Capitolo 30
Credere di conoscere tutte le verità, godere di ogni certezza perché basata su anni di conoscenza è l'errore più grande che l'uomo possa commettere. Perché è proprio quando crediamo di avere tutte le risposte che la vita cambia tutte le domande.
Quando tornai in camera e mi distesi sul letto cercai di dormire ma passai una buona parte della notte a fissare il soffitto.
Una maledetta vocina mi ronzava nella testa ripetendo sempre le stesse parole: "Louis non è la persona che tu credi sia! È un bugiardo, un manipolatore. Ti ha mai detto perché i suoi genitori non sono mai in città? Ti ha mai parlato di loro? Ti ha mai detto qualcosa di reale sulla sua vita, qualcosa che ti servisse a conoscerlo davvero?" Odiavo il fatto che mia madre era riuscita ad insinuarsi nei miei pensieri. A creare dei dubbi in me.
"Ti ha mai detto qualcosa di reale sulla sua vita?" Era questa la frase che più mi aveva colpita. Queste poche parole erano riuscite a scavare la mia armatura, a farle un piccolo solco in modo da entrare dentro la mia testa e dentro il mio cuore.
Spesso mi ero posta domande sulla sua vita, sul passato e sul presente di Louis ma non mi ero mai realmente preoccupata di cercare fino in fondo. Credevo fosse sincero con me..almeno con me.
No, non era possibile. Per quale assurdo motivo avrebbe dovuto mentire? Perché avrebbe dovuto nascondermi alcune realtà della sua vita? Perché? Perché? Perché?
Avevo dato a mia madre il potere di persuadere la mia mente. Le avevo permesso di creare ancora confusione nella mia vita. Di arrivare impetuosa come una tempesta, danneggiare qualsiasi cosa incontrasse sul suo cammino per poi andare via con la stessa velocità con cui era arrivata ma lasciando scompiglio, paura e tristezza..
Avevo fiducia in Louis più di quanta ne avessi in lei. Non avrei mai giocato a fare la piccola detective per scoprire qualcosa in più sulla sua vita. Spettava a lui il compito di informarmi, proprio come aveva fatto quando eravamo sull'Empire State Building.
Guardai l'ora ed erano le 03:30 del mattino. Fra circa tre ore mi sarei dovuta svegliare per andare a scuola. Non potevo farcela. Mi imposi ugualmente di chiudere gli occhi e spegnere il cervello, lasciando la questione in sospeso posticipandola a qualche ora più tardi.
Alle 06:30 in punto la sveglia si accese cominciando ad emettere quel dannato suono che odiavo da ormai quattro anni.
Era illegale svegliarsi a quell'ora del mattino ed era altrettanto illegale entrare un'ora dopo a scuola.
Come ogni giorno diedi un colpo sull'oggetto facendo sì che si spegnesse e mettendo fine alla tortura.
La testa mi pulsava. Nonostante avessi tre ore di sonno non mi sentivo stanca per aver dormito poco, più che altro per aver pensato tutta la notte. Mi misi seduta sul letto e cercai di svegliarmi del tutto quando la porta della mia stanza si aprì. "Noe, posso?" Chiese gentilmente mio padre sporgendo la testa dentro la stanza.
"Certo, entra." Risposi facendo segno di sedersi accanto a me.
"Non ho idea di cosa sia successo ieri sera. Non so se ce l'hai a morte con me per come ho risposto a tua madre o se mi ami per averla cacciata via. Non sono ancora sicuro di voler sapere per quale motivo si è presa il disturbo di venire fin qui, nel cuore della notte, per parlarti. Voglio solo che tu sappia che sono qui per qualunque cosa. Se hai bisogno, sai a chi chiedere." Mi carezzò i capelli e capii di essere davvero fortunata ad averlo ancora al mio fianco.
"Grazie papà, sai che per me significa molto averti vicino." Dissi appoggiandomi al suo petto. Lui poggiò una mano sulla mia testa.
"Come ti senti?" Chiese dopo.
"Strana. Mi fa male la testa. Ho dormito poco, ho passato tutta la notte a rimuginare sulle sue parole cercando di trovarvi un senso ma niente..." Risposi sinceramente.
