1. BUONGIORNO, RAGGIO DI SOLE
Mi svegliai decisamente troppo vicino a Levi per sentirmi a mio agio. Abbandonandomi ad un sospiro scocciato, mi scostai alla svelta, cercando il posto più lontano possibile da lui, per quanto un letto singolo me lo permettesse. Levi tremò appena prima di guardare dritto verso di me. Il viso ancora impastato dal sonno o dai segni di una nottata agitata. Le occhiaie nere gli solcavano la pelle diafana del volto ombroso.
"Oh, giusto." mugugnò, scandagliando la mia espressione di disagio. "Speravo che fosse tutto un sogno." sospirò, continuando a guardarmi. Incurante come sempre di ferire o meno i miei sentimenti. Certo anche io avrei preferito mille volte essere nel mio letto da solo, senza la prospettiva di cinque giorni legati ad uno psicopatico, ma ero convinto che Levi ci tenesse particolarmente ad esprimere la sua opinione ad alta voce. Niente mi toglieva dalla testa che il suo scopo nella vita fosse offendermi fino a farmi saltare i nervi.
"Beh... Buongiorno, raggio di sole." borbottai con tono sarcastico, fissando l'idiota nel mio letto con aria di sfida. Potei vedere le sopracciglia sottili di Levi piegarsi fino a formare un solco. Non era difficile provocarlo, ma il metallo che seghettava i nostri polsi lo costringeva a guardarmi in cagnesco senza poter fare altro. Godetti internamente per quella repressione forzata che lo teneva a bada. Restammo fermi per un minuto intero, sforzandoci di non dare segni di destabilizzazione. Il petto faceva quasi male per quanto mi impegnavo a non agitarlo troppo e anche Levi pareva innaturalmente fermo. Era abbastanza evidente che entrambi stessimo morendo dalla voglia di muoverci. Alla fine, ci decidemmo a metterci seduti e, coordinandoci, lanciammo le gambe al di là del bordo del letto.
"Esattamente come dovrei fare per farmi una doccia?" Levi si lamentò, tirando la maglietta lontano dal corpo per far passare un po' d'aria. Gli occhi attenti sul suo corpo. "Mi sento già così sudicio". annuii e mi lasciai andare di nuovo sul materasso, chiudendo gli occhi. Non avevo voglia di pensare a tutte le complicazioni della nostra situazione né alle osservazioni irritate di Levi. In quel momento però sentii bussare. La porta si spalancò di botto e Sunni, una dei responsabili dei dormitori, entrò in stanza senza attendere oltre.
"Giù dalle brande, dormiglioni." sorrise, scuotendo il braccio di Levi che subito schiaffò via la sua mano e la guardò torvo mentre io mi rimettevo a sedere.
"Sunni! Grazie a Dio! Per favore, slegaci!" Levi saltò giù dal letto, trascinandomi con lui senza riguardi. Per poco non inciampai, scosso dallo scatto fulmineo del corvino.
"Questa in realtà è una punizione molto astuta. Cercare di corrompere lo Staff è cattiva condotta, Levi." Sunni lo riprese, canticchiando soddisfatta. "Ma Reagan ha detto che potete essere separati per dieci minuti per farvi la doccia e cambiarvi. E se la smetterete di darmi contro, magari sarò anche carina."
"Dieci minuti? Come cavolo faccio a lavarmi in dieci minuti?" Protestai al massimo delle mie capacità. Era assurdo che venissimo trattati peggio di due animali.
"Sì, infatti. Che stronzata." Levi mi diede man forte, sollevando il labbro in una chiara smorfia di disgusto. "Non è abbastanza tempo per togliersi di dosso tutti i germi. Soprattutto dopo che ho passato la notte con questo stronzo!" sbottò, indicandomi con il dito. Non fui sicuro di come riuscii a non massacrarlo di botte per quell'ennesima provocazione.
