29. OBBLIGO O VERITA'
"Comunque io avrei una domanda Sean," ripresi a parlare una volta che raggiungemmo la sala comune e fummo lontano dal corridoio dove chiunque poteva sentirci. Era una cosa che mi aveva tormentato da quando io e Levi eravamo stati scoperti da Jean e l'occasione sembrava perfetta. "Perché non hai fatto la spia su di noi? Tu sei famoso per essere lo stronzo ficcanaso dell'Istituto." ci andai giù diretto, non risparmiandomi neanche un ghigno alla Levi quando Jean mi diede man forte.
"Già, è vero. Non hai fatto la spia neanche su me e Marco. Non è che nascondi qualcosa anche tu, eh bello?" squadrò Sean dall'alto al basso e sorrise malevolo. Gongolai internamente quando l'interrogato ci fissò come se avesse un osso incastrato in gola.
"N-Niente, non nascondo niente. E poi cosa ve ne importa?!" Sean ribatté frettoloso. Un rossore colpevole gli invase il volto sconvolto.
"Chi è?" chiese tranquillo Marco.
"Sputa il rospo!" lo incalzò Armin. Sean corse dal biondo e gli tappò la bocca con la mano larga.
"Chiudete quella cazzo di bocca." Sean bisbigliò, trattenendosi dall'urlare. Ci fissò in cagnesco e ringhiò, visibilmente agitato. "Nessuno dice niente, intesi?" ci guardò uno ad uno e noi prontamente ci disegnammo con le dita una croce sul cuore.
"Avanti." Armin insistette, una volta libero dalla presa del compagno.
"E se vi dicessi che è un membro dello Staff?" Sean si vantò del nostro sussulto collettivo.
"E chi è?" Jean gridò e subito Sean tornò allo stato di agitazione precedente. "Ssshhh, zitto!" sbottò, sfiorando la testa di Jean per simulare uno schiaffo. Si piegò verso di noi che ci stringemmo a cerchio e mimò con la bocca: "Annie." Perdemmo tutti l'uso delle mascelle che crollarono a terra. "Cosa?!" Marco esclamò sottovoce. I nostri occhi minacciavano di uscire dalle orbite e farsi un giro sul pavimento. Pensai ad Annie. Sì, era oggettivamente carina, ma era così intimidatoria...
"E come è iniziata?" chiese Armin a voce bassa.
"Oh..." Sean sospirò con la consapevolezza di essere in trappola. Prese un respiro e sputò il rospo. "Una sera non riuscivo a dormire. Me ne sono andato a fare un giro per i corridoi. Annie era ancora a fare la ronda, forse per mettere giù il verbale del turno. L' ho beccata mentre beveva dalla sua fiaschetta. Mi ha offerto del Whisky e abbiamo iniziato a darci dentro. Io non ragiono quando sono ubriaco. L'ho baciata e poi siamo finiti a fare sesso. Da quella volta scopiamo quando sta nel turno di notte. Dio, ragazzi, è veramente brava a letto." Sean concluse soddisfatto. Noialtri eravamo senza parole. Tutto ciò che riuscivamo a fare era guardare il nostro compagno e sbattere le palpebre increduli.
"Avete pulito le vostre stanze?" la voce di Annie ci fece sobbalzare all'unisono. Disperdemmo il cerchio del confessionale e annuimmo alla ragazza dallo sguardo vitreo. Le orecchie di Sean erano color cremisi.
"Facciamo un gioco!" Jean suggerì malizioso. Si sedette e lo imitammo. In poco tempo eravamo tutti seduti a cerchio come in una delle sedute di gruppo con Trevor. "Annie, sei dei nostri?" Annie sbuffò per poi raggiungerci a passi calcolati e sedersi tra di noi con le gambe incrociate.
"A quanto pare. Che gioco volete fare, idioti?" con gli occhi azzurri ci trafisse acida.
"Obbligo o verità." Armin urlò, guadagnandosi cenni di assenso da parte nostra. Il biondo era davvero un genio a saper approfittare così delle situazioni.
"La versione stronza però." Jean rincarò la dose. Feci un pollice all'insù e Jean alzò i palmi e li fece schioccare con i miei.
"Dio Santo," Annie bofonchiò.
"Okay, parto io." Jean parlò, eccitato. "Sean. Obbligo o verità?" Sean grugnì. "Scegli obbligo." Jean sussurrò.
