colpa è lui quando a farlo dovrebbe essere l'altra persona che l'ha messo alle strette o l'ha umiliato.
E con Manuel aveva provato di tutto - rabbia per la sua strafottenza in classe, imbarazzo delle prime corse in moto assieme in cui l'altro gli stringeva i fianchi, preoccupazione quando lo raggiungeva in mezzo al nulla per trovarlo tutto ammaccato e ferito, e poi amore, tantissimo amore mentre lo medicava subito dopo - ma umiliazione mai.
Questo senso di sconforto enorme che pare mangiarlo da dentro e togliergli il fiato, con lui non sapeva nemmeno di poterlo avvertire.
E' così assorto a pensarci che non si accorge della porta del bagno aperta piano finché Manuel non fa il suo ingresso quasi in punta di piedi.
Sta lì a fissarlo con gli occhi da cane bastonato e Simone un po' si detesta perché l'ha già perdonato, prima ancora che parli e gli dica che è dispiaciuto, che non pensava ciò che ha detto e quante mila altre scuse preconfezionate può accampare per convincere uno che è talmente innamorato da caderci con tutte le scarpe a prescindere dall'intenzione reale.
"Non ho voglia di litigare" comincia allora cercando di mantenere un tono di voce neutro "e non sono arrabbiato... ti giuro che domani ti parlerò lo stesso. Per cui stai tranquillo, puoi tornare di là senza dover pensare a come ripulirti la coscienza."
Manuel però lo ignora bellamente intanto che continua ad avvicinarsi.
"Forse dovresti" e ad ogni passo suo in avanti corrisponde uno indietro di Simone che più lo osserva e più gli sembra che dello scricciolo che andava a scuola con lui non sia rimasto nulla.
E' un uomo adulto, molto adulto quello che ha davanti e che lo sta spingendo un metro alla volta verso la parete lurida del bagno.
"Forse dovrei cosa?"
"Essere arrabbiato con me" dice con tono che sembra chiedere tutt'altro "forse dovresti smetterla di perdonarmi tutto e basta, sfogarla questa rabbia che c'hai."
Le spalle al muro le avverte prima ancora di toccarle e la mano di Manuel dietro la nuca non fa in tempo ad essere una premura per evitare lo scontro che già diventa una morsa a tirargli i capelli.
Simone non lo fa apposta, ma annaspa a bocca aperta e vede poi a rallentatore il sorrisino strafottente formarsi sulle labbra difronte a sé.
"Stavi zitto, zitto oggi" mormora ad un centimetro dal viso e l'alito di birra anziché disgustarlo pare addirittura fomentarne l'eccitazione incipiente "ti guardavo stringere il bicchiere perso nei pensieri tuoi e mi pareva di impazzire..."
"Manu non- non fare il cretino" ma la protesta è flebile, non ci crede nemmeno lui a quello che chiede e anzi subito dopo si lecca le labbra come a dirgli "non darmi ascolto, continua con quello che stai facendo" e Manuel in qualche modo lo capisce, che a loro ormai basta uno sguardo per comprendersi e anche in questa dinamica nuova - ma forse tanto bramata da entrambi - non sembra essere diverso.
"Me lo dici Simo'?" incalza allora con voce roca "Cos'è che ti ha distratto tutta la sera?"
Simone avvampa, se solo sapessi, pensa.
Poi piega la testa, rivolgendola verso l'addome dell'altro che visto da così vicino lo fa sentire pure peggio e "la stanchezza" mente poco convinto "sono molto stanco."
"Sei stanco?" ripete Manuel con un tono dolce, ma al contempo canzonatorio e gli porta pure un palmo sul viso per carezzarlo piano.
"Si, io- abbastanza..."
"Allora se sei stanco" e il sussurro nell'orecchio lo fa rabbrividire "noi non possiamo litigare, no?"
"No- no."
"E non possiamo nemmeno metterci le mani addosso come facevamo a scuola, giusto?"
"...nemmeno."
"E poi io non potrò chiederti scusa?" continua prendendogli il viso tra le mani "Se sei stanco io non potrò accarezzarti come sto facendo e dirti che mi dispiace, che sono uno stronzo e che da quando ti ho visto stasera penso solo a quanto vorrei calarti la lingua in gola mentre ti strappo sta camicia del cazzo di dosso, mh?"
Simone asserisce, poi ci ripensa e scuote la testa, lo guarda come se fosse pazzo e "Manu" pigola petulante a corto di altre parole.
"Che c'è?" e la mano infilata sotto la camicia gli provoca un brivido infinito "vuoi litigare mo? Vuoi che ti metta le mani addosso?" insiste premendone una sullo stomaco del piccolo "e tu a me? Tu a me le vuoi mettere?"
"Ti prego Manu, ti prego..."
"Ti ho sentito prima... ti ho sentito quando parlavi con Chicca. Era quello che ti distraeva?" e tutto attorno sembra cristallizzarsi, con Simone che vorrebbe sciogliersi sul pavimento per la vergogna e Manuel che invece pare non aspettasse altro "non ti preoccupare... adesso ci penso io a te. Ti chiedo scusa perché sono stato uno stronzo e facciamo pace, mh? Tu la vuoi fare la pace con me?"
