23. TI AMO
La scuola fu noiosa come al solito, ma l'atmosfera intorno era un groviglio indistricabile di inquietudine. Levi era il nucleo di emozioni contrastanti e intense che irradiava intorno e attraverso di me come un Sole gelido. Dopo la fine delle lezioni capii che lo stato animato del corvino non era solo il rilascio della tensione per la nostra discussione della mattinata. Eravamo nel bel mezzo del pranzo quando Trevor venne a convocarci e ci guidò nel suo studio. Avevo dimenticato che quel giorno era il turno di Levi per la videochiamata con lo zio. Nel piccolo ufficio del terapista, iniziai a condividere le sensazioni di Levi. L'irritazione al pensiero di vedere quell'uomo sgradevole mi rese difficile stare fermo a mio posto. Invidiai Levi che manteneva sempre un'impostazione composta nonostante gli occhi tempestosi. Ascoltai Trevor digitare deciso sulla tastiera e sul mouse, agitandomi man mano che la chiamata veniva inoltrata. Quando il viso di Kenny comparve sullo schermo l'odio che sentivo per lui traboccò in un silenzio pesante. Levi come me lo fissò in un silenzio disinteressato. Kenny sembrava una versione più vecchia e inquietante di Levi. I capelli castani lunghi fino alle spalle non facevano che incrementare la sua aura da stronzo.
"Levi! Il mio ragazzo!" Kenny sorrise entusiasta. "Come andiamo oggi?"
La voce grattata dalle troppe sigarette e vagamente nasale nascondeva chiaramente una traccia di malizia. Persino il sorriso pareva quello di uno squalo. La bocca sottile e angolata si allargò ulteriormente quando Levi stette al gioco senza fatica.
"Va tutto benissimo Kenny!" Levi esclamò. Il tono allegro cozzò così forte con la sua personalità e le sue vere emozioni che sentii quasi il rimbombo nelle orecchie. "Sono così contento di vederti. Come te la passi?"
"Molto bene. Il tempo qui a New York regge ancora per essere inverno per cui credo proprio che andrò a farmi una bella passeggiata in mezzo alla neve dopo la nostra chiamata." Kenny parlò naturalmente con Levi che annuiva sorridente, calibrando in modo impeccabile la tempesta negli occhi grigi. Era come se entrambi fossero due persone completamente diverse di fronte a Trevor. Pensai alla loro telefonata e rimasi assolutamente impressionato dalla quella commedia.
"Sembra divertente. Non vedo l'ora del nostro weekend insieme." Kenny sorrise di rimando al tono caldo e falso del corvino.
"E questo è Eren Jaeger?"
Gli occhi azzurri di Kenny, che avevano solo un'impercettibile sfumatura del colore bellissimo e impossibile di quelli del nipote, si posarono su di me. Levi annuì mentre io restai fermo, sforzandomi di non contrarre le mani in due pugni serrati e non urlargli addosso tutto quello che pensavo di lui.
"Il solo e unico." Levi rispose al mio posto, scuotendo scherzosamente le manette.
"Molto piacere Eren. Io sono Kenny." si presentò da perfetto gentiluomo quale non era. "E detto tra noi, non sembri così malvagio come Levi ti ha descritto." mi fece un occhiolino amichevole al quale riposi con un sorriso a bocca chiusa. Forse anche io non ero poi tanto male come attore.
"Il piacere è mio, Kenny." tirai fuori l'atteggiamento più educato che potessi improvvisare data la situazione. Levi accanto a me era così rigido. Non che fosse stato rilassato prima della conversazione, ma da quando Kenny aveva spostato l'attenzione su di me l'avevo chiaramente sentito tendersi. Mi sentii così male per lui che fui contento quando Trevor si mise in mezzo. Per una volta le sue interruzioni inopportune servirono allo scopo. Per il tempo restante si definirono i dettagli del viaggio a New York. Levi mantenne il finto entusiasmo senza vacillare e Kenny fece altrettanto. In venti minuti scarsi la chiamata era giunta al termine.
"Bene. Eren è stato un piacere. Alla prossima" Kenny abbassò il cappello e fece un cenno con la testa.
"Alla prossima, Signore." gli regalai il sorriso più falso che avevo.
"Levi, ci vediamo domani."
"A domani, Kenny."
Trevor chiuse la videochiamata e tirai mentalmente un sospiro di sollievo.
"Allora Levi, come ti senti riguardo al viaggio?" Trevor girò sulla sedia. Il corpo rilassato contro allo schienale in pelle e le dita incrociate davanti al petto. Levi sorrise di nuovo. I muscoli ancora di pietra.
"Sono così contento. Stasera discuteremo bene su cosa fare nei nostri due giorni. Penso che sarà un weekend tranquillo. Magari faremo qualche giro in città oppure no. Non so. Comunque sarà fantastico." Alzai un sopracciglio per complimentarmi con la performance attoriale di Levi che sembrò convincere anche il terapista.
"E' ottimo. Il tuo volo parte domattina, quindi voi due verrete slegati questa sera. Il che significa anche che da domani non avrete più la restrizione della distanza dagli altri. Ma per essere sicuro di porre fine all'azione correttiva dobbiamo farci un'ultima chiacchierata. Allora, avete capito perché vi è stata data questa punizione?" Trevor appoggiò i gomiti alla scrivania e sostenne il mento con le mani ancora incrociate. Gli occhi scuri vagarono da me a Levi che annuimmo all'unisono. "Okay, bene. Cos'avete imparato stando attaccati l'uno all'altro?"