"Che ne dici se stamattina rimani a casa? Se non te la senti di andare a scuola non ti obbligo. So che forse dovrei farlo..." Disse ridacchiando. "..però se non stai bene preferisco che tu non vada." In effetti non aveva proprio tutti i torti. Non stavo bene e non avrei retto tutto il giorno a scuola. Inoltre non avrei sopportato di passare del tempo con Louis senza potergli fare alcuna domanda. O quantomeno non per ora.
"Se per te non è un problema allora si, preferisco rimanere a casa e riposarmi.." Lui non rispose, fece solo un leggero sorriso, mi diede un bacio ed uscii dalla camera.
Erano le undici meno venti quando sentii bussare alla porta. Probabilmente era qualcuno che si era stancato di farlo perché continuava a bussare con una certa insistenza.
Misi le ciabatte, presi le stampelle e scesi al piano di sotto.
"Arrivo, arrivo! Chiunque tu sia non ti hanno avvisato che ho le stampelle?!" Urlai andando verso l'entrata. "Insomma, un po' di..." Mi bloccai non appena lo vidi sulla soglia della porta. "Louis...che ci fai qui?" Chiesi con un filo di voce. Sul suo volto c'era... preoccupazione(?)
"Ti ho mandato mille messaggi, ti ho chiamata tutto il giorno, a scuola non c'eri e quando ho chiesto a Abby mi ha detto che non sapeva nulla e per di più nessuno veniva ad aprirmi. Avrò suonato e bussato almeno per dieci minuti!" Esclamò alzando la voce e sfregandosi la fronte con la mano. "Mi hai fatto preoccupare." Disse subito dopo notando l'espressione del mio viso e capendo che aveva esagerato con il tono.
"Tranquillo. So che ho sbagliato a non avvertire nessuno ma non credevo che ti saresti preoccupato così." Risposi sinceramente. Nessuno si era mai preoccupato molto delle mie assenze.
"Noelle, non dire sciocchezze. Io mi preoccupo sempre per te." Fece un sorriso e mi carezzò una guancia. A quel punto mi accorsi che lo avevo lasciato fuori al freddo.
"Vieni, entra." Mi spostai e lo feci passare.
"Beh se ti riduci sempre all'ultima ora è normale che tu poi non riesca a dormire." Mi provocò e cominciò a ridere.
"Smettila Tomlinson, non sei divertente." Gli tirai un cuscino in faccia.
Eravamo seduti nel salotto e gli avevo spiegato che avevo finito tardi di studiare e perciò mi ero svegliata con il mal di testa. Non potevo raccontargli di mia madre. Non senza aver prima 'indagato'.
"Hai commesso un grave errore." Disse alzandosi e venendomi incontro. Mi prese in braccio mentre urlavo e ridevo allo stesso tempo.
"Lasciamiii!" Continuavo a ridere dandogli piccoli colpi quando mi prese su una spalla e mi portò al piano di sopra.
Aprì con un calcio la porta della mia stanza e mi buttò sul letto.
"Spero tu non soffra il solletico." Ridacchiò.
"No, no, noooo. Ti prego mi sentirò male." Cominciai a gridare ma era troppo tardi.
Louis era chino su di me e mi faceva il solletico. Avevo le lacrime agli occhi per le risate. Cercavo in tutti i modi di bloccarlo ma era più forte di me. "Basta ti prego." Cercai di dire fra lacrime e risate. "Faccio tutto quello che vuoi, lo giuro." Dissi e lui si fermò.
"Tutto?" Chiese poi ridendo.
"Tutto." Risposi.
"E allora baciami." Mi guardò diritto negli occhi facendomi impazzire.
Come poteva essere un bugiardo? Perché mia mamma aveva detto quelle cose su di lui. Più lo guardavo più il mio cuore accelerava di un battito. Mi rifiutavo di pensare anche solo per un attimo a come lo aveva descritto mia madre.
Mi avvicinai lentamente alle sue labbra e poi il più veloce possibile mi alzai e scappai dalla stanza scoppiando nuovamente a ridere. Con la coda dell'occhio notai che ridendo abbassò la testa per poi alzarsi dal letto e cominciare a rincorrermi.
"A diciotto anni giochi ancora a nascondino?" Bofonchiò lui cercandomi per casa.
Mi ero nascosta dietro la tenda del salone, non mi avrebbe mai trovata.
"Se ti trovo sappi che ti farò il solletico finché non mi implorerai di smettere." Urlò ed io cominciai a ridere ma cercai di non farmi sentire.
