Capitolo 22
"Ed hai lasciato che la paura distruggesse quel briciolo di speranza che teneva vivo l'amore dentro te."
Non appena Louis uscì dalla stanza sentii un senso di vuoto che mi fece rattristare. Come avevo potuto mandarlo via? Avevo aspettato così tanto, volevo sapere cosa aveva da dirmi e nel momento esatto in cui lo aveva fatto, come una stupida, avevo rovinato tutto.
Avevo passato circa mezz'ora a fissare lo schermo del telefono aspettando un suo messaggio ma non arrivò niente. Perché avrebbe dovuto cercarmi? Lo avevo mandato via. Lui mi aveva detto di essersi innamorato ed io lo avevo semplicemente ignorato. Come se fossi un muro di gomma e le sue parole fossero rimbalzate contro, tornando indietro, senza farmi alcun effetto. Ripensai alla prima volta in cui lo vidi, come dimenticarlo. Al solito avevo fatto una delle mie figuracce finendo per terra senza trovare più gli occhiali. E nel momento in cui pensai a quando lui prese la mia mano e i miei occhi fissarono i suoi un brivido percorse la mia schiena. Louis, il ragazzo che più di tutti mi aveva incasinato la vita, mi mancava, mi mancava davvero. Guardai l'orologio, era quasi mezzanotte. Avevo il telefono stretto fra le mie mani. Dovevo posarlo sul comodino o avrei combinato l'ennesima cazzata. Fissai ancora per un attimo lo schermo del cellulare e infine decisi di spegnerlo e andare a dormire.
Fui svegliata da una leggera luce che entrava dalla mia finestra. Mi stiracchiai quanto più mi era concesso fare, presi le stampelle accanto al letto e scesi al piano di sotto.
"Buongiorno principessa." Salutò mio papà mentre preparava i pancakes. "Buongiorno." Sorrisi mettendomi seduta e prendendone uno appena fatto dal piatto sul tavolo. "Oggi è domenica perciò, non dovendo andare a lavoro ho pensato che fosse un'idea carina passare la giornata tutti insieme, come una vera famiglia." Apprezzavo gli sforzi che mio padre faceva nonostante fosse più triste di me. "Una vera famiglia..." Sussurrai fra me e me. Non lo eravamo più da tempo. "Per me va bene." Dissi infine, non era poi una cattiva idea.
Ero arrivata al terzo pancakes quando una voce squillante mi fece sobbalzare. "Ehi tu, solo perché sei malata non vuol dire che puoi abbuffarti così." Era Ryan, mio fratello più piccolo. "Dov'è il tuo clone?" Chiesi ridacchiando. "Ah ah ah molto spiritosa." Rimasi ancora una volta sconvolta. Dylan entrò in cucina pronunciando quella frase all'unisono con Ryan. "Voi mi fate davvero paura." Commentai. "Ragazzi, dov'è Tyler?" Chiese mio padre. "Sta arrivando, mentre scendevo ho sentito la sua porta aprirsi." Rispose Dylan. "Buongiorno gente." Mio fratello entrò nella stanza con il sorriso stampato in volto. "Ho sentito dire che oggi passeremo una giornata in famiglia, finalmente!" In effetti era vero, per ora, ogni domenica per un motivo o per un altro non riuscivamo mai a stare tutti insieme. "Esattamente, e cominceremo da adesso, sedendoci a tavola a fare tutti colazione." Esordì infine mio padre.
