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3. MA COSA DIAVOLO...?

"Okay ragazzi: le stanze 1,2 e 3 puliranno l'area comune e la cucina. Le stanze 4 e 6 hanno vinto i bagni. La stanza 5 si occupa dei corridoi e della spazzatura. Inoltre ogni stanza ovviamente è responsabile della pulizia della propria camera."

Annuii distrattamente alle indicazioni di Sunni, strofinando la mano sul retro del collo. Un gesto automatico che mi coglieva nei momenti di profondo disagio. Levi si alzò e afferrò un sacco della spazzatura, trascinandomi con lui. Il suo entusiasmo non era calato un attimo da quando ci avevano radunati nel corridoio per metterci ai lavori forzati. In tutto
ciò, ero anche contento che fosse lui a guidarci perché mi sentivo più inerme di una medusa al sole.

"Com'è che la stanza 5 si prende i compiti più facili?" Sean si lamentò, scoccando un'occhiata a me e a Levi. "Non dovrebbero essere puniti per quello che hanno combinato questa mattina? Avete tutti intenzione di fingere che non sia successo nulla? Voglio dire, si sono ficcati la lingua in bocca!" Levi scattò alla
smorfia disgustata che Morello ci rifilò senza indugio. Afferrai il suo polso e lo tirai indietro quando era già con un piede a mezz'aria, pronto a scaraventarsi su quell'idiota di Sean. Con la mia presa imprevista, i nostri corpi si scontrarono per un nano secondo ed io mi scostai istintivamente, accartocciando le dita in un pugno. Levi si scansò subito a sua volta, maledicendomi silenziosamente per averlo
fermato. Quando però la catena che legava i nostri polsi tintinnò, sembrò rinsavire e ricordarsi del nostro legame d'acciaio. Si calmò, rilassando le spalle tese e distogliendo lo sguardo da Sean, in cerca di quell'autocontrollo che era fin troppo bravo a maneggiare. Io invece mi sentii di nuovo come se stessi per perdere i sensi. Lasciai andare un sospiro che non mi ero neanche accorto essere bloccato nei polmoni. La testa era un girotondo senza sosta e la vicinanza di Levi era tutto tranne che d'aiuto. Ero ridotto ad un rottame ed era solo colpa sua.

"Ci sono solo due persone nella 5, Sean e gli è proibito interagire con gli altri studenti quindi sarebbe abbastanza stupido metterli in gruppo, non trovi?" Sunni replicò sprezzante.

"Ah, come ti pare!" Sean si passò nervosamente una mano tra i capelli appiccicosi e ossigenati e lasciò la stanza, schizzando veloce e irritato verso la cucina.

Levi svuotò rapidamente tutti i bidoni e rimpiazzò quelli sporchi con sacchi nuovi prima di dedicarsi ai corridoi. Non mancò di ripulire neanche una superficie. Non c'era una finestra che non avesse ricevuto un trattamento con il detergente. Fece tutto con una destrezza e una meticolosità tali per cui io non riuscii a combinare nulla, a parte starmene a guardarlo e tenere in mano i vari prodotti. In un battito di ciglia i corridoio erano lustri. Per
tutto il tempo non feci che osservarlo. Registrai i movimenti scaltri e smaniosi. I vari ghigni soddisfatti quando una superficie scintillava alla luce del sole opaco. Notai persino le ciocche corvine che gli oscillavano di fronte al viso quando passava energicamente il panno sui punti dove lo sporco era più incrostato. Neanche una volta provò a incrociare il mio sguardo. Afferrava i recipienti che tenevo con tanta cura senza voltarsi verso di me e ne ero grato, perché non avevo idea di come avrei reagito la prossima volta che ci saremmo guardati. Finito con le aree comuni ormai rilucenti, ci spostammo nell'ultima zona rimasta:la nostra camera. Anche qui la scena si ripeté. In meno di due minuti la stanza era totalmente linda, più di quanto lo fosse mai stata camera mia, nonostante gli sforzi di mia madre. Nella mia testa ero ancora in balia del subbuglio scatenato da quanto era successo a colazione e ora non c'era più nulla a distrarre Levi dall'unica altra presenza intorno a lui.

