Capitolo 27
"Ed è questione di un attimo. Vedi quel piccolo barlume di speranza accendersi in quei profondi occhi cristallini e capisci che finalmente la sofferenza è terminata cedendo il posto alla felicità."
Il mattino seguente, al mio risveglio, guardandomi allo specchio notai un cambiamento nella mia solita espressione. Ero felice. Per la prima volta dopo settimane, ero felice.
Aprii il rubinetto aspettando che l'acqua si facesse calda per poi lavarmi viso e denti.
Uscii dal piccolo bagno comunicante con la mia stanca e presi i vestiti che la sera prima avevo scelto e poggiato sulla poltroncina accanto alla finestra.
Oggi avevo educazione fisica il che non mi dispiaceva perché potevo indossare la mia calda tuta in pile però era davvero un'impresa farlo con quell'ammasso ingombrante di gesso.
Scesi al piano di sotto notando che avevo ancora un quarto d'ora prima che passasse Abby. Eravamo rimaste che sarebbe venuta lei a prendermi.
Mi misi seduta in cucina, i miei fratelli erano ancora a letto, mentre Tyler doveva già essere uscito. Sicuramente era passata la zia. Papà era sotto la doccia, potevo sentire il rumore dell'acqua che scorreva. C'era una tale calma in casa. E fu proprio questo silenzio a trasportarmi ai ricordi della sera prima.
Dopo essere rientrata a casa, senza fare confusione, ero salita dritta in camera buttandomi sul letto con lo stesso sorriso con cui mi ero svegliata. Non riuscii a prendere subito sonno. Fra le risate, la cena ed il bacio, Louis non voleva abbandonare i miei pensieri ed il mio cervello non voleva proprio andare a dormire. Fissai il soffitto per una buona mezz'oretta ricordando il modo in cui, delicatamente, aveva poggiato le sue labbra sulle mie, a come le sue mani, ruvide e callose, sfioravano la pelle delle mie guance e a come i nostri nasi si sfiorarono dopo il bacio. E poi i suoi occhi. Oh Dio, gli occhi di Louis erano come le stelle delle notti più belle d'estate. Quelle notti che non dimentichi, che passi sveglio a fissare il cielo cercando quella che brilla di più. Quelle notti con il cielo luminoso e carico di stelle, le stesse che fissi prima di andare a dormire.
Ripensandoci mi sembrava quasi di aver vissuto in un film. Eppure non era così, era la realtà e Louis ne faceva finalmente parte. Dopo essermi messa il pigiama ed essere tornata sotto le coperte, pronta a dormire, un suo messaggio mi tenne sveglia ancora per un po'. 'Buonanotte, a domani x.' Mi aveva scritto.
Un semplice messaggio che per me, però, significava molto.
Guardai nuovamente l'orologio. Erano le 07:15 ed Abby non era ancora arrivata. Presi il telefono per chiamarla ed in quel preciso istante il rumore del clacson rimbombò fin dentro casa.
Mi avviai alla porta, presi cappotto e cappello, misi lo zaino in spalla ed uscii.
Avevo lasciato un biglietto a mio padre dove gli davo il buongiorno e lo informavo di essere andata a scuola con Abby.
"Allora, com'è andata? Ieri non mi hai scritto, ci avrei scommesso." Furono le prime parole che la mia amica pronunciò quando entrai in macchina.
"Buongiorno anche a te Abby." La salutai ridacchiando.
"Si si, buongiorno Noe, allora? Com'è andata? Racconta!!" Esclamò felice premendo l'acceleratore.
"E quindi ti ha baciata eh.." Fece il suo solito gesto che trovavo al quanto inquietante.
"Smettila di alzare le sopracciglia, mi fai paura." Le dissi scendendo dalla macchina.
"Non cercare di sviare alla conversazione." Rispose lei chiudendo lo sportello. "Sono la tua migliore amica e sono curiosa di sapere tutto quello che è successo. Insomma, ti ha portata in un ristorante elegante, ti ha fatta ridere, poi ti ha anche baciata e facendo tutto questo con classe ed educazione, forse dovrei ricredermi." Disse scappando avanti per raggiungermi. Con tutte le stampelle ero ugualmente più veloce di lei.
"Perché cosa credevi? Che fosse una specie di rozzo cavernicolo?" Dissi con tono scherzoso.