"Si?" chiede guardandolo annuire come un forsennato e depositandogli un casto bacio sulle labbra schiuse "e l'amore? Lo vuoi fare l'amore con me, Simo'?"
La camera di Manuel è totalmente diversa da come la ricordava.
Tanti dei poster e foto sono scomparsi, per lasciare posto a delle pareti bianche, interrotte solo da piccole mensole con libri sparsi disordinatamente al di sopra.
Gli piacerebbe tanto chiedere che autori gli interessano adesso, se legge ancora di filosofia e poesia come al liceo, o se ha sviluppato dei gusti diversi, più vicini ai suoi che invece ama tanto i romanzi storici e il neorealismo.
Si ripromette di farlo, se ci sarà una prossima volta qui dentro, una magari che non sia con lui pressato contro l'anta della porta e Manuel che gli ansima addosso mentre lo bacia con foga.
"Mi perdoni Simo'?" gli chiede per l'ennesima volta con la fronte premuta sulla sua "mi perdoni per quello che ho detto?"
"Manu-"
"Stavo impazzendo stasera... tu cosi bello, con questa camicia che ti sta così bene e quel discorso con Chicca che non avevo capito di chi parlassi..." gli confessa strofinando il naso contro il suo e poi sulle gote sempre più rosse "ti vedevo lì imbambolato e quel Palmieri del cazzo sempre addosso e chissà che pensavo... cosa credevo- Simò, io ti avrei preso pure su quel tavolo lurido e tu non mi guardavi nemmeno..."
Accenna un sorriso Simone, adesso che può, che si sente più leggero ed è stretto fra le braccia del compagno che lo guarda ancora con occhi incerti.
"Ma se ti muoio dietro da anni, come puoi pensare che- Dio Manuel, sei un tale coglione!"
"E tu mi vuoi lo stesso?" un tono così supplichevole da parte sua non ricorda di averlo mai sentito "tu mi vuoi anche se sono un coglione?"
"...Io ti voglio sempre Manu."
Da lì non ha più tempo nemmeno di pensare.
Si ritrova steso sul letto morbido e circondato da cuscini prima ancora di rendersene conto, le mani tenute ferme sopra la testa e il bacino che pare avere vita propria per come lo dimena contro quello di Manuel.
Un pensiero intanto prende a tormentarlo e l'ansia gli si riflette sul viso delineando un'espressione che il più grande prontamente coglie.
"Stai tranquillo" dice infatti mettendogli poi due dita in bocca e guardando gli occhi di Simone roteare per il piacere "non ti devi preoccupare di niente... Ti preparo piano e tu ti apri per me, me lo dici tu quello che posso fare o no... va bene?"
Il piccolo annuisce a malapena che di più non riesce a fare e si lascia poi spogliare con tutta calma dalle mani di Manuel che sono calde e premurose e carezzano ogni lembo di pelle che incontrano seguite da un ipnotizzato "dio quanto sei bello" che gli scioglie i muscoli rendendolo liquido sotto il suo tocco.
Quando si spoglia anche lui, per Simone diventa quasi troppo, che anche solo vederlo nudo pare un sogno e davanti alle sue forme statuarie pensa di non poter reggere.
Lo vede passarsi una mano su tutta la lunghezza e un tremore involontario lo porta a chiudere le gambe precedentemente aperte.
E' enorme, pensa tra l'eccitato e il terrorizzato per poi avvampare nel momento in cui nota che Manuel lo sta guardando con un sorriso confortante.
"Se non vuoi più Simo'..." mormora pacato "se cambi idea-"
E Simone non lo fa nemmeno finire che già se lo sta tirando addosso, baciandolo con la stessa foga che Manuel ha avuto con lui e realizzando incredulo che non è l'unico ad aver bisogno di rassicurazioni.
"Mi fido" promette carezzandogli il viso "mi fido Manu" e mentre lo dice si rende conto che è vero, che non sono parole proferite solo per tranquillizzare, ma che le pensa davvero, che l'altro adesso potrebbe anche legarlo o bendarlo e comunque non si sentirebbe mai più sicuro di così.
Manuel però né lo lega, né lo benda, piuttosto con una devozione che gli fa tremare lo stomaco comincia a scorrere la mano fino alla sua erezione per accompagnarla ad una pienezza cui ancora mancava poco.
Lo massaggia per un po', portandolo sempre verso un orgasmo che Simone avverte imminente, ma che poi non gli viene concesso.
"Manu... Manu ti prego" implora quando quello lo lascia di nuovo al culmine solo per farlo girare e approdare finalmente fra le sue natiche.
"Posso?" gli domanda premuroso e Simone, anziché replicare, affonda la testa nel cuscino e puntella le ginocchia sul materasso.
A Manuel per un attimo si mozza il fiato e sembra in trance mentre si piega per lasciargli un bacio sull'apertura sfacciatamente esposta che freme al contatto.