"Credo proprio che dovrai fartene una ragione" Sunni lo fissò imperterrita per poi allungare una mano nella tasca ed estrarre una piccola chiave argentata. Entrambi guardammo quella promessa di libertà con occhi agonizzanti mentre con un giro faceva scattare la chiusura delle manette, dando sollievo ai nostri polsi. Li sfregammo per bene, già stanchi del metallo freddo che aveva solcato la nostra pelle per tutta la notte. "Dieci minuti e vengo a recuperarvi. E Levi, mentre ti lavi dai una bella ripassata anche alla tua bocca. Ne ha bisogno." Sunni si inchiodò agli occhi del corvino con aria di sfida. Non era un segreto che non si sopportassero. Levi non era certo facile, ma Sunni non sapeva proprio prenderlo. A volte pensavo che si sarebbe potuta evitare un sacco di problemi, se avesse usato un approccio diverso.
"Taci, strega." Levi ribatté senza remore. Si avvicinò al suo volto con l'aria di voler prenderla per il collo fino a strozzarla. "Ci vediamo tra dieci minuti." sibilò a pochi centimetri dal suo viso. Sunni rimase perfettamente calma mentre io tentai di ignorare il brivido lungo la schiena. Levi oltrepassò entrambi senza aggiungere altro. Aspettai che prendesse velocemente le sue cose e si dirigesse in bagno prima di fare altrettanto.
Scappai in bagno insieme al mio sapone e al mio cambio di vestiti, infilandomi nella prima doccia libera. Mi spogliai in tutta fretta e aprii l'acqua. Dieci minuti erano davvero una miseria. Focalizzato sull'ansia del timer imposto da Sunni, realizzai troppo tardi che non avevo cambiato il cartello fuori dalla doccia da libero ad occupato. Maledissi mentalmente l'assenza di serrature nell'Istituto e mi concentrai sull'acqua calda. Ovviamente l'unica disgraziata volta in cui avevo dimenticato quel piccolo dettaglio niente poco di meno che il solo e unico Levi Ackerman aprì la mia cabina.
"Aaahhh, esci!" gridai, in preda al panico quando la corrente di aria fredda mi fece accorgere che non ero più solo. Levi tentennò, totalmente colto di sorpresa e i nostri occhi si trovarono per un momento decisamente troppo duraturo. Lo vidi incespicare nel tentativo di farsi indietro fino alla porta. Un'espressione di puro terrore in viso.
"Magari dovresti cambiare il cartello in occupato!" sputò con la voce tremante dalla vergogna per poi sbattere la porta e sparire dalla mia vista. Ascoltai i suoi passi decisi fuori dal box finché non si furono allontanati e potei faticosamente sciogliermi dalla paralisi e tornare a godermi la sensazione dell'acqua bollente addosso.
Svanita l'agitazione per la situazione imbarazzante, tutto ciò che mi rimase in testa, a mente sgombra, fu il suo sguardo. Il modo in cui gli occhi di Levi si erano incatenati ai miei. Erano così intensi, profondi come se qualche riflessione davvero importante occupasse quella mente schiva e riservata. Non sapevo perché fossi così incuriosito dal sapere cosa celava quello sguardo assorto né perché non riuscissi davvero a concentrarmi su altro. Non era una novità che Levi fosse un tipo misterioso, ma proprio non riuscivo a ripassare le sfumature della sua espressione in una di quelle rare volte in cui non era una semplice maschera di indifferenza.
"Hey...Uh... sono passati dieci minuti..." stavo sciacquando il sapone dalla pelle morbida, quando Levi bussò e parlò attraverso la porta. Gli fui quasi grato per avermi strappato ai miei pensieri inusuali anche se comunque si trattava sempre di lui. Con un bel respiro tornai alla realtà, escludendo il resto.
"Okay, fammi finire" mi ripulii alla svelta e mi asciugai alla bene e meglio prima di vestirmi e lasciare la doccia. Nell'uscire, notai che qualcuno aveva cambiato il cartello su occupato, così lo girai di nuovo su libero. Trovai Levi ad aspettarmi. Si strofinava nervosamente il palmo sul retro del collo, lanciandomi occhiate furtive mentre andavo verso di lui. La vergogna per l'incidente tornò a tormentarmi, facendomi avvampare una volta che gli fui vicino.
"Hey." disse piano, schivando i miei occhi mentre uscivamo dal bagno. I suoi capelli inzuppati d'acqua erano ancora più neri.
"E' ora." Sunni sentenziò. Ci aspettava proprio fuori dalla porta, facendoci vivere in tutto e per tutto l'esperienza di una vita dietro alle sbarre. "Perché siete rossi come due pomodori?" passò con fare curioso sui nostri volti.
