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Epilogo

"Spesso le cose, alla fine, non vanno esattamente come vorremmo. A volte il destino è dalla nostra parte, altre volte, beh, quel che è fatto è fatto. Ma devi convincerti che quello che deve accadere, accadrà."
(Scrubs)

17 luglio 2031

"Tanti auguri a te. Tanti auguri a te. Tanti auguri a Sean, tanti auguri a te." Mentre il piccolo spegneva le candeline, tutti battevamo le mani. Lui era diventato tutto rosso, era il tipico bambino timido, ma era anche tanto dolce. In massa andarono a fargli gli auguri, così aspettai che si allontanassero tutti per raggiungerlo.
"Tanti auguri, tesoro." Gli andai incontro e lo abbracciai per poi dargli un bacio sulla guancia. "Spero che il regalo ti sia piaciuto."
"Si, è bellissimo. Lo desideravo da tanto." Rispose ricambiando l'abbraccio.
"Seaaaan!" Mia figlia Elizabeth arrivò urlando e gli si buttò addosso. "Tanti auguri!" Esclamò felice.
"Grazie Lizzy, ti voglio bene." Mi allontanai continuando a guardare quella scena. Ero così felice che Lizzy e il figlio della mia migliore amica fossero così vicini. Era come rivedere me ed Abby.

"Noe, che fine avevi fatto?" Ero seduta sul divano quando la mia amica mi piombò alle spalle.
"Ieri è stata una giornata pesante e mi stavo riposando un pò." Risposi sospirando.
"Come sta tuo marito?" Chiese lei sedendosi accanto a me.
"Ha ancora la febbre alta. Non volevo lasciarlo solo, ma ha insistito affinchè venissi. Mi dispiaceva non venire alla festa di Sean, ma anche lasciare lui in quelle condizioni." Ammisi facendo un altro lungo sospiro.
"Ma come ha fatto ad ammalarsi?" Mi fissò in attesa di una risposta.
"Non ne ho idea. Avrà preso freddo in aereo e con lo sbalzo di temperatura gli sarà salita la febbre. Non lo so proprio." Risposi scuotendo la testa.
"Per il resto va tutto bene? Perché a guardarti sembra che tu voglia raccontarmi qualcosa." Disse lei scrutando il mio viso.
"Dipende quanto tempo hai." Risposi.
"Ho tempo. Adesso racconta."

15 luglio 2031

"Amore, un'ultima cosa." Dissi prima di chiudere la chiamata. "Puoi prendere tu la bambina? È a casa di Camille ed io esco più tardi da lavoro."
"Certo tesoro, non preoccuparti." Rispose lui.
"Perfetto, a più tardi. Ti amo."

"Ti prometto che ci sarò. Non posso perdere il compleanno di Sean. Però adesso devo proprio staccare o il capo mi ucciderà." Dissi sottovoce alla mia amica.
Abby abitava ancora a New York e si era sposata con un bell'avvocato di nome Andrew. Tre anni dopo il matrimonio, avevano avuto il primo figlio, Sean. Adesso era di nuovo incinta.
Per quanto riguardava me, avevo deciso di lasciare gli studi di economia a Stanford. Dopo il periodo di riflessione avevo capito che non era quello che volevo fare, così mi ero iscritta in una facoltà di giurisprudenza e adesso lavoravo in uno degli studi legali più importanti della California.
Fra qualche giorno, io e la mia famiglia, saremmo tornati a New York per le vacanze estive prima dell'inizio della scuola.
Elizabeth, mia figlia, amava stare con mio padre ed i miei fratelli ed in più, lei e Sean erano molto legati nonostante avessero due anni di differenza.
"D'accordo, d'accordo. Ma stasera ti chiamo. Baci!" Abby mi salutò e staccai la chiamata.

All'una e mezza uscii dall'ufficio per dirigermi a casa dove mi aspettavano mia figlia e mio marito. Era la parte della giornata che più amavo. Dopo ore di lavoro stressante, tornavo dalla mia famiglia, nella nostra casa. Ero serena e tranquilla quando stavo con loro e amavo sentirmi così.