Avevo sforzato troppo la caviglia perciò non appena la poggia nuovamente per terra sentii una fitta di dolore. Emisi un piccolo gemito ed un secondo dopo Louis era davanti a me.
"Tutto bene?" Chiese preoccupato.
"Si, è solo che ho corso e adesso mi fa male la caviglia." Risposi.
"Vieni qui." Mi prese in braccio e mi poggiò sul divano.
"È possibile che in un modo o nell'altro finisci sempre fra le mie braccia?!" Scherzò portandomi un impacco di ghiaccio e mettendolo sulla caviglia. "Se a quest'ora mi avessi baciato non ti saresti fatta male." Disse ridacchiando.
"Prima o poi ti uccido, sappilo." Lo minacciai.
"Non farmi ridere. Hai la forza di un pulcino." Rispose lui toccandomi un braccio. "E comunque aspetto ancora quel bacio." Fissò nuovamente i suoi occhi nei miei.
Mi sollevai sui gomiti e gli misi un dito sotto il mento. Lui si avvicinò prendendomi il viso fra le mani e mi baciò lentamente. "Sembrerà ridicolo da dire ma credo di aver sognato un momento come questo da tempo." Disse lui staccandosi dalle mie labbra.
"Perché? Non è la prima volta che ci baciamo." Risposi guardandolo. Era difficile essere belli anche di profilo. Lui lo era. Aveva un profilo perfetto.
"Intendo tutto quello che è successo in questi pochi minuti. Ogni giorno che ti vedevo mi chiedevo come fosse starti accanto, vederti ridere ed essere persino la causa di quei sorrisi. Ogni volta mi domandavo come fosse stare a casa con te a scherzare come due bambini, rincorrersi e poi baciarsi, proprio come fanno nei film. Ci ho sempre pensato. Ho sempre pensato a come ci si sentisse ad essere innamorati di te e ora che lo so posso dire che è meraviglioso. Essere innamorati di te non può mai essere un errore." Fu impossibile impedire alle mie labbra di curvarsi in un grande sorriso.
Lo fissavo in silenzio quasi avessi paura di rovinare quel momento perfetto ma fu inevitabile parlare quando quella stupida vocina si insinuò ancora una volta nella mia testa: "Ti ha mai detto qualcosa di reale sulla sua vita?".
"Louis, perché non mi parli mai di te?" Lui mi guardò confuso.
"Che vuoi dire?" Chiese.
"Perché non mi racconti mai della tua famiglia, del tuo passato, dei tuoi amici, non ci credo che non ne hai. Io ti guardo e sento di non conoscerti abbastanza." Maledizione! Ancora una volta avevo rovinato tutto. Lui mi aveva confidato ciò che provava per me ed io avevo fatto finta di niente, avevo liquidato ogni sua parola come se non fosse importante.
"Perché non c'è niente da dire sul mio passato. Nulla di importante. Riguardo gli amici ti posso assicurare che conosco diverse persone." Diede una risposta vaga.
"Essere amici e conoscersi non è proprio la stessa cosa. Anche io posso dire di conoscere una persona ma non vuol dire per forza che è mia amica." Ribattei in preda a mille dubbi.
"Anche se ti dicessi i loro nomi non li potresti mai conoscere, sono più grandi di te." Rispose diventando serio.
"Beh tu prova a dirmi qualche nome." Insistei.
"Ray, Cole, Aaron, Will..." Rispose Louis.
"Non li conosco..."
"Lo so, te lo avevo detto." Sembrava irritato.
"Un giorno mi presenterai i tuoi genitori? Tu i miei li conosci." Cercai di toccare uno dei punti dolenti della discussione avuta con mia madre.
"Non stiamo insieme." Tagliò corto.
"Non dobbiamo per forza stare insieme perché tu possa presentarmi i tuoi. Siamo amici, gli amici si presentano ai genitori." Continuai.
"È meglio che vada, si è fatto tardi." Disse alzandosi dal divano.
"Tardi per cosa? Dove devi andare?" Cominciai a fare domande il che non mi piaceva. Significava che mia madre era riuscita a insinuarsi del tutto nella mia mente.
"Noelle ma che ti prende? Devo andare e basta. Ci sentiamo." Disse in tono brusco, si mise il cappotto e uscì di casa lasciandomi sola fra i miei dubbi.
Erano le otto di sera quando sentii le chiavi girare nella serratura.
