20. UN LUNEDÌ DIVERSO
Amore, Farlan ha appena preso l'aereo. Ho alcune cose da sbrigare, ma quando vorrai parlare io ci sarò. Odio come ci siamo lasciati.
Rilessi per la milionesima volta il messaggio di Levi. L'unico che mi aveva mandato il giorno prima. Tremai alla consapevolezza che Farlan avesse passato lì il venerdì sera, per ripartire con calma il sabato.
"Eren, accendi la tv sennò ci perdiamo l'inizio."
Petra saltò sul divano accanto a me. Lèssi nei suoi occhi attenti un'ondata di compassione. Mi guardava così da quando ero andato a casa sua dopo aver saltato la scuola. Avevo chiesto a mia madre di portare lì Poppy, che ora dormiva tranquilla nella camera di Levi. Non volevo che la mia famiglia mi vedesse ridotto com'ero e alla fine avevo passato l'intero weekend dalla mia unica amica che tentava di consolarmi come poteva.
"Scusa." mormorai, allungandomi stancamente per prendere il telecomando e far partire la maratona di N.C.I.S.
"Ti perdono solo perché c'è ancora la
pubblicità." Petra scherzò, ma il mio sorriso fu troppo debole perché avesse voglia di continuare. Sotto alla sua attenzione, mi mangiucchiai la pelle vicino al
pollice. Cosa che avrebbe dovuto aiutarmi a scacciare il magone in teoria. Eppure le parole
di Levi erano impresse sullo schermo del mio telefono e nella mia mente erano incise quelle della nostra telefonata. Sospirai, provando inutilmente a liberarmi di quel peso nel petto che mi rendeva difficile resistere.
"Sai, ai tempi del liceo, poco prima che io e Levi diventassimo così amici, lui era sempre con Isabel e Farlan. Erano davvero un trio in simbiosi..."
Mi voltai verso Petra. L'aspettativa nella sua espressione mi sorprese. Le avevo accennato della questione. D'altronde avevo dovuto spiegarle perché aveva dovuto ospitarmi in casa sua per tre giorni di fila, ma era stata abbastanza accorta da non toccare quel tasto dolente. Non riuscii a proferire parola. Ero troppo a pezzi e sentire il nome di Farlan mi mandava a fuoco lo stomaco.
"Ma anche se erano così in buoni rapporti, nessuno di loro sapeva di quanto Kenny picchiasse Levi. Mi disse che si copriva con il fondotinta. Quando l'ho conosciuto io, lo zio aveva già smesso. Ora che so che l'ha fatto per la nascita di Poppy tutto ha un senso. Mio Dio, a volte fatico ancora a credere che abbia una figlia." Petra si bloccò un attimo. Sia lei che la mia famiglia avevano reagito in modo sorprendentemente calmo alla notizia. Tuttavia, era naturale essere un po' scioccati.
"Beh, comunque quello che voglio dire è che Levi non si è mai aperto con nessuno. Neanche con gli unici che gli volevano bene. Credo proprio che l'abbia fatto solo con te, ma non mi sorprendo. Insomma, ti ha detto che ti amava in meno di cinque giorni. Mi è quasi venuto un infarto quando me l'ha raccontato."
I ricordi mi invasero a tradimento. Il sorriso di Petra scaltro sul mio viso contratto. Non mi accorsi delle lacrime finché non tirai su col naso e mi scappò un singhiozzo. Mi sciolsi alla carezza di Petra sulla mia spalla.
"A vo-volte è così... Difficile. Lui... è p-perfetto. È troppo in tutto e... Poi alza
così tanti muri attorno a sé..." singhiozzai. Ero stanco di tenermi tutto dentro. La paura che Levi non si sarebbe mai aperto del tutto con me. La paura di non essere abbastanza per lui perché non ero stato nel suo passato.
"Ma con te ne tira giù tanti, Eren e di sua spontanea volontà. Se a volte si tira indietro è solo perché è a lui che non piace ricordare certe cose. Credimi, ai tempi Levi era diverso. Di sicuro non si piaceva. Vuole solo fare del suo meglio per lasciarsi certe cose alle spalle." Petra mi rincuorò, ma il suo tono sicuro e dolce mi spezzò. Mi avvolse, tenendomi stretto mentre piangevo. Levi mi mancava da morire e
non me ne importava niente di Farlan. Sapevo solo che lo volevo. Il dolore che provavo non sarebbe mai sparito e allora ero di nuovo confuso. Ero arrabbiato con lui, ma non potevo farne a meno. Sentivo l'istinto premere per chiamarlo e dirgli che lo amavo.
