Prologo - Louis.
Londra. 6.30 del mattino.
Suona una sveglia. La mano di una ragazza si accinge a spegnerla, sbattendo sul comodino il dispositivo e rigirandosi contrita nel letto.
" Odio i lunedì."
Borbotta la stessa ragazza, percependo poi dei passi lungo il corridoio. Ma non se ne cura, perché si riaddormenta in un secondo.
7.00 del mattino.
" Noelle, alzati subito!!"
La voce di sua madre le giunge forte e chiaro, la porta della sua stanza che si spalanca con un tonfo. Noelle sbuffa, seppellendo il viso nel cuscino. La donna è ancora lì, spazientita, e lei vorrebbe tanto non vederla.
" Noelle. Ti ho detto di alzarti. Devi accompagnare Lizzie a scuola, ricordi? Avanti."
Lizzie, la piccolina di casa, la aspetta e Noelle non può più tardare. Così si decide ad alzarsi, sedendosi lentamente e fissando apatica la madre. Quest'ultima alza gli occhi al cielo, scostando le coperte e tirando un braccio della figlia.
" Veloce."
" E lasciami! Sto scendendo, santo Dio."
Sbuffa mentre la donna si sposta, raggiungendo poi la porta.
" La colazione è di sotto e Lizzie è già sveglia. Falla vestire, io devo scappare."
Poi dà le spalle alla figlia, uscendo dalla stanza. Noelle percepisce i suoi passi concitati scendere le scale, poi sente la voce di sua sorella ed un " ciao" urlato dall'ingresso. Il portone viene sbattuto e l'intera casa trema. Alza gli occhi al cielo, poi si avvicina allo specchio.
I suoi capelli rossi sono raccolti in uno chignon ormai sfatto, la molletta per capelli ora inutile. Noelle la toglie, scuotendo la testa e lasciando libera la sua chioma selvaggia. Splendidi boccoli rosso fiamma illuminano il viso ancora sopito, mentre i suoi occhi scrutano critici le varie imperfezioni. Imperfezioni, secondo lei, impossibili da eliminare; le sue lentiggini sono un difetto e non le sopporta, così come non sopporta quel naso che lei definisce da corvo.
Noelle è bella, però, a modo suo. È una bellezza pulita, con quegli zigomi lievemente sollevati e le guance rosee e piene. Le labbra sono screpolate per via del freddo e dell'umidità, ma lei non usa burro cacao. Del trucco, poi, non ne parliamo.
Dopo essersi rimirata accende la sua playlist preferita, lasciando il telefono sul comodino mentre inizia a cambiarsi. Balla e canta sulle note di una piacevole canzone rock, indossando la divisa del bar dove lavora. Poi va in bagno ed ultima i suoi ritocchi. Una volta pronta, prende il telefono e scende in sala.
" Lizzie...?! È tardi!"
Richiama sua sorella, che ha solo sette anni, la quale la raggiunge in fretta. Con suo gran stupore indossa già l'uniforme scolastica ed ha lo zaino in spalla.
" Oh... Mamma mi aveva detto che non eri ancora pronta! Beh, che sollievo, no? Mangio qualcosa al volo e andiamo."
" Fai pure. Sai... Oggi non ho molta voglia di andare."
Mentre si siede a tavola e si versa del caffè, Noelle scuote la testa ed invita la sorellina a sedersi.
" Non sarà mica per quelle galline che ti prendono in giro?"
Lizzie ridacchia, guardando la sorella maggiore addentare un panino al burro. Poi la bimba abbassa lo sguardo, intimorita.
" Può essere... Ma la maestra non dice mai nulla, Noelle!! E poi, dice che sono io che le istigo... Non è così!"
" Lo so che non sei tu. Tu sei un tesoro... Mamma che dice?"
" A mamma non importa, ho provato a parlarle stamattina ma niente... Uffa. Oggi piove pure. Non ho voglia!"
Masticando il suo panino, Noelle prende a riflettere. Sua sorella quest'oggi fa la capricciosa, e portarla a scuola sarà di certo un'impresa. D'altronde, non può biasimarla. Nemmeno a lei farebbe piacere andare in un posto dove si trova male.
" Facciamo così, Lizzie. Oggi vieni con me."
Il viso della bambina si illumina, gli occhi verdi sgranati.
" Davvero??!"
" Sì, davvero. Ma devi promettermi che ti metterai in un angolo e farai i compiti. Avrai dei compiti arretrati, no?"
La biondina annuisce, gli occhietti vispi che scrutano quelli della maggiore. Noelle poi sorride, compiaciuta, finendo la sua colazione e riponendo le stoviglie nella lavatrice.