"Noe, sono a casa." Disse mio padre posando la roba all'entrata. "Oh sei qui.." Ero ancora distesa sul divano con un nuovo impacco di ghiaccio. "Cos'è successo?" Chiese preoccupato.
"Nulla di grave, tranquillo. Stavo scendendo le scale, ho messo male una stampella e sono scivolata." Mentii. Non potevo dirgli che ero stata sola con Louis in casa. Anche se avevo diciotto anni per lui ero sempre la sua bambina e su certe cose non transigeva.
"Hai bisogno di qualcosa? Vuoi la pomata o una benda, dimmi tu." Era sempre così premuroso.
"Dico davvero, è tutto ok, è solo una botta." Risposi cercando di non farlo preoccupare per nulla. "Piuttosto, dove sono le tre pesti?" Chiesi mentre lui si alzava dal divano.
"Sono dalla zia. Fra poco dovrebbero arrivare. Io sto andando a fare una doccia, apri tu se dovessero suonare?"
"Certo." Risposi con un sorriso.
"Oh, quasi dimenticavo, c'era questa nella cassetta della posta, è per te." Mi porse una lettera con il mio nome scritto sopra.
"Uhm..grazie." La presi titubante. Chi mi avrebbe potuto scrivere una lettera?
Mio padre era salito al piano di sopra quando decisi di aprire la busta. Presi la lettera e cominciai a leggere:
"So benissimo di essere uno stronzo la maggior parte delle volte. Di dire A ma fare B, C, D ed E. So che spesso ti faccio arrabbiare e ti riempio la testa di dubbi, che non ti racconto mai niente su di me, su ciò che mi piace fare e ciò che invece odio. So che i baci, le carezze e le parole dolci non bastano. Una persona va conosciuta, la sua fiducia va guadagnata e oggi penso di aver perso la metà di quella che riponevi in me. So di non essere perfetto, figuriamoci il ragazzo giusto per te. So che ho mille difetti, mille punti deboli, che so essere odioso e che spesso vorresti prendermi a pugni ma sono così e, per quanto possa provarci, non riesco a migliorarmi. Tu hai bisogno di una versione diversa di me. Una versione che sappia raccontarti la verità, che possa farti sentire sicura, che ti faccia ridere e non incazzare, che ti riempia la testa di belle parole e di fatti e non di bugie e inganni. Tu hai bisogno di qualcuno che sappia apprezzare ciò che hai da regalare, qualcuno che non ti urli contro e che si prenda cura di te anche quando cerchi di mandarlo via. Non hai bisogno di altri problemi nella tua vita ed io sono un enorme ed enigmatico problema, di quelli troppo complicati da risolvere. Non voglio nasconderti nulla su di me ma so che potresti anche odiarmi se dovessi conoscermi realmente ed io non voglio questo, anche se so che dopo questa lettera mi detesterai ancora di più. Però vedi, io sono fatto così, anche quando cerco di fare la cosa giusta finisco sempre per sbagliare e fare del male alle persone che amo. Tu mi mandi fuori di testa, mi fai stare bene, mi fai ridere come nessuno ci riesce, mi rendi felice, mi rendi migliore, mi rendi...diverso e questo mi piace ma non mi piace il fatto che, se tu hai una buona influenza su di me, io ne ho una cattiva su di te. Ti rendo paranoica, nervosa, insicura...diversa.
Credimi, non è stato facile scrivere queste parole e probabilmente mi darai del codardo perché non sono riuscito a dirtele di persona ma d'altronde, io sono fatto così, mi tiro sempre indietro quando si tratta di essere sincero con qualcuno a cui tengo. Non pensavo di poterlo mai fare ma è giusto così, è per il tuo bene. Tu non meriti ciò che ti costringo a diventare, non meriti di perdere ciò che sei veramente. Voglio che tu sappia che questo non è un addio. Un giorno, forse, troverò il coraggio di raccontarti chi sono davvero ma per ora è meglio stare lontani.
Ti porto sempre nel mio cuore, a presto Noelle."
-Louis
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Trentesimo capitolo..wow. Ne stanno succedendo di cose alla nostra povera Noelle, chissà come andrà a finire e cosa succederà. Chissà come la prenderà dopo questa lettera..
Spero che il capitolo vi sia piaciuto abbastanza da lasciare una stellina e qualche commento. Buonanotte ❤️
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