"Non lo sento da quasi due giorni. Mi ha scritto sabato mattina e non gli ho risposto. Con che faccia lo chiamo adesso? Ho fatto un casino." confessai a Petra, raddrizzandomi per poterla guardare e rivolgergli la mia espressione disperata. Il divano sprofondò sotto ai suoi movimenti agili. In un attimo, la vidi afferrare il telefono e scrivere qualcosa alla velocità della
luce.
"Sai cosa facciamo? Adesso sondo io il terreno, ma tu stai tranquillo. Levi ti ama e risolverete." alzò la testa per poi abbandonare il
cellulare sul tavolino. Uno sguardo serio mi colpì. "Ma devi calmarti, Eren. Smettila
di rimuginare. Ora ti guardi la tv con me poi dormi con Poppy e domani vai a scuola. E come tutti i lunedì, vedrai che Levi ti chiamerà in pausa, okay?"
Si aspettava una risposta da me e ne voleva una affermativa. Il suo fare saccente era invincibile. Annuii, provando seriamente a fare ciò che mi aveva suggerito.
"D'accordo. Guardiamoci la tv." risposi, sistemandomi al meglio sul divano. Volevo davvero liberarmi dalle mie paranoie, ma temevo che finché non avessi rivisto Levi, sarebbe stato solo un susseguirsi di nottate agitate e giornate tristi.
Il mattino dopo mi svegliò la pioggia. Erano le quattro, ma sapevo che sarebbe stato inutile provare a dormire ancora. Mi alzai, attento a non disturbare Poppy che respirava pesantemente e serena. Le lasciai un bacio tra i capelli per poi farmi la doccia in tutta calma. Petra aveva il sonno pesante tanto quanto la piccolina. Non l'avrebbe svegliata neanche una cannonata per cui mi mossi senza problemi in casa, raccogliendo le mie cose per andare a farmi una passeggiata sul lungo mare prima dell'ennesimo orrido lunedì di scuola. Scrissi a Mikasa e Sasha che dovevamo rimandare il surf e a mia madre che poteva recuperare Poppy da Petra se avevano dei programmi insieme oppure sarei andato io dopo la scuola. L'oceano, che di solito era il mio anti stress, non fece altro che ricordarmi quanto stessi male. Quanto avrei voluto Levi al mio fianco come nella bellissima estate che avevamo passato insieme. Quanto fosse lontano da me. Scacciai con forza le paranoie su Farlan che ribollivano in un cassetto segreto della mia mente e, combattendo con il malumore, arrivò presto il momento di andare a lezione.
Nell'istante in cui misi piede a scuola, con un sospiro pesante, mi ripetei convinto che potevo farcela. Nel girare la serratura dell'armadietto mi ricordai che dovevo chiudere le orecchie agli insulti e fregarmene delle occhiatacce. Era l'ultimo anno. Potevo farcela. La tasca vibrò con un messaggio. Inutile dire che sussultai all'idea che potesse essere Levi. Non nascosi la delusione nel leggere il nome di Petra. Sicuramente voleva sapere come stavo. Tirai fuori il cellulare per risponderle quando tutti i miei buoni propositi vennero mandati in un fumo. L'armadietto vibrò alla mia testa che ci sbatteva contro.
"Buongiorno, puttana." Kayden Tyler, l'attuale quarterback della squadra di Football, sibilò, sbattendomi ancora contro l'armadietto quando provai a staccarmi. Era immune dalle regole scolastiche perché era il figlio del vicepreside. Lo sapevo perché eravamo amici quando ero ancora nella squadra. Prima che mi perdessi nelle dipendenze e cambiassi giro e ovviamente prima che sparissi ad Asheville. Era passato un sacco di tempo e a nessuno dei due importava più di andare d'accordo, ma, a differenza mia, lui proprio non riusciva a lasciarmi in pace. "Come va la tua faccia?" mi derise.
"Vai fuori dai coglioni, chiaro?" sbottai, spingendolo indietro con la spalla per poi voltarmi verso di lui. "Non posso avere almeno un giorno di tregua?!"
"Nah." mi canzonò, spingendomi indietro quando feci un passo per avvicinarmi alla sua faccia. "Ti fai sbattere così bene, Jaeger. In tutti i sensi, direi."
"Non avrebbe senso neanche se fosse vero." sibilai, facendo un altro passo verso di lui. La mia postura si irrigidì a causa della rabbia che stava ribollendo nelle mie vene. Ero al punto di rottura. Sapevo che se non me ne fossi andato subito saremmo arrivati alle mani. "Dici un sacco di stronzate per essere uno che le ha solo prese in campo dal sottoscritto per tutto il terzo anno."
"Questo prima che diventassi la
puttana dei froci." ridacchiò amaramente, afferrando il colletto della mia maglia. "Finocchio."
