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37. NON DIRLO A NESSUNO

La giornata non avrebbe potuto trascorrere più lentamente. A metà pomeriggio ero arrivato al punto di credere che si fosse aperta una dilatazione spazio temporale e che la sera non sarebbe mai arrivata. Stavo letteralmente morendo per sapere cosa stava succedendo con Levi. Volevo scoprire tutto e aiutarlo. Avere finalmente la possibilità di stargli vicino e dargli una mano. Volevo smetterla di stare a gambe incrociate sul letto, distruggendo la pelle morbida intorno alle unghie delle mani mentre perforavo con gli occhi la sveglia sul comodino. Quelle dannate lineette rosse che scandivano le ore erano diventate il mio incubo peggiore e la mia strada verso la libertà. Ignorai tutti più dei giorni precedenti. Non che Connie o Peter provassero a intavolare chissà quali conversazioni. Da quando ero stato buttato nella loro stanza avevano visto un ragazzo rannicchiato sul proprio letto che passava le giornate a piangere o a guardare il muro con occhi vacui. Armin aveva richiesto una gestione diversa invece. Il biondo era venuto a chiamarmi più volte dopo pranzo, ma andare con lui significava incrociare Levi nella sala comune e niente mi dava la garanzia che non gli sarei saltato al collo, pregandolo di dirmi tutto subito anziché farmi aspettare ben cinque ore dopo il tramonto. Non seppi descrivere la scarica di adrenalina che sfrecciò nelle vene quando finalmente la sveglia scoccò la mezzanotte e mezza. Strisciai giù dal letto, trattenendo il respiro e attivando tutti i muscoli delle gambe indolenzite. Dovevo fare piano o avrei svegliato i miei compagni, ritrovandomi in una situazione impossibile. Una volta che ebbi aperto silenziosamente la porta, controllai in maniera ossessiva che non ci fosse più nessun membro dello Staff a tampinare il corridoio. Nel buio deserto corsi a passi felpati nei bagni del nostro dormitorio. Nell'oscurità vidi senza sforzo il corvino. Levi se ne stava appoggiato alla parete più lontana del locale con le braccia conserte al petto. Le ciocche a proteggergli il viso. Riuscii quasi a resistere all'impulso di correre da lui e baciarlo, facendogli sentire quanto mi fosse mancato.

Quasi.

Corsi da lui e gli cinsi il viso per sollevarlo. Non mi diedi neanche il tempo di guardarlo negli occhi prima di coinvolgerlo in un bacio aggressivo. Spinsi la lingua contro ai suoi denti per separarli e infilarmi nella sua cavità orale. Le sue labbra si mossero automaticamente sulle mie, stando ai giochi dei nostri muscoli umidi che si ritrovavano dopo giorni di agonia, ma il resto del corpo era più rigido di una lastra di marmo. Sapevo che avrei dovuto aspettarmi una reazione del genere per cui esplorai rapido la sua bocca, catturando quanto possibile del suo dolce sapore e poi mi staccai. Levi si lasciò sfuggire un sospiro sussurrato e gli occhi erano intrisi di emozioni vivide ed intense. Persino nel buio della notte potevo vedere le iridi plumbee animate dai suoi sentimenti forti e inarrestabili. Il colore era lo stesso delle nuvole che si accumulavano nel cielo proprio prima di una tempesta tuonante, ma le pupille erano larghe e languide.

"Per favore, non farlo." mi chiese con calma, prendendo la mia mano tra le sue e guardandola attentamente. Disseminò il dorso di massaggi circolari, regalandomi una stretta ferrea alla base dello stomaco.

"Perché no?" lo guardai scettico e sofferente per quel contatto che mi chiedeva di non inseguire con la stessa intensità con cui stringeva la mia mano come se fosse la cosa più preziosa e delicata del mondo.

"Perché non voglio sentire la tua mancanza più di quanto non la senta già." sospirò sconfitto. Non mi aspettavo per niente una risposta del genere. Ero pronto ad essere insultato o a sentirmi dire che non mi era dato saperlo, ma non ero preparato al suo tono disperato che con rassegnazione mi cedeva quell'ammissione sofferente. "Non hai la minima idea di quanto vorrei restare qui a dormire insieme a te sul pavimento, ma tutti quei germi... Bleah." scherzò troppo seriamente, tirando su col naso quello che avrebbe potuto essere il principio di un pianto. Gli occhi ancora fissi sulle nostre dita intrecciate.

"Ma perché non puoi più stare con me?" andai dritto al punto, infischiandomene della voce rinvigorita e distorta da quella che aveva tutta l'aria di una supplica disperata. Non ce la facevo più a vederlo così. A vederci così.

