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Capitolo 29

Eccoci qui, siamo arrivati ad un punto della storia dove molti segreti cominceranno a venire a galla e molte certezze verranno messe in discussione. Spero vivamente che questo capitolo vi piaccia da lasciare una stellina e anche qualche commento xx

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"È inutile fuggire, il passato sarà sempre più veloce di te."

"Noelle Carter?" Chiese un'infermiera entrando nella sala d'attesa.
"Eccomi." Dissi alzandomi. Era da più di un'ora che io e Louis eravamo seduti ad aspettare. In più, questo ospedale aveva un'aria pesante e mi metteva tristezza, tanta tristezza. Sapeva di disinfettanti e malattia, di tristezza e di lacrime.
Quando mi alzai dalla sedia ne fui ben contenta. Non sapevo per quale motivo ma, stare seduta tutto questo tempo accanto a Louis senza poter parlare, mi faceva sentire strana, quasi in imbarazzo. Non mi andava di sbandierare ai quattro venti quello che era appena successo fra noi e, anche se la gente non ci avrebbe nemmeno fatto caso, mi avrebbe dato fastidio sentirmi osservata da tutti mentre parlavo a bassa voce con lui.
"È il suo turno, il dottor Langdon la sta aspettando."

Seguimmo l'infermiera che ci accompagnò in una stanza. "Ecco, si accomodi lì, il dottore sarà qui fra un minuto." Concluse la donna e andò via.

"Perché in questo ospedale non esiste la parola puntualità? Aveva detto un minuto, ne sono passati trenta!" Esclamai arrabbiata.
"Noe sta tranquilla, fra poco arriverà, non ti agitare." La voce di Louis era calma, troppo calma.
"Non voglio essere un impiccio, so che hai altro da fare ed io ti sto trattenendo qui." Risposi sentendomi in colpa.
"Non ho nient'altro da fare e se fosse stato così, non mi sarebbe importato, preferisco stare con te che in qualsiasi altro posto con qualsiasi altra persona." Non potei nascondere il piccolo sorriso che mi comparve sul viso. Mi aveva fatto piacere sentirmi dire una cosa del genere.
"E poi vorrei sapere perché sei così agitata, non ci credo che ti sei stufata ad aspettare. A me piace stare con te, anche in queste circostanze." Disse indicando la stanza. "Forse c'è qualcosa che ti rende nervosa? Ho sbagliato a dire o a fare qualcosa?" Chiese avvicinandosi a me e carezzandomi una guancia.
"No, assolutamente no. Sono io che sono sbagliata. Non era di certo la prima volta che ci baciavamo ma, non so perché, questa volta è stato strano. Mi è sembrato che tu non lo volessi. Che stavi cercando di aprirti con me, di parlarmi di ciò che per te è davvero importante ed io ho rovinato il momento dandoti quel bacio." Ecco, era questa la verità. Mi sentivo tremendamente in colpa.
Lui fece una piccola risata. "Spero tu mi stia prendendo in giro." Disse subito dopo.
"No, volevo sapere cosa mi turbava, ecco, adesso lo sai. Non sto scherzando."
"Noelle, ascoltami bene. Tu sei l'unica persona che è stata in grado di farmi incazzare ma di farmi innamorare allo stesso tempo. L'unica persona che mi fa uscire di testa, che mi fa ridere anche solo con un piccolo gesto. L'unica di cui io mi sia mai fidato realmente, senza avere nemmeno l'accenno di un dubbio. L'unica per la quale ho accettato di uscire quella sera con la tua strana combriccola di amici. L'unica persona a cui ho raccontato di quella notte. Sei l'unica e lo sei sempre stata."
Non appena Louis finì di parlare il dottore entrò nella stanza.

Lo sentivo parlare e parlare e parlare ma non capivo nemmeno una parola di quello che stava dicendo perché ero totalmente concentrata su ciò che mi aveva detto poco prima Louis. "Sei l'unica e lo sei sempre stata."

Perché con lui mi sentivo così? Come se ogni parola avesse un peso. Come se ogni bacio, ogni abbraccio, ogni sorriso contassero più di un qualsiasi gesto fatto da chiunque. Tutto ciò che Louis faceva contava più di qualunque altra cosa. E quelle parole mi avevano toccata fin dentro le ossa. Mi erano rimaste impresse dentro la mente, dentro il cuore, ovunque.

"Bene, adesso si può sedere su quel lettino." Una gomitata di Louis mi fece abbandonare i pensieri. Mi alzai per distendermi sul lettino e farmi togliere finalmente questo orrendo blocco di gesso.