"Bene... Obbligo." Jean sorrise al pari del Diavolo in persona.
"Limona con Annie." Sean e Annie spalancarono gli occhi come due alieni. "Sean! Sean! Sean!" Jean prese ad incitare, canticchiando i cori da stadio e presto tutti lo seguimmo. Stremata dalla pressione canora, Annie afferrò malamente il viso bordeaux di Sean e ci stampò le labbra. Gli ficcò la lingua in bocca e lo incollò al pavimento. Le mani di Sean finirono sulla sua schiena e Annie prese a tirargli i capelli. Sostituimmo il nome di Sean con quello di Annie nella nostra cantilena quando la ragazza arrivò a dominare completamente il bacio. Quando si staccarono, entrambi con il respiro affannato, Sean era più rosso di un pomodoro maturo.
"Ooohhh, sexy." Jean commentò, impressionato. "Okay, passo a destra. Marco è il tuo turno." Jean si rivolse freddo al fidanzato. Era piuttosto bravo a non far trasparire il loro vero rapporto. Anche Marco non diede segni particolari, concentrandosi sul gioco.
"Armin. Obbligo o verità?" Armin si prese un attimo per valutare le opzioni. Gli occhi celesti fissi sul pavimento.
"Obbligo."
"Ti obbligo a dirmi la verità." Marco espose tranquillo.
"Ma così non vale!" Armin sbottò. L'ansia preponderante sul caschetto che agitava qua e là. Marco rimase calmo. Quel ragazzo aveva molto più in comune con il fidanzato di quanto desse a vedere. Una parte di me ne fu sinceramente colpita.
"Adesso vale. Chi è che ti piace?" Marco non demorse. Armin prese a respirare freneticamente sotto allo sguardo determinato del moro che lo inchiodò.
"Oh, dammi un obbligo e facciamola finita!" Armin implorò. La voce acuta e stridula.
"Okay." Marco fece spallucce. "Ti obbligo a baciare la persona più bella in questa stanza." Marco incrociò le braccia. Un sorriso compiaciuto sul volto lentigginoso.
"Bel colpo." Jean si complimentò, facendo ridacchiare l'altro. "Hai detto tu che era la versione stronza." ribatté, prima che un silenzio pesante calasse sul gruppo. Armin si alzò e con riluttanza raggiunse l'interruttore della luce. Con uno scatto ci ritrovammo al buio. Complice il cielo perennemente nero di nuvole cariche di pioggia. Sentii i suoi passi incerti tintinnare fino a ritrovare il nostro cerchio. L'unica cosa che realizzai successivamente era che le sue labbra erano sulla mia guancia. Le palpebre schizzarono all'insù. Restai in silenzio finché la luce si riaccese.
"Obbligo chiunque sia stato baciato ad alzare la mano." Sean comandò e Armin arrossì.
"As - aspetta. Non è così che funziona!" protestò il biondo allo stremo delle forze mentre io alzavo timidamente la mano. Armin mi fulminò con un'occhiata, ma io mi limitai ad alzare le spalle in risposta.
"Ah!" Jean lo beffeggiò. "Ci avrei scommesso." in sottofondo iniziai a sentire una strana sensazione pervadermi completamente. Non era rabbia, ma qualcosa di molto simile che mi chiudeva lo stomaco e non mi faceva stare tranquillo. Persino il commento di Jean mi disturbava. E proprio mentre ero preda di quel cambiamento, l'illuminazione squarciò i pensieri nebulosi come un lampo.
"Levi aveva ragione!" ansimai. "Fanculo anche a CJ!" aggiunsi e tutti si voltarono verso di me.
"Aveva ragione su cosa, Jaegerbomb?" Jean chiese, alzando un sopracciglio e guadagnandosi un mio sbuffo seccato.
"Armin." risposi semplicemente. "Mi avevano avvertito e io non gli ho creduto. Me l'avevano detto che ti piacevo. Ma io non ero preoccupato, perché sei mio amico e credevo che fossi solo preoccupato di perdere la nostra amicizia." Armin arrossì vistosamente quando mi rivolsi a lui. Sembrava perfino che si fosse preso un'insolazione. La pelle candida era di un rosso acceso e gli occhi tutto d'un tratto erano altrettanto rossi.