"Mamma!" Una vocina squillante apparve all'ingresso e si attaccò alle mie gambe. "Mi sei mancata così tanto." Ogni giorno, quando tornavo da lavoro, mi ripeteva sempre queste parole e non potevo far a meno di sorridere e sentirmi la persona più felice dell'intero universo.
Guardai i suoi occhi verdi, di un meraviglioso verde smeraldo, e la presi in braccio.
"Mi sei mancata tanto anche tu, piccolina mia." Le stampai un bacio sulla guancia e lei fece una piccola smorfia.
"Per fortuna sei qui. Papà stava per fare uno dei suoi intrugli. C'era una puzza. Non puoi immaginare." L'espressione sul suo volto mi fece scoppiare a ridere nel momento stesso in cui Jordan entrò nella stanza.
"Ma non è vero. Ho solo bruciacchiato la salsa." Si difese alzando le mani. "Bentornata amore." Mi salutò dandomi un bacio.
"Ti conosco da troppo tempo per poterti difendere." Risposi facendo sì che Lizzy gli facesse la linguaccia. "Avanti, vieni con me, cuciniamo insieme." Presi per mano la mia bimba e andammo tutti in cucina.

Dopo quell'ultimo Natale burrascoso di tredici anni fa, avevo deciso che Jordan era la scelta giusta da fare, che nonostante provassi ancora qualcosa per Louis, il mio attuale marito era diventato la mia casa, la mia roccia. Aveva accettato la vera Noelle e di questo ne ero davvero felice. Dire addio a Louis, fu una delle cose più difficili che avessi mai dovuto fare. Ricordo esattamente quel giorno; non protestò, non mi chiese di rimanere. Tutto quello che fece fu abbracciarmi, darmi un ultimo bacio e sussurrarmi all'orecchio parole che continuavo a sentire ogni notte prima di addormentarmi. Mi disse che aveva capito sin da subito che per noi due non c'era più speranza, ma che ogni singola cellula del suo corpo lo aveva spinto a provarci ancora una volta, ma alla fine aveva deciso di mettere la mia felicità prima della sua, perchè era questo che si faceva quando si amava qualcuno.
Dopo quel giorno, non ci sentimmo mai più. Lui non tornò neanche per una festività. Di Louis non avevo più notizie, come se si fosse dissolto nel nulla.

"Oggi ho prenotato i biglietti per New York." Disse Jordan. "Partiamo domani stesso, va bene?"
"Sii, andiamo dal nonno!" Esclamò felice Elizabeth.
"E' perfetto." Risposi sorridendo. "Dobbiamo ricordarci di comprare il regalo di Sean. Non voglio rischiare di arrivare lì senza nulla."
"Oggi pomeriggio usciamo." Rispose mio marito.
"Ma oggi dovevamo andare al mare, me lo avevate promesso." Ci ricordò Lizzy mettendo il broncio.
"E andremo. Una promessa si mantiene sempre! Però dobbiamo prima comprare il regalo, d'accordo?" Dissi sperando che non cominciasse a lamentarsi.
"Va bene." Assentì contenta. "Adesso devo fare i compiti, chi mi aiuta?"
"Ti do una mano io, mamma è stanca." Rispose Jordan. Quando si comportava così lo adoravo. Non che io facessi un lavoro più difficile del suo, ma spesso le mie giornate erano piene di gente fastidiosa e insistente e diverse volte tornavo a casa più tardi del previsto a causa delle scartoffie e dei fascicoli da sistemare.

Mentre mio marito e mia figlia facevano i compiti, io ero distesa al letto con gli occhi chiusi. Avevo tentato più volte di addormentarmi, ma il solo pensiero di tutti i preparativi per il viaggio, mi tenevano sveglia.

Tornare a New York mi metteva sempre ansia, soprattutto ora che mio padre aveva qualche anno in più e non sapeva gestirsi del tutto da solo. Poco dopo la nascita di Elizabeth era stato davvero male e per un lungo periodo lo avevano ricoverato in ospedale. Nonostante le mie continue preoccupazioni e il mio voler rimanere a casa per fargli compagnia, lui continuava a dirmi che stava bene e che avevo una bambina da accudire e una famiglia di cui prendermi cura. Controvoglia acconsentii ma a patto che i miei fratelli lo andassero a trovare almeno due volte al giorno.
La malattia lo aveva reso più vulnerabile e di conseguenza, lo ero anche io.
Questo ricovero di mio padre, fece sì che mia madre si riavvicinasse alla famiglia, e anche se ero ancora furiosa con lei, non potei non farle conoscere sua nipote.