"Pensavo di aver finito con queste maledette stampelle e invece sono ancora qua!" Ero furiosa. Avevo aspettato quasi due ore per sentirmi dire che avrei dovuto portare le stampelle per altri tre giorni. "E poi non capisco perché c'era lui e non il dottor Kelly." Sbuffai.
"Beh Noe, se avessi ascoltato almeno una parola di quello che ti stava dicendo il dottor Langdon avresti capito perché." Rispose Louis aiutandomi a salire in auto. "Il dottor Kelly non è un ortopedico perciò non era compito suo toglierti il gesso. Inoltre le stampelle ti servono solo per riabilitare la gamba. Oppure credi di poter tornare a camminare senza il loro aiuto?" Chiese poi fissandomi con quei suoi magnifici occhi.
"Ti odio." Risposi facendo una linguaccia.
"Il sentimento è reciproco, lo sai." Ridacchiò lui mettendo in moto l'auto.
"L'unica cosa positiva è che potrò vestirmi di nuovo come una persona normale senza sembrare un robot deformato." Dissi scatenando una risatina da parte di Louis. Quanto amavo la sua risata. "Perché ridi? Mi prendi in giro?"
"No, è che mi fai ridere." Appoggiò una mano sulla mia gamba. "Ed io amo questa cosa."
"Oh signor Tomlinson, sono felice che le mie sventure la facciano divertire a tal punto." Dissi con voce altezzosa.
"Beh signorina Carter, devo ammettere che sono stupito da questa sua felicità." Rispose lui con lo stesso tono e l'auto si riempì del suono delle nostre risate.

"Eccoci. Ce la fai ad arrivare sana e salva alla porta di casa." Scherzò fermando l'auto accanto al marciapiede.
"Ah ah ah molto spiritoso Tomlinson." Presi le stampelle e aprii lo sportello. "Grazie Louis. Grazie per tutto." Dissi prima di scendere dall'auto.
"Non devi ringraziarmi, che tu ci creda o meno ci tengo a noi e soprattutto a te e farò di tutto per renderti felice." Per chiunque potesse sentire queste parole poteva sembrare una cosa sciocca, una di quelle frasi che si sentono dire solo nei film. Ma per me significava molto. Louis stava cominciando ad aprirsi davvero con me e non potevo essere più felice. "Pensi che sia sbagliato se ti baciassi esattamente in questo momento?" Chiese con un sorriso sul volto.
"Penso che non possa esserci momento migliore."

Com'era possibile che dopo ogni suo bacio mi sentissi così...felice? Avevo sempre un sorriso sulle labbra, persino mentre lo baciavo sorridevo e lui faceva lo stesso. Forse era il momento più bello durante un bacio. Ridere l'uno sulle labbra dell'altra. Con Calum tutte queste cose non mi erano mai successe.

Non appena rientrai in casa trovai mio padre intento a tagliare delle verdure. "Ben tornata." Disse sorridendomi. "Come mai quel gran sorriso sul volto?" Bastarono quelle parole a farmi diventare rossa come un peperone e mio padre, accorgendosene, cambiò discorso. "Finalmente hai tolto il gesso, sei contenta?"
Ripresi colore e fiato giusto in tempo per rispondere. "Si, finalmente si. Però il dottore mi ha detto che dovrò portare queste per altri tre giorni." Dissi alzando una stampella. "Allora, cosa si mangia di buono stasera?" Chiesi guardando incuriosita qualunque cosa ci fosse sul ripiano della cucina.
"Volevo provare a cucinare qualcosa di buono ma ti consiglio di chiamare qualche pizzeria perché mi sembra l'opzione migliore." Rispose ridendo e lasciando il coltello sul bancone.
"Si, forse hai ragione." Risi anche io e andai a prendere l'elenco telefonico.

"Dove vai?" Chiese mio padre mentre mi alzavo da tavola.
"Devo andare a fare i compiti, con il fatto dell'ospedale ed il tempo perso ad aspettare, non sono arrivata a finirli.." Ero abbastanza sconsolata. Non mi andava di stare sveglia fino a tardi ma nemmeno di arrivare impreparata il giorno dopo a scuola.
"Allora puoi andare, qui puliamo io e Tyler." Disse mio padre guardando mio fratello che sbuffò subito dopo.
"Ma perché dovete sempre mettermi in mezzo? Non puoi chiederlo ai gemelli del terrore?" Esordì Tyler. Lui li chiamava così perché lo terrorizzavano alcuni loro comportamenti e modi di fare e non aveva tutti i torti.
"Perché loro sono piccoli, figliolo, e tu non hai nient'altro da fare, i videogiochi possono aspettare!" Esclamò mio padre.
Cercai di sgattaiolare via senza farmi sentire, non mi andava di entrare a far parte del loro litigio.

