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La Morte paziente [II/II]

NINA.

Nina aveva imparato a reprimere i morti quando era piccola.

Stendevano le loro mani pallide verso di lei nella notte, srotolando le loro preghiere nel silenzio debole della sua mente addormentata. Le loro ossa le parlavano dalla terra, chiamandola dalle profondità dimenticate, come invitandola a far parte di loro.

C'erano sempre, che lei lo desiderasse o si artigliasse le orecchie per farli smettere di gridare. Erano tutt'attorno, nelle loro forme più diverse e oscure, a sporgersi verso di lei per reclamare il suo sguardo annebbiato d'orrore. Piangevano come fantasmi, rannicchiati nel buio. Scricchiolavano come scheletri polverosi, dagli angoli del bosco. Urlavano nei suoi sogni, sommergendola fino a farla soffocare.

"Non devi ascoltarli, se ti fanno paura", le aveva detto Zoya, una volta. La cugina aveva dodici anni, mentre Nina soltanto nove.

Erano al Campo, sedute sul bordo dell'arena di addestramento deserta. I piedi di Nina sbattevano ansiosi nella polvere mentre Zoya lucidava una spada.

"Fai finta che non ci siano", aveva aggiunto la figlia di Zeus con una scrollata di spalle e un sorriso sicuro. Nina aveva desiderato con tutta se stessa che fosse così facile. "Sono morti, non fanno più parte di questo mondo".

"Fanno parte del mio, però", aveva bofonchiato Nina, stritolando nervosamente le mani tra loro, "Sembrano così tristi... Perché non devo ascoltarli?".

"Perché devi immaginarli come il suono della pioggia mentre combatti: sono distrazioni che imparando a ignorare ti rendono più forte", aveva risposto Zoya con durezza, "Perché non sono stati in grado di risolvere i loro problemi in vita e non possono pretendere che li risolva tu mentre loro sono morti, ti pare?", si era alzata in piedi e le aveva allungato con decisione la spada che aveva in mano. La lama di bronzo celeste aveva sfolgorato come un fulmine sotto i riflessi infuocati del sole, "E anche perché l'unica persona che devi ascoltare sono io che ti ordino di riprendere l'allenamento, d'accordo?".

Nina da allora si era impegnata per zittire quelle voci.

Aveva smesso di piangere quando un fantasma cercava il suo aiuto, passandogli attraverso come fosse fumo innocuo. Aveva imparato a ignorare il pianto di quei bambini perduti nell'oblio, immaginando fossero gli ululati del vento. Non li voleva capire. Non li voleva sentire.

Aveva represso quella parte di sé che non aveva mai chiesto, zittendo l'eredità maledetta di un padre assente e scegliendo di crearne una propria.

Se non i suoi amici più stretti, al Campo credevano tutti che non fosse mai stata riconosciuta. Le persone che conoscevano le sue origini segrete si contavano sulle dita di una mano, e lei aveva capito che era molto meglio così.

Nessuna faccia terrorizzata. Nessun orrore muto al suono del nome di suo padre. Nessun sussurro crudele o pregiudizio contro cui dover combattere fino allo stremo.

Nina aveva imparato che, se fingeva di non essere figlia del signore degli Inferi, la vita diventava meravigliosamente più facile. Più felice.

Quelle rare, spaventose volte, in cui era costretta a disciogliersi in un'ombra davanti a qualcuno, la sensazione di ribrezzo, mista alla consapevolezza di essere sbagliata, le si arrampicava addosso come filo spinato.

Non c'era gioia, nel mondo aldilà di questo. Non c'era onore, nell'essere figlia di suo padre. Zoya gliel'aveva ripetuto un'infinità di volte, che se avesse intrapreso la strada dei morti, non sarebbe più tornata indietro.

E Nina aveva finito per crederle. Aveva finito per aggrapparsi alla vita con tutto quello che possedeva, fino a diventare qualcosa di completamente diverso da quello che il suo sangue esigeva fin dal suo primo respiro.

Poi era scoppiata la guerra.

E il mondo le si era rovesciato addosso.


Nina ora le voci non sa ignorarle.

Riemergono con furia dai recessi rinnegati della sua anima, come un fiume di dolore e ira rovesciato sul mondo fino a piegare la terra.

Nina guarda Matthias.