"Sshh Eren! Stai parlando a voce troppo alta. Per favore... Ti ho detto che ti avrei raccontato quanto possibile e lo farò, ma non farmi domande. Voglio poter dire che è stata tutta una mia iniziativa e tu non mi hai chiesto nulla." Lasciò la mia mano per cingermi il viso con le dita fredde e portarlo di fronte al suo. Non ricordavo neanche più com'era la reale linea delle sue sopracciglia sottili ormai perennemente piegate in quel cipiglio di apprensione. Diede qualche occhiata furtiva e attenta alle mie spalle. Io di rimando affinai l'udito, ma non mi sembrò di sentire passi o altri segni di una qualsiasi presenza. Avevo anche controllato prima di attraversare il corridoio. Chiunque avrebbe potuto scambiarci per due psicopatici paranoici e forse lo eravamo. Forse Levi era matto e mi aveva trascinato con sé, ma se era la follia il prezzo da pagare per stare con lui ero pronto a diventare il re dei pazzi. Il suo petto si sollevò in un respiro di sollievo quando decise che nessuno ci stava seguendo. Le pupille impazzite si fermarono sulle mie, dando un arresto immediato ai battiti del cuore. "Senti, non starò a dirti i dettagli perché non c'è bisogno che tu li sappia, ma è successa una cosa quando eravamo in fase di cura." prese un altro respiro, più sofferto stavolta, e si morse il labbro, indeciso se andare avanti. Feci un debole cenno del capo per incoraggiarlo. Il viso ridotto all'espressione più implorante che riuscissi a fare. "Non è che io non sia mai stato costretto a fare sesso contro al mio volere, ma questa è la prima volta che minacciano la persona che amo." disse tutto d'un fiato, in un bisbiglio veloce ma sufficientemente chiaro. I suoi occhi non si staccarono da me un attimo, impegnati ad analizzare le palpebre instabili che volevano far schizzare i miei fuori dalle orbite. Sentii le sue parole radicarsi nello stomaco come artigli uncinati mentre la mia mente catturava con vergogna le lettere che mi servivano per formare quel concetto disturbante. Qualcuno l'aveva stuprato. Non potevo crederci. Per un attimo non seppi neanche più dov'ero. Non riconoscevo quegli occhi affranti che aspettavano una mia risposta. Non fui in grado di combattere la mia paralisi per quella che sembrò un'eternità di dannazione in cui quel ritornello inquietante continuava a cantare nella mia testa.

"Chi è stato? Dobbiamo dirlo a Trevor." la mia voce uscì dura e fredda quando gli rifilai quell'ordine perentorio. Volevo sapere tutto e non erano ammesse repliche. Mi accorsi che la verità era la sola cosa che importasse davvero.

"No! Nessuno dice niente a nessuno. Non c'è bisogno che Trevor lo sappia." Levi asserì prontamente. Il tono piatto però non combaciava con gli occhi sgranati che tremavano di fronte ai miei, preda di una paura che poche volte avevo visto animare quegli specchi metallici.

"Perché no?! Trevor è l'unico che può fare qualcosa a riguardo!" insistetti. La rabbia iniziava a piegarmi le dita in pugni serrati. Non capivo perché Levi se ne stesse a subire così tutto quello schifo, arrabbiandosi con me come se fossi stato io quello sbagliato che cerava stupidamente una soluzione.

"Eren, ti ho detto che non devi dirlo a nessuno, quindi tu non lo dici a nessuno. Fine della storia." Levi sbuffò, spazientito. Iniziava ad irritarsi e la pressione delle sue mani sulle mie guance aumentò. Le palpebre si abbassarono ricreando la linea sottile e crudele del suo sguardo letale. Mi perforò fin nell'anima, facendomi capire che non sarei andato lontano se avessi fatto il suo gioco. Inalai una quantità spropositata d'aria, cercando di fermare i miei istinti. Quando gli risposi, bisbiglia il più tranquillamente possibile.

"Ma perché? Guarda che Trevor può aiutarci. Anche se non ci fa stare insieme si occuperà comunque di sistemare la persona che ti ha... fatto questo." tentennai sul finale, rompendo qualcosa nell'espressione dura del corvino che, affranto, continuava a scuotere la testa in diniego. Pareva persino stanco del mio vago ottimismo ed io mi sentivo così sporco anche solo a pensare di pronunciare quella parola che cercai di non pensare a come poteva sentirsi lui. Eppure avevo la certezza matematica di stare per crollare. Non potevo lasciare che se rimanesse zitto, ferendo se stesso perché qualcuno aveva deliberatamente violato il suo corpo. Scossi le sue spalle, impedendomi di picchiarlo anche se volevo. Volevo spaccargli la faccia fino a fargli cambiare idea e urlargli di smetterla con le sue stupide decisioni. Volevo costringerlo a reagire come ero sicuro che sapesse fare. Volevo distruggere qualsiasi cosa e uccidere quel figlio di puttana che si era permesso di toccarlo. "Levi, basta dirmi di no! Dobbiamo agire. Perché non vuoi neanche provare a dirlo a Trevor?"