"Non avresti dovuto dirlo." ringhiai, stringendogli i polsi. L'ira mi stava mandando a fuoco ogni nervo, annebbiandomi la vista finché vidi nero. Sentii il mio pugno affondargli nello sterno ancora prima che potessi valutarne le conseguenze. Lo placcai con le spalle in avanti mentre incespicava nei suoi passi, piantandogli la schiena sul pavimento. Kayden serrò la mascella, voltandosi per mettermi sotto di lui e riempirmi la faccia di pugni. Mi spinsi avanti, colpendo la sua guancia mentre con l'avambraccio mi paravo dai suoi colpi. Vedevo molti studenti guardarci, alcuni con i telefoni in mano; sicuramente un video succulento da spargere in giro. Il tempo si mosse a rallentatore quando sentii l'ultimo barlume di ragione sparire dal mio cervello, sparando adrenalina nelle mie vene finché non mi gettai su di lui, sbattendolo a terra con una furia animale. Davo pugni come se fossero piume. Non mi importava neanche del sangue che iniziava a colare dalle nocche insanguinate. Qualcuno mi afferrò le spalle e mi tirò via da lui. Il suo amico, il linerback, mi rifilò un calcio nelle costole. Annaspai per l'aria che lasciò i miei polmoni mentre Tyler, agonizzante, si tirava in piedi e tornava a colpirmi in viso. I professori ti sbattevano in punizione se usavi il cellulare, ma non muovevano un dito per certe situazioni. Le risse erano troppo frequenti nella mia scuola perché a qualcuno importasse ancora di intervenire. Kayden mi prese per le spalle e gli tirai un calcio nell'inguine. Cadde subito a terra, con un verso strozzato, illudendomi che avrei avuto un po' di pace.
"Come ci si sente a prenderle dal frocio della scuola, eh? Tu e il leccaculo del tuo amico dovete starmi lontano! Ho smesso di far finta di niente." gli ringhiai addosso, spingendo il suo amico contro per farmi spazio e tirare dritto verso la mia lezione di spagnolo. Non che mi importasse qualcosa, ma volevo solo sedermi al mio posto e far scemare l'incazzatura. Sapevo che non sarebbe mai finita lì e che rispondere probabilmente avrebbe solo creato altri guai, ma ero stanco di subire senza fare nulla.
Una volta che fui abbastanza lontano da quella massa di stronzi, mi ripulii velocemente in bagno e ripresi il cellulare che non avevo lasciato al deposito come da regolamento. C'era una piccola crepa sullo schermo, ma fortunatamente solo nell'angolo in alto. Niente che gli impedisse di fare il suo dovere e permettermi di leggere con calma il messaggio di Petra.
Vengo a prenderti a scuola in pausa.
Sorrisi. Era dolce da parte sua farmi compagnia finché non avessi sistemato le
cose con Levi. Risposi velocemente anche a mia madre, ringraziandola per aver preso Poppy e dando tanto baci virtuali alla piccolina. Poi decisi di controllarmi la faccia. Feci una smorfia di disgusto al livido violastro sullo zigomo; in perfetta sintonia con i punti sulla fronte che coprivo con i capelli lunghi. Questo sarebbe stato più difficile da nascondere. Avrei dovuto raccontare a mia madre di come me la passavo a scuola e la cosa non mi andava per niente. Presi le bende mediche in tasca per fasciarmi le nocche scorticate. Avevo preso l'abitudine di portare le medicazioni con me, visto come avevano preso il mio ritorno a scuola. Una volta finito, andai in classe e mi accasciai sul banco. Con l'adrenalina che iniziava a svanire, un dolore sordo si portò via tutte le mie forze.
Passai la mattinata con l'aria di uno zombie. Stanco, dolorante e affranto. L'unica cosa che mi faceva tirare avanti era il pranzo con Petra. Corsi veloce all'uscita quando anche l'ultima campanella della mattinata suonò. Attraversai in disparte lo stormo di studenti e mi appoggiai ad un albero, aspettando di vedere la Prius di Petra, pronta a portarmi via dai miei tormenti. Alzai mentalmente gli occhi quando vidi Kayden e il suo scagnozzo avvicinarsi ancora a me con la coda dell'occhio. Sentii una macchina frenare proprio quando Kayden mi inchiodò all'albero dietro di me, schioccando i pugni e ridacchiando maligno.
"Vuoi davvero il secondo round? Perché io avrei da fare, sai? I clienti mi aspettano." dissi acido, quando Kayden mi colpì allo stomaco. Sputai l'aria che avevo nei polmoni, tirandomi su per riacquistare equilibrio. Prima che Kayden avesse tempo di colpirmi, vidi il suo braccio girare all'indietro. Emise un grugnito lamentoso e lo intravidi mentre crollava sulle ginocchia, ma in quel momento il linerback mi afferrò la maglia. Scattai verso di lui, strizzando gli occhi al pugno che stavo per prendermi in faccia.