Quando capii che era impossibile chiudere occhio, chiamai la mia amica che rispose dopo quattro squilli.
"Domani torno a casa!" Affermai contenta. "Un giorno prima del compleanno di Sean e con un bellissimo regalo."
"Sono così felice. E' quasi un anno che non ci vediamo, non vedo l'ora di riabbracciarti." Urlò lei dall'altro lato del telefono.
"Anche io Abby, mi manchi così tanto." Le dissi con voce malinconica.

Parlammo al telefono per un bel pò, finché Lizzy non venne ad informarmi che aveva finito i compiti e che potevamo uscire, così la salutai.

"Cosa compriamo di bello a Sean?" Chiese mia figlia.
"Non ne ho la più pallida idea. Ha praticamente tutto." Risposi nel panico più totale.
"Beh, chiama zia Abby e chiediglielo." Propose lei.
"No, no. Voglio sia un sorpresa per tutti."
"Potresti comprargli un gioco o dei vestiti, oppure qualcosa per la scuola." Elizabeth aveva tante idee sul regalo, ma la verità era che voleva comprarlo in fretta per andare al mare il prima possibile.
"Lizzy, ti ho promesso che andremo al mare. Non mettermi fretta, d'accordo?" Le dissi cercando di rassicurarla.
"Che ne dici di uno di quei kit da scienziato? Sai quanto ami fare esperimenti e robe varie." Disse Jordan.
"Mh, ottima idea." Concordai con un sorriso. "Che ne dici Lizzy, ti piace come regalo?" Le chiesi ricevendo come risposta un cenno col capo.
"Allora andiamo subito al negozio!" Esclamò Jordan con voce buffa facendo ridere Elizabeth.

Dopo aver comprato il regalo andammo subito al mare. Lizzy mise subito i suoi braccioli rosa e si tuffò in acqua seguita da suo padre. Alcuni bambini alla sua età nuotavano già senza, ma lei non riusciva a trovare il coraggio di separarsene.
Guardarli ridere e divertirsi in quel modo mi faceva star bene. Avevo paura che questa famiglia avrebbe avuto alti e bassi, dati i diversi problemi avuti in passato e le differenze tra il mio carattere e quello di Jordan, ed invece era tutto il contrario.
Elizabeth adorava passare del tempo con suo padre, lui era il suo supereroe.

Dopo aver sguazzato per un bel po' in acqua e aver costruito dei castelli di sabbia, si era fatto tardi, così rincasammo.

Domani saremmo partiti e la casa sembrava fosse stata devastata da un tornado. I vestiti erano sparsi ovunque, quaderni e libri per terra e sul tavolo del salone, valigie aperte e stracolme di roba.

"Mamma, devo per forza finire i compiti per le vacanze?" Si lamentò Elizabeth.
"Si tesoro, devi." Le risposi continuando a sistemare gli abiti da portare a New York.
"Ma voglio stare con Sean, Ty, Dylan, Ryan e il nonno." Rispose mettendo il broncio.
"Prima li finisci, più tempo hai da passare con loro." Le dissi accarezzandole il viso.
Lei si limitò a sbuffare e andò via.

"Cosa manca da sistemare?" Chiese mio marito.
"Solo la valigia di Elizabeth." Risposi entrando in camera con una montagna di vestiti di nostra figlia.
"Bene, concimiamo." Fece un lungo sospiro e mi aiutò a piegare la roba.