Guardai l'orologio, erano le undici e venti e il mio cervello stava fondendo. Avevo dato la buonanotte a Louis già da un'ora spiegandogli che avevo molto da studiare e non potevo distrarmi ma il continuo vibrare del telefono me lo impediva. Erano dei messaggi.
Spazientita mi alzai per prendere il telefono e controllare il mittente. 'Barbara Morrison'
Era ancora lei. Aveva fatto diverse chiamate e poi aveva cominciato a mandare messaggi. Li aprii. Dicevano tutti 'Ho bisogno di parlarti.' , Ti prego non mi ignorare.' , e poi l'ultimo era abbastanza strano. 'Affacciati.'

Così feci, aprii la finestra e notai dall'altro lato della strada una macchina rossa posteggiata ed una donna lì vicino. Non appena mi vide agitò una mano per salutarmi. 'Scendi, per favore.' Mi scrisse subito dopo. Ma cosa voleva?

Per evitare qualsiasi danno collaterale, decisi di scendere ed andare fuori a sentire cosa aveva di così importante da dirmi.

Misi il capotto ed uscii dirigendomi verso la sua macchina. "Allora? Cos'è che vuoi? Cosa ti porta nel cuore della notte sotto casa mia?" Chiesi con tono acido.
"Speravo mi facessi entrare. Questa è anche casa mia.." Fu la sua risposta.
"Questa era casa tua fin quando non hai deciso di lasciarci tutti per andare a vivere con il tuo stupido compagno che, per la cronaca, non ho ancora avuto l'onore di conoscere." Nei miei occhi c'era il fuoco.
"Noelle, tu non puoi più uscire con lui. Io te lo proibisco!" Esclamò la donna di fronte a me ed io scoppiai a ridere.
"E sentiamo, per quale motivo me lo proibisci? O secondo quale tuo strano e assurdo pensiero hai ancora del potere su di me e sulle decisioni che posso e non posso prendere o sulla gente che posso o meno frequentare?" Secondo quale criterio era venuta qui a dirmi cosa farne della mia vita?
"Io ti posso spiegare. Ma tu devi promettermi che mi crederai e che non lo vedrai più." Rispose lei.
"Il tempo in cui le promesse che ci facevamo avevano una qualsiasi importanza è ormai finito. Io non posso più prometterti nulla o fidarmi di te. E non posso permetterti di tornare di colpo nella mia vita a dettare stupide regole perché io non l'ho di certo fatto con te. Hai preso la tua decisione mesi fa. Sei andata via e non puoi pensare di ritornare da un momento all'altro e pretendere che tutto ciò che vuoi venga fatto, non più." Il tono della mia voce era fermo, deciso. Non le avrei lasciato prendere nemmeno un briciolo della mia fiducia. "Addio Barbara." Dissi marcando il suo nome e girando le spalle.
"No, aspetta." Disse seguendomi dall'altro lato della strada, eravamo ormai sotto casa mia. "Ascoltami, anche solo per un attimo e poi decidi se credermi o meno." Continuava ad insistere.
"Esci dalla mia vita." Dissi con tono gelido. "Esci dalla mia vita una volta per tutte. Non sei stata in grado di fare la moglie e la madre e cerchi di rimediare adesso? Oh, mi dispiace così tanto ma il tempo è scaduto."
"Louis non è la persona che tu credi sia!" Urlò lei mentre mi allontanavo. "È un bugiardo, un manipolatore. Ti ha mai detto perché i suoi genitori non sono mai in città? Ti ha mai parlato di loro? Ti ha mai detto qualcosa di reale sulla sua vita, qualcosa che ti servisse a conoscerlo davvero?" Le sue parole scatenarono in me un milione di domande ma anche un'ondata di rabbia repressa. Con tutta la forza che avevo in corpo, mi avvicinai a lei lasciando solo un centimetro di spazio fra noi.
"Ti ho già detto, e non voglio più ripeterlo, che il momento di fare la madre premurosa è finito. Che hai perso l'occasione di avere una figlia che provasse un briciolo di compassione per la tua persona. Perciò adesso va via di qui e non farti rivedere mai più. Intesi?" Ormai non parlavo più con mia madre. Non avevo più di fronte la donna dolce e premurosa di un tempo, no, era un'altra persona, una sgradevole sconosciuta.
"Che succede qui?" La voce di mio padre spezzò il silenzio che si era creato fra noi. "Barbara, che ci fai qui, e cosa vuoi da Noelle?" Non appena lei lo vide si irrigidì.
"Ken, io..." Non le uscivano nemmeno le parole, non se lo aspettava proprio.
"Barbara, va via di qui o sarò costretto a chiamare la polizia, lascia in pace Noelle e lascia in pace tutti noi, non ti permetterò di distruggere ancora una volta questa famiglia."

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