"Due contro uno, sul serio? Andiamo ragazzi, non è carino." una voce fin troppo familiare ringhiò e mi fece riaprire gli occhi in tempo per vedere Kayden urlare mentre il suo braccio veniva storto ancora di più. Mi piantai negli occhi di Levi. I miei grandi di sgomento, tanto che temevo sarebbero usciti dalle orbite. Se ne stava lì, fiero ed elegante, senza neanche muovere un muscolo mentre Kayden si dimenava, cercando di sciogliersi dalla presa che lo stava distruggendo.
"Tu, con quel completino da rotto in culo," Levi rifilò un'occhiata inquietante al ragazzo che mi teneva ancora per la maglia. Lo sentii sussultare dal terrore. "Ti consiglio di lasciarlo andare se vuoi che il tuo amico qui abbia ancora il braccio per giocare. Se gli spezzo il gomito quanto gli ci vorrà per tornare in campo? Un anno? Ammesso che il danno non sia permanente. Puoi dire addio all'unico sport che ti permette di infilare il tuo cazzo spelacchiato in qualche fighetta con la clamidia."
"Whoa, calma amico, stavamo solo scherzando." il linerback indietreggiò, pallido come un fantasma, mentre mi lasciava la maglia e guardava Levi con espressione implorante. Le mani in alto in segno di scuse. "Niente di serio."
"Ma davvero? I punti in fronte per voi sono scherzare?" Levi parlò calmo, ma diede un altro strattone a Kayden che ormai ansimava dal dolore. Il volto sconvolto fisso sull'erba umida. "Cinque contro uno dopo scuola è scherzare?" attese inutilmente una risposta dal suo interlocutore, ammutolito. "No? Bene, allora la risolviamo da adulti. Vedete di mettervi in testa che se provate anche solo a toccargli di nuovo un capello, andrò volentieri in prigione per farvela pagare personalmente." Levi sibilò, conscio che con gli aiuti di Kenny non avrebbe passato un solo giorno al fresco. Il pensiero di Trevor mi sfiorò, ma non riuscii a provare pena per quei poveri idioti che ora se ne stavano a fissare Levi, trattenendo il fiato. Gli occhi iniettati di paura. "Possiamo farlo nel modo semplice o in quello difficile, ma il punto è che per me il dolore," Levi sibilò, tirando il braccio di Kayden che urlò senza neanche provare a contenersi. Le lacrime agli occhi e il respiro strozzato quando si piegò ancora di più a terra. "È la miglior forma di disciplina. Non potete riempirlo di botte se le braccia non vi funzionano, giusto?"
Io potevo solo stare a guardare. Troppo scioccato che Levi fosse venuto lì, volando attraverso il Paese e guidando la macchina di Petra per venire a salvarmi. C'era qualcosa di meraviglioso e inumano nei suoi occhi grigi affilati in due fessure.
"Okay, okay, lasciami andare e lo lasceremo in pace! Te lo giuro!" Kayden balbettò, tremando di paura. Subito Levi lo lasciò, facendolo capitombolare a terra. Kayden restò seduto, ruotando il braccio e la spalla con espressione sofferente. "Mio Dio." mormorò mentre l'amico lo tirava su. Non provarono neanche a guardarmi mentre si tenevano fissi su Levi. Incespicarono nei loro passi, allontanandosi lentamente verso le loro auto sotto allo sguardo omicida del corvino che smise di osservarli solo quando misero in moto e uscirono sgommando dal parcheggio.
Solo allora mi accorsi della folla intorno. I cellulari alla mano che ancora riprendevano ogni movimento di Levi. Il corvino alzò un sopracciglio, voltandosi verso di loro.
"Qualcun altro?" chiese calmo, ancora una volta ottenendo in risposta solo sguardi sbigottiti o occhiate furtive. "No? Bene! Allora andate a fare in culo da un'altra parte e ricordate che la lezione vale per tutti." la sua voce fredda e robotica fece dissipare la folla in un attimo. Lui non aveva mai bisogno di alzare la voce per terrorizzare chi aveva di fronte e farsi obbedire. Io restai fermo a guardarlo, impalato sul posto come tutti quelli che aveva appena cacciato via. I suoi occhi si ammorbidirono quando incontrarono i miei e mi tese una mano. La presi e la strinsi dolcemente, tornando a respirare mentre lui stava attento a non toccare la benda sulle mie nocche. Sicuramente sapeva quanto dovesse far male. Stringendomi in un abbraccio soffocante, si rilassò contro di me, addolcendo la voce roca per parlarmi. "Giornata dura, amore?"
"Non ne hai idea." mormorai tra le lacrime.
"Beh, vediamo di farla migliorare." ammiccò, ritrovando i miei occhi lucidi. Annuii, ancora incredulo di averlo accanto; aspettando di svegliarmi da quel sogno.
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