"Papà, mamma vuole che finisca tutti i compiti, ma io non voglio." Jordan era in camera di Lizzy mentre io finivo di mettere in ordine casa. La sentii sussurrare queste parole al suo orecchio.
"Amore, ma non puoi tornare a scuola senza aver fatto i compiti. La maestra si arrabbierà molto." Rispose lui.
"Potete dirle qualcosa voi." Propose Lizzy.
"Oppure, potresti finire tutto quanto e divertirti allo stesso tempo. Ti darò io una mano." Anche Jordan sussurrava.
"Va bene. Grazie papà, sei il mio eroe." Mi affacciai nella stanzetta in modo da poter guardare gli occhi di Jordan carichi di orgoglio e felicità.
"Buonanotte piccola mia. Dormi, domani sarà una lunga giornata." Prima di spegnere la luce le diede un bacio in fronte. Quando si avviò verso la porta scappai via. Non volevo sapesse che origliavo. Era una discussione fra loro due, ma spesso non potevo farne a meno, perché ciò che si dicevano mi faceva sempre sorridere.

Il mattino seguente la sveglia suonò precisa come un orologio svizzero. Nel giro di mezz'ora eravamo tutti pronti.
"Ho preso tutto?" Domandai in preda al panico.
"Si, tutto. E quello che non hai preso tu, l'ho preso io, tranquilla." Rispose Jordan chiudendo casa.
Caricammo le valigie in macchina pronti per dirigerci in aeroporto.
"Si parte!" Esclamò felice Elizabeth battendo le mani.

Il viaggio era stato lungo e stressante e quando arrivammo volevo quasi baciare il pavimento.
"Non essere esagerata, non è stato poi così brutto." Disse Jordan scherzosamente.
"La prossima volta ti siedi tu lato finestrino, così i piedi in faccia li mettono a te!" Esclamai lanciandogli un'occhiataccia. "Se penso ancora alla puzza che facevano, mi vengono i conati di vomito." Conclusi rabbrividendo.
"Mamma, mamma, ma quello è il nonno?" Lizzy mi tirava per la giacca e quando seguii il suo dito, mi accorsi di una figura che avrei riconosciuto anche in mezzo ad una folla infinita: mio padre.
Un sorriso a trecentosessanta gradi prese spazio sul mio volto. Accelerai il passo e, come quando ero piccola, gettai le braccia attorno al suo collo, stringendolo forte a me e inspirando il suo profumo: sapeva di dopobarba, come sempre.
"Ciao papà. Che bello rivederti." Dissi staccandomi dall'abbraccio.
"Nonno!" Urló Elizabeth abbracciandolo il più forte possibile.
"La mia piccolina è arrivata." Le scompigliò i capelli e lei rise.
"Salve, è un piacere rivederla." Jordan lo salutò con un abbraccio. Ormai facevano così. Roba da uomini, avevano detto.
"Sono così felice di vedervi. Mi siete mancati così tanto." Rispose lui guardandoci ed incamminandosi verso l'uscita. "Voglio che mi raccontiate tutto. Ma intanto andiamo, Tyler è qui fuori con la macchina."

Arrivati a casa, Lizzy corse subito dai suoi cugini mentre io sistemai le camere dove poter dormire e poi scesi a salutare tutti.

Parlavamo del più e del meno, quando mi rivolsi a mio fratello: "Ty, stasera ci sarà anche Megan?" Gli chiesi.
"Si, verrà anche lei." Rispose lui sorridendo.
Megan era sua moglie. Erano sposati da due anni e negli ultimi tempi, avevano deciso che era arrivato il momento di avere un figlio, infatti, la moglie di Tyler era incinta di tre mesi.
"E grazie per avermelo ricordato. Si è fatto tardi e dovrei tornare a casa dato che è rimasta da sola. Ci vediamo stasera." Con un sorriso salutò tutti e uscì di casa.
"Chissà se sarà un padre affidabile." Scherzò mio padre.
"Ne sono più che certa. Tyler è sempre stato un ragazzo con i piedi per terra." Risposi ripensando ai vecchi tempi. Come passavano gli anni.

"Mamma, ma dov'è andato a finire papà?" Domandò mia figlia distraendomi dai miei pensieri.
I suoi cugini erano tornati a casa dalle loro mogli, così Lizzy era un po' annoiata e cercava suo padre per giocare.
"Aveva detto che si andava a distendere perchè gli faceva un pò male la testa." Risposi carezzandole il viso.
"Andiamo a vedere come sta?" Mi tirò per la maglietta.
"Si, certo." Risposi. "Torniamo subito."