Ma non sa metterlo a fuoco. Non lo vede più. Non oltre il volto lacerato dalle ustioni, non oltre gli occhi ingrigiti, ai capelli inceneriti che si perdono nella terra nera.

Lui non c'è. Il fulmine l'ha portato via.

Nina sente solo il battito del proprio cuore mescolato a centinaia di altri, spenti centinaia di anni prima. Li sente ruggire nelle orecchie come un esercito. Li sente annientare la vita e sradicarla dal suo nido fino a distruggerne ogni memoria.

Nina smette di esistere e si smarrisce nella corrente.

I morti escono dal bosco. Squarciano il labile confine tra i mondi e si riversano su Zoya.

Un antico campo di battaglia. Semidei perduti e mai ritrovati, i cui nomi si confondono e prosciugano di significato. Aspettavano solo Nina, la sua rabbia che affonda le dita nel fango per tracciare un sentiero di orrore.

Aspettavano di risorgere dal buio animati dalla potenza del suo vuoto.

Sente Zoya gridare, ma nemmeno l'ascolta.

– Padre... – Nina si sporge sul corpo di Matthias e il suo cuore cade sempre più giù, dove non lo ritroverà mai – Padre, per favore. Ti prego – si stringe a quel petto immobile, le sue lacrime che piovono inermi nella cenere – Riportalo da me. Riportalo da me.

Non c'è risposta.

I morti cadono sotto i fulmini ma continuano a sollevarsi. E Nina piange, incapace di contenerli. Non vuole farlo. È una di loro.

Padre, ti prego – Nina lo sibila tra gli spasmi – Ho combattuto la tua guerra. Ho ucciso per il tuo nome... ti imploro, salva l'unica persona che non lo merita.

Ma Ade tace.

C'è biasimo, che attornia Nina e il suo lutto mentre la ragazza si piega disarmata sul guerriero caduto. C'è un silenzio gravante come il globo del mondo, che la schiaccia nelle sue colpe e lì la abbandona, incapace di rimorso.

– Perché l'hai fatto? Perché mi hai salvata? – Nina sfiora il volto di Matthias, il sangue che gli cola dal naso e corre lungo il volto come un nastro rosso. Un singhiozzo le strappa il respiro e lo trascina nell'abisso – Idiota, idiota, idiota...

Idiota, idiota, idiota.

Lo ripete nella testa fino a impazzire, e la sua voce si mescola con quella di lui. Non sa più nemmeno chi stia parlando, a chi si stia rivolgendo. Non sa come si cammina, ragiona. Non ricorda più come si vive.

Nina rimane cristallizzata per un tempo infinito. Il vento soffia. I fulmini smettono di cadere. Lo spirito di Zoya è ancora sulla terra, ma la figlia di Zeus adesso è lontana. Nina non saprebbe dire nemmeno quando è successo, che la morte ha sopraffatto con l'ira il potere dell'Olimpo.

Il silenzio si addensa in nebbia e circonda Nina come una cappa di gelo. I morti sopraggiungono e si dispongono attorno a lei, taciti e fermi come una veglia lugubre. Non tornano nelle tenebre né combattono più, le spade abbandonate e inutili, gli occhi scavati e languidi ancora intenti a inseguire cocci della propria vita che rotolano stanchi nella corrente di un fiume.

Vegliano e aspettano, custodi del suo dolore, mentre Nina non smette di piangere, accarezzando con dolcezza, in un gesto ripetuto e vuoto, il volto immobile di chi non sa guardarla più.

Bambina, è finita.

La voce, delicata come la piuma di un corvo che scivola nel cielo di metallo, raggiunge Nina come in un sogno.

È uno spillo che cade e tintinna nella sua testa, per risvegliarla dal bozzolo di orrore. Non conosce quella voce, ma le è spaventosamente vicina.

Alza la testa lentamente. Là, in piedi tra due alberi morti, una figura di bronzo la osserva con gentilezza. Ha la pelle scura, gli occhi di un oro intangibile, i tratti del volto ammorbiditi da una bellezza remota. Le grandi ali nere sulla sua schiena si confondono con i riccioli di bruma.

Nina, d'istinto, si allunga su Matthias per proteggerlo.

Una pietà addolorata si dipinge sul viso senza tempo della figura.

Non puoi più difenderlo, bambina. Se n'è andato.