Parlai per primo. "Ho capito che io e Levi funzioniamo alla grande come amici. Sono contento che non ci odiamo più. Quattro giorni sono volati." dissi convinto e desideroso di far stare meglio Levi.
"E io ho imparato che esiste altro nella vita oltre all'odio per Jaeger." Levi ghignò. "Non molto altro, ma altro."
Trevor si accontentò della risposta ironica del corvino. Probabilmente anche lui ne avvertiva la sincerità in sottofondo. "Okay. Ora menzionate tre qualità positive su di voi." Trevor ci mise alla prova. Ottimo baciatore, fantastico a letto, sarcastico, passionale, premuroso, sexy... Scossi la testa e mi fermai, cercando di estromettere tutti i pensieri peccaminosi che erano scattati come un interruttore nella mia testa. Mi ci volle uno sforzo notevole per pensare a definizioni che non fossero romantiche, ma alla fine aprii la bocca per parlare. Levi però mi precedette.
"Eren è un introverso. Nel senso buono del termine. Mi piace la sua timidezza. Può sembrare strano, ma è una cosa che lo rende tenero. Ma sa anche essere fermo e deciso quando deve. E, uh, mi piace il legame che ha con la sua famiglia. Quando ero ancora con mia madre anche noi eravamo così. So che avevo solo quattro anni, ma me lo ricordo bene. Avrei fatto di tutto per lei ed Eren è uguale e lo rispetto per questo. Eren è molto meglio di quanto avessi pensato ed è decisamente qualcuno con cui voglio mantenere l'amicizia d'ora in avanti. Qualcuno che vorrò nella mia vita anche dopo essere usciti da qui." Restai senza parole. La sincerità era evidente nel tono fermo e sicuro così come nell'espressione finalmente rilassata e naturale. Fui sul punto di baciarlo, proprio lì di fronte a Trevor. E invece mi limitai a sorridergli, trattenendo le lacrime di gioia che sentivo spingere agli angoli degli occhi. Levi mi sorrise di rimando.
"Ottimo Levi, davvero. Eren tocca a te."
Restai voltato verso Levi, senza mai spostare lo sguardo su Trevor. Fu come se fossimo rimasti solo nei due nella stanza. "Levi, amo il tuo senso dell'umorismo. Può essere azzardato alle volte, ma adoro le tue battute sopra le righe e i tuoi commenti sarcastici. Mi piace la tua risolutezza. Io spesso mi faccio prevaricare, ma tu no ed è una cosa che ti invidio parecchio. Mi piace anche quanto tu sia premuroso e dedito alle cose importanti per te. Sei decisamente qualcuno con cui voglio restare amico. Sei una persona speciale e non importa quante volte io o altri ti abbiano detto il contrario. Io ci tengo a te." Levi annuì. Gli occhi erano lucidi e gli angoli della bocca fina si sollevarono in un sorriso timido. Aprii il braccio libero e Levi mi abbracciò. Ci abbracciamo solo per qualche secondo, ma fu una stretta decisa ed energica, vibrante con tutto ciò che ci eravamo detti tra le righe.
"Questo era esattamente quello che volevo da voi. Sono contento che l'azione correttiva abbia funzionato. Alle sette di stasera sarete liberi. Ora potete andare, ragazzi."
"Grazie, Trevor." dissi mentre Levi si alzò in fretta e mi trascinò fuori. Non gli fu difficile però. Anche io morivo dalla voglia di uscire. Ci rilassammo quando incontrammo l'aria fredda e piovosa del sentiero esterno. Ci incamminammo verso la mensa e per un po' restammo in silenzio. Io pensavo solo alle belle parole che ci eravamo scambiati e a godermi le farfalle che non volevano smettere di svolazzarmi nello stomaco. Levi però sembrava ancora pensieroso. Coglievo le sue occhiate schive celate appena dalle ciocche corvine e non mi sorpresi più di tanto quando si fermò bruscamente, fermandoci a metà strada. Restai immobile, lasciando che si avvicinasse a me e afferrasse le mie braccia per sostenersi.
"Senti, Jaeger," Levi ruppe il silenzio. Lo sguardo fisso sui bottoni della mia camicia e il labbro tra i denti nella piccola pausa che si prese prima di continuare. "C'era una cosa che volevo dirti là dentro, ma c'era Trevor quindi mi sono trattenuto. dopo le cose che siamo detti... Sì, insomma..." mormorò. Le spalle scosse dai respiri profondi che prendeva per sostenere la voce. Gli cinsi la vita per infondergli coraggio. Qualunque cosa avesse da dirmi non volevo si sentisse a disagio con me. Alle mie mani sulle anche, i suoi occhi ancora lucidi scattarono nei miei. Il labbro tremò appena quando finalmente sputò con un mezzo respiro la sua confessione. "I-io ti... Io ti amo. Ti amo, Eren. Ti amo così tanto." sussurrò l'ultima frase tra le lacrime che avevano preso a bagnare il viso candido. Un misto di paura e sollievo giocava con il cipiglio timoroso sul volto. Asciugai le righe salate sulle guance arrossate e in un gesto automatico toccai le sue labbra scosse con le mie. Le lingue si cercarono per unirsi e le nostre braccia si avvilupparono intorno a noi per farci stringere di più. Quel bacio aveva tutto il calore della nostra passione e la rassicurazione dei nostri sentimenti. Ci perdemmo a lungo in quelle carezze umide, tanto che fu straziante staccarci per tornare in mensa e finire il nostro pranzo.
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