" Ottimo. Prendi la giacca e la sciarpa, fuori fa molto freddo."
—
Alle otto in punto una Smart grigia parcheggia davanti ad un famoso cafè di Londra, il New London Cafe. Dalla vettura escono poi una biondina e una rossa tutto pepe, l'una che chiude l'auto e l'altra che si stringe nel suo zainetto. Noelle e Lizzie non potrebbero essere più diverse.
Quando Noelle apre la porta del locale non c'è ancora nessuno, ed invita con una mano la sorellina ad entrare. Quest'ultima si fa spazio nervosa, mentre la sorella la segue chiudendosi la porta alle spalle. I tavoli sono ancora vuoti, le luci spente; Noelle si appresta ad accenderle e a sollevare le tende dalle varie finestre. Lizzie, nel frattempo, si dirige ad un tavolino proprio davanti al bancone, e si accomoda sotto lo sguardo vigile della sorella.
" Hai fame? Vuoi un dolcetto?"
Le chiede poi, raggiungendo la cassa e controllando che non manchi nulla. La piccola non risponde, e la vede tirare fuori un quaderno. È l'ora dei compiti, e Noelle non osa interferire. Così, togliendo la giacca e appendendola sul retro, può finalmente dare inizio alla sua mattinata.
Alle dieci e un quarto del mattino il locale non potrebbe essere più pieno. I tavoli si sono popolati pian piano, ed a questo punto della giornata Noelle ha già servito ben una trentina di clienti. C'è chi è passato per un caffè al volo, chi ha ordinato una vera e propria colazione e c'è chi, come sua sorella, si è fermato ad un tavolo per un cappuccino ed una buona dose di studio.
Il suo capo, il signor Smith, non è ancora arrivato, ma a lei poco importa; tanto tutto ciò che fa quell'uomo è lamentarsi, e se solo vedesse che si è portata dietro la sorella chissà come reagirebbe. Per il momento, quindi, tutto va bene così.
Tutto va bene così, fino a quando la porta del locale si apre... Sulla soglia appare un uomo alto e muscoloso, in divisa. Guardando meglio si tratta di un poliziotto in carne ed ossa. Forse, pensa Noelle, è uno dei poliziotti più attraenti io che abbia mai visto.
Dopo una prima sorpresa, però, la ragazza sente subito che qualcosa non va, e si accinge a guardarsi intorno, giusto per controllare che tutto sia in ordine. Non vede nessun malintenzionato e lei sta soltanto lavorando...
Allora perché si sente così preoccupata?
" Buongiorno."
Esordisce l'uomo, guardandola dritta negli occhi. Quello sguardo così fiero la intimorisce, costringendola ad abbassare bruscamente il viso e a rivolgersi ad un suo collega. " Servilo tu" bisbiglia fugace, spostandosi dalla cassa al bancone. Si affaccia poi per controllare Lizzie, fingendo di essere così interessata ai disegni che la bambina sta colorando.
Ma il poliziotto di certo non la perde di vista, anzi; ordina il suo caffè, ma non smette di guardarla. Noelle percepisce di essere osservata e continua a stare dalla sorella, fino a quando non vede con i suoi stessi occhi l'uomo pagare. Tira un sospiro di sollievo e si accinge a tornare alla cassa. Ora se ne andrà, pensa, avrà da fare.
Con suo grande orrore, però, l'uomo si dirige ad un tavolo che ospita già una commensale...
" Ciao, piccolina. Ma che bei disegni!"
" Grazie... Wow! Quello è un distintivo?!"
Mentre lo vede accomodarsi vicino alla sorella, Noelle vorrebbe sotterrarsi. No, no, no! Cazzo, no. Tra tutti i tavoli lui sceglie quello, guarda caso! È praticamente a due passi da loro, e la rossa muore dalla voglia di fare un bel discorsetto. Oltre che di avvicinarsi...
Così, spinta da non sa quale coraggio, si affaccia di nuovo dal bancone.
" Lizzie, tesoro... Non devi parlare con gli sconosciuti. Spostati da lì, avanti."
" Tua madre ha ragione, piccola. Ma sono stato io a darti fastidio. Mi sposto subito."
" Noooo!! Uffa, ma tu non sembri cattivo!! E poi, Noelle, fallo restare... Lui ha il distintivo, proprio come papà!"