"Non è possibile che mi sia salita la febbre. Fino a qualche ora fa stavo così bene." Jordan non riusciva a capacitarsene e nemmeno io.
"Amore, non ne ho idea. L'unica cosa che puoi fare è prendere questa e riposarti." Dissi porgendogli un'aspirina. "E non alzarti per nessuno motivo, intesi?" Lui annuii controvoglia.
"Non far venire Lizzy, non voglio si ammali. Domani è il compleanno del suo migliore amico e non vedeva l'ora di incontrarlo." Mi chiese sospirando.
"Si, tranquillo. Adesso vado a prepararti qualcosa di caldo, tu prova a chiudere gli occhi." Gli diedi un bacio sulla guancia ed uscii dalla camera.

"Come sta?" Chiese mio padre non appena entrai in cucina.
"Ha la febbre alta e un forte mal di testa. Dice che in generale non si sente così male da stare tutto il giorno a letto, ma gli ho vietato di alzarsi." Risposi mettendomi ai fornelli.
"E tu? Come stai?" Si avvicinò e mi guardò.
"Bene. Perchè me lo chiedi?" Mi voltai per incrociare i suoi occhi.
"Ogni volta che torni qui sembra sempre che qualcosa cambi in te." Ammise mio padre.
"E' solo che qui ci sono troppi ricordi. Le strade, i quartieri, i locali, persino questa casa. Sono ricordi belli ma che, allo stesso tempo, fanno male." Adesso i miei occhi erano concentrati sulle verdure da tagliare.
"Quindi non torneresti mai qui se non fosse per determinate occasioni, dico bene?" Non capivo dove volesse arrivare.
"Non tornerei qui se non ci fosse la mia famiglia, se non ci fossi tu. Sei mio padre, mi hai cresciuta con tutto l'amore del mondo e hai contribuito a rendermi ciò che sono ora." Risposi con un tono di voce più basso.
"Mi vuoi così bene tanto da sopportare il grande carico del passato?" Era quasi stupito.
"Perchè sei così meravigliato? Tu sei tutta la mia vita, papà. Per te andrei ovunque e sopporterei ogni peso e difficoltà. Tu lo hai fatto con me." Fu impossibile non notare i suoi occhi lucidi.
"Vieni qui, piccola mia." Allargò le braccia ed io lasciai tutto per affondarci dentro.

Papà, io e Lizzy stiamo uscendo a fare una passeggiata, Jordan dorme. Ha preso l'aspirina, quindi, se si dovesse svegliare, misurare la febbre e accorgersi che si è abbassata, è perchè la medicina ha fatto effetto. Non farlo uscire per alcun motivo. Per qualsiasi cosa, chiama." Gli diedi un bacio ed uscii.