"Perché è Trevor che mi ha stuprato!" Levi urlò, portato al limite della pazienza dalla mia insistenza. Spalancò gli occhi prima di coprirsi la bocca con una mano. "Cazzo. Questo non avrei dovuto dirlo." bisbigliò impaurito. Il sangue mi si ghiacciò nelle vene. Mi appoggiai con la mano alla parete che sosteneva Levi, sicuro che le gambe stessero per cedere. O forse era la testa che avendo preso a girare mi avrebbe fatto svenire. Mi veniva decisamente da vomitare e avevo l'impressione che tutta l'aria nella stanza fosse scomparsa. Non poteva essere.

"Dobbiamo dirlo alle autorità. Dobbiamo dirlo a qualcuno." mi strangolai con le mie stesse parole, sconvolto da un colpo di tosse a causa della gola secca e dei respiri mozzati. Feci fatica a sentire le dita di Levi sotto al mio mento mentre recuperava il nostro contatto visivo. Tutta l' agitazione sul suo volto era praticamente scomparsa. Dio, era così bello che mi veniva da piangere.

"No, non lo diremo a nessuno. Non se ne parla." sentenziò duramente.

"Ma... Levi, dobbiamo farlo arrestare. Non possiamo a lasciarlo a piede libero. Chissà quante altre volte lo farà. Chissà quante persone... Lui..." protestai con le poche forze che mi erano rimaste. Levi sospirò, frustrato.

"Senti, Eren, il male e le ingiustizie restano impuniti tutti i giorni. Ho avuto troppe prove per avere anche solo un minimo desiderio di farla pagare a Trevor." Levi mi spiegò delicatamente come se stesse parlando ad un bambino che doveva ancora imparare tutto. E forse era vero. Forse non sapevo niente del mondo, ma sapevo che era giusto combattere o almeno tentare.

"Allora lo farò io. Se tu non vuoi, sarò io a fargliela pagare."

Levi riprese la sua posizione tra i miei capelli. Sembrava così spaventato dalla furia disperata che mi accecava. "Eren, se mi ami e vuoi che io mi fidi di te non dirai a nessuno, per nessun motivo, quello che ti ho appena rivelato." Non capivo. Non capivo e basta. Non capivo il suo sguardo spaventato e la sua supplica disperata. Non capivo più niente.

"Ma-" provai a ribattere, ma Levi mi fermò sul colpo. La voce graffiata dalla frustrazione con cui mi stava praticamente urlando addosso, nonostante il tono fosse ridotto ad un bisbiglio per non farci sentire.

"Ma non ci arrivi, cazzo? Ti ha minacciato! Non potrei più vivere se ti accadesse qualcosa. Come ti ho già detto ho già avuto a che fare con queste cose, ma prima non avevo nessuno. Ero io l'unico a rimetterci, ma adesso non è più così. Adesso ci sei tu e io devo tenerti al sicuro." Levi si fermò a pochi respiri dal mio viso ansante. Anche il suo petto era sconvolto per lo sforzo con cui aveva masticato quelle parole. Anche lui era arrabbiato, ma per motivi diversi dai miei.

"Levi." biascicai, affondando in tutto quello che mi aveva detto. Non una, ma più volte, chissà quante, aveva subito quelle cose che io non riuscivo neanche a dire ad alta voce. Il peso di quello che doveva aver sopportato era così grande che stentavo a credere che Levi fosse sopravvissuto. Lo avvolsi tra le braccia. Levi sobbalzò, ma si arrese presto al mio abbraccio, sprofondandovi. "Mi dispiace così tanto. Ti amo da morire."

Sentii il suo viso spostarsi sul mio petto per lasciare la bocca libera di parlare. La sua guancia premuta contro al cuore che pompava per fracassare la cassa toracica distorse le parole mormorate del corvino. "Tanto ci sono abituato." Fece spallucce nella nostra stretta, ma era chiaro che fosse sul punto di piangere. La voce debole e le dita attorcigliate alla maglia sulla mia schiena ne erano una prova schiacciante. Io, al contrario di lui, non avevo neanche più la forza di trattenermi. Le lacrime grondavano dai miei occhi a fiotti, bagnandomi le labbra e scorrendo giù fino al mento.