A quelle parole Noelle si irrigidisce, contraendo i pugni ed arrabbiandosi. Cerca di calmarsi, di respirare normalmente, ma tutto ciò che le viene fuori è un flebile sbuffo. La sua terapista dice che in questi casi deve chiudere gli occhi e resettare, ma lei in questo momento non può resettare. Non con un uomo che la fissa da un quarto d'ora ed una sorellina fin troppo curiosa.
" Noelle...?"
" Va bene, va bene. Fallo rimanere."
Borbotta, mentre l'uomo le sembra più rilassato. Ma non per molto.
" E comunque, agente, siamo sorelle."
Lo rimarca lei, nervosa, facendo per allontanarsi. La sua risposta però la fa fermare, sentendosi irrimediabilmente in colpa. Non tutti i poliziotti sono come tuo padre, Noelle. Perché ce l'hai tanto con loro?
" Io... Mi perdoni, Signorina. Non avevo intenzione di impicciarmi, è solo che mi piacciono molto i bambini e volevo un po' di compagnia. Poi stava disegnando, ed io adoro l'arte. Mi scuso profondamente se tutto questo le ha arrecato disagio in alcun modo."
Quell'uomo sembra così educato, profondo, e lei gli sta voltando le spalle da vera scortese. Sua sorella, poi, è tranquilla. Così si volta verso di lui, sporgendosi di nuovo dal bancone.
" No, mi perdoni Lei. Insomma, con una bambina così estroversa ho sempre paura che qualcuno possa prendersi gioco di lei... E poi, ci sono i maniaci. Ma questo lo sa meglio di me."
Lui annuisce, portandosi la tazzina del caffè alle labbra e bevendo un sorso. Un uomo così serioso, così attraente... Noelle sembra non riuscire a staccargli gli occhi di dosso.
" Già, ed io sono tra i primi che non vede l'ora di sbattere quei maniaci alle sbarre. Ma tutto a tempo debito... Lei è nuova, qui? Non l'ho mai vista prima d'ora."
" Oh, ehm... Sì. Cioè, no... Voglio dire... Lavoro qui da tre anni. Praticamente da quando sono uscita dal college."
Perfino parlare le fa fatica adesso, ed ora vorrebbe tanto essere nei panni di Lizzie, che si diletta a colorare un pesce nel suo album dei disegni. Beata ignoranza. Il poliziotto continua a bere, poi posa la tazzina. Si volta verso di lei, che di nuovo si sente mancare.
" Mh. Allora sono io quello nuovo... Sa, mi sono trasferito da Chicago. Lavoravo lì prima, ed il caffè alle dieci e trenta del mattino non me lo toglieva nessuno! Ho reso chiara la cosa anche ai miei colleghi inglesi..."
Dice, con tono da spavaldo, e a Noelle sembra quasi che voglia mettersi in mostra. Un po' la imbarazza, e si sente ancora più in difficoltà quando lui all'improvviso vuole saperne di più.
" Comunque mi ha detto che lei è qui dalla fine del college... Cos'ha studiato?"
" Io... ehm... Arte. Belle arti. Ho frequentato un'Accademia..."
" Oh, cavolo! Che roba! E perché ora non è un'artista? O un critico d'arte, magari?"
Perché mio padre era uno stronzo che abusava di potere, che ha ucciso un uomo che doveva solo arrestare e che ha perso tutti soldi della famiglia per evadere in Nevada.
" Cambio di programmi. È così la vita."
Si limita a rispondere, scrollando le spalle e volendo scappare da quella conversazione il più in fretta possibile. Il poliziotto lo capisce ed annuisce, finendo il suo caffè. Alla radio qualcuno lo chiama, e subito Lizzie si mette ben dritta, abbandonando il disegno. Noelle le fa cenno di continuare, ma la bimba vuole sentire cosa accade.
L' uomo risponde immediatamente, avvicinando il walkie-talkie a se'.
" Qui parla Agente Louis Sanders... Chi ho in linea?"
" Sanders, qui Tenente Conrad. Devi venire subito in stazione, c'è un'emergenza."
" Arrivo subito."
Così come è arrivato Sanders scompare, alzandosi in fretta dalla tavola e rivolgendo un ultimo sguardo alle due sorelle.
" È stato bello chiacchierare con voi. Spero proprio di ritrovarvi qui, un giorno. Ci si vede!"
Lizzie lo segue con lo sguardo tutta esaltata, mentre a Noelle viene stranamente da vomitare. Pensare che suo padre era proprio come lui, che lavorava al servizio dei cittadini e che poi ne ha ucciso uno...
" Che bravo! Vero?"
Afferma sua sorella, udendo le sirene della volante dalla strada. Noelle non risponde, scrollando le spalle e tornando alla cassa.
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