"Da grande verrò a vivere qui!" Esclamò Elizabeth ammirando le grandi vetrine.
"La California non ti piace?" Le chiesi.
"Si, ma New York è più bella." Rispose lei.
"E mi lasceresti? Lasceresti entrambi i tuoi genitori?" Lo dissi con voce triste ma scherzando.
"Beh, lo hai fatto anche tu. Farò come te. Ogni anno, per più di due volte, tornerò in California a farvi visita." La sua risposta mi fece ridere.
"Perchè ridi?" Chiese lei non capendo la ragione del mio gesto.
"Sai, mi somigli molto. Anche io da piccola dicevo così. Adesso vorrei poter cambiare delle cose." Ammisi ripensando alla mia adolescenza.
"Ad esempio?" Domandò Elizabeth.
"Sin da piccola ho sempre voluto studiare a Stanford, ero convintissima di voler fare quel tipo di percorso. Poi sulla mia strada sono apparsi i primi ostacoli, le prime vere sfide, le difficoltà. E' stato in quel momento che ho cominciato a capire che dovevo cambiare qualcosa, e così è stato." Fare discorsi del genere con mia figlia non era strano. Era sempre stata più adulta rispetto ai bambini della sua età e le piaceva sentirsi tale.
"E ti sei mai pentita di aver sposato papà?" La vocina con cui lo chiese mi fece venire la pelle d'oca.
"No, piccola mia. Io lo amo con tutto il cuore, non mi pentirei mai di aver scelto lui. Averlo ogni giorno al mio fianco è un'enorme gioia e una fonte di sicurezza." Lei mi guardò per pochi secondi. Stava pensando a qualcosa. Lo potevo capire.
"Meno male. Gli voglio così bene. E' il mio supereroe, non saprei come fare senza il mio papà." Tirai un sospiro di sollievo. Spesso le sue domande erano scomode. "Mamma, ma papà è stato il tuo primo amore?" Ecco, avevo parlato troppo presto.
Rimasi interdetta e poi mi venne in mente un'idea. "Guarda, un negozio di caramelle. Vuoi entrare?" Le chiesi sperando di distogliere l'attenzione da quella sua domanda.
"Si, si, si." Senza farselo ripetere due volte, trotterellò dentro l'enorme negozio, rimanendo strabiliata dalla moltitudine di dolci e caramelle. "Questo è il paradiso." Cominciò a correre da un alto all'altro acchiappando più schifezze possibili.
"Tesoro, non correre così, non riesco a starti dietro!" Urlai mentre si allontanava.
"Tranquilla, non mi perdo mica." Rispose Lizzy.

Elizabeth si era fermata davanti ad uno scaffale, osservandolo attentamente, centimetro per centimetro. Doveva scegliere le ultime caramelle, perchè ne aveva prese troppe e non volevo stesse male.
Io ero seduta su un divanetto e la guardavo mentre le sceglieva meticolosamente. Aveva sempre avuto un debole per caramelle e dolciumi vari e ogni volta che li vedeva, impazziva.
Ad un tratto squillò il telefono: era casa di mio padre.
"Pronto?" Risposi.
"Noelle, sono papà, ascolta.." Dovetti spostarmi leggermente, perchè il segnale non era dei migliori.
"Papà, puoi ripetere? Sono dentro un negozio e non sento bene." Tappai un orecchio per allontanare i rumori.
"Ho detto che Jordan si è svegliato urlando ed è tutto sudato. Ho provato a farlo calmare ma la febbre continua a salire. Non ci sono più aspirine. Cosa devo fare?" Era nel panico totale.
"Arrivo subito." Staccai in fretta la chiamata e mi voltai per chiamare Elizabeth, ma lei era scomparsa. Sentii il cuore esplodere nel petto. Corsi urlando il suo nome per tutto il negozio, quando dagli altoparlanti dissero che una bambina di nome Elizabeth stava cercando la sua mamma.