"Non siamo rossi!" Levi scattò subito sulla difensiva. Il ringhio ferino coprì quasi del tutto il vago tremolio d'imbarazzo nella voce.
"Infatti! Ci siamo appena fatti una doccia bollente per cui la pelle è più scura ovviamente." sostenni Levi, spiaccicando due parole ansiose. Il corvino alzò un sopracciglio nella mia direzione, disorientato dalla mia uscita stiracchiata, mentre Sunni ci legava di nuovo l'uno all'altro.
"Oka-y." Sunni ci rispose, scettica. Nascose un sorriso allo scatto delle manette per poi guardarci seria. "Andiamo a fare colazione allora."
"Volentieri! Oggi c'è quella della cucina! Niente cereali stantii stamattina!" esclamai, forse un po' troppo entusiasta.
"Mh-mmm" Levi mi rispose atono, degnandomi di un cenno d'assenso mentre camminavamo lungo il corridoio principale. "Sicuro, ma il tuo nauseante ottimismo non è accettabile almeno fino alle undici."
"Scusa." mormorai, ben deciso a non farci finire nell'ennesima discussione.
Raggiungemmo la mensa e ci mettemmo in coda per la nostra porzione. I tavoli del nostro dormitorio erano praticamente pieni, ma adocchiammo un posto in una panca in fondo. Nel raggiungerlo, alcuni studenti diedero occhiate furtive alle nostre manette mentre altri si limitarono a fissarci senza neanche provare a nasconderlo. Levi rifilò ad ognuno le sue occhiate truci e se uno sguardo avesse potuto uccidere quelli sarebbero sicuramente finiti tutti sei metri sottoterra. Il corvino era un fulcro di radiazioni d'odio mentre sputava veleno con i suoi occhi assottigliati in una linea dura.
"Cos'avete da guardare?" Levi ruggì a quei pochi che ancora insistevano ad osservarci. Potei sentire la sua voce vibrarmi attraverso e risuonare sulle pareti della mensa. Non l'avrei mai ammesso ad alta voce, ma fui contento di vedere quegli osservatori indiscreti voltarsi impauriti dall'altra parte. Essere legato ad un potenziale serial killer aveva i suoi vantaggi.
"Hey, Dormitorio Hawtorn, statemi a sentire." Sunni catalizzò l'attenzione su di sé. Tutte le teste del dormitorio interessato, comprese le nostre, scattarono verso di lei, al centro della mensa, prima che proseguisse con il suo annuncio. "Levi ed Eren sono nel mezzo di un'azione correttiva. Non possono interagire con nessuno se non tra di loro. Per favore non rivolgetegli la parola e non dategli corda se sono loro a cercarvi. Possono parlare con lo Staff, ma nient'altro. Tutto chiaro?"
Tutti annuirono energicamente e Levi alzò gli occhi, bofonchiando tra sé e sé una serie di imprecazioni, chinato sulle uova che non aveva neanche toccato. Passò il tempo a tormentarle con la forchetta, ma non mandò giù neanche un boccone. Evitai di guardarlo finché non finii tutto quello che avevo nel piatto. Quando controllai di nuovo, la sua colazione era ancora intatta. Non aveva mangiato assolutamente nulla.
"Mangia. La colazione è quasi finita." gli suggerii, disturbato all'idea che non riempisse lo stomaco vuoto da più di dieci ore, ma Levi scrollò le spalle con fare indifferente. "Non ho fame." mi disse semplicemente, senza preoccuparsi di alzare la testa dal piatto che aveva guardato fino a far fondere. Non sapevo cosa mi irritasse esattamente, ma non potei fare a meno di alzare gli occhi in risposta. "Hai qualcosa da dire, moccioso?" Levi scattò verso di me. I denti serrati e lo sguardo affilato. Pronto a fare rissa come al solito.
Proprio quando ero sul punto di rispondere qualcosa catturò la mia attenzione. Il nostro terapista, Trevor, puntò il suo indice verso di noi e lo mosse un paio di volte, convocandoci al suo cospetto. Mi alzai velocemente, scuotendo le manette per intimare il corvino a fare altrettanto. Levi si prese il suo tempo e svuotò il vassoio nel bidone mentre io reprimevo la voglia di rispondergli a tono. Abbandonammo tutto sulle mensole dedicate e raggiungemmo il nostro terapeuta.