"Beh, diciamo che non me lo aspettavo così. Credevo che ti avrebbe portata in uno di quei posti squallidi dove si paga con i buoni pasto e che poi ti avrebbe riaccompagnata a casa ringraziandoti per la bella serata." Rispose lei.
"Abby!" Esclamai dandole un leggero colpo di stampella sulla gamba.
"Che c'è?! Non è colpa mia se mi ha dato questa impressione." Disse aprendo l'armadietto e posandosi dentro i libri. "Sai se oggi viene a prenderti all'uscita?" Fece ancora quella mossa con le sopracciglia e si fermò notando il mio sguardo.
"Possiamo parlarne dopo? Ora è tardi e dovremmo andare a lezione." Così fugii dal suo interrogatorio e mi diressi dritta in classe.
"Salve a tutti, io sono il professor Gilbert e sostituirò per qualche mese il professor Adams." Lo guardai attentamente. Era alto ma non troppo, capelli brizzolati e dei baffi dello stesso colore dei capelli arricciati alla fine. Gli occhi di un verde spento. Portava un paio di occhiali tondi ed aveva un accento alquanto strano. Non sapevo per quale motivo ma, a primo impatto, non mi stava simpatico.
"Spero per voi che siate preparati perché ho deciso che oggi ci sarà test di storia a sorpresa." Ecco, non mi sbagliavo. Quest'uomo mi stava decisamente antipatico.
Nell'intera classe si sollevò un brusio di disaccordo.
"Professore ma è appena arrivato. Non può fare compito in classe." Protestò il mio compagno Simon.
"Ah no? E chi me lo impedisce, lei?" Abbassò lo sguardo sul ragazzo e portò gli occhiali sulla punta del naso. "Qual'è il suo nome?" Chiese subito dopo dandogli le spalle e tornando alla cattedra.
"Simon, Simon Price." Rispose schiarendosi la voce.
"Bene signor Price, vorrei subito chiarirle e non solo a lei, ma a tutti i suoi compagni, che qui il professore sono io." Disse marcando l'ultima parola. "E in quanto docente, sono sempre io a decidere cosa posso e non posso fare. E se oggi mi va di fare compito in classe lo faccio e nessuno sciocco ragazzino che puzza ancora di latte può impedirmelo, tutto chiaro?" La classe rispose con un 'si' corale.
Il suo tono era stato al quanto sgarbato e mi aveva infastidita abbastanza.
"Tutto chiaro?" Chiese rivolgendosi nuovamente a Simon il quale annuì calando la testa. "E lei? C'è qualcosa che non va?" Solo dopo notai che stava parlando con me. Evidentemente aveva notato il mio sguardo accusatorio.
"In effetti si, c'è qualcosa che non va." Risposi con tono imponente. Lui mi fissò e facendo lo stesso gesto di prima con gli occhiali si avvicinò.
"E invece qual'è il suo nome?" Non mi incuteva alcun timore se era questo il suo intento.
"Mi chiamo Noelle Carter." Risposi tranquillamente.
"Bene. E mi dica signorina Carter, qual'è il suo problema?" Continuava a fissarmi con quegli occhi verdi. Erano così strani, distanti.
"Non mi piace che mi si venga dato della sciocca ragazzina che puzza di latte. So benissimo di non esserlo e, mi scusi se mi permetto, ma non credo che lei, anche se docente, possa porsi a noi con questo tono, lo trovo alquanto sgarbato." Lo dovevo ammettere, avevo usato questo linguaggio solo per indispettirlo. Odiavo chi mi dava della bambina, sapevo di non esserlo.
"Oppure?" Chiese lui imitando il mio stesso tono.
"Oppure niente. Non sono certamente una ragazza che si mette contro gli adulti né tantomeno contro i professori. Semplicemente ci tenevo ad informarla che non mi piace che mi si dia della poppante." Dovevo ammettere che questa conversazione mi stava divertendo. Avevo sempre odiato i professori e ancora di più il modo che avevano di porsi con noi alunni.
"Le dò una piccola informazione, questo suo carattere e questo suo modo di porsi, con me non funziona. Perciò prenda una penna e faccia il suo compito."
"Non puoi averlo fatto di nuovo Noelle." Commentò Diana.
"Perché, che problema c'è? Quel professore è davvero un'idiota, si crede chissà chi è la invece è solo uno sciocco e lo ha dimostrato oggi con quel discorsetto sulla "supremazia dei professori". Dovrebbero informali che non sono poi così importanti." Mi era capitato più volte di battibeccare con i professori. Era più forte di me, detestavo le ingiustizie e il modo che avevano di porsi. Il fatto che si sentissero superiori a tutto e tutti. Qualcuno doveva pur buttarli giù dal piedistallo.