Feci la rampa di scale correndo all'impazzata e arrivai alle casse con il fiatone. Era lì ad aspettarmi.
"Elizabeth!" Esclamai furiosa. "Mi hai fatto spaventare tantissimo. Lo sai che non devi assolutamente allontanarti senza il mio permesso."
"Lo so mamma, scusa. E' che cercavo di prendere delle caramelle e non ci arrivavo. Ti ho chiamata ma tu stavi parlando al telefono e poi sei scomparsa tra la folla. Un signore si è avvicinato e mi ha aiutata a prenderle. Poi mi ha chiesto se fossi sola e io gli ho detto che ero con la mia mamma ma che non riuscivo a trovarla. A quel punto mi ha detto di seguirlo e rimanere tranquilla, che mi avrebbe aiutata lui a cercarti. Poi si è anche offerto di pagare le mie caramelle." Raccontò la piccola alzando sorridente il pacchetto con i dolciumi.
"E adesso lui dov'è? Che fine ha fatto questo signore. Devo ringraziarlo e restituirgli i soldi." Chiesi velocemente.
"Si è allontanato pochi minuti fa." Ammise Lizzy. "Mamma, chi era al telefono?" Chiese all'improvviso.
"Il nonno. Papà si è svegliato e non stava tanto bene. Devo correre in farmacia, ma prima devo trovare questo signore e dargli il denaro." Le risposi.
"Oh eccolo, è lì." Elizabeth lo indicò ma non riuscii a capire a chi si riferisse, finchè non si avvicinò. "L'ho trovata, grazie mille per l'aiuto." Disse mia figlia all'uomo davanti a noi.
"Allora lei è tua figlia." Queste furono le uniche parole che uscirono dalla sua bocca.
"Vi conoscete?" Chiese Lizzy confusa.
"Louis, sei proprio tu?" Era passato così tanto tempo. Rivederlo era strano. I suoi tratti erano modellati dall'avanzare dell'età, le sue braccia erano più muscolose e la sua barba più folta, ma i suoi occhi erano sempre gli stessi. Un meraviglioso azzurro oceano. Impossibile non riconoscerli.
"Oh mio dio, non posso crederci!" Esclamò ancora sotto shock.
"Tredici anni." Mormorai incredula.
"Tredici anni." Ripetè lui. "Co...come va?" Chiese titubante.
"Va bene. Io e Jordan siamo sposati e lei è la nostra piccolina, Elizabeth." Anche io ero ancora sotto shock. "A te?"
"Anche. Adesso sono tornato a vivere qui." Rispose secco.
"E non stai con nessuno?" Chiesi curiosa.
"No, nessuno." Rispose con lo stesso tono di prima.
"Capisco....Beh perdonami Louis, è stato bello rivederti, ma devo scappare. Mio marito ha la febbre alta." Uscii delle banconote dalla tasca. "Queste sono tue, grazie." Feci un sorriso e gliele porsi.
"No, non le voglio, è un piccolo regalo da parte mia." Rispose facendo cenno di no con la mano.
"Louis..." Lo pregai ma lui rifiutò di nuovo.
"Anche per me è stato bello rivederti." Sussurrò. "Ed è stato un piacere conoscere te." Si abbassò sulle ginocchia e scompigliò i capelli di Lizzy in maniera affettuosa tanto che lei rise.
"Anche per me. Sei davvero simpatico." Rispose Elizabeth.
"Avanti, andiamo o si farà tardi." Senza dire altro presi mia figlia e lo salutai con un cenno imbarazzato della mano.
Arrivata quasi all'uscita mi voltai e lui era ancora lì a guardarci. "Grazie." Mimami con la bocca e feci uno dei miei sorrisi, quelli che facevo solo a lui, era quasi un gesto segreto. Louis ricambiò il sorriso e per un attimo tornai a quando ero solo una ragazzina e lo amavo, lo amavo più di ogni altra cosa.
Quando Lizzy mi tirò per la manica distolsi lo sguardo e lui fece lo stesso. Lo fissai mentre si allontanava e il presente tornò impetuoso davanti ai miei occhi.

Mi ero sempre chiesta come sarebbe stato incontrarlo di nuovo. Cosa avrei provato, come lo avrei guardato. Se il nostro incontro sarebbe stato casuale o meno. Se ci saremmo salutati con imbarazzo o con naturalezza.
E adesso, dopo aver guardato i suoi occhi ancora una volta, era come se ci fossimo detti tutto e che, anche se il tempo era passato senza alcun rimorso avremmo continuato a vivere la nostra vita ma senza mai dimenticare quello che avevamo vissuto insieme.
E proprio come la leggenda che mi raccontava sempre mia madre, quella del filo rosso, nonostante la distanza e lo scorrere del tempo, due persone legate da questo filo invisibile, si sarebbero incontrate di nuovo, non importa quando, non importa dove e non importa come. Se erano davvero legati da qualcosa, un giorno si sarebbero ritrovati.

Eravamo appena salite in macchina, quando Elizabeth mi fece una domanda. "Mamma, prima non mi hai risposto." Mi fece notare mia figlia. "Tu e quel signore vi conoscevate?"
Io sorrisi e mi voltai a guardarla.
"Lizzy, adesso ti racconto una storia."

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Non posso crederci...siamo davvero arrivati alla fine di questa storia ed è quasi come perdere un pezzo di me. Con quest'ultimo capitolo si chiude sia la mia fanfiction che la lunga storia di Noelle e Louis.
Spero vi sia piaciuto tutto, anche il finale.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto Just a Moment e vi mando un grande bacio❤️ Lots of love xx

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