Ero nel salotto, già pronta, ad aspettare gli altri quando suonarono al campanello. Il mio cuore sobbalzò. Forse era Louis. Presi le stampelle e il più veloce possibile andai verso l'ingresso ad aprire. Un ragazzo con un vassoio in mano era fermo davanti alla porta di casa. "Ciao Michael.." Cercai di nascondere lo stupore ma anche la delusione con un grande sorriso. "Ciao Noe, sono felice di vederti in piedi. Sembri stare meglio." Tra me e Micheal c'erano stati alti e bassi nelle ultime settimane eppure non mi stupiva per niente la sua presenza in casa mia. Sapevo benissimo che sua madre lo aveva mandato qui e lui ci era venuto solo per gentilezza e per il fatto che io avessi avuto quel brutto incidente. Lo fissai per un attimo e poi mi accorsi che non lo avevo nemmeno fatto entrare. "Oh, guarda che maleducata, vieni entra." Dissi spostandomi. "Questa l'ha cucinata mia madre per te, è davvero contenta che tu stia meglio e sai com'è fatta, le piace viziare un po' tutti." Rise lui. Sua madre era una cuoca fantastica. Quando eravamo piccoli e andavo a giocare a casa di Micheal, lei ci preparava sempre la nostra torta preferita. "Vieni, poggiala di là." Feci strada verso la cucina e lui posò la teglia sul tavolo. "Ti va di rimanere un po' qui o vai di fretta?" Azzardai a chiedere. "Rimango un po' così ne approfitto per salutare tuo padre." Rispose lui. Non sapendo cosa dire, alzai l'alluminio che copriva la torta notando che sua aveva proprio fatto centro. "Questa è..." La sua voce si accavallò sulla mia. "La tua torta preferita." Il modo in cui marcò la parola 'tua' mi fece stringere lo stomaco. Quella era la nostra torta preferita, non la mia. Nella stanza calò un silenzio generale finché non arrivò mio padre che portò via quell'aria di imbarazzo.
Dopo essersi salutati parlarono del più e del meno per poi cominciare a discutere di sport e del fatto che sarebbero andati molto presto a vedere una partita insieme.
Ero tornata nel salone e stavo guardando un episodio di American horror story quando lo schermo del mio telefono si illuminò. 'D'accordo.' C'era scritto solo questo e il mittente era Louis. Cosa voleva dire con quel messaggio? Sbloccai il telefono e in quel momento mi sarei voluta prendere ripetutamente a pugni in faccia. 'Domani mattina alle 11:00 possiamo vederci al cafè sulla Fifth Avenue? Ho bisogno di parlarti.' Accanto al messaggio c'era scritto l'orario '02:45' Cosa diavolo avevo combinato? Avevo spento il telefono, ne ero più che certa. Ma quello che più mi aveva lasciata sconvolta era il fatto che Louis avesse accettato, niente insulti, niente frasi del tipo 'Lascia stare, non abbiamo più niente da dirci.' No, un semplice e diretto messaggio di assenso.
Mi alzai per uscire ma nel momento stesso in cui varcai la soglia del salone mi ricordai di non poter guidare, avevo ancora il gesso. E ora? Non potevo di certo farmi portare da mio padre e Abby stava ancora dormendo, non avrebbe mai fatto in tempo e probabilmente nemmeno io vista la situazione..
'Esci, sono qui fuori.' Mi scrisse. "Papà io sto uscendo, torno fra una mezz'oretta." Presi la borsa ma fui bloccata dalla sua voce. "Dove stai andando? E con chi?" Michael era ancora seduto a parlare con lui, dovevo inventarmi qualcosa. "Sono con Abby, avevo dimenticato che dovevamo fare una cosa. Per mezzogiorno sarò a casa e potremo uscire tutti insieme come promesso." Risposi velocemente. "Okay, non tardare." Concluse. Salutai e andai via.
"Cosa avevi di così importante da dirmi da svegliarti a quell'ora?" Erano passati circa dieci minuti da quando ero salita in macchina con lui e oltre ad un saluto non ci eravamo scambiati nemmeno una parola finché non ruppe il silenzio con quella domanda. "Ecco, se proprio devo dirti la verità non me lo ricordo. O meglio, non ricordavo di averti mandato quel messaggio." La sua espressione in viso si fece dura. "E allora perché mi hai fatto arrivare fin qui?" Chiese quasi arrabbiato. "Perché non ho avuto il coraggio di dirtelo per telefono." Risposi. "Dirmi cosa?" Chiese lui fermandosi al semaforo. "Che mi hai incasinato la vita."
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