Nina scrolla violentemente la testa, le labbra irrigidite in una smorfia e gli occhi gonfi di pianto.

– No – esala, odiando il suono lamentoso e infantile della sua voce – Non può. Lui...

È morto – la figura pronuncia quelle due parole con una semplicità travolgente. Non c'è superficialità, ma nemmeno dolore. Non c'è misericordia, ma nemmeno la minima traccia di crudeltà. Sta soltanto definendo una realtà inevitabile, dilatando una verità infinitamente contorta per mostrargliela nel modo più puro possibile.

Nina rimane congelata, e dentro di lei un altro ago tintinna nel silenzio.

– Thanatos – sussurra poi, dopo un lunghissimo attimo.

La Morte cala il capo in segno di saluto.

Figlia di Ade.

– Lei può salvarlo – Nina boccheggia, la speranza che si gonfia brutale nel suo petto prima che lei sappia controllarla – Lei può riportarlo qui, vero? È qui per questo, lei...

Ma la figura scuote la testa con pazienza.

No, bambina, non funziona così.

– Ma mio padre non ha ascoltato – Nina stringe i pugni, tremando di frustrazione. Si alza in piedi bruscamente, incespicando nelle balze del vestito bruciato – Mio padre ne aveva il potere e non ha fatto nulla. Non doveva andare così, non per lui. Non è giusto!

La Morte non è mai giusta, bambina.

– E allora perché lei è qui? – Nina sfida la Morte, guardandola dritta negli occhi, attorniata da scheletri taciti – Mio padre abbandona i suoi figli riducendoli ad una vita miserabile, e l'unica cosa che riesce a fare è mandare un suo servo per dirmi ciò che già so?

Tuo padre è una divinità complessa, ma non mettere in dubbio l'affetto che nutre verso i propri figli – Thanatos congiunge lentamente le mani tra le pieghe delle lunga veste scura – I tuoi fratelli più giovani sono stati tratti in salvo dalla guerra e messi al sicuro proprio su ordine di tuo padre.

– Io no, però – ribatte Nina con freddezza – Io sono stata reclutata senza avere scelta, giusto? Io devo vedere Matthias m-morire standomene zitta in un angolo, giusto? – la voce le trema nell'ammetterlo ad alta voce. Sente il cuore corrompersi di più ad ogni battito, le vene attraversate dal fuoco e dall'ira necessaria a mantenere i morti svegli.

La Morte, ancora una volta, scuote piano la testa.

Non mi intrometterò oltre nel volere di tuo padre, bambina mia. Non è per giustificare il mio signore che sono qui.

– E allora perché? – singhiozza lei, provocandolo.

È personale. Ha a che fare con una profezia segreta, gemella di una molto più grande.

Nina è orripilata. Stringe i pugni con rabbia.

– Anche lei vuole arruolarmi per una guerra? – chiede tremando, gli scheletri che le fremono attorno come se stessero per andare in pezzi.

No – risponde calmo Thanatos – Pochi mesi fa l'Oracolo di Delfi ha decretato una nuova Grande Profezia, che implica la presenza di un figlio dei Tre Fratelli figli di Crono nel giorno del suo sedicesimo compleanno. L'esistenza di questo semidio, o semidea, determina un pericolo per l'intero Olimpo.

– Io ne ho quasi diciassette – ribatte Nina, sempre più spazientita.

Che è il motivo per cui sei stata arruolata per combattere e non messa al sicuro, bambina.

– Questo non mi spiega nulla.

Una profezia secondaria, molto più piccola, è stata formulata dall'Oracolo poco dopo la Grande Profezia – continua Thanatos, quasi serafico davanti all'odio sordo di Nina – Una profezia che coinvolge una figlia degli Inferi... e un romano erede del vento del Nord.

Nina sussulta.

I suoi poteri perdono la presa su una decina di scheletri e questi si accasciano nel fango, nuovamente reclamati dalle loro tombe.

– Non... – Nina abbassa lo sguardo su Matthias e sente coltelli affilati affondare con forza dentro di sé – Non è possibile...

La profezia parla di una sostanza che manipola la Morte, e di come soltanto questi due semidei, legati tra loro dalla stessa, saranno capaci di impedire all'equilibrio di collassare – il dio china regalmente il capo – Figlia di Ade, tu e il figlio di Borea siete stati chiamati per aiutarmi.