"Perché? Trevor l'ha fatto più di una volta?" singhiozzai, premendo poi le labbra sui capelli scuri di Levi per calmarmi. Non volevo che mi vedesse così. Non mi sentivo neanche in diritto di provare tanto dolore quando era lui che avrebbe dovuto crollare a terra per tutto quello che stava passando.

"No, non ancora. Ma a casa Kenny entrava spesso in camera quando era ubriaco. A volte mi picchiava e basta, ma altre volte era talmente fatto da spingersi oltre. E' una cosa a cui ci si abitua dopo un po'. Voglio dire, io credo di saperti spiegare cosa è consensuale e cosa no, ma avevo visto che tentare di oppormi non mi serviva granché, così dopo un po' ho smesso." Levi soffocò un sospiro contro al mio petto, allentando la presa delle mani.

"E' una cosa terribile." lo strinsi più forte, ma Levi alzò le spalle.

"E' quello che è. Adesso mi interessa solo tenerti al sicuro da questo schifo. Non devo permettere che capiti anche a te. Dovranno passare sul mio cadavere." MI avvolse con le braccia di rimando, rafforzando la sua dichiarazione di guerra. Fu impossibile non sentirmi al sicuro, avvolto nel calore del suo corpo fermo contro al mio, ancora agitato da tremori del pianto.

"Adesso ti prego, promettimi che questa conversazione non uscirà mai da qui." Il bisogno viscerale che aveva di essere rassicurato mi colpì violento nello stomaco. Con la mia insistenza e le mie proteste non avevo fatto altro che acuire la sua ansia. Levi aveva la necessità di proteggermi e sapermi al sicuro. Solo ora capivo che era quello il male peggiore che potessero fargli. Quello stronzo di Trevor l'aveva vista giusta.

"Me la porterò nella tomba, Levi. Te lo prometto." parlai sicuro.

"Dio, ti amo così tanto." bisbigliò il corvino.

"Ti amo tanto anche io." gli passai le dita tra i capelli in un gesto rassicurante. Restai ad accarezzarlo così mentre Levi mormorava una melodia dolce che sembrava tanto una ninna nanna. Passò un bel po' di tempo prima che parlassimo ancora.

"Levi, è da un bel po' che non mi chiami Jaeger." notai.

"Già. Mi fa strano chiamarti così quando non siamo insieme. Mi fa sentire così tanto distante da te. Ho ancora bisogno di sentirti vicino, Eren." disegnò righe invisibili sulla mia schiena. Le parole impregnate di una triste dolcezza mi spinsero ad allontanarci di poco per guardarlo negli occhi. Quelle meravigliose pietre cangianti mi osservarono, lucide e intenerite dal mio sorriso carico di comprensione.

"Beh potresti comunque parlarmi un po' durante il giorno o anche in generale. In generale sarebbe meglio. Forse così non mi sentiresti tanto distante."

Levi esalò un respiro rassegnato. "Eren, non ti posso parlare di giorno. Lui è lì. I membri dello Staff gli spifferano tutto. Con la scusa che siamo stati beccati nessuno si stranisce se lui indaga sui nostri comportamenti. Riportano ogni nostra mossa, anche quando andiamo a pisciare. O almeno lo fanno con me. Ma staremo qui e parlerò con te tutta la notte se vuoi."

Analizzai bene le sue parole. Levi aveva proprio pensato a tutto. Non potevo poi sorprendermi più di tanto per l'accortezza del corvino eppure era così. Annuii, comprendendo appieno tutte le sue scelte anche se non potevo essere d'accordo. Avrei agito diversamente al suo posto, ma lo amavo così tanto. Mi sentivo così leggero che sarei potuto volare via con una folata di vento. Levi era ancora mio ed io ero ancora suo. Levi non stava andando da nessuna parte, voleva solo proteggermi. Non riuscivo neanche a spiegare cosa provassi per lui. Non c'erano parole, mi resi conto, che potessero esprimerlo quindi mi limitai a lasciargli un bacio morbido sulla fronte, pensando a quanta fortuna sfacciata avessi per avere accanto una persona così speciale.


NOTA: Oggi è una giornata orribile, di quelle che non si facevano vedere da un po'. Non sono neanche andata a lavoro. Così ho pensato di scrivere un po'. E' davvero l'unica cosa che mi va di fare e finalmente abbiamo scoperto cos'è successo. Vedremo come gestiranno la cosa nei capitoli successivi se sopravvivo. Spero che il vostro umore sia migliore del mio <3

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