"Salve ragazzi." Trevor ci salutò, allegro. "Perché non ci facciamo due passi?" fece un cenno a Sunni, lasciandole intendere che saremmo andati con lui. La fredda, umida aria degli Appalachi fu un toccasana per la mia pelle rovente. Una volta fermi in un punto poco distante dall'ingresso, Levi incrociò le braccia, trascinando il mio braccio destro al suo petto. Non era esattamente la posizione più comoda del mondo, ma non osai contestare. Non davanti al nostro consulente.
"Cosa vuoi, Trevor?" Levi sbuffò.
"Non sei carino, Levi. Vuoi provare a riformulare?" Trevor chiese con un bagliore provocatorio negli occhi.
"Naahh, mi sta bene così." Levi sciolse la sua posa, infervorato dalla sua stessa arroganza ed io agitai la mano, aiutando il sangue a riprendere il proprio circolo nelle vene.
"Lo approvo." Trevor ci informò, indicando le nostre manette. "Quindi ho deciso di apportare qualche modifica all'intervento." colsi subito la sottile soddisfazione nel tono professionale.
"E quali esattamente?" chiesi. Non c'era modo che potesse andare a finire bene se c'era Trevor di mezzo. Accanto a me, potei letteralmente vedere la miccia corta della pazienza di Levi accendersi.
"Non credo che cinque giorni siano sufficienti. Voi due avete davvero bisogno di lavorare sul vostro modo di relazionarvi."
"E quindi quando pensi che finirà questa tortura?" Levi agitò il polso intrappolato, sforzandosi per non gridare come ero sicuro avrebbe voluto fare. La vena sul collo pulsava sotto alla pelle dal colorito spettrale.
"Vedremo."
"Argh" Vedremo?! Mi prendi per il culo, Trevor?" Levi a quel punto gridò sul serio. "Sei sempre così dannatamente vago tutte le cazzo di volte!" continuò, serrando i pugni, frustrato oltre l'inverosimile. Pareva proprio una belva feroce che si era appena resa conto di essere stata chiusa in gabbia. Provai un senso di claustrofobia per lui. Non doveva essere facile oscillare costantemente tra il contenersi e il lasciarsi andare alle emozioni.
"Levi, dai una controllata al tuo tono. Ti andrebbe di dirci come ti senti?" Trevor applicò un approccio assertivo.
Levi prese un bel respiro nel tentativo di calmarsi e scosse la testa in diniego.
"Levi, per favore. Cerca di essere collaborativo e dicci cosa provi."
"Sono incazzato nero" Levi sputò. "Ecco fatto. Soddisfatto?"
"Per cosa sei..." Trevor aggiustò le dita in due virgolette. "Incazzato?"
"Per questa dannata azione correttiva, questo stronzo di Jaeger e per te!" Levi stava tremando come una foglia. La rabbia pregnante in ogni nervo del suo corpo. Ero convinto che avrebbe ucciso Trevor da un momento all'altro. Non l'avevo mai visto così fuori di sé ed erano tanti gli scoppi d'ira a cui avevo assistito o che io stesso avevo fronteggiato.
"Hey," bisbigliai, cercando di farlo sbollire. "Non fare qualcosa di cui potresti pentirti. Cerca di controllare la tua rabbia. Potresti far buona impressione su Trevor e potremmo uscire molto prima da questa situazione." mal che sarebbe andata, mi dissi che quantomeno con il mio commento io avrei fatto buona impressione a Trevor, spacciandomi per quello sano di mente. Levi passò velocemente lo sguardo attento tra me e il terapista. D'un tratto sentii una forte pressione al polso destro. Non riuscii a non sussultare, ma non feci nulla per tirarmi indietro. Non volevo che nessuno dei due finisse a passare la notte fuori. Gli occhi di Trevor però sfrecciarono rapidi al mio polso nella morsa della mano del corvino.
"Levi, per favore lascia andare Eren. Le sue dita stanno diventando viola."