"Adoro pulire." Levi sospirò soddisfatto dopo che lo Staff controllò il lavoro svolto e si riprese tutti i prodotti che avevamo utilizzato, congratulandosi. Io mi limitai ad annuire, scappando con gli occhi su un angolo insignificante del pavimento.

"Amico, non hai spiccicato parola per tutta la mattina. Il pranzo è tra poco. Di solito a questo punto te ne stai sempre a blaterare su quanta fame hai e altre stronzate. Tutto a posto?" chiese Levi con la sua solita aria atona e sprezzante. Tuttavia le sue parole mi affondarono dentro più pesanti di tutti gli insulti che era solito tirarmi.

"Come fai anche solo a pensare di chiedermelo?" mi inchiodai nei suoi occhi indifferenti. Emozioni contrastanti stavano prendendo il sopravvento. Non riuscivo proprio a mandare giù l'odio che provavo nei suoi confronti. Lo vidi ricambiare il mio sguardo carico con una tipica alzata di spalle. Per il resto non si smosse di un millimetro quando mi rispose con la solita strafottenza.

"Hey, se avessi saputo che ti avrebbe mandato ai matti, non avrei..." si fermò, valutando bene tra sé e sé ciò che stava per dire. "Nah, l'avrei fatto comunque. Valeva la pena tentare." ammiccò, con tutta l'intenzione di provocarmi.

"Io non sto dando di matto!" protestai a voce più alta del dovuto, ma non aggiunsi altro. Sapevo che se avessi detto di più sarei crollato.

"Sul serio? Perchè sembra proprio così" Levi azzardò, assottigliando gli occhi in due fessure indagatrici e maliziose. Sentii il cuore pompare forte nel petto quando mi sforzai di non cedere a quella sfida silente.

"Sì, sul serio."

"Allora perché non hai proferito parola da quando ti ho baciato? Perché sembri sempre sul punto di svenire? Huh? Hai qualche risposta valida, razza di idiota?" Levi mi provocava con il suo sguardo sprezzante e una smorfia malefica in viso, sufficienti a brucare tutti i circuiti ancora attivi nel mio cervello. Lo vidi avvicinarsi a me, deciso a penetrarmi con le sue insinuazioni. Sbavava quasi dalla voglia
di mettermi sotto e ridicolizzarmi. Potevo leggere il suo bisogno di sentirmi cedere sull'espressione trepidante, impaziente. Non mi era rimasto più un briciolo di raziocinio. Era come se l'interruttore della ragione fosse saltato. Ero solo un cumulo di emozioni. Pure, semplici, primordiali emozioni. Gli diedi uno schiaffo sulla guancia e, prima che potesse ribattere, misi la mia bocca sulla sua. Levi mi spinse via con una mossa veloce e decisa. I suoi palmi avevano già lasciato il mio petto quando mi parlò, catalizzando la mia attenzione.
"Che cosa diavolo...?" Levi lasciò la frase a metà, finendola con lo sguardo eloquente fisso nel mio. Mi interrogava guardandomi e nel contempo occultava come poteva lo sgomento creato da quell'assurdo trambusto.
Sbattei le palpebre, confuso e sbigottito dai miei stessi gesti. Non potevo far altro che guardarlo di rimando, senza trovare un senso a quanto avevo fatto. La sua espressione si ammorbidì. Abbandonò lo sconcerto in favore di un abbozzo di sorriso divertito.
"Ti è piaciuto, non è così?" mormorò maligno. Si portò lentamente la mano alla guancia rossa e la tastò con attenzione, quasi fiero di quel segno evidente delle mie emozioni. Io rimasi lì, impietrito e assolutamente mortificato. Non potevo credere a quello che avevo combinato.