Matthias è morto! – Nina lo grida, la gola stracciata, e la sua voce riecheggia tra gli alberi come una maledizione. Uno stormo di corvi si solleva tra i rami e vola lontano in un frullio sinistro. Nina ricomincia a piangere, le mani irrigidite ai fianchi e gli occhi duri incastrati in quelli liquidi di Thanatos – Non mi venga a parlare di aiuto quando l'uomo che amo ha appena sacrificato la sua vita per salvarmi.

Thanatos ricambia lo sguardo. È impassibile, come una statua. Soltanto le sue ali sbattono quiete nella nebbia, annodandola in vortici sempre più confusi.

Ti propongo un accordo, Nina – dice piano, la testa leggermente abbassata e le dita ancora congiunte, come in preghiera. Il suono del suo nome tra quelle labbra eterne suona come un soffio di tiepido vento notturno – Posso salvare Matthias Helvar, concedergli una seconda opportunità su questa terra e spalancare le mie Porte per lui all'insaputa di tuo padre...

Nina trattiene il respiro.

ma tu dovrai accompagnarlo, bambina – continua la Morte, calma – Siete legati tra voi; legati a me e alla profezia. E io non posso permettermi di lasciarvi liberi. Rimarrete nei Campi di Asfodelo finché sarà necessario, come morti, tra migliaia di altre anime svuotate, dove Ade non vi troverà. Il Figlio di Borea non avrà memoria di te, ma potrai averlo accanto finché il tempo sarà maturo. Solo allora tornerete sulla terra e salverete il fragile confine che separa la vita dalla morte, conservando il mio equilibrio con tutto ciò che sarà necessario – Thanatos chiude gli occhi per un istante, prima di riaprirli e scrutare Nina con profondità nuova – Nina Zenik, puoi scegliere di stringere un patto con la Morte e salvare colui che ami. Ma in caso contrario ti lascerò al tuo pianto senza insistere oltre, e il nostro prossimo incontro sarà il tuo ultimo respiro – Thanatos china ulteriormente la testa, nell'ombra inquieta di una sottomissione – Scegli con saggezza.

Nina non sa quando ha ricominciato a piangere.

Le lacrime corrono silenziose lungo il suo volto, ma la ragazza non stacca lo sguardo dal dio.

Matthias che si stringe a lei nel gelo. Il rossore imbarazzato delle sue guance. La neve soffice sotto le scarpe. Una risata lontana. La guerra dispersa oltre il mare e il cielo bianco e bello come un sorso di latte addolcito, mentre un fiocco fresco gli si aggrappa tra le ciglia dorate.

Nina inghiotte un singhiozzo.

I morti cadono a terra uno dopo l'altro e svaniscono nella polvere. Per un istante, anche il vento si zittisce. Resta solo la sua voce, un soffio fragile che evade dalla prigione di sangue che sono le sue labbra, per restare sospeso come neve tra lei e la figura silente della Morte in attesa:

– Salvalo.



Cover credits: @ / _chipsip su Instagram

NdA:

Chiedo scusa per la morte di Matthias, vederlo a terra fa male anche a me in modo viscerale, ma giuro che è per una buona causa e che poi torna. Ho ancora bisogno di lui qq

Btw, mi fa ridere che sia una specie di destino comune di tutti i figli di Ade/Plutone, finire rinchiusi in un limbo temporale da qualche parte senza invecchiare. Chiedo scusa anche a Nina per questa sorte agrodolce.

I pezzi vanno a posto piano piano, non temete. Thanatos doveva avere un ruolo chiave, nella storia, per mettere in moto tutto, anche con il concetto della jurda parem. E non è un caso che Matthias sia figlio di Borea: lentamente spero che ogni cosa avrà sempre più senso, perché nella mia testa è una figata ahah

Sì, la profezia di cui parla Thanatos è la stessa che Inej riascolta davanti all'Oracolo, decenni dopo. L'idea iniziale era dividerla in due, la prima metà recitata durante la Seconda Guerra e la seconda metà davanti a Inej, ma mi piaceva l'idea che Chirone, vedendo i Corvi, li avesse in qualche modo riconosciuti attraverso le parole dell'Oracolo, stimolando la curiosità di Kaz.

Per domande, insulti, commenti generici sulle fragole, io sono sempre qui <3
Grazie infinite a chi legge <3

Coss

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