"Dio Simo', le cose che ti farei" sibila e spinge prima una, poi due falangi facendolo sussultare.
Si muove pianissimo e lo informa di ogni azione con una pazienza che il piccolo non sa dove trovi visto che lui è già un disastro di preghiere e suppliche che cadono nel vuoto.
"Non posso prenderti così" e pare quasi mortificato nel dirlo mentre lo guarda spasmare disperato attorno alle dita lubrificate che da due diventano tre, fino al quarto, che aggiunge a fatica intanto che Simone viene tra le lacrime.
"Bravissimo Simo" la voce gli trema appena "sei così bravo... c'ho quasi tutto il pugno dentro, lo sai si?"
Si sente una bestia Manuel, osservando il polso quasi sparire nel corpo del più piccolo e, distratto dai pensieri perversi che fa, dalle immagini oscene che visualizza, per poco gli sfuggono i lamentosi "ancora Manu, ancora... tutto, ti prego."
Non viene in quell'istante solo perché riesce per tempo a portare la mano libera alla base del pene, strozzandolo fino a chiudere gli occhi per il dolore.
Ci vuole tutta la forza di volontà di cui è capace per fermarsi e "la prossima volta" attestare con l'affanno "cristo Simone te lo giuro la prossima volta non facciamo altro... ci mettiamo qui e ti preparo per ore, prima con la lingua e poi con le dita finché la mano mia non te la senti nello stomaco... va bene?"
Simone piange, annuisce nel cuscino e poi mormora qualcosa di incomprensibile che somiglia vagamente ad uno "allora scopami" al quale lui non può proprio tirarsi indietro.
Gli si spezza il cuore a doverlo lasciare per quel poco tempo che ci mette a prepararsi, ma subito dopo, lo aiuta a mettersi pancia su e carica le sue gambe tremanti sulle spalle.
"Manu" pigola guardandolo e il sorriso che aleggia sul volto stanco lo porta a chiedersi come ha fatto a vivere tutto questo tempo pensando di poterla superare, credendo che quel periodo a scuola in cui lo guardava e si sentiva in subbuglio fosse solo un momento di confusione e non l'unica parola che ha ora per definirlo.
"Amore... amore mio."
Gliele bacia via le lacrime che sembrano scendere senza sosta dagli occhioni scuri e gli stringe forte un fianco mentre si direziona verso l'anello di muscoli che si apre meravigliosamente per lui.
Rimane fermo immobile per tutto il tempo che Simone respira a stento, sussurrandogli nell'orecchio parole dolci e rassicuranti che hanno l'effetto di scioglierlo ancora di più.
Quando può cominciare a spingere lo fa con lentezza estenuante, dondolando piano con piccoli movimenti del bacino e arrivando fino in fondo solo perché l'altro allaccia le caviglie dietro la sua schiena e lo implora di muoversi.
"Sei strettissimo'" ansima fra una spinta e l'altra "e mio, sei mio" asserisce poi stampandogli un segno purpureo sul collo al quale Simone risponde con una cantilena di "tuo Manu, solo tuo."
E Manuel non capisce più nulla, gli si accascia per un attimo sulla spalla che anche per lui è diventato tutto troppo, poi riporta il viso contro il suo e comincia a baciarlo come se ne andasse della loro stessa esistenza e perde totalmente la testa quando il piccolo si passa una mano sullo stomaco solo per sentirlo premere dall'esterno.
Lo accompagna allora verso l'ultimo orgasmo, una mano a tenergli il collo e l'altra sull'erezione i cui fiotti vanno a ritmo con le spinte inferte e si lascia poi finalmente andare al suo culmine che pare durare minuti interminabili tanto che, nonostante il delirio estatico, prova anche a spostarsi venendo fermato dai "con me, rimani con me" di protesta di Simone.
Manuel lo accontenta e gli si abbandona addosso intanto che entrambi sospirano estasiati, poi lo bacia piano, dal mento alla fronte, gli scosta i riccetti sudati ed esce con tutta la delicatezza che può.
"Dormi con me adesso" gli dice con le palpebre che si chiudono per la stanchezza.
"E domani?" lo richiama l'altro accoccolandosi comunque su di lui "domani litighiamo di nuovo?"
"Mh, pure peggio di oggi."
"Poi facciamo pace?"
"Sempre Simo'..."
"E veniamo qui a fare l'amore?"
"No..." e il broncio adorabile glielo bacia via subito "prima ti porto ad un appuntamento come si deve e poi torniamo qui a fare l'amore."
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nota dell'autrice:
questa fetecchia è nata perché su cc mi hanno chiesto "hey action ci sono delle smut che scrivi e non pubblichi?" e io avrei dovuto limitarmi a quella risposta invece di scrivere altra merd4 sulla fantomatica gelosia di Manuel x Giulio 😃
Grazie comunque alle tuberine x non aver vomitato leggendo e a voi se deciderete di non segnalarmi l'account ♥️
P.s: un pensiero speciale a bespectacled98 che ha ispirato tutto questo, anche se forse ora vorrebbe giustamente dissociarsi.
Ciao!🧚♀️
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