"Scusami." bofonchiai, sull'orlo delle lacrime. La mia faccia doveva essere viola per i seicento gradi che sentivo scorrermi in viso. Non potevo neanche pensare di guardalo negli occhi, quindi mi ritrovai fisso sui suoi piedi. Immerso in quella raccapricciante sensazione di vergogna, persi il senso del tempo e dello spazio. Non ricordo bene cosa successe in mezzo. So solo che in qualche modo le sue labbra trovarono ancora le mie. Le sue mani serrate sulla mia mascella. Una miriade di campanelli d'allarme suonarono nella mia testa, ma decisi fin troppo facilmente di ignorarli tutti. Baciandomi con un'indescrivibile, furente passione, Levi mi morse il labbro inferiore. Se lo prese tra i denti e con un dito agganciò uno dei passanti dei miei pantaloni. Affondò le dita nello spazio libero tra le mie anche e mi spinse al muro. Ansimai e Levi ne approfittò per insinuarsi nella mia bocca, liberandomi le labbra dalla sua stretta. La sua lingua mi esplorò, cercando e memorizzando tutti i punti sensibili che mi impedivano di ricacciare in gola i sospiri sussurrati che mi sfuggivano dalle labbra. Mi era assolutamente impossibile trattenermi, mentre il suo muscolo umido scivolava caldo e bramoso sulle pareti della mia bocca. Quando si fece indietro colsi il suo respiro, pesante e agitato quanto il mio. Mi fissò con gli occhi di puro metallo traslucido che celavano una scintilla di agitazione. Era così lontano dall'essere il Levi imperturbabile e annoiato con cui avevo a che fare tutti i giorni. "Che diavolo ci prende?" chiese, lasciando andare un sospiro preoccupato. La sua umanità mi colpì in pieno, mischiandosi al disordine che incasinava entrambi.

"Non ne ho la minima idea. Cosa... Cosa dovremmo fare?" chiesi a mia volta, spaventato e incredibilmente bisognoso di condividere le mie paure con lui. Levi scosse la testa dopo avermi osservato a lungo, come se cercasse la risposta nei miei occhi. Tremai quando le sue pupille cangianti si spostarono sulle mie labbra dischiuse.

"Non lo so. Cazzo, non lo so proprio, ma un altro po' di questa roba non può guastare."
Levi mi buttò senza remore sul letto. Mi misi a sedere, frastornato e aspettai che lui facesse qualcosa. Qualunque cosa. Baciarmi o uccidermi, non ne ero sicuro. Sapevo solo che in ogni caso non sarei riuscito a ribellarmi. Non volevo. Mi prese il viso tra le mani e portò i miei occhi nei suoi, intensi come non gli avevo mai visti. Le nostre bocche si incontrarono ancora e potei giurare che una scossa elettrica ci passò attraverso. Mi concentrai brevemente sulla pioggia che cadeva sempre più forte fuori dalla finestra mentre Levi si sistemava a cavalcioni sulle mie cosce, senza interrompere il nostro bacio. Il suo peso su di me sembrava così giusto che quasi faceva male. La sua lingua passò delicatamente sulle mie labbra ed io le schiusi per farlo entrare. Gli afferrai le anche, tirandolo bisognoso verso di me e lui rispose scendendo con la mano ammanettata e premendo deciso sulla mia coscia. Lasciai un sospiro nella sua bocca.

"Sei arrapante da far schifo, Jaeger." Levi sibilò. Il suo fiato caldo contro al mio orecchio. Mi baciò ancora, impedendomi di vedere la sua espressione e muovendo le anche contro alle mie. Ansimai di nuovo, incoraggiandolo ad agganciare le gambe attorno alla mia vita, annullando definitivamente lo spazio tra i nostri ventri. La perfetta aderenza dei nostri corpi mi gettò sull'orlo della sanità mentale insieme a Levi che continuava ad agitarsi sapientemente contro di me, in cerca di più frizione. Sembrava non ne avesse a sufficienza di quel contatto nuovo ed io arrivai al punto zero nel sentire la sua bocca mordere e stuzzicare avidamente la pelle sensibile del mio collo.

"Levi," presi un respiro. "Non farlo." implorai.

"Non scaldarti tanto. Abbiamo il pranzo tra poco." Levi annotò con quel briciolo di autocontrollo che gli era rimasto. Le sue labbra umide mi sfiorarono la pelle sollecitata.

"Allora smetti di mordermi." mi lamentai. Per tutta risposta si fiondò ancora sul mio collo, come se avessi toccato il tasto giusto per scatenarlo. Le mie ciglia sbatterono incontrollate alla sua mano che mi stringeva impudente la coscia, avvicinandosi di secondo in secondo all'erezione che si stava gonfiando nei miei pantaloni.