Guardai la mia mano e cavolo, era già di un viola tendente al nero. D'altronde le dita di Levi erano ben affondate nella pelle tesa. Levi sospirò e lasciò il mio polso, non senza darmi un'ultima occhiata indecifrabile. Per un secondo mi sembrò che fossimo soli al mondo. Le sue iridi tempestose fisse nei miei occhi guardinghi mentre cercava la giusta concentrazione per eseguire le direttive di Trevor. Ingoiai un bel po' d'aria, rilassando la mascella e rendendomi conto solo in quel momento di quanto stessi stringendo i denti per sopportare il dolore.
"Hai un'idea del perché tutte queste cose ti facciano arrabbiare così tanto?" Trevor proseguì, catturando la nostra attenzione.
"Perché? Perché mi fanno incazzare e basta. Non voglio restare incollato a quest'idiota di Jaeger per sempre."
"Non per sempre, solo per un tempo indefinito." sottolineai, guadagnandomi un altro sguardo glaciale da parte sua.
"E come pensi di muoverti?" Trevor chiese con tono accondiscendente, ignorando il taglio duro e impassibile nei freddi occhi grigi di Levi.
"Mi metterò a cercare una graffetta così che possa tirarmi fuori da questa situazione di merda." Levi non provò neanche a negare. Era evidente la voglia che avesse di esplodere e fare tutto a pezzi. Era sbagliato, ma in un certo senso invidiai la libertà che si prendeva, convinto di avere il diritto di dire la sua. Trevor però non sembrò restarne impressionato. Si limitò a prendere atto e ad annuire. "Grazie per la sincerità, Levi."
Levi alzò gli occhi per l'ennesima volta, disturbato dal fare impenetrabile del nostro terapista.
"Quindi... cosa dobbiamo fare esattamente per farci togliere queste?" chiesi, iniziando a sentire la rabbia crescere anche dentro di me. Ormai anche io ero più che snervato da tutta quell'assurda faccenda.
"Dimostratemi che siete diventati amici e andate d'accordo, senza fingere. Siete molto più simili di quanto pensate, ragazzi. Non è un caso se siete stati messi nella stessa camera."
"Cosa?!" Levi urlò. "Io non centro un cazzo con questo piccolo mocciosetto viziato!"
"Uh, guarda che ti sento... Sono qui." dissi, stringendo i pugni. "L'educazione va ancora di moda, Levi e fossi in te mi guarderei bene dal chiamare qualcuno piccolo. Sarai alto sì e no un metro e sessanta." gli riversai addosso tutta l'irritazione che mi aveva fatto accumulare da quando ci eravamo svegliati. Godetti nel vederlo rispondere subito, stimolato dalla mia provocazione. Non ne potevo veramente più del suo atteggiamento superbo.
"Hey, io almeno so fare le trazioni, smidollato. I tuoi pugni sembrano i buffetti di un poppante!" Levi ribatté, raddrizzando la schiena e chiudendo i pugni, pronto ad azzuffarci.
"Il tuo naso che l'altra sera sanguinava come un rubinetto vorrebbe dissentire!" alla fine scattai, afferrando il colletto della sua maglia tra le dita strette e subito le sue mani mi strinsero i polsi. Trevor ci mise meno di un secondo a infilarsi tra di noi, tenendoci ben distanti prima di sorridere a entrambi.
"Ragazzi, rilassatevi. Prima fatemi vedere che andate d'accordo e poi possiamo discutere della vostra liberazione. Adesso restate qui. Potrete tornare ai vostri dormitori quando vi sarete dati una calmata." Trevor passò gli occhi scuri su entrambi. Solo quando riuscimmo a stabilizzare i nostri respiri e a riprendere una posa composta, ci diede le spalle e tornò sereno e soddisfatto verso la mensa.
"Ah, quell'uomo." mormorai, una volta certo che fosse rientrato.
"Non dirmi niente. Che razza di coglione!" Levi colpì un masso con la punta in metallo dei suoi anfibi neri.
"Come ci comportiamo ora?" chiesi, esasperato e totalmente abbattuto. "Non possiamo semplicemente fingere di andare d'accordo. Trevor è così esigente. Cosa dovremmo fare? Abbracciarci e chiederci scusa?"
Mentre davo sfogo a tutta la mia rassegnazione, un luccichio passò negli occhi vitrei di Levi. Si illuminò come se fosse stato colpito da un fulmine a ciel sereno, lasciandomi del tutto interdetto quando con un ghigno mi rispose, soddisfatto.
"Ho un'idea. Tu stammi dietro."
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