"Beh in effetti questa volta non posso darle torto. Il professor Gilbert è davvero un uomo scorbutico e antipatico. E poi quei vestiti, sembrava uscito da uno di quei film vecchio stile." Commentò successivamente Abby.
"Calum a ore quattro." Annunciò Holly.
"Ew, è arrivato il momento di alzarsi." Dissi prendendo le stampelle.
"Noelle, rimani dai.." Il tono di Abby era in cerca di comprensione. Quasi volesse dirmi 'Siamo un gruppo di amici, rimani.' Dopo l'incidente le cose nel gruppo si erano più o meno chiarite e con le altre era tornato tutto alla normalità, tranne che con Calum. Non avevo nulla da condividere con lui. Cercavo semplicemente di tollerarlo.
"Che c'è, io arrivo e tu scappi?!" Fece Calum con quel suo tono fastidioso.
"In un certo senso." Mi limitai a rispondere e girai le spalle.
"Cosa c'è, hai avvertito la sua presenza e ti alzi per correre fra le sue braccia?" Mi stuzzicò lui.
Louis era qui? Calum lo aveva visto?
"Purtroppo porto le stampelle e correre mi viene difficile ma mi sono allenata nel difendermi dagli aggressori e ho imparato a picchiare molto duro con queste." Dissi sollevando una stampella.
"Uhh che paura." Rispose alzando le mani in segno di difesa. Era meglio allontanarsi o veramente gli avrei spaccato la testa.
Era finalmente suonata l'ultima campanella della giornata e potevo tornare a casa. Oggi avrei tolto il gesso il che mi rendeva ancora più felice.
Fuori faceva davvero freddo ma fortunatamente non pioveva né nevicava.
"Vuoi un passaggio?" Chiese Abby accostandosi a me.
L'ultima ora io avevo fatto ginnastica mentre lei matematica. "Se non è un problema, sennò prendo l'autobus." Risposi sorridendo.
"Non fare la stupida." Disse ricambiando il sorriso.
Non appena varcai la soglia della porta lo vidi. Era lì, davanti al cancello della scuola, appoggiato alla sua auto e stretto nel cappotto nero.
Non appena mi vide notai l'accenno di un sorriso sul suo volto e lentamente si incamminò verso me e la mia amica.
"Noelle, Abby." Disse sorridendo e dandomi un bacio sulla guancia. "Ti dispiace se te la rubo?" Chiese rivolgendosi a Abby.
"Fa pure, purché alle sei la accompagni in ospedale sana e salva, deve togliere l'ingessatura." Rispose la mia amica con tono materno.
"Sarà fatto." Rispose poi lui strappandole un sorriso.
"Fatti sentire più tardi." Mi disse Abby ed io annuii e la salutai.
"Sta cominciando a sopportarmi." Disse ridendo ed uscendo da scuola.
"Presto ti amerà." Risposi seguendolo.
Aveva portato una busta a suo zio con del cibo perché Cox sarebbe dovuto rimanere fino a tardi a scuola.
"È carino da parte tua prenderti cura di tuo zio." Commentai mentre salivamo in macchina.
"Beh è una della poche persone che tiene davvero a me e mi fa piacere dargli una mano quando ne ha bisogno." Rispose lui mettendo in moto ed uscendo dal parcheggio.
"Ma i tuoi genitori? Non abbiamo mai parlato molto eppure non me li hai mai nominati." Doveva per forza vivere con loro. Quella casa era troppo grande e costosa perchè un ragazzo del college potesse permettersela.
"Oh beh, loro non sono qui momentaneamente." Rispose vago.
"E dove sono?" Chiesi. Ma dalla sua espressione notai che gli aveva dato fastidio quella domanda. Forse non gli piaceva parlare dei suoi, magari non era in buoni rapporti.
"Sono in Vacanza in Spagna." Rispose schietto fermandosi per far passare una signora anziana e nello stesso momento mi squillò il telefono.
Guardai lo schermo sul quale era apparso il nome 'Barbara Morrison' , non risposi.
"È tua mamma, perché non rispondi?" Chiese lui. Come faceva a sapere che era lei.
"Come fai a sapere che è mia madre? Io non ti ho mai parlato di lei."
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