"Io faccio quello che voglio, Jaeger." Levi ringhiò, eccitato. Agganciò i miei capelli castani e mi tirò indietro la testa, esponendo il collo. Mi morse un'altra volta, succhiando in modo provocatorio la pelle morbida tra i denti, rendendomi sicuro che ci sarebbe stato un bel segno da coprire. Non ci stavo capendo più niente. La foga con cui marchiava la mia pelle era troppo da sopportare. Sentivo ansimi disperati premere sul fondo della gola per
uscire, ma non potevo. La voracità e la grinta di Levi mi facevano paura. Non potevo non pensare che si sarebbe approfittato di me o che non sarei stato all'altezza. Mi ritrovai a dubitare di me stesso, perso così com'ero nella sua guida impetuosa. Riposai debolmente i palmi delle mani sulle sue braccia che mi tenevano stretto.

"Levi, io-" non riuscii a continuare, insicuro
di cosa volessi davvero.

"Lo so, lo so. Lasciami solo stare qui per un minuto." Levi si staccò dal mio collo e seppellì il viso nel mio petto, riversandovi addosso un sospiro pesante. Chissà perché non fui così sorpreso nel constatare che aveva compreso
come mi sentissi. Forse anche per lui non era diverso. Ma cosa ne potevo sapere io di quel ragazzo chiuso e indecifrabile che era corso a nascondersi su di me, confondendomi ancora di più? Con la mano libera mi avvolse, disegnando sul retro del mio collo cerchi immaginari, morbidi e delicati. Rannicchiato così, piccolo, piccolo su di me, pareva quasi un bambino che faceva le coccole alla mamma. Fu per quel lato dolce e inaspettato che espirai sonoramente.

"Ah, è tutto così sbagliato." constatai, tormentato e in cerca di un modo inesistente per calmare la mia mente in fibrillazione.

"Pensi che non lo sappia? Io ti odio, Jaeger." Levi ribatté, restando dove si trovava. La voce attutita dalle labbra pressate sul mio collo. Non poteva fare nulla per nascondere l'irritazione che la mia confessione gli aveva provocato e purtroppo capivo bene anche quella. Annuii, distratto dal cuore che aveva preso a battere all'impazzata per i nostri corpi avvinghiati. Restammo completamente immobili l'uno nell'altro per qualche minuto. Alla fine anche io lo avvolsi con il braccio libero e lo ascoltai giocare in silenzio con il colletto della mia camicia. Lo imitai, posando la mano imprigionata sulla sua coscia, disseminandola di piccoli massaggi con il polpastrello. Lo sentii fremere al mio tocco. "Abbiamo il pranzo." disse velocemente per camuffare quella
reazione non voluta, per poi sbuffare rassegnato l'attimo dopo. Non avrei dovuto, ma percepire le sue difese abbassate mi scatenò qualcosa dentro. E la sua pelle fremente sotto alle mie dita era una tentazione troppo forte.

"Questo è per prima." sussurrai, riconoscendo con difficoltà la nota beffarda nella mia voce. Feci scorrere la mano calda lungo la sua gamba, continuando a massaggiarla e premendo con più decisione di quanto avessi fatto fino a quel momento. Ero determinato a farlo sciogliere e finalmente Levi gemette. Le sue labbra si aprirono sulla mia pelle e il
suo respiro caldo mi accarezzò quando lasciò andare quel verso agonizzante mentre stringeva le gambe intorno alla mia vita. Gli era impossibile non rispondere agli stimoli delle mie dita. Sentii le sue mani farsi più spazio sulle mie spalle, solca sono la pelle sotto alla maglietta. E il resto scomparve. Quei segni di apprezzamento erano tutto ciò che volevo sentire. Non sarei mai riuscito a dimenticare una cosa del genere. Quel caldo innaturale e
i suoi respiri tremanti. Il modo così incredibilmente giusto in cui il suo corpo si agitava sul mio.

Mi spinsi contro al suo viso fino ad arrivare all'orecchio, senza spostare la mano dalla sua gamba.

"Ah, è un vero peccato, ma oggi saltiamo il pranzo."

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