"Mi dispiace così tanto!" Armin piagnucolò. La voce acuta e spezzata. Mi cinse le spalle con un abbraccio ed io sussultai, ma cercai di non scostarmi. Gli diedi maldestramente una pacca sulla schiena, sicuro che non fosse sufficiente per dissipare la tensione. "Non volevo rovinare la nostra amicizia o mettermi in mezzo. Spero che non inizierai ad odiarmi, ma capisco che potre-"
"Armin chiudi quella cazzo di bocca! Non hai rovinato niente. Non sono neanche arrabbiato, porca miseria. Cristo Santo, Armin. Mi gireranno i coglioni solo se continuerai a rendere tutto così imbarazzante." sbottai. Un mix di emozioni contrastanti nel petto. Non riuscivo a odiarlo neanche per sbaglio. D'altronde che male c'era nell'invaghirsi di qualcuno? Io ero l'ultimo a poter giudicare. Forse la cosa che mi disturbava davvero era che quel sapientone di Levi avesse dannatamente ragione. E di nuovo avvertii la mancanza di un suo arrogante te l'avevo detto.
"Glielo dirai?" Armin azzardò quando Annie abbandonò annoiata la stanza e potemmo parlare liberamente.
"A Levi?" Armin annuì. Gli occhi celesti grandi di timore. "Glielo devo dire per forza, Armin."
"Ma mi ucciderà." Armin pianse quasi. "Mi dispiace così tanto, Eren." sul viso sbiancato vedevo facilmente il terrore di Armin farsi largo nel solco in mezzo alle sopracciglia.
"Non ti ucciderà." glielo promisi con uno sguardo serio e convinto.
"Non ne sono così sicuro, Jaeger." Jean mandò in frantumi i miei tentativi di calmare Armin. "Levi è fottutamente spaventoso." aggiunse tanto per gettare benzina sul fuoco. Roteai gli occhi così forte che fecero quasi un giro su se stessi.
"Non permettere che Levi mi uccida." Armin mi afferrò per la manica e mi scrollò il braccio, disperato.
"Oh Cristo Santo, Armin. Non ti ucciderà, ma se non la pianti lo farò io!" esclamai, al limite della pazienza. Eppure i denti stretti e i pugni serrati parvero passare del tutto inosservati davanti ad Armin. Levi aveva fatto proprio un bel lavoro. Il biondo non vedeva altro che la sua morte imminente per mano del corvino. I miei sforzi per intimidirlo erano del tutto vani.
"Si prenderà la mia testa, Eren." Armin si inginocchiò. Le mani giunte in preghiera al petto mentre si inchinava di fronte a me in una silenziosa richiesta di protezione. Sbuffai e un'idea utile finalmente arrivò in mio soccorso. Conoscendo Armin, l'unico modo per farlo smettere sarebbe stato ricorrere alle maniere forti. Gli affondai il dito nella spalla per farlo tornare a testa dritta. Una volta avuta la sua attenzione, indicai il bagno che potevamo vedere senza sforzo di fronte all'ingresso della stanza.
"Parlando di quello Levi riesce a prendersi," indicai ancora il bagno, intimando ad Armin di fare altrettanto. "Levi si è preso il mio culo proprio sul lavandino di quel bagno." Gongolai quando l'espressione di Armin si sciolse fino a diventare una perfetta riproduzione dell'urlo di Munch. Alle sue spalle Marco arrossì in silenzio mentre Jean batté le mani e rise compiaciuto. Ignorai il tutto, alzando un sopracciglio diretto al biondo. "Adesso la smetti, Armin?" chiesi soddisfatto e il biondo annuì con un gesto meccanico e le labbra dischiuse dallo sgomento. "Bene." Feci leva sulle gambe e mi alzai in fretta in piedi. Salutai tutti con un cenno veloce e sfreccia fuori dalla sala comune. Ci impiegai mezzo secondo per arrivare in camera. Mi fiondai in stanza e mi chiusi dentro, gettandomi sul letto e felice che nessuno mi avesse seguito. Levi mi mancava troppo. Non capivo come avrei potuto sopportare due giorni in quello stato. Cecai di coprire i pensieri con un po' di pezzi rap, quasi tutti di cantanti defunti. Chiusi gli occhi e mi rannicchiai, imponendomi di non piangere. Le sue mani fredde e la sua voce sensuale tanto vivide da sembrarmi reali e farmi odiare ancora di più la fredda solitudine che mi circondava. Internamente mi maledissi per essere una tale femminuccia.
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